silvia baraldini – Carmilla on line https://www.carmillaonline.com letteratura, immaginario e cultura di opposizione Sat, 18 Jan 2025 21:03:23 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.9.26 “Un fiore è sbocciato” https://www.carmillaonline.com/2017/07/05/un-fiore-sbocciato/ Tue, 04 Jul 2017 22:01:52 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=39059 di Fiorenzo Angoscini

Davide Steccanella, Le indomabili. Storie di donne rivoluzionarie, Edizioni Pagina Uno, Vedano al Lambro (Mb) pag. 224, febbraio 2017, € 15,00

L’ultimo lavoro di Davide Steccanella, insieme a quello realizzato da Milton Danilo Fernàndez (“Donne, pazze, sognatrici, rivoluzionarie…”, Rayuela Edizioni, Milano, 2015), può essere considerato l’ unico libro scritto da un uomo, con al centro solo e tutte donne ribelli, che valga la pena di essere preso in considerazione. Donne si è detto: anticonformiste, ribelli, spregiudicate, indipendenti. E belle, al di fuori e al di sopra dei canoni fisici ed estetici ormai predominanti.

Steccanella, affianca alla [...]]]> di Fiorenzo Angoscini

Davide Steccanella, Le indomabili. Storie di donne rivoluzionarie, Edizioni Pagina Uno, Vedano al Lambro (Mb) pag. 224, febbraio 2017, € 15,00

L’ultimo lavoro di Davide Steccanella, insieme a quello realizzato da Milton Danilo Fernàndez (“Donne, pazze, sognatrici, rivoluzionarie…”, Rayuela Edizioni, Milano, 2015), può essere considerato l’ unico libro scritto da un uomo, con al centro solo e tutte donne ribelli, che valga la pena di essere preso in considerazione. Donne si è detto: anticonformiste, ribelli, spregiudicate, indipendenti. E belle, al di fuori e al di sopra dei canoni fisici ed estetici ormai predominanti.

Steccanella, affianca alla sua attività professionale, l’amore e la passione per alcuni argomenti e temi specifici che, spesso, finalizza in scritti e pubblicazioni. Così il suo amore per la musica lirica si è concretizzato con un libro sull'”ultimo soprano assoluto”, Montserrat Caballè, e con una serie di appunti per l’ascolto dell’opera lirica. Steccanella è anche un cultore di musica rock e appassionato tifoso (Interista-Leninista) dell’Internazionale, quella nerazzurra di Milano. Al calcio ha dedicato “Non passa lo straniero (Ovvero quando il calcio era autarchico)”.

Negli ultimi anni ha particolarmente analizzato e studiato le esperienze rivoluzionarie e di lotta armata. Frutto di questi approfondimenti alcune pubblicazioni, dalla prima bozza1 di quello che diventerà Gli anni della lotta armata. Cronologia di una rivoluzione mancata2 fino a “Rivoluzionaria. 2017 Agenda 12 mesi”3 nella quale, per ogni giorno dell’anno, ricorda un avvenimento o un fatto particolarmente significativo: il trionfo della Rivoluzione Cubana, l’assassinio di Ernesto Che Guevara, il sequestro di Mario Sossi, l’evasione dal carcere di Pozzuoli (Na) di Franca Salerno e Maria Pia Vianale, la vittoria dei No al referendum per l’abrogazione del divorzio.

Sull’esperienza militante e rivoluzionaria delle donne altri contributi, esclusivamente al femminile, hanno un particolare significato e valore.
Dal primissimo omaggio di Ida Farè a Margherita Cagol4 sino all’ultimo (per ordine cronologico di pubblicazione) di Paola Staccioli5 di cui sono state realizzate diverse ristampe. Senza dimenticare l’altro contributo di Paola Staccioli, scritto a quattro mani con Haidi Gaggio Giuliani con prefazione di Silvia Baraldini.6 Mentre su un piano, e in un’ottica, completamente diversi, si colloca “Donne oltre le armi”.7

L’autore, dopo aver dedicato la sua attuale fatica a Maria Elena, Paola e Valentina inizia la propria cavalcata storico-politica partendo da metà ‘800. Tra le prime ‘femmine ribelli’ ricorda Louise Michel (1830-1905) combattente durante le giornate della Comune. Per il suo carattere indomito e guerriero, dalla stampa benpensante venne definita ‘La belva assetata di sangue’ e Paul Verlaine le dedicò una poesia, “Lei ama il povero”.

Nel suo ‘excursus’, passa poi a Rosa Rossa Luxemburg, ed arriva alla prima (novembre 1910) ‘rivoluzione’ del XX° secolo , quella messicana, con la sua protagonista femminile principale: Petra Herrera detta Pedro che “…andava all’assalto con tale ardore da trascinare con il suo esempio uomini e donne insieme”. Per addentrarsi poi nella Rivoluzione più significativa, simbolica e importante che ha caratterizzato il secolo scorso, quella Bolscevica d’ottobre (1917).

Parlando di essa, traccia il profilo di alcune protagoniste della stessa: Aleksandra Michajlovna Kollontaj, ‘Commissaria del Popolo per l’Assistenza sociale’, di cui Steccanella evidenzia come “…sia stata la prima donna al mondo a essere ministro di un governo”, promotrice, con molte altre donne Sovietiche, delle leggi su aborto e divorzio (1920). Nella patria dei Soviet le donne godevano già del diritto di voto e all’istruzione, di essere elette, e di percepire un salario uguale agli uomini. La Kollontaj, durante il suo incarico, dispose la distribuzione ai contadini delle terre appartenenti ai monasteri, l’istituzione degli asili nido statali e l’assistenza di maternità.

Un’altra ‘Bolscevica’ (“Bolscevica entusiasta e intelligente” la definirà Lenin) è Inessa Armand, nata Elise Stèphanne, che stabilì rapporti e instaurò relazioni politiche con i rivoluzionari russi fino al compimento e costituzione del governo degli operai e contadini. Quando (16 luglio 1914) “L’Ufficio dell’Internazionale Socialista convoca, a Bruxelles, una conferenza per ridiscutere della riunificazione di tutte le correnti dei socialdemocratici russi” Lenin, fiutata la trappola con cui si tentava di far approvare, dall’Internazionale, una mozione favorevole all’unificazione, consapevole delle capacità e doti della ‘compagna’, chiese ad Inessa di rappresentarlo, scatenando le ire di Kautsky, Luxemburg, Trockij, Plechanov e Marlov. All’ambigua risoluzione oppose una proposta che invitava tutti i socialdemocratici a unirsi al programma bolscevico. Nonostante la sua contro-risoluzione venisse respinta, Lenin fu più che soddisfatto: “Hai condotto l’affare molto meglio di quanto io avrei potuto fare. Io sarei esploso. Non avrei potuto sopportare quella commedia e li avrei trattati da canaglie”.
Brava pianista, eseguì La Patetica, la sonata preferita di Vladimir Ilic Ulianov (Lenin) e ai funerali di Paul Lafargue e Laura Marx (Parigi, 3 dicembre 1911) l’orazione funebre letta da Lenin fu tradotta in francese da Inessa che, oltre alla madre lingua francese, era un’ottima conoscitrice di altre lingue straniere.

Dopo Messico e ‘Ottobre’, Arriva Spagna!.
Il 17 luglio 1936 i golpisti, con a capo Franco, proclamano il ‘sollevamento’, l’attacco armato fascista alla Repubblica spagnola. Tra le principali figure della lotta al franchismo, spicca quella della Pasionaria, la basca Dolores Ibàrruri, amica personale di Stalin e, come si autodefinisce, una donna “di pura razza mineraria”. Nel suo libro autobiografico che riprende, nel titolo, il discorso pronunciato in difesa della Repubblica a nome del Partito Comunista Spagnolo il 19 Luglio 1936, “No pasaràn!-Memorie di una rivoluzionaria” 8 ribadisce come sia riuscita a modificare la “rabbia disperata e il sentimento di ribellione in consapevolezza politica e ideale, per quella trasformazione di una semplice donna del popolo in una combattente rivoluzionaria, in una Comunista”.

Dopo la Spagna, la montagna…
Davvero tante, e con ruoli di primo piano, le combattenti per la libertà italiane. Steccanella ricorda la numerosa rappresentanza: “70.000 organizzate nei Gruppi di difesa della donna; 35.000 partigiane combattenti; 20.000 con funzioni di supporto; 4.563 arrestate, torturate e condannate dai Tribunali fascisti; 2.900 cadute o uccise in combattimento; 2.750 deportate in Germania nei lager nazisti; 1.700 ferite; 623 fucilate; 512 Commissarie di guerra; 19 medaglie d’oro e 17 d’argento”.
Alcuni nomi, famosi e meno noti, per tutte: Irma Bandiera, Carla Capponi, Iris Versari, Joyce Lussu, Vandina Saltini, e molte altre ‘Stelle Rosse’.

Altre significative presenze, sono quelle delle donne protagoniste nella lotta per i diritti degli afroamericani, per l’emancipazione degli ‘ultimi’ e per il riscatto sociale, del nord America: Rosa Louise Parks, la Pantera Nera Kathleen Claver poi, quando rompe con il BPP, militante del ‘Revolutionary People’s Communication Network’; e il simbolo più conosciuto della ribellione dei neri d’America: Angela Davis. Nel volume viene ricordata la definizione che la Davis fornisce per ‘radicale’: “Radicale significa semplicemente comprendere le cose dalle loro radici”.
Forse, in questa sezione, sarebbe dovuta essere ricordata anche Ethel Rosenberg, capro espiatorio del maccartismo imperante.

Direttamente e indirettamente, l’America Latina forgia molte donne-guerrigliere. Ricordiamo Tania Haydèe Tamara Bunke Bider,9 uccisa ventinovenne a Puerto Mauricio dove era al seguito della spedizione boliviana del Che. Un’altra teutonico-latina è Monika Ertl Imilla,10 che il 1 aprile 1967, ad Amburgo, armata da Feltrinelli, vendica il Comandante Che, giustiziando il suo boia: Roberto Quintanilla.
Rimanendo nell’ ambito dell’isola caraibica, Steccanella ricorda come a Cuba, con molte altre donne che sono state formate ideologicamente e militarmente nell’ isola felice, abbia trovato asilo politico e continui a viverci la rivoluzionaria afro-giamaicana, militante del Black Liberation Army, Assata Shakur, nome da schiava JoAnne Chesimard, alla cui liberazione (non evasione, come tiene a specificare) ha partecipato, nella sua parte finale, anche Silvia Baraldini.11

L’autore dedica attenzione anche alle donne che hanno partecipato alle lotte d’indipendenza europea del secolo appena passato: Irlanda del Nord e Euskadi.
Nel conflitto Nord Irlandese hanno combattuto Bernadette Devlin, Mairead Farrell uccisa a Gibilterra, il 6 marzo 1988, da uno ‘squadrone della morte’ dell’esercito inglese.
Uno dei maggiori ‘simboli’, per autorevolezza e significato, della lotta del popolo basco, è senz’altro Eva Forest, artefice del ‘Piano Ogro’ (eliminazione di Luis Carrero Blanco, ‘capo’ del governo di Franco). Fatto saltare in aria con la sua auto a Madrid il 20 dicembre 1973. Nel suo “Operazione Ogro. Come e perchè abbiamo ucciso Carrero Blanco” 12 inizia il racconto così: “Carrero Blanco aveva un sogno: volare. Un giorno Eta ha reso il suo sogno una grande realtà”.

Nell’ampia rassegna di circa quaranta profili di rivoluzionarie (anche se ci sarebbe piaciuto fossero state ricordate Olga Benario, comunista ed ebrea, emissaria dell’Internazionale Comunista in Brasile, assassinata nel lager di Bernburg-Euthanasia Centre il 23 aprile 1942;13 la comandante Celia Sànchez della rivoluzione cubana: “quella che prendeva le principali decisioni”; 14 Genoeffa Cocconi, madre dei fratelli Cervi e Carla Verbano.15 ) Steccanella coltiva due ‘fiori rossi’ particolari: Margherita Mara Cagol (fondatrice delle Brigate Rosse, ‘giustiziata’, secondo la testimonianza di un militante presente al precedente conflitto a fuoco, con un colpo di pistola sparato alla nuca, quando era inginocchiata ed arresa, il 5 giugno 1975 presso la Cascina Spiotta frazione Arzello di Melazzo (Al). I suoi Compagni nel comunicato di saluto affermano: “Mara, un fiore è sbocciato, e questo fiore di libertà le Brigate Rosse continueranno a coltivarlo fino alla vittoria! Lotta armata per il comunismo!”) e Ulrike Meinhof, giornalista e militante della Rote Armee Fraktion, morta ‘misteriosamente’ nel carcere di Stammheim la notte tra l’8 e il 9 maggio 1976. Un manifesto del Soccorso Rosso la ricorda così: “Un fiore è sbocciato. Lo coltiveranno i rivoluzionari di tutto il mondo. Lo coltiveranno fino alla vittoria”.16

Per solidarietà militante, rispetto ed apprezzamento, le ultime due donne ricordate nel libro sono “Nonna Mao”-Cesarina Carletti, ex partigiana, libraia dell’usato al mercato di Porta Palazzo a Torino, arrestata il 15 luglio 1975 in quanto sospetta brigatista: “C’è proprio da ridere, con quest’ultima sono ventuno volte che sono stata in galera. E non mi sarei mai immaginata di ritrovarmi con le stesse imputazioni di trentatrè anni fa, quando ero partigiana: appartenenza a banda armata”.

Caterina Rina Picasso, classe 1908, ‘la nonnina delle BR’, viene ricordata così da Prospero Gallinari: “Caterina Picasso è un pezzo del nostro passato. Un volto della città profonda, dell’intensità antifascista e comunista della storia genovese”. All’età di 72 anni è “condannata in primo grado a tre anni e quattro mesi , aumentati in appello a quattro anni . Fuori dalla sua cella espone una rudimentale bandiera rossa cucita con vari pezzi di stoffa”.

Infine, ma non assolutamente ultima, va ricordata una, a modo suo, ‘combattente’ che mai nessuna antologia, libro di biografie o rassegna di donne menziona: Anna Magnani. Quando, ormai segnata dalle ‘offese del tempo’, incurante dell’estetica ribadiva: “Lasciami tutte le rughe, non me ne togliere nemmeno una. Ci ho messo una vita a farmele
Un’assunzione di consapevolezza molto diversa dagli attuali stereotipi estetici ed artistici, non solo, femminili.


  1. Davide Steccanella, Le Brigate Rosse e la lotta armata in Italia. Cronologia degli eventi che hanno contrassegnato 15 anni del nostro paese, Simplicissimus, Loreto (An)-Catania, 2012  

  2. Davide Steccanella, Gli anni della lotta armata. Cronologia di una rivoluzione mancata, Bietti, Milano, 2013  

  3. Davide Steccanella, Rivoluzionaria. 2017 Agenda 12 mesi, Mimesis, Sesto San Giovanni (Mi), 2016  

  4. Ida Farè-Franca Spirito, Mara e le altre. Le donne e la lotta armata: storie interviste riflessioni, Feltrinelli, Milano, 1979  

  5. Paola Staccioli, Sebben che siamo donne. Storie di rivoluzionarie, DeriveApprodi, Roma, 2015  

  6. Haidi Gaggio Giuliani-Paola Staccioli, Non per odio ma per amore. Storie di donne internazionaliste, DeriveApprodi, Roma, 2012  

  7. Rosella Simone, Donne oltre le armi. Tredici storie di sovversione e genere, Milieu Edizioni, Milano 2017  

  8. Dolores Ibàrruri, Memorie di una rivoluzionaria, Editori Riuniti, Roma, 1963  

  9. Marta Rojas-Mirta Rodriguez Caldiron, a cura di, Tania la guerrigliera, Feltrinelli, Milano, 1971  

  10. Jurgen Schreiber, La ragazza che vendicò Che Guevara. Storia di Monika Ertl, casa editrice Nutrimenti, Roma, 2011  

  11. Assata Shakur, Assata, un’autobiografia, introduzione e cura di Giovanni Senzani, CONTROInformazione internazionale, Erre emme Edizioni, Roma, dicembre 1992  

  12. Marco Laurenzano, a cura di, Eva Forest, Operazione Ogro. Come e perchè abbiamo ucciso Carrero Blanco, Red Star Press, Roma, dicembre 2013  

  13. Ruth Wener, Olga Benario. Una vita per la rivoluzione. La storia di una vita coraggiosa, Zambon Editore, Francoforte, 2012  

  14. Dieci donne rivoluzionarie…che non appaiono nei libri di storia, Kathleen Harris, 2014 https://www.bibliotecapleyades.net/sociopolitica/sociopol_globalupraising81.htm  

  15. Carla Verbano con Alessandra Capponi, Sia folgorante la fine, Rizzoli, Milano, 2010  

  16. La morte di Ulrike Meinhof, Rapporto della Commissione Internazionale d’inchiesta, traduzione di Petra Krause ed Elisa D’Ambrosio, Tullio Pironti Editore, Napoli, settembre 1979 – Ulrike Meinhof, Bambule. Rieducazione, ma per chi?, Edizioni della battaglia, Palermo, gennaio 1998  

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Video-Intervista a Silvia Baraldini https://www.carmillaonline.com/2017/02/22/video-intervista-a-silvia-baraldini/ Tue, 21 Feb 2017 23:00:50 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=36603 di Raùl Zecca Castel

black-panther-children[video intervista alla fine del post] Il nome di Silvia Baraldini, in Italia, è legato in modo particolare alla vicenda giudiziaria di cui è stata – suo malgrado – protagonista e, soprattutto, richiama alla memoria lo scontro politico-parlamentare relativo alla sua estradizione dalle carceri statunitensi, avvenuta nel 1999. Ma il percorso di vita e l’esperienza rivoluzionaria che hanno segnato la sua gioventù rappresentano ancora oggi una preziosa testimonianza storica estremamente utile per la comprensione di un’intera epoca e restano, da ogni punto di vista, un esempio incorruttibile [...]]]> di Raùl Zecca Castel

black-panther-children[video intervista alla fine del post] Il nome di Silvia Baraldini, in Italia, è legato in modo particolare alla vicenda giudiziaria di cui è stata – suo malgrado – protagonista e, soprattutto, richiama alla memoria lo scontro politico-parlamentare relativo alla sua estradizione dalle carceri statunitensi, avvenuta nel 1999. Ma il percorso di vita e l’esperienza rivoluzionaria che hanno segnato la sua gioventù rappresentano ancora oggi una preziosa testimonianza storica estremamente utile per la comprensione di un’intera epoca e restano, da ogni punto di vista, un esempio incorruttibile di abnegazione. Nata a Roma nel 1947, Silvia Baraldini si forma negli USA, dove il padre lavora come diplomatico presso l’ambasciata italiana. Qui si avvicina ben presto al grande moto giovanile di protesta sorto per manifestare il proprio dissenso alla guerra in Vietnam, ma che trova nelle rivendicazioni femministe e anticolonialiste altrettante direttrici di opposizione ad un unico sistema capitalistico ed imperialista, riconosciuto come fonte di tutte le disuguaglianze sociali e dunque come nemico da combattere ma, soprattutto, da sconfiggere.

E’ così che a cavallo tra gli anni ’60 e ’70 del Novecento, Silvia Baraldini diviene una strenua sostenitrice del movimento afro-americano, in tutte le sue manifestazioni più radicali ed armate, convinta non solo del fatto che le condizioni in cui versa la comunità nera statunitense rappresentino l’espressione più violenta e brutale del dominio politico e sociale capitalistico ma, soprattutto, consapevole del fatto che solo l’unione tra i movimenti privilegiati dei bianchi con quelli più emarginati e abusati dei neri avrebbe potuto sfociare in una palingenesi rivoluzionaria. Di qui il suo supporto militante ai gruppi più radicali del momento, dal Black Panthers Party for Self-Defens al Black Liberation Army, passando dalla May 19 Coalition, organizzazione di ideologia comunista in cui militarono alcuni membri dei Weather Underground.

Poi, nel 1983, l’arresto e la condanna: 44 anni di carcere.

silvia-baraldiniSilvia Baraldini viene accusata di aver organizzato e partecipato all’evasione e alla fuga di Assata Shakur, militante nera detenuta nel carcere di Clinton nel New Jersey, oggi esiliata a Cuba e ancora nella lista dei più pericolosi terroristi degli USA. L’operazione avviene senza spargimento di sangue, ma Baraldini subisce l’applicazione nei suoi confronti della legge RICO, ideata per combattere la criminalità organizzata e il terrorismo interno, dunque su di lei ricadono indiscriminatamente tutti i capi d’accusa che riguardano il movimento di cui è parte, compresa una rapina mai avvenuta.

Alla proposta da parte del FBI di scambiare la sua libertà con i nomi dei ‘complici’, Silvia Baraldini rifiuta e viene dunque trasferita a Lexington, nel carcere sotterraneo di massima sicurezza, dove trascorre quasi due anni in condizioni di totale isolamento sensoriale ammalandosi gravemente.

Nel 1999, infine, l’estradizione in Italia, con la garanzia però di continuare a scontare la pena in prigione. Fino al 2001, quando, proprio a causa della malattia, le vengono concessi gli arresti domiciliari.

L’ultimo atto di questo lungo accanimento giudiziario porta la data del 26 settembre 2006, quando, per effetto di un indulto, dopo 23 anni di detenzione, le viene finalmente restituita la libertà.

Silvia Baraldini non ha mai cercato attenzione mediatica e raramente ha scritto di sè, rilasciato interviste o testimoniato la sua sofferenza. Solo negli ultimi anni ha cominciato ad affrontare pubblicamente il suo percorso di vita, portando la sua esperienza nei centri sociali e in tutti quegli spazi disposti ad ospitarla ed ascoltarla.

Anche per questo ci tengo a ringraziarla ancora una volta per aver accettato di essere filmata per questa breve intervista rilasciata il 28 gennaio 2017 presso il Gratosoglio Autogestito di Milano (GTA) e per aver ricordato alcuni passaggi fondamentali della sua esistenza, dai primi contatti con il movimento afro-americano al ruolo della donna, dall’esperienza della prigionia alle valutazioni sull’eredità politica di anni che, comunque la si pensi, hanno segnato il corso degli eventi.

Leggi anche “Intervista a Emory Douglas, arte Black Panthers e zapatismo”: link

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Un libro di storie https://www.carmillaonline.com/2013/05/23/un-libro-di-storie/ Thu, 23 May 2013 09:04:02 +0000 http://www.carmillaonline.com/?p=5931 di Cassandra Velicogna

[Non per odio ma per amore, storie di donne internazionaliste, di Haidi Gaggio Giuliani e Paola Staccioli – Prefazione di Silvia Baraldini – Derive Approdi 2012]

Nemmeno 1000 pagine di libri, mille documentari, mille conferenze o mille racconti avrebbero potuto prepararmi a quello che ho visto qui. Rachel Corrie – lettera ai genitori qualche mese prima della morte.

Paola-cover-okQuesto libro è il racconto di una scelta: la lotta. Una scelta presa con coraggio e consapevolezza da alcune donne straordinarie che hanno abbandonato le rassicuranti leggi delle democrazie occidentali per combattere [...]]]> di Cassandra Velicogna

[Non per odio ma per amore, storie di donne internazionaliste, di Haidi Gaggio Giuliani e Paola Staccioli – Prefazione di Silvia Baraldini – Derive Approdi 2012]

Nemmeno 1000 pagine di libri, mille documentari, mille conferenze o mille racconti avrebbero potuto prepararmi a quello che ho visto qui.
Rachel Corrie – lettera ai genitori qualche mese prima della morte.

Paola-cover-okQuesto libro è il racconto di una scelta: la lotta. Una scelta presa con coraggio e consapevolezza da alcune donne straordinarie che hanno abbandonato le rassicuranti leggi delle democrazie occidentali per combattere cause internazionaliste. Non le Ulrike Meinhoff o le Margherita Cagol, ma donne poco note, scivolate dal setaccio grossolano della storiografia. Un’operazione memoria che invogli alla lettura per far capire la loro scelta radicale oggi, all’epoca del femminicidio.
Dunque due introduzioni “blasonate” di Silvia Baraldini e Haidi Gaggio Giuliani; sei racconti per entrare, tramite una piacevole prosa di fiction, dentro le vicende di queste guerrigliere, e una folte appendice storica di approfondimento e contestualizzazione. Insomma un lavoro ben fatto.

La prima, raccontata dallo scritto “rimasto nel cassetto 40 anni” da Haidi Gaggio Giuliani è Haydée Tamara Bunke Bider, nome di battaglia Tania (Buenos Aires1937-Vado del Yeso, Bolivia, 1967). Tamara nasce da genitori tedeschi in Argentina, quando cade il nazismo la famiglia ritorna in Germania, est per scelta politica. Il suo impegno e le sue doti si sviluppano nei due continenti: Tamara si sente un po’ sudamericana e un po’ europea, come tanti in quegli anni. La cosa certa è che vuole dedicare la sua vita alla causa della rivoluzione permanente per la liberazione dei popoli oppressi. Per questo, dopo una parentesi cubana si trasferisce in Bolivia dove svolge un lavoro di “intelligence” sotto falso nome. Ben presto si addestra per la guerriglia e segue Che Guevara nell’ ELN (Ejército de Liberación Nacional de Bolivia). Solo un mese prima della famosissima morte di Guevara, Tamara (Tania per i compagni) incontra una pallottola che le strapperà la vita.

La nostrana Elena Angeloni (Milano1939- Atene 1970), invece, fa un percorso un po’ differente. Una vita normale e per questo straordinaria: 31 anni di vita senza tante ambizioni, un impiego, un marito (Veniero) e un figlio (Federico). Poi la svolta. “Voglio girare il mondo” dice e lascia tutto e tutti nella sua Milano per andare in Grecia con il serio intento di per abbattere la Dittatura dei Colonnelli. Sarà lo stesso ordigno che doveva esplodere per castigare la repressione che colpiva duramente i compagni e le compagne greci e internazionalisti impegnati su quel fronte a porre fine alla sua esistenza, a Atene nel 1970.

La storia di Monika Ertl, nome di battaglia Imilla, (Monaco di Baviera 1937-La Paz 1973) è una storia alla Kill Bill. Ma comunista. Pur trasferitasi in America Latina, la tedesca Monika ha il phisique du rôle per entrare inosservata nel consolato Boliviano a Amburgo e uccidere Roberto Quintanilla, il mandante dell’uccisione del Che! Una vendetta in piena regola, il riscatto della rivoluzione proletaria: il Che è morto, ma il suo foco è vivo. Un aneddoto davvero gustoso: la pistola che utilizzò Monika per giustiziare Quintanilla le era stata data da Giangiacomo Feltrinelli! Non ci sono più gli editori di una volta!

Barbara Anne Kistler (Kinem per i compagni) è nata a Zurigo nel 1955. Quando in Svizzera si proclama la Pace del Lavoro, un accordo tra sindacati e padroni per l’interruzione sine die degli scioperi, capisce che per le sue idee non c’è posto. Si affilia così al TKP (ML): un partito comunista rivoluzionario di composizione operaia e contadina che opera in Turchia. Non serviranno i duri anni di carcere nelle poco confortevoli (per usare un eufemismo) galere turche per farla desistere dalla lotta. Dopo un breve viaggio in Svizzera ripartirà per il Kurdistan turco, dove morirà da combattente, con il fucile in mano, nella località di Tunceli, esattamente 20 anni fa.

Penultima storia quella della militante Andrea Wolf , (Monaco di Baviera 1965-Çatak 1998). Nel 1987 Andrea partecipa alla fondazione del gruppo Kein Friede (Senza Tregua) e partecipa alle azioni del Fronte di unità della guerriglia in solidarietà alla RAF, per questo si farà alcuni mesi di carcere. Ma nei primi anni Novanta viene accusata di vicinanza con Klaus Steinmetz: il gruppo Kein Friede vuole farle una sorta di processo per la relazione con l’infiltrato. Non accettando di essere messa alla sbarra dai compagni e dalle compagne, se ne va a combattere con l’Esercito associazione donne libere del Kurdistan. Morirà in battaglia, per mano dei militari turchi.

Ancora oggi, vedere le foto del bel volto di Rachel Corrie insanguinato mi fa sorgere le lacrime agli occhi. C’è poco da dire su Rachel Corrie (Olympia 1979- Rafah 2003). Eppure è una storia che dobbiamo ricordare. Parte dagli States per forte convinzione che la causa del popolo palestinese sia meritevole dalla sua completa attività esistenziale. E’ giovane, è bella e americana. Potrebbe starsene a casa, ma no. Se ne va in quel martoriato pugno di terra che ha subito più di qualsiasi altro posto le angherie e l’ipocrisia dei potenti negli ultimi anni. Vede cose che non vorrebbe vedere eppure ne fa il carburante per la sua esistenza, decisa a fare il possibile per mettere fine all’occupazione, agli infanticidi, alla distruzione delle case, all’arroganza dei coloni. Fa parte dell’International Solidarity Movement, l’ISM e con esso fa valere come può quel passaporto americano come fosse un’arma. Ha solo 24 anni quando il conducente di una ruspa che sta abbattendo una casa palestinese la colpisce a morte con il mezzo. Semplicemente non si è spostata: non ha fatto un passo indietro di fronte all’ingiustizia.
Parlare di Rachel è anche una “scusa” per parlare di Palestina, di Vittorio Arrigoni e della situazione dell’indomito popolo palestinese. Le parole spese in questo senso non sono mai abbastanza.

Ho raccontato sinteticamente delle storie, le storie di questo volume. Tuttavia non ho raccontato nulla: i racconti infatti non hanno queste donne come protagoniste, ma come soggetto. Le storie che Haidi Gaggio Giuliani e Paola Staccioli mettono in campo non sono la biografia sintetica e romanzata delle combattenti in questione, ma storie i cui personaggi hanno interagito in qualche modo con loro. Quindi le realtà indagate si moltiplicano, si entra in contesti e vicende differenti come in un romanzo storico. La narrativa si mette così al servizio della memoria. Consiglio un esercizio di immedesimazione, quotidiano, con queste donne che hanno preferito lasciare i confini perimetrali delle loro libertà di cittadine delle democrazie occidentali per lanciarsi nell’avventura della rivoluzione: il cambiamento del mondo dipende dalla capacità di rischiare e di stare dalla parte giusta che ognuna di noi può mettere in campo.

Vorrei obbligare a leggere questo libro quella povera infelice che dopo aver subito un tentativo di omicidio da parte del fidanzato è tornata a vivere con lui “perché lo ama”. L’amore è un’altra cosa: questo libro parla proprio di questo.

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