Tesla – Carmilla on line https://www.carmillaonline.com letteratura, immaginario e cultura di opposizione Fri, 25 Apr 2025 05:09:58 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.9.26 Il nuovo disordine mondiale/ 26 – La guerra post-umana https://www.carmillaonline.com/2024/09/22/il-nuovo-disordine-mondiale-26-la-guerra-post-umana/ Sun, 22 Sep 2024 20:00:05 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=84603 di Sandro Moiso

Tra pace e guerra non esiste un sottile confine, ma una vasta zona grigia, dove gli stati danno vita a quella che viene definita competizione strategica, utilizzando in diverse combinazioni i quattro elementi che formano il potere di uno stato: diplomatico, militare, economico e informativo. Proprio quest’ultimo fattore, complice la pervasività delle tecnologie digitali, ha assunto una rilevanza senza precedenti. (Alessandro Curioni – Intelligenza artificiale, etica e conflitti, 21 settembre 2024 «il Sole 24 ore»)

Quando esploderà il mio cellulare? Molti di noi hanno cominciato a chiederselo perché in fondo quello che Israele, il Mossad, i [...]]]> di Sandro Moiso

Tra pace e guerra non esiste un sottile confine, ma una vasta zona grigia, dove gli stati danno vita a quella che viene definita competizione strategica, utilizzando in diverse combinazioni i quattro elementi che formano il potere di uno stato: diplomatico, militare, economico e informativo. Proprio quest’ultimo fattore, complice la pervasività delle tecnologie digitali, ha assunto una rilevanza senza precedenti. (Alessandro Curioni – Intelligenza artificiale, etica e conflitti, 21 settembre 2024 «il Sole 24 ore»)

Quando esploderà il mio cellulare? Molti di noi hanno cominciato a chiederselo perché in fondo quello che Israele, il Mossad, i suoi servizi segreti hanno fatto nei confronti di militanti di Hezbollah potrebbe essere usato contro di noi in una futura guerra. Altri nemici e altre potenze ostili potrebbero ripetere quel tipo di attacco attraverso gadget tecnologici disseminati nella nostra vita quotidiana e quindi: quando esploderà il mio cellulare? (Federico Rampini – Quando esploderà il mio cellulare?, Corriere TV 23 settembre 2024)

Valutare le cause, le conseguenze e il risultato ultimo dei recenti attacchi israeliani di carattere digitale ai militanti e ai capi di Hezbollah, è qualcosa che si potrà fare soltanto più avanti nel tempo. Anche se, a giudizio di molti esperti, al momento attuale gli assassinii mirati e il terrorismo impiegati dall’IDF e dai suoi ipocriti alleati americani non sembra essere in grado di piegare la resistenza e l’azione militare anti-sionista sia a Gaza che in Libano. Resta ancora aperta, poi, la possibile azione militare contro l’Iran che però, così come del resto in Libano una volta messi gli stivali per terra, richiederebbe il pieno e dichiarato appoggio militare statunitense ad una guerra sul fronte mediorientale.

Un’azione militare totale che, nella migliore tradizione statunitense e occidentale, ha però bisogno di una “giusta causa” ovvero di un attacco via terra e via aria diretto da parte del fronte sciita sul territorio israeliano. Cosa che al momento attuale gli interessati evitano per non cadere nella trappola organizzata da Washington e Tel Aviv e non soltanto perché indeboliti dai ripetuti attacchi mirati contro comandanti e membri delle loro forze armate. Che, comunque, nel 2006, nonostante le distruzioni portate in Libano dai bombardamenti dell’aviazione dello Stato ebraico, bloccarono e di fatto sconfissero le truppe israeliane costringendole al ritiro dopo un’avanzata di pochi chilometri sul suolo della terra dei cedri.

I guerrafondai, quelli che vogliono prendere il mondo a manate si dichiarano sempre innocenti. I disordini non li hanno inventati loro, diamine… Agiscono, reagiscono, si difendono. Non cominciano nulla, semmai sono gli altri…[…] Prendete Beniamino Netanyahu. Sguazza dasempre nella confusione.[…] La vendetta a Gaza è un rompicapo militare che, dopo un anno, appare senza uscita […] Allora che fare? Cambiare scenario, diversioni, nuovi campi di battaglia più arabili, un cocktail sciagurato a cui tutti coloro che sono a corto di idee purtroppo restano affezionati. Il turbolento fronte Nord è lì per questo. Netanyahu dunque ha bisogno che Hezbollah lo attacchi, i missili che cascano qua e là non bastano, sono ordinaria amministrazione. Non bastano a giustificare una rappresaglia colossale, una Gaza bis su cui si possa infierire in permanenza. […] Bene! Ma se gli sciiti della Bekaa non collaborano, non «scavalcano» la linea rossa? La necessità della vittoria stimola il desiderio e la capacità di darle una mano1.

Alle osservazioni del giornalista torinese occorre aggiungere soltanto che il tutto ha però bisogno anche di un peloso aiuto americano che, pur fingendo di cercare una soluzione altra al conflitto regionale, lo inciti all’azione. Magari per eliminare vecchi nemici come quell’ Aqil, responsabile di aver organizzato l’attentato contro la caserma dei marines a Beirut nel 1983. Come ha affermato il consigliere per la Sicurezza nazionale della Casa Bianca, Jake Sullivan: «E’ qualcuno che gli Stati Uniti avevano promesso di portare davanti alla giustizia molto tempo fa. Tante famiglie vivono ancora nel dolore provocato dalle sue azioni. E ogni volta che un terrorista che ha ucciso degli americani viene consegnato alla giustizia è un risultato positivo»2.

Inutile sottolineare come per il portavoce della Sicurezza nazionale “assicurare alla giustizia” e “assassinio mirato” siano di fatto sinonimi, atti soltanto a mascherare le azioni terroristiche portate avanti in tutto il mondo ormai da anni dalle forze armate statunitensi e israeliane, là dove occorre, per interposta persona. Ma queste riflessioni sulle motivazioni degli attentati in Libano e a Beirut, così come quelle sui maneggi delle borghesie arabe per liberarsi dell'”asse della resistenza” e indebolire l’Iran3, fanno ormai parte di una storia passata. La Storia di una terza (o quarta?) guerra mondiale già in atto e che soltanto il pieno dispiegarsi dello scontro tra Stati Uniti e Cina porterà al suo pieno compimento, anche per quanto riguarda il fronte ucraino.

Quello su cui occorre invece riflettere sono invece le nuove modalità di guerra imposte dall’evolversi dell’IA e del cosiddetto IoT (Internet of Things), Internet delle cose, alla guerra in atto. Guerra che se già ha prodotto l’uso su larga scala dei droni pilotati da remoto come micidiali strumenti di distruzione adottati su tutti i fronti delle guerre in corso e l’uso di missili di ogni tipo, genere ed età (dai razzi Katjuša di fabbricazione russa, risalenti ancora alla seconda guerra mondiale a quelli più recenti e ipersonici oppure alle cosiddette “bombe plananti” dotate di una certa intelligenza operativa nella scelta degli obiettivi da colpire una volta lanciate dai bombardieri), nel corso degli ultimi giorni ha visto un ulteriore salto di qualità, con l’uso di strumenti quali cercapersone, smartphone, computer o, come è stato segnalato ma senza certificazione ufficiale, pannelli solari, come armi.

Già da tempo si sapeva della possibilità di individuare soggetti e bersagli attraverso l’uso sprovveduto dei telefonini e degli smartphone, cosa per cui recentemente il leader di Hezbollah aveva consigliato ai militanti e responsabili operativi di utilizzare i cerca persone per tenersi in contatto, mentre Osama Bin Laden, Messina Denaro e Yahya Sinwar hanno sempre preferito comunicare per mezzo di “pizzini” consegnati a mano. Ma i recenti attacchi terroristici israeliani nei confronti di militanti, ma anche civili, libanesi hanno aperto una finestra sul possibile uso e le finalità intrinseche racchiuse nell’intelligenza digitale degli oggetti di uso quotidiano.

Certo, è possibile che l’operazione del Mossad e del gruppo 8200, l’Unità di guerra cibernetica capace d’intercettare tutto quanto viene detto o scritto sui canali di comunicazione nemici e alleati, attraverso cui è stato possibile colpire i vertici di militari di Hezbollah sia con i cercapersone che con i missili sganciati da due F 35 israeliani sul quartiere di Dahiya, alla periferia meridionale di Beirut, sia stata preparata con cura certosina nel corso di anni. Basterebbe infatti leggere un romanzo come La Tamburina di John Le Carré che, pur risalente agli anni Ottanta, è ancora estremamente utile per spiegare le sottigliezze, gli accorgimenti, la pazienza e le astuzie con cui i servizi israeliani operano in ogni angolo del mondo.

Ma tutto ciò non basta ancora: reti operative spionistiche e di intelligence e ditte fasulle prestanome costituiscono soltanto uno degli aspetti della questione. L’altro è costituito dalla diffusione delle tecnologie digitali che da strumento di possibile controllo si sono trasformate anche in strumenti da usare direttamente nel corso delle guerre. Sia tra gli Stati che civili, non solo più come indicatori della posizione di chi li usa, ma come autentiche armi.

D’altra parte, da tempo, si discute della sicurezza delle rete e degli oggetti ad essa collegati oppure della possibilità di incendio ed esplosione delle batterie al litio, sia che si tratti di smartphone oppure di auto elettriche.
La batteria dei cercapersone esplosi infatti dovrebbe essere una batteria al litio, esattamente come quella dei nostri smartphone. Per rispondere a questa domanda bisogna guardare a qualche caso di cronaca del passato Nel 2016 Samsung ha presentato il Galaxy Note 7, uno smartphone tra i più potenti usciti in quell’anno. Questo dispositivo è diventato noto alle cronache proprio per le esplosioni. Un difetto di fabbrica, presente soprattutto nei primi modelli commercializzati, provocava un surriscaldamento delle batterie. Da qui partiva un effetto a catena che portava prima le batteria a gonfiarsi e poi a prendere fuoco. Il problema era così evidente che alcune compagnie aeree hanno vietato ai passeggeri di portare il dispositivo sul mercato. Samsung alla fine ha ritirato il modello. Le batterie al litio che abbiamo nei nostri dispositivi elettronici non sono tutte uguali. In base alla tecnologia con cui sono costruite hanno reazioni diverse alle sollecitazioni esterne. […] Negli ultimi anni sono emersi diversi casi di incidenti che hanno coinvolto le Tesla. Parliamo di batterie diverse, sia per le dimensioni che per le composizione. Anche in questo caso però vediamo delle caratteristiche simili. In caso di incidente le batterie non sono direttamente esplose ma hanno preso fuoco4.

Tralasciando, però, i problemi collegabili all’uso delle batterie al litio, diventa necessario addentrarsi invece nel labirinto delle differenti applicazioni e intelligenze digitali usate quasi quotidianamente da tutti.

Mentre ci si interroga su quale sia il peso della guerra cyber nel conflitto tra Russia e Ucraina, basterebbe fare un piccolo sforzo di astrazione e proiettare in un futuro non molto lontano quello che vediamo a trarne una debita conclusione. Facciamo un passo alla volta e diamo uno sguardo a quale sarà il nostro radioso futuro grazie alle tecnologie dell’informazione. Con diverse velocità, tutti i Paesi del mondo sono proiettati verso la digital transformation, termine vago e utilizzato in maniera ondivaga. Forse sarebbe più comprensibile se si parlasse di grande convergenza, ovvero quel processo che progressivamente interconnetterà tutte le tecnologie digitali. In effetti esse sono più numerose di quanto si possa pensare e per anni sono state separate, alcune completamente altre meno. L’esempio più evidente riguarda il mondo IT, a cui appartengono software e hardware che la stragrande maggioranza delle persone utilizza per lavorare, e quello OT (Operational Technology), che comprende i sistemi industriali destinati a gestire milioni di macchinari e strutture compresi acquedotti, reti elettriche, impianti ferroviari. Un terzo ambito è l’Internet delle Cose, diciamo quelle più piccole: dalle prese elettriche ai termostati di casa per arrivare fino ai dispositivi di quella che si chiama telemedicina. Si tratta di una quantità enorme di oggetti (in Italia sono circa 95 milioni) accomunati tutti dall’aggettivo “smart”. L’obiettivo è l’integrazione di tutte queste tecnologie per raggiungere livelli di servizio e di efficienza impensabili. […] Ecco, alla fine, che giunge l’ultima e forse più potente delle tecnologie: l’intelligenza artificiale, sistemi specializzati e addestrati a gestire enormi basi dati per estrarre conoscenza e quindi suggerire la giusta decisione. Ecco la grande convergenza, e la sua apoteosi sarà rappresentata dalla Smart City5.

Che questi sistemi siano stati e siano tutt’ora facilmente attaccabili è cosa risaputa, anche se spesso il maggiore allarme proviene dai rischi connessi all’uso di dati personali e bancari oppure al sabotaggio hacker di reti di servizio. Pericoli segnalati con dovizia di particolare in riviste e articoli specializzati.

Ogni singolo sistema tecnologico che ho citato presenta dei punti deboli. I sistemi OT hanno cicli di vita molto lunghi, spesso pluridecennali: questo significa che i software che li supportano sono obsoleti e presentano delle vulnerabilità note che non saranno mai corrette. Una volta connessi a Internet saranno raggiungibili attraverso i sistemi IT, esponendo le loro debolezze potenzialmente a chiunque. Il mondo dell’Internet delle Cose è già popolato da svariati miliardi di oggetti, il più delle volte connessi in rete senza alcun tipo di autenticazione. Allo stato attuale la gestione dei dispositivi domestici è affidata nella maggior parte dei casi ai singoli cittadini che dovranno occuparsi anche degli aspetti di sicurezza. A tutto questo aggiungiamo l’intelligenza artificiale la cui fragilità è pari alla sua potenza. È stato dimostrato che modifiche nelle basi dati con cui vengono addestrate oppure nei dati di input le inducono a commettere errori molto grandi. […] L’accessibilità dei sistemi, la complessità gestita da molteplici intelligenze artificiali specializzate che dialogheranno tra loro e l’insieme delle diverse debolezze di ognuna delle tecnologie produrranno una moltiplicazione e dilatazione dei rischi proporzionale alle opportunità. Se c’è del vero nell’affermazione che le auto a guida autonoma potrebbero quasi azzerare gli incidenti stradali, altrettanta verità vi è nella considerazione per cui un malware inserito nei sistemi di aggiornamento delle autovetture smart potrebbe causarne in dieci secondi centinaia di migliaia. Ora possiamo trarre almeno quella conclusione di cui scrivevamo al principio ponendoci una domanda: per colpire una smart city saranno più efficaci ed efficienti i missili o i virus informatici6?

Secondo Federico Rampini, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden avrebbe messo al bando il software cinese installato sulle automobili, decisione che oltre a confermare l’escalation del protezionismo, è anche figlia dell’ultimo exploit del Mossad, poiché col passare dei giorni lo «sterminio dei nemici attraverso gadget tecnologici» ha suscitato altre analisi, ivi compreso nella comunità della difesa Usa.

Dal punto di vista strettamente tecnologico, infiltrare e manipolare a distanza degli apparecchi di uso quotidiano, non è una novità. Gli esperti hanno riesumato dagli archivi molti precedenti, israeliani e non. Gli stessi americani avevano fatto qualcosa di simile, che il mondo intero scoprì all’epoca delle rivelazioni di Edward Snowden: l’intelligence Usa aveva manomesso i cellulari di leader amici, tra cui l’allora cancelliera Angela Merkel, per intercettarne le comunicazioni. Un altro precedente celebre fu l’operazione israelo-americana che entrò nei comandi informatici di una centrale nucleare iraniana guastandola. E tuttavia quelli furono casi di uso «passivo» dei gadget, per fare spionaggio o sabotaggio, non per ucciderne gli utenti. L’exploit libanese (non rivendicato) del Mossad, pur non essendo veramente nuovo, ha oltrepassato numerose linee rosse: in termini di spettacolarità, e per il bilancio di vittime. Perciò ci si chiede se non abbia legittimato una nuova forma di guerra. La cyber-guerra del futuro, quella in cui ogni confine tra militari e civili sarà cancellato, le convenzioni internazionali diventeranno sempre più irrilevanti (non che siano mai state molto rispettate). La banalità degli oggetti in questione — i cerca-persone pre-smartphone — diventa un’aggravante. Perché non immaginare che qualcuno stia studiando di utilizzare a fini bellici i semiconduttori che fanno funzionare i nostri computer e cellulari così come i nostri elettrodomestici, praticamente ogni oggetto animato da memorie e circuiti elettronici? E le nostre automobili, per l’appunto, che ormai sono delle centraline digitali7.

Glenn Gerstell, per anni consigliere generale della National Security Agency, ha recentemente osservato sul «New York Times», a seguito degli attacchi israeliani, che le esplosioni sincronizzate di dispositivi wireless attivate dall’intelligence israeliana contro le milizie islamiche libanesi, rappresenta una impressionante anticipazione dell’accelerazione digitale della guerra. “Questo potrebbe essere il primo e spaventoso scorcio di un mondo in cui, in definitiva, nessun dispositivo elettronico, dai nostri cellulari ai termostati, potrà mai essere considerato completamente affidabile”.

Mentre Alessandro Curioni, esperto in sicurezza informatica ed ex- direttore del Centro di Ricerca IBM di Rüschlikon, si è spinto più in là nella riflessione immaginando come in un conflitto caratterizzato da una cyber war come quello in corso su più fronti anche le caldaie controllate da remoto potrebbero trasformarsi in micidiali strumenti di distruzione di interi stabili oppure di singoli appartamenti8, così come avvenne già durante il bombardamento di Dresda nel 1945 quando migliaia di persone morirono letteralmente bollite vive nelle cantine usate come rifugi antiaerei in cui avevano trovato riparo a causa del surriscaldamento e successiva esplosione delle caldaie a causa dell’innalzarsi della temperatura esterna dovuta all’uso di bombe incendiarie al fosforo da parte dell’aviazione alleata9.

Tutto ciò deve spingerci a riflettere su come tecnologie apparentemente docili e sistemi apparentemente intelligenti costituiscano in realtà, non per complotto programmato ma per semplice costrutto definito dal tempo in cui si vive, un autentico inserimento delle attività belliche in ogni ambito della vita civile, dimostrando come la guerra non costituisca un “errore” nel contesto del modo di produzione capitalistico, ma una costante mentre soltanto la cosiddetta pace, per quanto momentanea, può essere ritenuta “impropria”.

Ma oltre a questo ancora un’altra riflessione si impone a proposito di Intelligenza Artificiale e del suo uso così come è stato immaginato. Talvolta anche a “sinistra” e soprattutto in ambito fantascientifico. Una IA che se lasciata fuori controllo potrebbe essere causa di attacchi nei confronti della specie umana, ma che se usata con piena coscienza potrebbe costituire un’occasione evolutiva per la specie stessa e contribuire al miglioramento delle sue condizioni di vita e dell’organizzazione sociale. Sostanzialmente una visione culturalista, riformista e progressista che annulla l’azione di classe e della specie per il necessario ribaltamento politico delle strutture di governo ed economico-proprietarie legate all’attuale modo di produzione.

Un dibattito che fu particolarmente vivace, fiducioso e ottimistico, al limite della naiveté, nell’ambito del primo Cyberpunk e dei manifesti cyber degli anni Ottanta e Novanta, soprattutto a proposito dell’integrazione tra mente umana, rete e AI oppure della democrazia rappresentata dall’uso delle rete, che allora si andava appena delineando, e che ancora oggi attraverso il post-umanesimo o il trans-umanesimo oppure ancora per mezzo della corrente letteraria del Solarpunk si illude di poter utilizzare gli stessi strumenti per superare l’esistente senza per forza ricorrere agli obbligatori strumenti politici della lotta di classe e della rivoluzione.

Un dibattito di fatto reso nullo dall’attuale attività di controllo dell’enorme quantità di dati, Big Data, che da semplice strumento di controllo dei gusti e delle tendenze degli utenti dei social e di Internet si è trasformato in strumento di violenza e distruzione omicida, sia individuale che collettiva. Uno strumento totalmente sfuggito alle mani degli idealisti della rete e dell’IA e che ormai soltanto i signori del traffico delle informazioni e della guerra possono usare a proprio vantaggio.

Come dimostra anche il recente spostamento verso posizioni trumpiane e ultra-conservatrici, ma fa lo stesso per quelli ancorati al progetto “democratico” della Harris, dei miliardari più rappresentativi di quella che nel periodo sopracitato fu vista come l’utopia “hippie-cibernetica” della Silicon Valley californiana10, «dove esiste una nota “filiera” di innovatori direttamente collegati ad alcuni settori delle forze armate israeliane. Nei dintorni di Stanford e Palo Alto, Cupertino e Mountain View, cioè negli stessi luoghi celebri per i quartieri generali di Google, Apple e Facebook, esistono decine di società di cyber-sicurezza fondate da membri della Unit 8200, una divisione dell’esercito israeliano. È il modello che fu creato dal Pentagono con la Darpa, la sua filiale per il venture capital»11 che Israele ha portato all’ennesima potenza.


  1. Domenico Quirico, Quelle linee rosse disegnate apposta per costringere il nemico alla guerra, 20 settembre 2024 «La Stampa»  

  2. Paolo Mastrolilli, Israele-Libano, raid e missili. Gli Usa: “Evitare l’escalation”, 22 settembre 2024 «la Repubblica»  

  3. F. Paci, Intervista a Gilles Kepel: “Netanyahu fa il lavoro sporco che nessuno vuole fare”, 23 settembre 2024 «La Stampa»  

  4. Valerio Berra, Perché non è possibile che i nostri smartphone esplodano per un attacco hacker, 18 settembre 2024.  

  5. A. Curioni, La convergenza fragile dei sistemi digitali e le opportunità del futuro, 7 aprile 2022 – «il Sole 24 ore».  

  6. Ivi.  

  7. F. Rampini, E l’America vieta il software cinese sulle auto, Corriere della sera 23 settembre 2024.  

  8. A. Curioni, La vera vulnerabilità è nell’Internet delle cose, 21 settembre 2024 «il Messaggero»  

  9. Su tale drammatico bombardamento, durato più giorni, si vedano: F. Taylor, Dresda. 13 febbraio 1945: tempesta di fuoco su una città tedesca, Arnoldo Mondadori editore, Milao 2005: J. Friedrich, La Germania bombardata, Arnoldo Mondadori Editore, Milano 2004: W.G. Sebald, Storia naturale della distruzione, Edizioni Adelphi, Milano 2004; K. Vonnegut jr., Mattatoio n.5 ovvero la crociata dei bambini, Arnoldo Mondadori Editore, Milano 1970.  

  10. Si veda G. Riotta, Silicon Valley. In fondo a destra, 22 settembre 2024 «la Repubblica»  

  11. F. Rampini, cit.  

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I segreti dell’energia del vacuum: l’Energia Punto-Zero https://www.carmillaonline.com/2017/03/23/segreti-dellenergia-del-vacuum-lenergia-punto-zero/ Wed, 22 Mar 2017 23:01:37 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=37020 di Maverick

puntozero1Ricorda, i nostri ET non violenti dal vicino universo ci stanno aiutando a portare sulla Terra l’Energia Punto Zero. Non tollereranno alcuna forma di violenza militare sulla Terra o nello spazio” (Edgar Mitchell, astronauta a John Podesta – fonte Wikileaks)

Una piccola notizia raccolta nel sito della Nasa e riportata, forse come filler o come “curiosità”, in un altrettanto piccolo trafiletto sull’inserto “Tuttoscienze” de “La Stampa” del 14 Dicembre 2016, ci dà l’occasione per riprendere un discorso già avviato1. Sotto il titolo “Test della Nasa. Il motore impossibile”, si [...]]]> di Maverick

puntozero1Ricorda, i nostri ET non violenti dal vicino universo ci stanno aiutando a portare sulla Terra l’Energia Punto Zero. Non tollereranno alcuna forma di violenza militare sulla Terra o nello spazio” (Edgar Mitchell, astronauta a John Podesta – fonte Wikileaks)

Una piccola notizia raccolta nel sito della Nasa e riportata, forse come filler o come “curiosità”, in un altrettanto piccolo trafiletto sull’inserto “Tuttoscienze” de “La Stampa” del 14 Dicembre 2016, ci dà l’occasione per riprendere un discorso già avviato1. Sotto il titolo “Test della Nasa. Il motore impossibile”, si diceva del “motore spaziale EmDrive, definito ‘impossibile’ perchè promette di produrre energia a partire dal vuoto e spingere le astronavi senza utilizzare alcun combustibile…”, un motore “che sembra violare alcuni dei principi-cardine della fisica”.

Quella parola, “vuoto”, messa li un po’ genericamente, poteva suonare insignificante al lettore distratto. Al sottoscritto ha fatto rizzare le antenne perchè la definizione di vacuum in astronomia indica il vuoto delllo spazio, un tessuto di materia, antimateria e energia solida (cioè massa): “Essa permea l’intero universo e fluttua continuativamente come interazione tra materia e antimateria […] è una riserva grande quanto l’universo…si annichila e si ricrea da sola” riferisce il prof. Paul Czysz.2

zero_point_energy Quell’energia ricavata dal vuoto spaziale è chiamata Zero-point Energy e, sempre secondo Czysz, “fornisce circa 40-50 megawatts di potenza per pollice cubo (3 cmc) di spazio. Volendola utilizzare nessuno venderebbe più benzina o petrolio“. Secondo Sakharov che ci lavorava, “è un oceano di energia galleggiante, congelata in un quantum temporale, infinita come l’universo” che confermerebbe l’esistenza e la permeazione di onde gravitazionali ma soprattutto confermerebbe le tesi di Thomas T. Brown e di Tesla secondo cui con il giusto “sistema”, il giusto spettro elettromagnetico, si potrebbe alimentare dalla Terra una base umana su Marte, si potrebbe garantire energia infinita, “pulita” e decretare la fine della dipendenza dal petrolio con tutto ciò che ne consegue per i benefici all’umanità: ci si potrebbe alimentare qualsiasi cosa, dalle automobili ai voli spaziali.

E in tema di propulsione, Hal Puthoff, fisico teoretico e sperimentale con un curriculum che comprende General Electric, Stanford University, Sri International, Institute for Advanced Studies e, non casualmente, un periodo di consulenza alla Nsa, riferisce che “l’Air Force stabili un programma chiamato Mass Modification per studiare la possibilità di applicare le prerogative dell’Energia Punto Zero alla propulsione spaziale e verificò le (nostre) teorie consultando laboratori, aziende e università…una delle potenziali applicazioni minori è la produzione di energia a basso costo per la desalinizzazione dell’acqua3

Un sistema che assorba Zero-point Energy e le impedisca di interagire con la struttura atomica di un velivolo spaziale – spiega Mark McCandish, contractor di grandi aziende del settore aerospaziale – favorendone allo stesso tempo la potenza, potrebbe sviluppare capacità antigravitazionali straordinarie, ridurre di molto la massa del velivolo e favorire il superamento della velocità della luce. L’Alien Reproduction Vehicle (Arv) che McCandish sostiene di aver esaminato presso la Norton Air Force Base di San Bernardino, California, sarebbe dotato di un dispositivo centrale, definito vacuum tube, appositamente destinato a convogliare Energia Zero e processarla per ottenere prestazioni sorprendenti.4

L’energia estratta dal vacuum viene definita “Zero-point” perché può sopravvivere al congelamento a zero gradi dell’universo, una temperatura che annichilerebbe ogni movimento fisico. Dello stato attuale della ricerca che la riguarda si sa molto poco perchè è annegata nel magma degli USAPs, gli Unaknowledged Special Access Programs, programmi “non riconosciuti” cioè supersegreti, finanziati in nero. Ma si sa dei risultati conseguiti da scienziati indipendenti che hanno elaborato teoria e prototipi in grado di convogliarla, i cosiddetti overunity systems (ad autoalimentazione e funzionamento autonomo), ma non hanno la forza economica per produrli e trovano innumerevoli ostacoli per ottenerne il brevetto.5

Risulta infatti che a partire dai risultati conseguiti dai fisici russi Vladimir Roshchin e Serge Godin, che negli anni Novanta misero a punto un Convertitore di Energia Magnetica (MEC), sia stato possibile individuare un apporto anomalo di energia, un surplus di alimentazione del Mec riconducibile all’energia del vuoto dell’universo, che supporta la creazione di fenomeni di elettrogravità riconducibili ai comportamenti degli Ufo riscontrati in diverse occasioni, quel librarsi immobili su acqua o terreno causandone prima un risucchio e successivamente, nel momento della fulminea “ripartenza”, l’espulsione.6

Chi sembra aver messo a punto i principi su cui è basata la produzione di Energia Punto Zero è il prof. Thomas E. Bearden, secondo cui “la libera fonte universale di energia che i ricercatori si propongono di estrarre è lo scambio violento di fotoni virtuali tra le cariche elettriche dell’overunity system e il vacuum quantistico che lo avvolge“.7 Per trovare la soluzione, Bearden ha dovuto riformulare in senso rivoluzionario il concetto di energia: “Energia è qualsiasi elemento ordinatore, statico o dinamico, del flusso di particelle virtuali del vuoto” e cosi quella elettromagnetica “è ordinatore del flusso di fotoni virtuali del vuoto“. Il segreto – dice Bearden – sta nel superare le teorie convenzionali sulla composizione della natura come la conosciamo: tridimensionale. Mentre invece la natura lavora in quattro dimensioni perchè include lo spazio-tempo; si tratterebbe quindi di interrompere il flusso energetico tridimensionale, favorire l’in-flusso dalle quattro dimensioni e accompagnarne la trasformazione per utilizzarne l’eccesso. Il problema non è catturare l’energia dello spazio, ma come favorirne la produzione in eccesso. Risolto quel problema – afferma Bearden- è come risucchiare acqua da un fiume: il vuoto si riempie simultaneamente.8

Se Bearden ha formulato la teoria, chi ha invece prodotto un dispositivo per generare energia dal vuoto è il fisico Floyd Sweet. L’ha chiamato Vacuum Triode e può produrre energia in eccesso fino a 5000 Watt. Con il meccanismo universale studiato da Bearden e il dispositivo di Sweet si possono sviluppare applicazioni anche in campi diversi, come per esempio la medicina per bloccare l’invecchiamento o curare cancro, leucemia e arteriosclerosi.

Ci sono notizie anche dall’Italia: l’enigmatico scienziato iraniano Mehran Keshe che da noi ha stabilito la sua Fondazione per gli studi energetici e la propulsione aerospaziale, sostiene di aver prodotto (e brevettato in almeno 300 applicazioni) un microreattore che stimolando i campi magnetici e convogliando il vacuum dell’universo che ci circonda sarebbe capace di produrre energia libera, pulita e infinita (quindi a basso costo) da utilizzare in ogni campo della scienza e in ogni aspetto della vita quotidiana, dal trasporto all’ambiente ai sistemi medico-sanitari alla nutrizione, all’agricoltura, alla decontaminazione nucleare.

Un caso diplomatico era scaturito dalla avvenuta consegna da parte del prof. Keshe dei protocolli del microreattore al Sottosegretario agli Esteri del governo Monti, Marta Dassù, il 26 Ottobre 2012 all’ambasciata italiana di Bruxelles. L’incontro e la consegna della chiavetta con i dati sono stati confermati dallo stesso Sottosegretario agli Esteri Marta Dassù nella risposta all’interrogazione alla Camera del deputato Fabio Meroni (Lega Nord) il 13 Dicembre 2012 . L’incontro sarebbe stato videoregistrato, ma secondo il protocollo diplomatico e il Sottosegretario Dassù, la registrazione non è divulgabile ”e non rappresenta la prova di un impegno ufficiale“. Lo stesso deputato Meroni ha reiterato nella stessa data l’interrogazione poiché la risposta scritta ricevuta non rispondeva alla richiesta di conoscere le valutazioni sulle tecnologie acquisite e “a quali enti, non specificati nella precedente risposta, siano stati inviati i file acquisiti e quali siano le valutazioni in corso“. La risposta del Ministero non risulta mai pervenuta e la chiavetta con i protocolli è sparita.9 Giova ricordare che sia Monti che la Dassù sono membri permanenti della Trilateral (Monti anche del club Bilderberg).10

Sta di fatto che tutti quelli che hanno creato dispositivi in qualche modo collegati alla produzione di energia dal vuoto avrebbero trovato gravi difficoltà nell’ottenere brevetti e nell’avere credito nei circuiti della scienza ufficiale. Altri, che hanno venduto i loro ritrovati a grandi aziende private – denuncia Bearden – si sono ritirati a vita privata ricchi mentre i loro studi sono stati risucchiati nei programmi segreti e mai diffusi pubblicamente. Qualcuno che si è rifiutato avrebbe fatto anche una brutta fine.11

In effetti, ci sono riscontri significativi sulla questione brevetti:; ad esempio la circolare del 15 gennaio 2008 dei direttori del US Patent and Trademark Office (Uspto) inviata alla sezione Tecnologie per ricordare agli esaminatori di non ammettere richieste che riguardassero soggetti di “interesse speciale” come: a) macchine da moto perpetuo (categoria che include tecnologie per produrre energie innovative; b) dispositivi antigravità; c) superconduttività del calore; d) energia libera; e) dispositivi di propagazione superluminale; f) altre materie che violano le leggi generali della fisica; g) richieste per scopi pioneristici; h) richieste per invenzioni che se diffuse genererebbero potenzialmente eccessiva pubblicità…”.12

In perfetta sintonia con il dogma accademico della scienza ufficiale che tutto deve controllare, che si tiene stretta i magri finanziamenti pubblici, che detta i confini insuperabili della ricerca: solo ciò che è osservabile sperimentalmente. La nuova fisica dell'”etere” sembra invece affermare che il mondo fisico è solo una manifestazione di un ambito molto più fondamentale e sottile che non è direttamente accessibile ai nostri sensi le cui proprietà possono essere sollecitate con l’aiuto delle appropriate tecnologie. Certo, riconoscere tali nuove linee di frontiera concettuale significherebbe forse accettare una visione del mondo e dell’universo in cui la scienza trova punti di contatto con il misticismo o la parapsicologia, ma quella consapevolezza potrebbe apportare all’umanità vantaggi sottoforma di nuova etica, di predisposizione a concepire le tecnologie avanzate che oggi ci vengono negate.

Da tutto questo grumo intricato di informazioni tanto si può dedurre.
1. Che esistono programmi avanzati secretati per produrre energia dal vuoto dello spazio tramite applicazioni di procedimenti collegati all’elettrogravità che la renderebbero multiutilizzabile;
2. Che tali programmi avanzati sono in possesso della stessa “community” privata/militare che possiede e gestisce altre tecnologie segrete collegate alla propulsione aerospaziale, un terreno che, si ammette apertamente, riguarda anche le ricerche sul fenomeno Ufo; una community clandestina all’opinione pubblica, un’ elite di potere che controlla la scienza tramite il segreto, la negazione dei brevetti, l’accaparramento tramite i black budget di ingenti finanziamenti, le conoscenze che derivano da livelli di sviluppo tecnologico forse non immaginabili da chi ne sta fuori, forse decenni più avanti rispetto alla realtà che viviamo;.
3. Che all’umanità vengono tenuti celati risultati e applicazioni civili di quella ricerca che porterebbero enormi vantaggi e avanzamenti nella qualità di vita, che inciderebbero positivamente sui fattori ambientali con l’abbandono della dipendenza dai carburanti fossili: una catastrofe economica per chi da quelli trae enormi profitti diretti e indiretti e controlla sviluppo e mercati.

Con l’apertura alle tecnologie dell’energia libera (free energy) anche le “innovazioni” tecniche e culturali della green economy risulterebbero più che superate, illusorie. E’ palese il sospetto che la green economy sia un diversivo indotto nel mercato per capitalizzare al massimo sui profitti e per dilazionare allo stesso tempo ulteriori passi nella diffusione degli avanzamenti tecnologici in campo energetico. Materia di riflessione per i movimenti ambientalisti: cerchiamo di non celebrare un ambientalismo innocuo.

Rimane la questione Nasa da cui siamo partiti: a giudicare dalla leak riportata sul proprio sito, la Nasa sembrerebbe aprire una piccola breccia nel cover up pur dichiarando una presunta arretratezza della ricerca. Potrebbe essere un riferimento al dispositivo di Sweet integrato dalle teorie di Bearden, ma la Nasa, definendo la propulsione basata sull’utilizzo dell’Energia del vuoto “impossibile”, fa disinformazione perchè fa finta di non sapere che c’è molto di più. Perchè le quantità di energia che dichiara possibile estrarre risalgono a esperimenti risalenti a prima della Seconda Guerra Mondiale. Poco credibile. E perchè anche la Nasa ha molto da nascondere. Stay tuned.


  1. v. Fabrizio Salmoni, https://mavericknews.wordpress.com/2014/02/27/gruppi-di-elite-segretezza-sicurezza-nazionale-e-innovazioni-tecnologiche-un-problema-di-democrazia-parte-1/
    e https://mavericknews.wordpress.com/2016/03/09/ufo-sicurezza-nazionale-e-progresso-negato/  

  2. Paul Czysz è docente di Ingegneria Areonautica al Parks College di St. Louis, Missouri. Ha lavorato 8 anni presso la base militare Wright-Patterson, in Ohio, e 30 anni alla McDonnell-Douglas nella sezione “Tecnologie Esotiche. v. Steven Greer, Disclosure, Crossing Point 2001  

  3. Steven Greer, ibidem  

  4. Steven Greer, ibidem  

  5. Ten. Col. Thomas E. Bearden, Ceo della Ctec Inc. Direttore della Association of Distinguished American Scientist, professore emerito del Institute of Advanced Studies della Alpha Foundation, in Steven Greer, ibidem. V. anche Paul Laviolette, Secrets of Antigravity Propulsion. Tesla, Ufos and classified Aerospace Technology, Bear & Co. 2008  

  6. Paul Laviolette, ibidem  

  7. The Works of Thomas Bearden, http://nexusilluminati.blogspot.it  

  8. Testimonianza di Thomas Bearden in Steven M. Greer, ibidem  

  9. Fabrizio Salmoni, https://mavericknews.wordpress.com/2014/04/13/disclosure-atto-primo/  

  10. Domenico Moro, Il Gruppo Bilderberg, Aliberti, 2014  

  11. Steven Greer, ibidem  

  12. Paul Laviolette, ibidem  

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