Wonderland – Carmilla on line https://www.carmillaonline.com letteratura, immaginario e cultura di opposizione Sun, 17 Nov 2024 23:40:56 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.9.26 “Io sono quella cosa lì”: Un’intervista a Valerio Evangelisti su Wonderland https://www.carmillaonline.com/2022/05/21/io-sono-quella-cosa-li-unintervista-a-valerio-evangelisti-su-wonderland/ Fri, 20 May 2022 22:01:21 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=71893 Per gentile concessione di Rai 4, pubblichiamo la trascrizione della versione integrale di una bella intervista realizzata nel 2012 da Leopoldo Santovincenzo e Carlo Modesti Pauer per Wonderland, la trasmissione televisiva più aggiornata e interessante su tutto quanto riguarda la narrativa e il cinema di genere e la cultura popolare dei fumetti e dei videogiochi, in onda da dieci anni su Rai 4. Alcuni estratti sono andati in onda nella puntata del 03/05/2022, visibile sul sito di RaiPlay. (Si è mantenuto, per quanto possibile, la spontaneità del linguaggio colloquiale della versione filmata).

 

Domanda: la fantascienza nasce con un grosso potenziale, [...]]]> Per gentile concessione di Rai 4, pubblichiamo la trascrizione della versione integrale di una bella intervista realizzata nel 2012 da Leopoldo Santovincenzo e Carlo Modesti Pauer per Wonderland, la trasmissione televisiva più aggiornata e interessante su tutto quanto riguarda la narrativa e il cinema di genere e la cultura popolare dei fumetti e dei videogiochi, in onda da dieci anni su Rai 4. Alcuni estratti sono andati in onda nella puntata del 03/05/2022, visibile sul sito di RaiPlay. (Si è mantenuto, per quanto possibile, la spontaneità del linguaggio colloquiale della versione filmata).

 

Domanda: la fantascienza nasce con un grosso potenziale, antagonismo anche politico che, nel corso del tempo e per varie ragioni, si è molto annacquato. Allora mi chiedo quanto di questo potenziale oggi è ancora attivo in vita e quanto può esserlo in prospettiva.

Evangelisti: io credo che l’antagonismo politico sociale nella fantascienza oggi abbia perso molto terreno almeno a livello letterario. C’è stato un tempo in cui anche gli autori più conservatori esponevano tesi che sembravano il contrario. Un conservatore deciso e Reaganiano addirittura è Robert Silverberg. Chi direbbe che Robert Silverberg lo sia? Le sue opere erano completamente diverse. E un personaggio che sicuramente apparteneva alla destra americana come Robert Heinlein. In realtà, in alcune sue opere sembrava l’esatto contrario. Tutto il genere letterario spingeva verso che cosa? Verso alternative al presente o critiche del presente. Oggi mi sembra che sia venuto meno l’aspetto critico. Devo dire che lo si trova ancora a livello di telefilm, nel cinema non direi perché il cinema di fantascienza è un po’ spento, a livello di televisione lo si trova ancora. Ci si spinge quasi sul terreno della divulgazione scientifica, oppure si spendono tante parole: ci sono romanzi che sono enormi quanto inconcludenti. Quando io ero ragazzo, leggevo romanzi brevi e pieni di cose, pieni di idee, un’idea dopo l’altra e tutto quello era in armonia con chi provava fastidio con un certo tipo di società e che pensava che potessero esistere delle alternative. Oggi l’idea che è venuta meno è quella che esistano alternative al presente, questo mi dispiace molto.

Domanda: dopo il cyber punk della fantascienza che cosa è successo? C’è stato qualcos’altro? Qual è lo stato dell’arte?

Evangelisti: in genere il cyber punk andrebbe inquadrato non da un punto di vista italiano, perché in Italia tutte quelle opere sono arrivate 10 anni dopo e a volte molto mal tradotte, tant’è vero che riusciva difficile da leggere. Hanno dovuto ritradurre Gibson, per esempio Neuromante perché nella prima versione era veramente illeggibile, era difficile. Tutto questo è arrivato da noi con 10 anni di ritardo. Noi lo abbiamo ritenuto un fenomeno modernissimo mentre non lo era. Però è stato un genere importante anche perché ha dato tutto un linguaggio al nostro presente. Voglio dire, il termine “cyber” era già diffuso ma prima del cyber punk la rete non era un vero e proprio tema all’ordine del giorno invece dopo lo è diventato e cosi tante altre cose. Non consideriamo di solito che certi termini che usiamo normalmente, tipo astronave, vengono dalla fantascienza non è che ci fossero prima. Il cyber punk è stata l’ultima espressione di tutto ciò. Cos’è arrivato dopo. Sempre con i soliti ritardi con cui arrivano le cose in Italia, è arrivato un salto all’indietro, e si è tornati alla fantascienza ipertecnologica, la cosiddetta Sci-Fi; oppure all’illustrazione di tesi della meccanica quantistica o altro attraverso la letteratura. Questo non è il buon modo di procedere perché ha creato un grande distacco tra lettore e testo. Una volta magari il romanzo non valeva tanto, era avventuroso, però si esploravano altri mondi, si viaggiava: adesso con romanzi sostanzialmente difficili da leggere e a volte veramente noiosissimi, è capitato che  il pubblico si sia disaffezionato. Il pubblico dei lettori intendo dire. Per cui noi siamo passati da 60.000 mila copie di Urania negli anni ’50 e soprattutto ’60 a 3.000 o 4.000 copie attuali. Una presenza marginale anche nelle edicole. E poi parliamo di Urania, una collana sopravvissuta. Per il resto, c’è un grande ripescaggio di classici, questo si. Per cui, Asimov, Heinlein… non vanno mai in pensione. Ma di produzione nuova non ce n’è, perché? Perché non ci sono lettori. Allora succede che, il genere fantasy diventa poi l’unico genere fantastico considerato. La fantascienza diventa estremamente marginale. Praticamente noi abbiamo oggi una sola collana che ancora esce che è Urania, che deve poi coprire 30.000 mila edicole, cosa assai difficile, e abbiamo poche case editrici, alcune specializzate tipo De Roses Books ma vendono per corrispondenza, essenzialmente poco in libreria. Oppure fanno uscite che propongono dei classici. Non vedo la situazione come positiva. Quello che posso dire però è che è cosi ovunque. Mettiamo una delle riviste più note la Isaac Asimov’s Magazine non esce più in edicola e del resto vendeva 5.000 mila copie negli Stati Uniti, cioè dov’è una platea di lettori enorme. Quello che resta lo vendi nell’Europa dell’Est molto, perché si sono modernizzati in gran fretta, lo vendi in Asia, ma come genere affermato da noi, io direi che non lo è e mi dispiace dirlo perché lo adoro, lo adoro molto più del fantasy o altro.

Domanda: in questo momento che cos’è che potrebbe produrre uno scatto in avanti?

Evangelisti: intanto diciamo che lo sbarco sulla luna sarà stato anche importante per la fantascienza però sulla luna c’eravamo andati un secolo prima, anzi fu una grande illusione per me. Ricordo che ero un ragazzo quando vidi che sulla luna non c’era nulla sostanzialmente. E poi, la luna l’abbiamo persino abbandonata. La fantascienza ha continuato, aveva già cominciato e ha continuato ad andare ben oltre la luna, cioè, mi ricordo la trilogia galattica di Isaac Asimov Cronache della galassia, Il crollo della galassia, erano universi infiniti e tutto questo aveva ben poco a che fare con l’astro lunare. Io non credo che sia una spinta scientifica che possa ridare vita alla fantascienza perché la scienza, tra l’altro non ha neanche soldi. Tempo fa mi intervistò una radio, disse “In Giappone hanno fatto dei robot che si comportano esattamente come esseri umani, quale sarà la loro diffusione?” e io diedi una risposta stranissima per loro, dissi “nessuna perché costano troppo”.  Cioè non ci sono soldi per produrli. nè soldi per venderli sostanzialmente. Non è da questo che può derivare un rilancio della fantascienza. Può derivare invece da una visione dello sviluppo non tanto tecnologico quanto sociale. Ci sono stati degli esperimenti interessanti, tutta una serie di film ispirati a Philip Dick senza essere tratti direttamente da lui. Tipo Matrix, tipo Dark City, Gattaca, opere di un estremo interesse. Ma li non era tanto che ci fosse di mezzo il missile, il robot, c’era di mezzo l’essere umano come potrebbe un domani venire piegato dal controllo della mente. Ecco, io direi che è su questo piano che la fantascienza può avere un futuro. Qualcosa ogni tanto leggo, certe opere: c’è un autore che si chiama John Scalzi che ha scritto un romanzo divertente ma interessante. Però lo trovo soprattutto al cinema. Mettiamo una serie grandiosa come Battlestar Galactica, voglio dire la nuova versione, era veramente grandiosa a parte il finale scemo, era veramente grandiosa perché metteva insieme conflitti umani in un contesto differente. Una serie come Lost, magari un po’ più ripetitiva, però ti spiazzava di continuo, perché c’era di mezzo una diversa umanità anche quella poi finiva in maniera discutibile diciamo, molto discutibile. Sta di fatto che, in qualche modo, gli autori, di televisione, sembrano indovinarci più volte di altri. Non dico quello Spielberg, non saprei come definire Steven Spielberg oggi, se non come una minaccia per il cinema, attenti a quell’uomo, sta facendo delle schifezze televisive impressionanti. Quella storia di dinosauri, veramente inguardabile. Lasciamo stare lui, però ci sono altri autori interessanti. Quando per esempio J.J Abrams non cade vittima di Spielberg e fa una schifezza di film come Super 8, riesce a fare degli spettacoli televisivi più che decorosi e pieni di idee. E anche il suo film Star Trek magari poco fedele all’originale è un film pieno di idee. Io amo quelle cose li, le storie piene di idee credo che anche il lettore medio ami le cose piene di idee. Ancora oggi quando sembra che avere un’idea sia proibito dalla legge no, però la fantascienza era quello e se vuol tornare in vita deve essere di nuovo quello. Sia poi telefilm, videogioco sia quello che vuole, in fondo, la fantascienza è stata tanto forte da compattare l’intero immaginario per cui è presente in tutti i campi, dalle pubblicità ai giochi di ruolo per dirne una. Questo può tornare a essere se torna a scoprire la sua mole di fondo cioè l’intelligenza.

Domanda: rapporto tra la cultura italiana e la fantascienza. A grandi linee ci puoi tracciare la storia della percezione che la società e la cultura italiana hanno avuto nella fantascienza dagli anni ’60 ad oggi.

Evangelisti: il rapporto dell’Italia con la fantascienza è stato curioso perché da un lato si affermava con le pubblicazioni scritte, Urania in certi momenti superava già la Mondadori, come fascicoli venduti. Oppure anche col cinema, in fondo, abbiamo inventato un cinema di fantascienza popolare magari affidato ai vari Maciste e Ercole, ma a volte era Maciste contro gli uomini della luna cose di questo tipo. Abbiamo avuto un nostro cinema di fantascienza, dei titoli, secondo me, straordinariamente evocativi, magari più del film stesso, tipo Il pianeta degli uomini spenti o I criminali della galassia etc. dove l’alieno a volte era la luce di una lampadina elettrica, però, sta di fatto che, la gente voleva questo, andava al cinema e si nutriva in qualche misura di questo. Erano gli anni in cui furoreggiavano i Godzilla e quelle altre cose giapponesi. La cultura ufficiale di fronte a questo ha reagito male. Ci sono stati dei personaggi che hanno intuito, in qualche modo, questo tipo di potenzialità, ma abbiamo avuto un doppio fenomeno: da un lato, se uno scrittore scriveva un libro di fantascienza doveva subito dopo premurarsi di dire “ma la mia non è vera fantascienza, io faccio altro. Adesso prendo in prestito questa modalità però la mia non è vera fantascienza.” Oppure un certo compatimento, si sono dei bravi ragazzi, fanno delle cosine graziose, ma la cultura è altro. Poi questo altro si spostava sempre più lontano, diciamo cosi. Pochi mesi fa è morto un mio amico veramente fraterno che si chiamava Vittorio Curtoni, e’stato, non solo un grande promotore di fantascienza, ma è stato un grande traduttore. Molto richiesto come traduttore in tutti i campi al di là della fantascienza. Però, salvo rarissime antologie, quello che lui ha scritto di fantascienza non è considerato dalla cultura attuale. C’è il gruppo dei fan, chiaro, c’è sempre stato, che segue questo tipo di personaggi ma, voglio dire se…io ho fatto un articolo dove ricordavo Vittorio Curtoni, tantissimi mi hanno scritto dicendo “ma chi è questo?”, per voi non ha contato nulla, ma è stato quello che ha scoperto i più grandi. Lui è stato quello che ha pubblicato Dick, che adesso è considerato un grande della letteratura. Lui ha pubblicato Stallion che è considerato non un grandissimo della letteratura ma è pubblicato da Adelphi oggi. Cioè vogliamo ringraziarla questa gente qua? Che ci ha fatto conoscere degli universi incredibili ? Io prima di leggere Vittorio Curtoni, Dick lo leggevo riassunto su Urania, considerato autore di romanzetti. Dopo di che si pubblica una sua biografia e si comincia a scoprire che è un grande autore e vengono pubblicati tutti i suoi romanzi. Ma Curtoni lo aveva già detto. E non solo Curtoni, anche altri lo avevano già detto. Allora, se un critico oggi, non dico tutti, ci sono critici molto validi, comunque, se mi viene fuori a citare Dick io gli dico “guarda che io Dick lo leggevo 20/30 anni fa” e sapevo che era un grande autore ed è inutile che tu me lo venga a dire adesso. Tu cattedratico, vedi di aggiornarti su quello che esce e soprattutto di capire che esiste tutto un mondo letterario che tu non hai mai conosciuto. Magari sarà spregevole ma adesso, che ne so, esaltano praticamente tutti Emilio Salgari: io lo leggevo che avevo 12 anni ed era disprezzato da tutti in realtà. Erano edizioni pessime, proprio scadentissime. E poi adesso mi viene fuori quello che dice “Grandissimo Salgari” o Salgàri non so bene come si pronuncia, i salgariani dicevano Sàlgari ve lo dico. Sta di fatto che queste scoperte a scoppio ritardato, non mi sembrano sintomo di una grande brillantezza culturale. Eppure qui in Italia va cosi, del resto io ho partecipato, racconto un piccolo aneddoto, ci doveva essere il seppellimento al Pantheon di Alexandre Dumas e dovevano essere portate le ceneri al Pantheon a Parigi. Io ero a Parigi in quel periodo, solo che lessi male no, e c’ero io e 10.000 mila poliziotti i quali seguivano ogni mio movimento. Però sono stato felicissimo di essere il primo a rendere omaggio ad Alexandre Dumas ma non l’ultimo perché in Francia c’è stata tanta altra gente che gli ha reso omaggio, da noi no. Da noi si rende omaggio cosi per simpatia, era un tipo bizzarro, curioso, Salgari che ne so, Curtoni o mettiamo tanti altri che erano anche più bizzarri, quindi possiamo simpatizzare per loro. Non erano tipi bizzarri facevano parte della cultura, facevano parte della cultura in cui ho vissuto anche io. Senza pretendere di essere io, esponente di alta cultura, non lo sono francamente. Però loro si, loro si, e ho avuto la fortuna di poterli leggere. Basta.

Domanda: per ragioni politiche, una parte della produzione fantastica in Italia, è stata monopolizzata da una cultura di destra come facciamo i conti con questa cosa?

Evangelisti: in effetti poi certi autori tipo Tolkien e Lovecraft, solo in Italia, sono stati appannaggio di critici, diciamoli cosi, non di destra ma di estremissima destra. Estremissima vuol dire che andiamo ben al di là di quello che era o di quello che è la destra istituzionale. Andiamo nel campo della destra extraplanetare. Ora, sono operazioni che sono avvenute solo qua. Curioso. Mettiamo, sicuramente Tolkien era un cattolico, ed era anche un conservatore, lo era alla maniera inglese, come lo possono essere gli inglesi, non come lo si poteva essere …. in Italia. Lovecraft è stato apertamente nazista, salvo che accettava la dottrina economica marxista. Era un personaggio singolare molto vicino alle idee di Maurras, dell’action francaise, su questo non c’è dubbio. Poi, manifestò alcune simpatie di sinistra poco prima di morire. In Francia è considerato un estremista di sinistra che è un’altra esagerazione. In Italia no, in Italia è rivalutata proprio quell’altra parte del suo pensiero. Ma quelli non sono pensatori, sono romanzieri. Per cui, come ho parlato di autori americani di destra che poi scrivevano cose di sinistra, cosi sono difficili da classificare questi personaggi. Tolkien è stato un idolo anche per gli hippies. Heinlein anche lui, che forse non lo sospettava nemmeno di fare una fine del genere. Lovecraft è stato uno che ha condotto una vita infelice praticamente isolato dal mondo, senza contatti. Lovecraft chiamava comunista Robert Howard, quello di Conan il barbaro, secondo lui Robert Howard era un comunista. Non possiamo basarci su queste cose qua. Occorrerebbe cercare una via razionale e smettere di interpretare tirando un personaggio da una parte o dall’altra. Nella loro vita han fatto quel che han voluto, poi hanno scritto delle cose e io, Lovecraft non lo considererò mai di destra o di sinistra, voglio dire è uno che si occupava di sogni, di psiche in qualche modo, andava in profondità forse al di là di quello che lui stesso volesse. Quello che non accetto è che a posteriori venga presentato come un esoterista, un mago Otelma del suo tempo. Se c’era uno assolutamente razionale era lui. Lo stesso vale in maniera completamente diversa per Tolkien. Che poi i suoi personaggi diventino eroi, nei campi hobbit cosi chiamati. Ma gli hobbit, se uno si vede bene il Signore degli anelli, gli hobbit sono la merry England, sono gli inglesi della piccola borghesia che vivono con i loro giardinetti e hanno una loro vita ideale agli occhi di Tolkien. Eroi fascisti questi? bah! ma neanche per sogno! Si tratta di tutt’altro, si tratta di un’espressione di una cultura che potrà essere accettata o meno ma va letta come cultura e soprattutto va letta nell’opera in se. Non andiamo a vedere se Tolkien simpatizzava per Mussolini o no e chi se ne frega!… E gli hobbit militanti protonazisti, è una sciocchezza, è puramente una sciocchezza.

Domanda: che problema abbiamo in Italia con la rappresentazione del male?

Evangelisti: con la rappresentazione del male, più che del male dell’ambiguità, perché Eymerich è un personaggio che sta un po’ di qua e un po’ di là, cioè è sicuramente perfido ma anche molto intelligente. Va detto che la prima recensione in assoluto che ebbi fu sull’Avvenire ed era estremamente positiva: si vede che qualcuno degli azionisti di questa testata si riconosceva molto nel personaggio o lo trovava positivo. Io non l’ho mai voluto rappresentare come positivo, l’ho voluto rappresentare come psichicamente complesso; va detto che, la prima versione che feci di Eymerich, che da racconto diventò romanzo, lo vedeva come quasi un fantasma, non aveva sostanza reale. Dopodichè io a quell’epoca facevo lavori per conto terzi. Cioè una specie di ghostwriter, non autore di romanzi, ma bensi autore di saggi. Mi trovai a collaborare con uno psichiatra molto bravo che però non aveva capacità di scrittura e arrivai su un capitolo intitolato “La subpersonalità schizoide”, lo lessi e dissi “sono io quello là” : cioè ero io lo scrittore sostanzialmente. Allora poi decisi di trasferire tutto questo poi su un personaggio, sul personaggio letterario che avevo creato che fino a quel momento non aveva spessore. E nacque cosi Eymerich come personaggio vero, perché in parte rifletteva me stesso e la gente, sembra, l’ha capito, cioè, in effetti ha avuto un successo che neanche io mi attendevo all’inizio. Però, ecco, quando si arriva al problema di tradurlo in film, sebbene ci siano state tante proposte in questo senso, ci si scontra con due questioni: primo, è un personaggio complicato, cioè, non è buono, non è cattivo, è una via di mezzo; la radio è stata molto comprensiva in questo, ma non cinema e televisione, sebbene fossero molto interessati a questo personaggio. Seconda cosa, è un membro della Chiesa in effetti, essendo un inquisitore. Mi viene fatta anche una proposta davvero strana, non dico da chi e come, di farlo inquisitore privato cioè che non fosse un prelato, un frate domenicano, bensì che fosse uno che andasse in giro a bruciare streghe o stregoni in privato. Questo per non avere problemi con le autorità ecclesiastiche. Che poi io alla fine sono convinto che, le autorità ecclesiastiche sarebbero più comprensive di quanto non sia un funzionario della televisione pubblica su questo tipo di cose. Comunque, non è mai uscito nessun film, nessun telefilm, non ce ne sono in programma, per molti anni ho campato con i diritti che mi pagavano senza poi realizzare nulla, ma ho avuto tante altre manifestazioni: il videogioco per esempio. Il primo parlato in latino. A me va bene cosi. Il personaggio del resto, non so se qualcuno lo abbia mai voluto sopprimere ma non c’è mai riuscito perché è talmente popolare…mi ritrovo in altri romanzi, mettiamo Niccolò Ammaniti in uno dei suoi romanzi dice “era peggio dell’inquisitore Eymerich” cose del genere. Mi ritrovo in tante parti, magari non si tratta esplicitamente però si capisce che il contesto era quello. Di fatto è che una volta creata una figura cosi non è facile da fermare, perché è una figura che ha vita propria. Per cui io sarò dimenticato, dimenticatissimo, presto temo, invece il mio personaggio non credo. Basti pensare che alcuni miei romanzi sono alla 30esima edizione, certo non le edizioni di lusso. Io ho un pubblico giovanile, più che altro per due terzi sono studenti quelli che mi leggono. Però si passano questi libri quasi di generazione in generazione, e ho questo tipo di fortuna, che poi mi ha concesso di diventare uno dei pochi scrittori di genere in Italia che possa vivere solo di genere, anche senza grosse considerazioni da parte della critica, salvo alcuni, e anche con un profilo molto marginale ma io non è che pretendo molto di più.

Domanda: che idea ti sei fatto dell’inquisizione e della Chiesa cattolica. Nel costruire il personaggio e farlo vivere che cosa immagini che resti a chi ti legge?

Evangelisti: all’inizio non avevo idee molto precise sulla vita di Eymerich. Avevo trovato il suo nome su un libro che si chiamava Storia dell’intolleranza in Europa. Mi aveva colpito molto il nome perché sembrava una frustata, un colpo di coltello, di rasoio, una cosa del genere e del resto come lo si pronunci riesce sempre cosi. Poi cominciai ad approfondire e sono riuscito ad entrare in contatto con storici veri dell’Inquisizione, biografi di Eymerich in Italia, in particolare, ho un amico che si chiama Andrea Del Colle, che ha scritto una bellissima storia dell’Inquisizione in Italia. Quanto alla mia visione dell’Inquisizione, prima di tutto togliamo di mezzo quello che non c’entra. Cioè, almeno nel Medioevo non era caratterizzata dalla tortura. In seguito l’Inquisizione è diventata uguale a tortura no? Si torturava è vero, però senza eccedere, erano più che altro coloro che applicavano le tesi dell’Inquisizione che torturavano. Voglio dire l’Inquisizione non ha mai usato la Vergine di Norimberga o cose del genere, anche perché era proibito e irreligioso versare sangue. Quindi potevano slogare gli arti ma non versare sangue. Questa è stata tutta una esagerazione. Dopo di ché si è passati all’estremo opposto, cioè alla totale assoluzione. Vale a dire, c’è tutta una scuola che chiamerei revisionista che dice che l’Inquisizione era il solo tribunale onesto del suo tempo e che c’era comunque un avvocato difensore. Attenzione, Eymerich nel suo manuale dice che se l’avvocato difensore esagera va arrestato anche lui: comunque c’era un avvocato difensore e le garanzie erano rispettate. Falso, totalmente falso, niente affatto vero. Intanto le Inquisizioni sono state tante, e bisogna vedere come era applicata questa forma di interrogatorio in loco. C’è stata anche un’Inquisizione protestante per esempio. Ci sono stati principi che magari non si rivolgevano all’Inquisizione però ne usavano i manuali e si rivolgevano invece a degli ecclesiastici. A Trento per esempio nei principati tedeschi era là che c’era la Vergine di Norimberga e tutto questo non c’era sicuramente a Roma. Si trattava in qualche modo di spezzare il pensiero di qualcuno. In questo senso era molto anticipatore come tribunale. Mi ricorda altri che in seguito hanno tentato di rompere il pensiero di qualcuno, di indurlo a ritrattare a pentirsi. Di zona in zona poi, il bersaglio chi erano? Gli ebrei mettiamo. L’Inquisizione spagnola fu indirizzata contro gli ebrei. Oppure le streghe. Nel ‘400 era un organo contro le donne. Oppure cosi via, di soggetto in soggetto fino ai napoleonici, i protestanti etc. bisognava che smettessero di pensarla come prima. Ora questo a me non sembra molto libertario come principio direi. Diciamo che l’inquisizione poi è finita ai primi dell’800. All’inizio è curioso perché questi personaggi sono detestati, tipo Antonio Llorente e altri. All’inizio fu contestata da cattolici e dall’interno, cattolici o altri cristiani che non ci stavano a questo gioco qua e dicevano “ma noi stiamo processando degli innocenti”; non l’avessero mai fatto furono i primi bersagli. Insomma, veramente era una macchina di distruzione della coscienza. E qualche storico finiva poi per dire che gli inquisitori avevano quasi ragione, che Giordano Bruno era un fanatico mentre chi lo processava no. Io ho paura che fosse il contrario a dir la verità, ma comunque anche un grande storico e cosi ce ne sono stati altri Del Colle per esempio. Ma non solo. Ritengo che si debba capire che chiamare in causa l’Inquisizione non vuol dire attaccare la Chiesa cattolica di oggi, è qualcosa di completamente di diverso anche se il papa attuale è stato l’ultimo inquisitore, anzi penultimo perché adesso ce n’è un altro. Non significa attaccare l’idea cattolica, però, insomma, ogni istituzione ha avuto la sua storia e la Chiesa ha avuto la sua. E nessuno mi venga a dire che sono stati sempre innocenti perché allora io potrei cominciare a tempestarli di riferimenti. Ho un’intera biblioteca sull’Inquisizione e spesso sono dati poco contestabili. Ci sono state stragi, ci sono stati roghi. Mi vengono a dire che l’Inquisizione ad esempio in Sicilia ha ucciso una trentina di persone ma non hanno letto l’elenco completo, cioè cominciano da una certa data arbitraria da lì, hanno ucciso 30 persone. Mi mancano le centinaia di prima e uccisi perché? Perché erano sospetti, non si pentivano, io sono ebreo mi converto però resto ebreo e va beh, allora vai al rogo e cosi via. Cioè, persecutori di minoranze sostanzialmente. Tutto questo lo giudico molto negativamente anche se devo dire che si, si è creata la cosiddetta leggenda nera sull’Inquisizione ma non era tutto leggenda. Non era tutto leggenda. Una storica cattolica francese ha fatto il conto di quanti impazzivano nelle torture dell’Inquisizione di Spagna. È incredibile, incredibile, la regola di non versare sangue non veniva rispettata. A volte la regola che rendeva non perseguibili i bambini sotto i 12 anni non era rispettata. Un frate di Bologna suggeriva l’uso di cordicelle con una specie di paletto per fare male alle dita mettiamo. Oppure le fustigazioni, in un caso l’Inquisizione di Spagna, la Suprema, l’organo che la governava, permise di torturare una donna incinta, cosa che non era normalmente permessa. O permise di torturare una bambina di 9 anni. C’è stato anche questo nella storia della chiesa. Certo uno mi potrebbe rispondere che nella storia del comunismo c’è stato anche di peggio ma stiamo parlando di una cosa non dell’altra, cioè sono due discorsi differenti. Basta.

Domanda: per quanto riguarda il discorso sul fantastico, su questo immaginario: c’è una responsabilità in Italia da parte della cultura ufficiale che ha costruito sul piano della critica una certa idea di letteratura e un’angoscia perversa, come adesso la Chiesa, verso il fantastico. Tu che ne pensi? Da dentro, da scrittore?

Evangelisti: la cultura di sinistra in Italia è stata carentissima sul tema del fantastico. Perché, il fatto è che fin dalle origini, riteneva che il realismo fosse l’unica vera letteratura. Questo è già presente in Gramsci perché si rifaceva a Croce e dunque pur essendo più aperto di altri, non è che considerasse di molto la narrativa di genere, chiamiamola cosi, anticipando un po’ i tempi. Poi diventò addirittura feroce in quelle critiche. Per loro, il fantastico era, primo, perdita di tempo; secondo, mancanza di emozione di classe e terzo, letteratura di intrattenimento, come se tutta la letteratura fosse poi di intrattenimento. Questa cosa ha pesato parecchio. Io mi ricordo da ragazzo, i miei genitori erano degli insegnanti, erano tutti e due maestri elementari, e ricevevano una specie di diario per maestre elementari di chiara impostazione di sinistra. Pare che si chiamasse Amico, non son sicuro. E poi lo passavano a me. Io in realtà adoravo il diario … mi trovavo con questa roba del maestro che era noiosissima e uscì un’edizione dedicata alla fantascienza dove si diceva che la fantascienza non racconta la verità. E dunque va tolta dalle mani dei bambini.  Si faceva un esempio di un romanzo chiamato “Schiavi degli invisibili” dove delle entità, è un romanzo inglese, invisibili chiamate vitoni assumono il controllo della mente umana. Qual era l’argomentazione che si svolgeva? I vitoni non esistono. Allora sono anch’io che non esisto. Questo bastava ad eliminare i vitoni dalla mia gioventù. Del resto, mi ricordo un articolo su L’Unità degli anni ’60, io ero proprio un ragazzino, dove veniva presa di mira la fantascienza in generale perché si diceva è una narrativa di destra. Si faceva l’esempio di tale Luigi Naviglio chiamato Louis Navire, si firmava cosi, che penso sia ancora al mondo, non lo so, il quale Naviglio parlava di una legione nera del futuro che con stivaloni portava la civiltà romana nel cosmo o qualcosa di questo tipo. Ora è vero c’erano quelle robe li. In Italia, ci sono state per moltissimo tempo e ci sono ancora a dire la verità: esistono delle ucronie su Mussolini che non sarebbe morto ma sarebbe un saggio politico di oggi. Sono esistite quelle cose ma esisteva anche tanto altro. Cosa me ne fregava a me di ste cose qua, io leggevo Il segreto degli Slan di Alfred Helton Van Vogt: omini con le antennine, ritenuti una minoranza brutta e cattiva perché erano verdi di colore, e sapevano leggere il pensiero. Mi leggevo le opere di Dick prima che venisse riscoperto, mi leggevo Asimov, Clifford Simak. Allora che novità dovesse propormi la fantascienza solo citando un racconto, peraltro oscurissimo, di un autore italiano, mi sembrava un’operazione culturalmente volgare. In ogni caso, era tutta una lotta riuscire a leggere quei libri li. E quand’ero alle scuole medie, ci facevano tenere un quaderno delle letture estive: che libri avevi letto durante l’estate. E io scrivevo quelli che avevo letto: era un po’ di tutto. Per la verità io leggevo di tutto, dall’Idiota di Dostoevski a Cronache della galassia. Leggevo tutto questo. Mi ricordo che ne misi, tra l’altro non era neanche tanto bello, uno che si chiamava La porta sull’estate di Robert Heinlein… La professoressa andò in bestia “tu leggi queste cose qua” e chiamò i miei genitori e disse “guardate che questo qua legge della fantascienza” . E una volta che andai in vacanza, tornai e i miei genitori avevano scoperto la mia biblioteca nascosta di fantascienza, che era nascosta sotto al termosifone, in questa stessa casa che una volta era fatta in maniera diversa. E mio padre buttò tutto dalla finestra, io poi andai a raccogliere, per non lasciare sporco, tutto quanto. Tornai dalla vacanza andai in cortile e trovai la copertina de I mostri all’angolo della strada di Lovecraft ed era rimasta solo la copertina. A quei tempi non era tanto colpa dei miei genitori, era colpa della cultura diffusa, si sosteneva che la fantascienza facesse paura ai bambini per esempio. E allora si diceva che io leggevo libri dell’orrore. Mi impedirono di vedere fino alla fine il film La cosa dell’altro mondo che poi riuscii a vedere solo molti anni dopo. Io lì cominciai la mia resistenza, cominciai a ricomprarmi tutti gli Urania ancora adesso ne ho più di 500, ma veramente li cercai tutti quanti. E quando potei scrissi fantascienza.

Domanda: adesso cosa è cambiato in Italia? Chi è che in Italia ti attacca e perché? Quali sono gli argomenti per poter sostenere che quella è letteratura di genere e che quindi essendo letteratura di genere non è letteratura perché la letteratura alta è la letteratura d’autore. E poi, davvero Ammanniti o Nove sono autori e tu no?

Evangelisti: i critici italiani sono, quando prendono in considerazione, abbastanza divisi: alcuni sono totalmente ostili, ad esempio Cortellessa, è uno che ce l’ha con me, non mi ricordo come mi chiami ma diciamo il polentone perché scrivo dei romanzoni. Altri sono più amichevoli, tipo Filippo Porta, a suo tempo Goffredo Fofi, e cosi via. Qualcosa si è spostato perché ora, in effetti, il genere che pratico è seguito; a volte, però, vengo in qualche modo censurato. Voglio dire, ho scritto un romanzo storico chiamato One Big Union, praticamente quasi una Bibbia dei centri sociali, ma non è stato recensito da nessuno, dal Manifesto e basta. In quel caso, è un altro tipo di censura. Però, il resto è una battaglia un po’ difficile che non voglio combattere perché sono troppo vecchio, ci penseranno altri che vengono dopo. Quanto al valore delle mie cose paragonato ad altri autori, non è un mio problema. Io scrivo quello che mi sento, so benissimo di non avere uno stile particolare, ma cerco lo stile più efficace in quel momento. A volte, la frase può risultare estremamente poetica ma non è che io cerchi la frase poetica, butto giù. Adesso ho delle difficoltà a scrivere per problemi tutti miei di salute. Però quando mi metto a scrivere sono come invasato. mi getto e vivo quelle storie lì, le vivo fino infondo. Se poi non vengono capite, ritenute grezze o cose del genere va beh, a me basta già che ci siano tanti lettori che mi seguono e che mi vogliono bene. Mi scrivono ogni giorno, io ricevo due o trecento mail di gente che mi è veramente affezionata, affezionata ai miei personaggi e al mio mondo. Cosa voglio di più?  Io sono quella cosa lì.

Ultima domanda: film e romanzo preferito di fantascienza.

Evangelisti: film di fantascienza preferito, cosa che stupirà molti, Zardoz. Io l’ho sempre trovato un film estremamente raffinato, l’ho adorato, non so quante volte l’ho visto, lo conosco a memoria. Libro preferito, qui andiamo sull’antico, La guerra dei mondi di Wells dove, attenzione, non si prevedevano meccanismi tecnologici o tecnologie del futuro. Si contemplava il crollo dell’Impero inglese sotto una spinta esterna non identificata: dei cilindri che cadevano dal cielo, neanche ben descritti. Ecco, quello forse è il romanzo che mi ha più condizionato.

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Sogni senza futuro. L’Epopea Americana di Joyce Carol Oates https://www.carmillaonline.com/2018/08/17/sogni-senza-futuro-lepopea-americana-di-joyce-carol-oates/ Thu, 16 Aug 2018 22:01:45 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=47288 di Gioacchino Toni

«Non esiste idea più catastrofica di quella secondo la quale ci si deve sempre schierare con il proprio paese, che sia nel giusto o che sbagli, e che chiunque esiti ad aderire ai crimini commessi nel nome del patriottismo merita di essere punito» (Joyce Carol Oates)

A Garden of Earthly Delights (1967), Expensive People (1968), Them (1969) e Wonderland (1971) sono i romanzi che, tradotti e pubblicati nel 2017 da Il Saggiatore, compongono la tetralogia Wonderland Quartet dell’americana Joyce Carol Oates.

Quella della scrittrice è una produzione letteraria caratterizzata da [...]]]> di Gioacchino Toni

«Non esiste idea più catastrofica di quella secondo la quale ci si deve sempre schierare con il proprio paese, che sia nel giusto o che sbagli, e che chiunque esiti ad aderire ai crimini commessi nel nome del patriottismo merita di essere punito» (Joyce Carol Oates)

A Garden of Earthly Delights (1967), Expensive People (1968), Them (1969) e Wonderland (1971) sono i romanzi che, tradotti e pubblicati nel 2017 da Il Saggiatore, compongono la tetralogia Wonderland Quartet dell’americana Joyce Carol Oates.

Quella della scrittrice è una produzione letteraria caratterizzata da frequenti cambi di registro narrativo: «I miei interessi hanno sempre oscillato tra il “mondo reale” e il “mondo surreale”. Ovvero, tra il mondo fatto di realtà navigabili e il mondo dominato dalla logica onirica. Non ho mai fatto distinzioni qualitative tra una dimensione e l’altra, anche perché non ho mai ragionato in termini di reale e fantastico. Per fare un esempio, nei racconti di Poe e nella letteratura gotica la virata verso il surreale è una diretta conseguenza dell’immersione nella coscienza di un individuo, e della decisione di privilegiare una narrazione in soggettiva rispetto a uno sguardo più distaccato e onnicomprensivo. In altre parole, la scelta tra “reale” e “surreale” è una diretta conseguenza del tipo di struttura narrativa che, di volta in volta, decido di privilegiare» (Intervista rilasciata a Luca Briasco, «Il Venerdì di Repubblica», 28 luglio 2017).

In Wonderland Quartet, cambiando più volte registro narrativo, così come ambientazione e contesto sociale, l’autrice costruisce una parabola sociale e morale degli Stati Uniti attraverso storie in cui le speranze e le ambizioni di alcuni individui vengono mandate in frantumi dalla falsità, dall’individualismo, dal cinismo e dalla violenza di una società davvero impietosa. Oates non si limita però a narrare storie di perdenti: racconta, piuttosto, di una società in cui, indipendentemente dal successo economico, moralmente non ci sono vincitori. Una società ipocrita, violenta e totalmente priva di sensibilità in cui non si salva nessuno. Una società fondata sulla violenza più crudele, sulla sopraffazione, sull’inganno e sull’individualismo non può che tramutare i propri sogni in incubi da cui risulta impossibile uscire senza mettere in discussione le fondamenta del sistema.

Joyce Carol Oates, Il giardino delle delizie, Il Saggiatore, Milano, 2017, pp. 520, € 21,00

Il giardino delle delizie narra l’America profonda, maschilista, rurale e proletaria degli anni Cinquanta e Sessanta. Un mondo in cui ci si spacca la schiena sul lavoro, di giorno, e il naso nelle bettole, di sera, dopo qualche bicchiere di troppo. Gli sterminati campi di segale avvolti dall’afa e illuminati da un sole accecante che fanno da sfondo alle vicende del romanzo non concedono davvero nulla al pittoresco. Clara, venuta al mondo in un canale di scolo, figlia di due braccianti in balia di un mondo che a loro concede solo guai e miseria, sin da adolescente sogna di poter fuggire da quell’ambiente misero, violento, apatico e privo di prospettive in cui si trova a crescere. Sogna amori idilliaci e ricchezza ma soprattutto Clara desidera andarsene e cambiare vita, disposta ad avventurarsi lungo strade sconosciute e in storie al buio: la relazione con Lewroy, che l’abbandonerà non appena restata incinta, poi la storia con il ricco Revere, che sembrava poterle garantire la tranquillità economica e con il figlio di questo, Swan, che si rivelerà un essere spregevole e violento. Per Clara la fuga si rivelerà inutile; l’infame destino da cui intendeva fuggire sembra ineludibile per la giovane donna e che si tratti del misero universo di quel violento ubriacone di Carleton, il padre, o di quella squallida figura di Swan, il degrado non muta. Soltanto sogni infranti e disillusioni, abusi e violenze. Il giardino delle delizie si rivela una dannata terra arida e desolata così come i personaggi che la popolano, da cui sembra davvero impossibile sfuggire per chi è nato tra i miserabili e non è in grado di sgomitare a sufficienza per soggiogare i suoi simili.

Joyce Carol Oates, I ricchi, Il Saggiatore, Milano, 2017, pp. 329, € 18,00

Le cose sembrano poi non cambiare granché nemmeno ne I ricchi, secondo capitolo dell’Epopea americana, in cui l’autrice, rispetto al romanzo precedente, narra di un altro spaccato sociale. Il naufragio dell’american dream viene qui messo in scena ricorrendo al registro della commedia nera che mostra impietosamente la maschera grottesca e violenta che si nasconde dietro ai colori pastello «e nessuno steccato bianco, nessun filo di perle, nessun cocktail party può nasconderlo: è il cuore nero e pulsante dell’America più irreprensibilmente wasp, l’America democratica e progressista, l’America di Kennedy e di Carter, l’America delle magnifiche sorti e progressive, l’America che cela, dietro le sue medaglie al valore, un volto sinistro». Un racconto acido e tagliente, dall’ironia straziante, costruito attorno a una villa del Midwest e alle figure di Natashya Romanov Everett e del figlio Richard, che si sente uno dei tanti personaggi a cui ha dato vita la madre nei suoi romanzi e che per certi versi è vittima del successo della donna. Una narrazione in cui l’intrecciarsi di realtà e finzione, di falsità e apparenza, lascia il lettore disorientato, proprio come accade ai protagonisti del racconto.

Joyce Carol Oates, Loro, Il Saggiatore, Milano, 2017, pp. 653, € 23,00

Il terzo romanzo del Wonderland Quartet, Loro, «riscrive il racconto epico dell’America spregiudicata e selvaggia, dalla Grande depressione fino alla sommossa di Detroit del 1967». Le storie di Loretta, Maureen e Jules, i protagonisti, sono raccontate ricorrendo a una crudele vena satirica capace di mostrare come il destino si accanisca nel trasformare anche i piccoli sogni in incubi senza possibilità di soluzione. Nell’America di fine anni Trenta un colpo di pistola mette fine alla vita di Bernie, l’amante clandestino di Loretta che porta in grembo Jules, il frutto di quel rapporto nascosto. A fare da sfondo alle vicende di quella che la stessa autrice ha definito «un’opera storica in forma narrativa», è «un’America patriarcale e sanguinolenta: le prostitute passeggiano davanti ai collegi cattolici, l’aria odora di polvere da sparo e temporali, i giovani crescono nell’ossessione del potere, delle macchine costose, del denaro facile». L’american dream è qui minacciato anche dallo spettro della guerra che si avvicina e Loretta e i figli Jules e Maureen si troveranno a doversi spostare continuamente in cerca di fortuna per finire poi travolti dal crimine e dalla violenza sullo sfondo di una Detroit grigia e dura. Il destino sembra davvero accanirsi nei confronti di questi poveri disgraziati: Loretta andrà incontro ad un nuovo fallimentare matrimonio, Maureen finirà in balia della prostituzione e della violenza più feroce, mentre Jules tenterà di trovare un’occasione di riscatto nell’intreccio tra politica e malaffare.

Joyce Carol Oates, Il paese delle meraviglie, Il Saggiatore, Milano, 2017, pp. 651, € 23,00

Il quarto volume della tetralogia, Il paese delle meraviglie, assume le forme del romanzo gotico per raccontare la trasformazione del sogno americano in incubo: «le ataviche colpe familiari che avvelenavano gli interni di Nathaniel Hawthorne sono, qui, quelle di un’intera nazione, che ha smarrito ogni innocenza, ogni grazia originaria». Il racconto ruota attorno Jesse che, dopo essere scampato da bambino dal massacro che ha sterminato la famiglia, divenuto uno stimato neurochirurgo, nel tentativo di riportare a casa la figlia fuggita in una inquietante comunità alternativa, finisce col fare i conti con il mostruoso che regna attorno a lui. Anche in questo caso non ci sarò alcun happy end; la salvezza della ragazza si trasformerà inevitabilmente in una vera e propria dannazione e, giunti a questa ultima storia, il giardino delle delizie sembra davvero aver lascito definitivamente il posto a «un soffocante paese delle meraviglie da cui nessuna Alice può fuggire. È il paradiso perduto. L’America di oggi».

In questo Wonderland Quartet Joyce Carol Oates non ha alcuna intenzione di fare sconti alla società americana in cui vive. Anzi. Nessuna indulgenza per un paese incapace persino di provare pietà per i vinti. Vinti che, a loro volta, non sempre possono essere considerati semplicemente vittime.

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