servizi segreti – Carmilla on line https://www.carmillaonline.com letteratura, immaginario e cultura di opposizione Sat, 22 Feb 2025 21:00:49 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.9.26 Il nuovo disordine mondiale / 7: il trionfo della disinformazione digitale di massa https://www.carmillaonline.com/2022/03/20/il-nuovo-disordine-mondiale-7-il-trionfo-della-disinformazione-digitale-di-massa/ Sun, 20 Mar 2022 21:00:05 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=71025 di Gioacchino Toni

«La cultura di Internet ha creato una nuova enorme interfaccia uomo-macchina che sembra fatta apposta per la disinformazione di massa» Thomas Rid

Il corposo volume di Thomas Rid, Misure attive. Storia segreta della disinformazione (Luiss University Press, 2022), tratteggia in maniera documentata la storia della disinformazione professionale organizzata che prende il via negli anni Venti del Novecento per giungere fino ai giorni nostri palesando come si sia ormai entrati in un’epoca in cui la disinformazione trionfa nonostante le potenzialità comunicative offerte dai nuovi media, e forse anche a causa di [...]]]> di Gioacchino Toni

«La cultura di Internet ha creato una nuova enorme interfaccia uomo-macchina che sembra fatta apposta per la disinformazione di massa» Thomas Rid

Il corposo volume di Thomas Rid, Misure attive. Storia segreta della disinformazione (Luiss University Press, 2022), tratteggia in maniera documentata la storia della disinformazione professionale organizzata che prende il via negli anni Venti del Novecento per giungere fino ai giorni nostri palesando come si sia ormai entrati in un’epoca in cui la disinformazione trionfa nonostante le potenzialità comunicative offerte dai nuovi media, e forse anche a causa di queste. Un’epoca in cui agenzie di comunicazione, professionisti dei social media e abili hacker sembrano incessantemente all’opera nel divulgare fake news e falsificare dati contribuendo in maniera rilevante a rendere sempre più arduo distinguere la realtà da tutti i suoi verosimili riflessi.

Docente di studi strategici alla Johns Hopkins University, Thomas Rid è considerato tra i massimi esperti di cybersecurity e delle implicazioni politiche di intelligence, spionaggio e hacking, tanto da essere interpellato dal Comitato sull’Intelligence del Senato degli Stati Uniti a proposito delle dibattute interferenze informatiche dell’intelligence russa nelle elezioni presidenziali statunitensi tenutesi nel 2016.

Il livello di disinformazione a cui si è giunti rappresenta il punto di approdo delle svariate operazioni di influenza pianificate nel corso di un secolo. Dalle campagne di disinformazione successive alla rivoluzione russa a quelle organizzate dalle agenzie di spionaggio delle superpotenze nel corso dei decenni della guerra fredda, fino alle recenti vicende della “fattoria dei troll” di San Pietroburgo, il volume di Rid, ricorrendo a diversi documenti esclusivi, ricostruisce alcuni passaggi epocali di un secolo di attività di disinformazione organizzata condotta senza esclusione di colpi.

La storia della disinformazione moderna, sostiene lo studioso, procede attraverso quattro grandi ondate e prende il via nei primi anni Venti del Novecento, durante la Grande Depressione, quando il giornalismo inizia a farsi sempre più rapido e competitivo grazie alla radio. La successiva ondata si dispiega dopo la seconda guerra mondiale, quando l’attività di disinformazione si fa professionale soprattutto grazie alle agenzie statunitensi che si dimostrano particolarmente attive e spregiudicate nell’inasprire le tensioni e contraddizioni in seno al corpo politico avversario attraverso la diffusione di una studiata miscela di verità e menzogne.

La terza ondata principia al termine degli anni Settanta facendosi vera e propria scienza operativa che gli apparati di intelligence del blocco sovietico iniziano ad indicare con l’espressione “misure attive”. La quarta ondata di disinformazione raggiunge il suo culmine attorno agli anni Dieci del nuovo millennio sfruttando le possibilità offerte da Internet. «La vecchia arte dell’influenza psicologica – basata su strategie lente, competenze tecniche, fatica e lavoro corpo a corpo – è diventata rapida, improvvisa, incoerente e a distanza. Le misure non solo sono divenute più “attive” che mai, ma sono anche molto meno “misurate”, al punto da mettere in discussione l’espressione stessa» (p. 13).

Pur avendo assunto forme differenti nel corso nel tempo, le misure attive risultano contraddistinte da un’attenta pianificazione e dalla presenza di elementi di disinformazione che possono assumere la forma di notizie false o contenuti falsificati ma anche di notizie in buona parte veritiere con l’aggiunta di qualche piccolo dettaglio falso circa la provenienza o l’identità di chi le diffonde.

L’analisi proposta da Rid ruota attorno a tre principali convincimenti:

1) Le campagne di disinformazione su larga scala rappresentano in generale un attacco all’autorità fattuale, tendendo a diffondere una maggiore propensione a dar credito a letture basate su sensazioni, emozioni e opinioni piuttosto che su fatti, prove e osservazione. «Già nei tardi anni Cinquanta i falsi delle intelligence erano al servizio di verità ideologiche più grandi […] I falsi non sempre distorcevano la verità, ma la articolavano in modo più chiaro» (p. 420). Con gli anni Sessanta, sostiene lo studioso, viene portato un attacco diretto al fattuale e non solo a proposito delle operazioni di intelligence. Nel decennio successivo, con il pensiero postmoderno ormai diffuso nelle università, soprattutto in ambito umanistico, «le agenzie di intelligence producevano materialmente conoscenza, costruivano nuovi artefatti, formavano il discorso con scopi tattici o strategici, di fatto cambiando il mondo» (p. 421). Ciò che davvero «rendeva le misure attive non era la correlazione con la realtà, ma con le emozioni, con i valori condivisi da una comunità, e la capacità di esacerbare le tensioni esistenti: nel gergo degli agenti della guerra fredda, di rafforzare le contraddizioni» (p. 421).

2) Storicamente non è individuabile una sostanziale differenza morale e operativa nelle misure attive sotto copertura dei due blocchi contrapposti. Se nel corso degli anni Cinquanta l’efficacia della CIA, soprattutto a Berlino, eccelleva e forse superava la dezinformatsiya sovietica, dopo la costruzione del Muro ad un evidente incremento dell’attività di disinformazione sovietica pare corrispondere un ridimensionamento di quella degli apparati occidentali.

3) L’avvento di Internet ha modificato profondamente le basi della disinformazione.

Internet non solo ha reso le misure attive più economiche, rapide, reattive e meno rischiose, ma le ha fatte anche diventare più efficienti e meno misurate. Lo sviluppo di nuove forme di attivismo e azione sotto copertura ha reso le operazioni più difficili da controllare e da valutare una volta iniziate. L’ascesa delle reti informatiche ha fatto emergere la cultura dell’hacking e del leaking. Alla fine degli anni Settanta è emerso un folto gruppo di attivisti filo-tecnologici avversi alle intelligence, che nel giro di un decennio è stato in grado di scatenare tsunami di energia politica grezza (p. 17).

Sistemi di manipolazione automatica e hacking hanno rinnovato l’arsenale delle misure attive e, sostiene l’autore, il confine tra sovversione e sabotaggio si è assottigliato così come quello tra operazioni semplici da attuare e difficili da scongiurare.

Il ruolo dei tradizionali mezzi di comunicazione resta fondamentale per le agenzie di disinformazione anche se i social media consentono di diffondere, amplificare e sperimentare misure attive direttamente senza ricorrere ai giornalisti.

Il primo portale dedicato ai leak è stato Cryptome che, sin dalla sua nascita nel 1996, si dichiarva disposto a pubblicare qualsiasi materiale senza svolgere verifiche e controlli pur consapevole di prestare così il fianco ad operazioni di disinformazione. I fondatori confidavano nella possibilità di confutazione permessa a chiunque volesse intervenire, dunque nella libertà dei fruitori di decidere a cosa e a chi credere.

Nel 2006 Julian Assange propose invano ai fondatori di Cryptome una collaborazione con il suo WikiLeaks che, da lì a poco, avrebbe conquistato la scena internazionale grazie alla diffusione nel 2010 di ben 250 mila documenti del Dipartimento di Stato e del Dipartimento della Difesa statunitensi forniti da Chelsea Manning e nel 2013 del materiale dell’NSA fornito da Edward Snowden. Nel frattempo l’attività del movimento hacktivista Anonymus iniziava a far parlare di sé. Curiosamente, sottolinea Rid, se per secoli la crittografia era stata al servizio di apparati di Stato, intelligence e militari, questa inizia ad essere utilizzata sempre più frequentemente dagli stessi attivisti.

La storia della disinformazione digitale ha giocato un ruolo importante anche nella gestazione della crisi tra Russia e Ucraina poi sfociata in conflitto armato in Crimea e nel Donbas, dunque nell’intervento militare russo in corso su tutto il territorio ucraino.

Nell’autunno del 2013 comparve su CyberGuerrilla un post che, nel denunciare il tentativo di settori politici ucraini di legarsi all’Unione Europea, rendeva noto l’hackeraggio di materiale del Ministero degli Esteri ucraino. A distanza di pochi giorni, sulla medesima piattaforma, comparvero un post e un video a firma Anonymus Ukraine ove veniva espressa una netta contrarietà al processo di avvicinamento dell’Ucraina alla NATO. Da lì a poco, all’interrompersi del percorso di avvicinamento del Paese alla UE, vi sarebbero state le manifestazioni di protesta a Kiev e il conseguente impiego da pare del governo filorusso della polizia paramilitare Berkut per soffocare la protesta, dunque il viaggio a Kiev della vicesegretaria di Stato americana Victoria Nuland per incontrare il presidente ucraino Viktor Janukovyç e, soprattutto, i manifestanti in piazza.

Pochi giorni dopo, nel corso dell’annuale Chaos Computer Club di Amburgo, l’attivista Jacob Appelbaum diffondeva la Advanced Network Technology List (Catalogo ANT) in cui si illustrano hardware e software utilizzati dall’NSA per inserirsi nelle tecnologie delle industrie statunitensi (Apple, Dell, Cisco ecc.). Ripreso e diffuso da “Der Spiegel”, insieme ad un articolo riguardante la Tailored Access Operations, la divisione dell’NSA per le operazioni di hacking, tale materiale contribuì ad incrinare tanto i rapporti tra USA ed UE che quelli tra NSA ed aziende tecnologie statunitensi.

Tornando al fronte russo-ucraino-UE-USA, a cavallo tra la fine 2013 e l’inizio del 2014, le misure attive digitali russe diffusero un paio di clip su YouTube volti a incrinare i rapporti tra Stati Uniti ed Unione Europea. I due leak contenevano la registrazione di un colloquio tra Victoria Nuland e l’ambasciatore statunitense in Ucraina, Geoffrey Pyatt, in cui si palesava il loro disappunto per la riluttanza dell’Unione Europea ad affiancare le posizioni degli Stati Uniti, e una conversazione tra Helga Schmid, ufficiale maggiore del Ministero degli Esteri presso l’UE a Bruxelles, e Jan Tombinski, ambasciatore dell’UE a Kiev, in cui Schmid si lamentava delle critiche statunitensi.

Dopo qualche giorno di silenzio, al contenuto dei leak fecero riferimento in rapida successione un account ucraino filorusso con un avatar di Anonymous, un anonimo simpatizzante di Putin su una piattaforma in lingua russa, dunque il vice primo ministro della Federazione Russa, Dimitri Rogozin. L’agenzia Reuters a quel punto postò a sua volta i leak audio contribuendo a creare malumore tra statunitensi ed europei tanto che, dopo le prese di posizione indignate di Angela Merkel, al Dipartimento di Stato americano non restò che scusarsi ufficialmente per le frasi inappropriate di Victoria Nuland.

La diffusione di tali registrazioni rappresenta probabilmente il primo esempio di alto livello di un metodo che si sarebbe poi fatto strada nell’ambito delle misure attive consistente in una sapiente miscela tra tecniche vecchie e nuove: la raccolta di informazioni tramite intercettazione telefonica e il ricorso ai social media per diffonderle.

Tra ottobre 2013 e l’estate del 2016, a firma Anonymus Ukraine, comparvero su CyberGuerrilla circa cento post contenenti almeno trentasette leak su cui risulta ancora oggi difficile non solo pronunciarsi circa la veridicità di ognuno di questi ma anche individuare con certezza quali siano stati postati da veri attivisti e quanti dagli apparati di intelligence.

Già all’epoca dell’intervento in Crimea l’Unità GRU 74455 russa aveva fatto ricorso ad almeno una dozzina di post inviati da falsi account su Facebook e sul suo equivalente russo Vkontakte per creare un clima di sostegno all’indipendenza della Crimea ma gli agenti della GRU si rivelarono del tutto incapaci di utilizzare i social media: nei giorni dell’intervento in Crimea il loro post su Facebook di maggior successo, riporta Rid, raggiunse soltanto 47 like e 14 commenti. Se al suo incipit l’intervento digitale dell’intelligence russa si rivelò inefficace, poi, inevitabilmente, i sistemi si affinarono.

Se, come apparati burocratici, le organizzazioni segrete hanno sempre necessitato di misurazioni e dati utili a dimostrare la loro efficacia per poter rivendicare risorse governative, con il proliferare in maniera esponenziale dei dati a disposizione, grazie a Internet, a partire dagli anni Dieci del nuovo millennio si sono dati importanti mutamenti.

La disinformazione, per sua stessa natura, ha provato a opporre resistenza ai dati. Se più dati significano misurazioni più affidabili, Internet ha avuto l’effetto inverso sulla vecchia arte del political warfare, con le metriche prodotte dalla disinformazione digitale che erano esse stesse in larga misura disinformazione. Internet non ha reso più precise l’arte e la scienza della disinformazione, ha reso le misure attive meno misurate e più difficili da controllare, così come è più difficile isolare gli effetti voluti. Di conseguenza, la disinformazione è diventata perfino più pericolosa (p. 20).

Nella contemporaneità la disinformazione trionfa ma lo fa in modi inattesi.

La sottile linea che tra vero e falso può essere evidente nel momento in cui l’agente o l’agenzia mettono in atto la falsificazione, ad esempio quando inseriscono un falso paragrafo in un documento autentico, o quando un agente d’influenza inconsapevole viene convinto con l’inganno a cambiare il suo voto di fiducia, o quando un oscuro account online condivide post estremisti o invita utenti ignari di tutto a partecipare a una manifestazione di piazza. I fronti, le manipolazioni e i falsi vanno però ben oltre. Le misure attive determinano quello che gli altri pensano, decidono e fanno, e pertanto incidono sulla realtà. Quando le vittime leggono documenti falsificati, la loro reazione è reale. […] Quando gli utenti di un social si radunano in strada seguendo un invito truffaldino, la manifestazione è reale. Quando i lettori di un sito cominciano a usare il suo stesso slang razzista nella vita di tutti i giorni, esprimono opinioni reali. Queste misure sono attive perché cambiano in modo concreto e immediato il modo di pensare e decidere. Cambiano i fatti, il presente (p. 423).

La disinformazione, però, sottolinea lo studioso, opera anche contro se stessa e ciò accade in modo altrettanto inatteso. Gli stessi agenti e agenzie restano influenzati dalle proprie costruzioni; gli effetti voluti e involontari si sono mescolati gli uni agli altri in effetti reali e osservabili. Con l’arrivo di Internet e la sua mole di dati, con l’hacking, i dump e le martellanti campagne di influenza sui social, tutto sembra proiettarsi su livelli ormai fuori controllo. «Le misure attive sono sempre più attive e sempre meno misurate, al punto che si stanno disintegrando» (p. 427). La disinformazione contemporanea sembrerebbe aver perso la bussola, quasi si trattasse di una macchina avviata che ormai produce automaticamente disinformazione senza controllo tanto che, ormai, si è fatta l’abitudine ad accontentarsi del verosimile [su Carmilla].

 

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Un divertissement (anti)complottista https://www.carmillaonline.com/2021/05/05/un-divertissement-anticomplottistico/ Wed, 05 May 2021 20:42:54 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=65964 di Sandro Moiso

Per chiunque non abbia voglia di affrontare la lettura di un volume di quasi 600 pagine su QAnon e gli altri vari complottismi made in Usa recentemente edito in Italia, val la pena di ricordare che nel 1995 uscì un “romanzetto” sospeso tra il licenzioso, l’irriverente, il goliardico, il politico e il fantastico che, con un numero decisamente inferiore di pagine, riusciva a far piazza pulita di qualsiasi ipotesi complottistica relegandola ai territori dello sghignazzo e della burla, i soli che possano essere “seriamente” dediti a tali interpretazioni della realtà.

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di Sandro Moiso

Per chiunque non abbia voglia di affrontare la lettura di un volume di quasi 600 pagine su QAnon e gli altri vari complottismi made in Usa recentemente edito in Italia, val la pena di ricordare che nel 1995 uscì un “romanzetto” sospeso tra il licenzioso, l’irriverente, il goliardico, il politico e il fantastico che, con un numero decisamente inferiore di pagine, riusciva a far piazza pulita di qualsiasi ipotesi complottistica relegandola ai territori dello sghignazzo e della burla, i soli che possano essere “seriamente” dediti a tali interpretazioni della realtà.

Il testo in questione è Pandemonium di Diego Gabutti, edito da Longanesi nella collana La Gaja scienza, da tempo dimenticato ma ancora facilmente reperibile nel mercato dei libri usati, e oggi, a detta dello stesso, neppure troppo amato dall’autore.
Eppure, come al solito, eppure…
Un testo che riesce a mettere insieme Aleister Crowley, la P2, i servizi segreti italiani “deviati”, Satana in persona (ma soltanto nei sogni dei personaggi principali), brigatisti pentiti, baroni siciliani cornuti, magia sexualis e ricerca dell’homunculus è ancora degno di un’occhiata, magari anche attenta.

Si era agli albori dell’uso delle reti, o rete qual dir si voglia, attraverso l’utilizzo di BBS (Bulletin Boatd System)1, in cui già l’autore individuava la sciagurata possibilità di produrre informazioni incontrollate e bufale a go-go (perché poi oggi si preferisca l’anglicizzante fake news all’italianissimo, e soprattutto evidentissimo nel significato, bufale, è una questione ancora tutta da chiarire).

Un autentico oceano in cui nuotano enormi cazzate mescolate a notizie vere, fasulle, presunte, controllate ed incontrollate (che, in fin dei conti possono reciprocamente rovesciarsi nelle une o nelle altre). Uno stagno per la pesca degli scemi (soggetti ideali sia come pescatori che come pesci), un mare in cui scatenare la fantasia degli agenti dei servizi per comunicare tra di loro oppure per creare eventi improbabili, ma parzialmente credibili oppure assolutamente incredibili, ma luccicanti come oro per i tordi di turno. Che spesso si accodano convinti di svolger un qualche ruolo significativo ai confini di un mondo sospeso in permanenza tra realtà, magia e politica: quello dell’eterno complotto.

Insomma il regno dell’impostura globalizzata in cui ogni impostore, cosciente o meno di esserlo, sogna e immagina di giocare un ruolo significativo nel gran ballo delle balle.
Una enorme commedia degli equivoci in cui, se non ci andassero di mezzo gli innocenti veri (nel caso di Pandemonium delle giovani prostitute uccise o, meglio, sacrificate, per fini oscuri e irrealizzabili, nella realtà le vittime di attentati e violenze indiscriminate giustificate spesso da visioni del mondo reazionarie e folli) ci sarebbe soltanto da sbellicarsi dalle risate (così come capita per gran parte delle lettura del libro).

Il big complotto in questo caso si vorrebbe cosmico, universale, capace di rifondare il mondo e sostituire il suo signore e creatore con un altro, magari dotato, quest’ultimo, di corna, zoccoli, attributi di ambigue dimensioni e demonietti irrispettosi e burloni di contorno. Esoterismo e magia si snodano tra la Sicilia, Milano e Torino. Città, quest’ultima, dove fino ad un decennio or sono era possibile trovare numerose librerie dedite esclusivamente all’argomento; tutte dai nomi improbabili e memori del mito della città magica per eccellenza al centro dei triangoli bianchi e neri (come la maglia della squadra foraggiata dalla ex-FIAT) che attraverserebbero ancora l’Europa tra Lione e Praga, l’est e l’ovest come un Treno ad Alta Velocità del potere e della Grande Bestia.

C’è da ridere, ma anche da piangere, come quasi sempre capita, nel pensare alla serietà con cui i media ufficiali, autentici produttori di fake news ad oltranza si dedicano oggi al disvelamento delle fake news non autorizzate dalle veline di Stato. Un’autentica caccia alle streghe messa in opera da stregoni che in questo modo rendono tutte le bufale degne di attenzione.

Così, dopo aver letto il romanzetto e riflettuto sull’oggi e le sue scie chimiche circondate da manovre per ridurre la popolazione bianca schiava di quelle di altri colori oppure sul negazionismo vero sprofondato in un uso fin troppo spregiudicato del termine per demonizzare qualsiasi avversario delle verità “di Stato”, sorge spontaneo un altro dubbio: il complottismo è davvero soltanto di destra? Oppure anche questa è soltanto un’altra fake news, sorta in un territorio in cui Giorgio Gaber (cos’è di destra, cos’è di sinistra) avrebbe sguazzato ridendo con Enzo Jannacci?

In un territorio dell’immaginario dove la cabala della finanza finge di saper quali sono le soluzioni migliori per il destino del mondo e la scienza si trasforma in esoterismo in nome del profitto; Il mattino dei maghi di Pauwels e Bergier (destra) si incrocia con i segreti cosmici di Peter Kolosimo (sinistra) e dove l’inossidabile Gianni Flamini (sinistra “democratica”), con i suoi eterni studi sull’abilità dei servizi “infedeli” di controllare quasi ogni evento della storia italiana recente, in particolare la lotta armata, e soprattutto senza mai prendere in considerazione il fatto che i servizi possano essere, in realtà, “fedelissimi” e proprio per questo motivo agiscano così come hanno fatto e continuano a fare, incrocia la penna in un duello infinito con i convinti assertori delle presenza dei Visitors (destra fantascientificamente “fessa”) nelle sfere del potere mondiale, non ci sarebbe forse soltanto da sbellicarsi dalle risate?

E invece no, poiché ancora troppo spesso coloro che si pensano investiti di un occulto dovere di informazione oltre che dotati di un’innata verbosità, ritengono necessario rendere tutto ciò noiosamente serio, quasi a voler rilanciare, più ancora che a soffocare, il discorso complottistico e la sua diffusione in rete e oltre, contribuendo così ulteriormente allo spostamento dell’attenzione dalla necessaria e radicale negazione della dominante narrazione tossica dell’esistente finalizzata alla difesa ad ogni costo (anche quello di cadere ripetutamente nel ridicolo, come accade in questi giorni di fallimenti presentati come trionfi della scienza e della politica) del modo di produzione attuale.

Allora meglio seguire le vicende di un romanzo che si snoda tra gli anni Venti e gli anni Novanta, tra orge nei cimiteri siciliani, esperimenti per la cattura dell’energia orgonica di reichiana memoria all’interno di bordelli più o meno di lusso, riti massonici celebrati da personaggi incappucciati ma privi di mutande, agenti segreti in combutta con brigatisti esoterici sulle cui tracce sono altri ex-prigionieri politici in cerca di vendetta, in una girandola narrativa in cui tutti coloro che risultano infoiati dal desiderio di potere politico, economico, magico e religioso vengono definitivamente messi alla berlina.
Poiché non potrà essere nient’altro che una risata a seppellirli tutti insieme e definitivamente.


  1. Si tratta di un sistema telematico che consentiva a computer remoti di accedere ad un elaboratore centrale per condividere o prelevare risorse. Il sistema era stato sviluppato negli anni settanta e ha costituito il fulcro delle prime comunicazioni telematiche amatoriali. Tra le novità consentite dai sistemi BBS, le principali furono la messaggistica e file sharing centralizzato  

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Le false verità su Piazza Fontana https://www.carmillaonline.com/2017/12/12/le-false-verita/ Mon, 11 Dec 2017 23:01:39 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=42087 di Fiorenzo Angoscini

Andrea Sceresini, Nicola Palma, Maria Elena Scandaliato, Piazza Fontana, noi sapevamo. Golpe e stragi di stato. La verità del generale Maletti, Prefazione di Paolo Biondani, Mimesis Edizioni, Milano-Udine, ottobre 2017, pag. 215, € 18,00

Nella raccolta di saggi e discorsi del più eminente scrittore cinese di inizio ‘900, simpatizzante del Partito Comunista, fondatore della Lega degli scrittori di sinistra, Lu Hsun un intervento si intitola ‘Ricordo per dimenticare’, che può essere, leggermente modificato in ‘Ricordo per offuscare’, per inquadrare l’intervista, condotta a sei mani, all’ ex capo dell’ufficio ‘D’ del Sid, militare di professione, per tradizione di [...]]]> di Fiorenzo Angoscini

Andrea Sceresini, Nicola Palma, Maria Elena Scandaliato, Piazza Fontana, noi sapevamo. Golpe e stragi di stato. La verità del generale Maletti, Prefazione di Paolo Biondani, Mimesis Edizioni, Milano-Udine, ottobre 2017, pag. 215, € 18,00

Nella raccolta di saggi e discorsi del più eminente scrittore cinese di inizio ‘900, simpatizzante del Partito Comunista, fondatore della Lega degli scrittori di sinistra, Lu Hsun un intervento si intitola ‘Ricordo per dimenticare’, che può essere, leggermente modificato in ‘Ricordo per offuscare’, per inquadrare l’intervista, condotta a sei mani, all’ ex capo dell’ufficio ‘D’ del Sid, militare di professione, per tradizione di famiglia e vocazione giovanile.
Per evitare scorciatoie intellettualistiche, abbiniamo (con un paio di nostre ‘arbitrarie’ aggiunte) anche quanto letto recentemente in un servizio pubblicato sul settimanale di uno dei due più diffusi quotidiani nazionali, dedicato al rapper canadese Aubrey Drake Graham che, citando Albert Einstein, inizia così: “Il mondo non è minacciato (solo, nda) dalle persone che fanno il male ma (soprattutto, nda) da quelle che lo tollerrano”. Perchè, naturalmente, se non ci fossero i ‘malvagi’ non ci sarebbe bisogno degli ‘gnorri’.

Il ‘Capitano’ Maletti concede parzialmente la sua memoria, i suoi intermittenti ricordi ma, soprattutto, le sue reticenze ed omertosi silenzi. Quando non addirittura una spudorata sfacciataggine: “Generale, ma lei ha una memoria prodigiosa…Ci osserva uno a uno. Poi sorride: ‘Sì, certo. E’ chiaro. Ma solo quando mi fa comodo‘” (pag. 30, il neretto è nostro). Più volte, in termini simili, anche se con parole diverse, ma senza modificarne la sostanza, l’agente segreto ribadisce tale concetto. Oppure, indicando come sicuri testimoni ben informati, individui ormai morti.

La verità pilotata, già pubblicata la prima volta nell’aprile 2010 dall’editore Aliberti di Reggio Emilia, aveva subito sollevato entusiasti consensi,1 ma anche esplicite critiche.2
La rilettura, avvenuta dopo sette anni dalla prima uscita, permette di cogliere, ed evidenziare, pregi (ci sono) e difetti, sviste, dimenticanze, confuse frammistioni e contraddizioni esplicite presenti nel testo, ottenuto e trascritto, sostanzialmente, dalla sbobinatura di una lunga video intervista durata tre giorni, condotta nel novembre 2009 in Sudafrica, dai tre giornalisti italiani al latitante d’oro, emigrato di lusso.

L’elaborato di Sceresini, Palma e Scandaliato, ci permette di inquadrare e ricordare chi è, cosa ha fatto, perché e per quali reati è stato condannato (in via definitiva) l’ex numero due del Sid, e a capo dal 1971 al 1975, dell’ufficio “D”, quello che si occupava di controspionaggio.
L’Africa, per i Maletti (il padre Pietro e il figlio Gianadelio) è come una ‘seconda casa’, usata ed abusata.

Il generale Pietro “trascorse in questo continente gli anni più ruggenti della sua vita. Nel 1917, giovane maggiore reduce dal Carso, fu inviato nel deserto libico…Poi, nel 1935, finì in Somalia: combatté alla testa di un raggruppamento di ascari. Partecipò a numerosi scontri…Nel maggio 1937, fu proprio lui, il generale Pietro Maletti, a guidare le sue truppe all’assalto del monastero di Debra Libanos, poco lontano dalla capitale”. Eseguendo alla lettera gli ordini del vicerè d’Etiopia, Rodolfo Graziani, il teorico dello sterminio ed utilizzatore di gas tossici contro le popolazioni etiopi ed abissine, il militare italiano Maletti, passò per le armi 449 monaci.3 Mentre percorrono i circa 150 chilometri che separano Addis Abeba dalla città santa della chiesa copta di Debrà Libanòs, le truppe agli ordini del regio generale incendiano 115.422 tucul e tre chiese e ‘giustiziano’ 2523 ribelli. Secondo Angelo Del Boca “la pagina più odiosa del colonialismo italiano”. Per i suoi servigi, e criminali attività africane, il regime fascista gli ha conferito una medaglia d’oro, tre d’argento, due di bronzo: un eroe littorio, autentico colonialista.

Il figlio Gianadelio, sin dalla più giovane età, respira e cresce in un’atmosfera intrisa di grigio-verde e camicie nere. Mentre il padre, figlio di un militare, lo vorrebbe artigliere, il futuro agente segreto sceglie la fanteria, nei cui reparti rimarrà sempre fino a raggiungere il grado di generale. Nonostante la dichiarata allergia fisica alla stoffa delle uniformi. Allievo in Accademia, nelle scuole militari -suoi commilitoni: Vito Miceli ed Eugenio Cefis – e di guerra (Cesano, Modena, Civitavecchia, Milano, e Car di Como), distaccato in Val Camonica durante i primi mesi del secondo conflitto mondiale. Poi, Sicilia nel Reggimento fanteria della Divisione Aosta, già ‘comandata’ dal padre, e posto a capo della Compagnia arditi reggimentali.

Catturato il 26 luglio 1943, giorno successivo alla caduta del regime dopo le decisioni assunte dal Gran Consiglio del fascismo, viene internato in campi di prigionia gestiti da statunitensi.
Dopo la cattura nei pressi di Petrosino, mi condussero nei campi di concentramento americani, passai gli ultimi mesi di guerra in prigionia. A volte mi trovai davanti gli inglesi, altre i francesi, soprattutto durante i trasferimenti. Ma la gran parte del tempo la trascorsi sotto il controllo americano, in Tunisia, Algeria e Marocco”. E’ rimesso in libertà, da Camp Liotei di Casablanca, nell’agosto 1945.

E, forse, come spesso sostengono psico-sociologi moderni, il ‘recluso’ Maletti viene colpito da una sorte di Sindrome di Stoccolma e ‘prova un sentimento positivo nei confronti del proprio aggressore che può spingersi fino all’amore e alla totale sottomissione volontaria, instaurando in questo modo una sorta di alleanza e solidarietà tra vittima e carnefice’. Statunitense.
Conseguentemente, “vi posso raccontare di due esperienze formative, diciamo così, negli Stati Uniti. Nella prima occasione, fui assegnato alla Scuola di fanteria di Fort Benning, in Georgia, dove presi parte al cosiddetto corso avanzato di fanteria, durato circa un anno, dal 1949 al 1950. Ritornai negli States sette anni dopo, nel 1957, per frequentare la Scuola di Stato maggiore di Fort Leavenworth, in Kansas: ero insieme a un altro ufficiale italiano, e facevamo parte di un gruppo di settanta elementi provenienti da tutti i paesi del blocco occidentale…Poi, nel 1963, fui nominato addetto militare all’ambasciata italiana in Grecia”.

Anche in questo ‘estratto’ si può notare l’abilità oratoria ed omertosa dell’intervistato: ammette, rivela, la presenza di un altro ufficiale addestrato dagli amerikani senza indicarne il nome. Perché? Un agente da nascondere, coprire, occultare?
E dopo l’addestramento politico militare a casa dello Zio Sam, la trasferta nella penisola ellenica.
Nel periodo della sua permanenza presso l’ambasciata d’Italia ad Atene, i Colonnelli (aprile 1967) rovesciano il legittimo governo ed instaurano la dittatura militare. Un anno dopo (16 aprile 1968) un gruppo di studenti fascisti (gli stessi che gridano: Ankara, Atene, adesso Roma viene) , tra cui Mario Merlino, ospiti del Kyp, il servizio segreto greco, agenzia d’oltremare della Cia, in occasione del primo anniversario del putch partecipa ad un viaggio-premio (con contributo economico del Sid) e di studio delle strategie poliziesche repressive del regime.

Alcuni dei partecipanti alla gita oltremare, avevano preso parte (come uditori) al famigerato convegno dell’Hotel Parco dei Principi (maggio 1965) dedicato alla ‘Guerra Rivoluzionaria’, la cui seconda parte del titolo, che in moltissimi tendono a dimenticare, è: “Il terzo conflitto mondiale è già cominciato”.4 Che fosse stata dichiarata ‘la guerra’, e che fascisti, militari e ‘servizi’ la stessero conducendo (ognuno con le proprie armi, mezzi e strumenti) sono a dimostrarlo gli attentati dell’aprile alla Fiera di Milano e stazione Centrale, di agosto sui treni e dicembre 1969 alla Banca dell’Agricoltura, i tentativi di golpe (dicembre 1970) e tutte le altre iniziative (Freccia del Sud-Treno del Sole: luglio 1970, Peteano, Questura di Milano, Piazza della Loggia, golpe bianco, Italicus, stazione di Bologna, loggia Propaganda 2) per fermare l’avanzata Bolscevica. Con ogni mezzo necessario5 e con la scia di morti che hanno provocato.

Nel settembre dello stesso anno del golpe, colui che “si adoperò, a partire dal 1972, per sottrarre agli inquirenti le persone inquisite” (Istruttoria Salvini) rientra in Italia ed assume “il comando del Ventiduesimo reggimento fanteria Cremona” con “un battaglione dotato di carri armati americani M47 e di veicoli corazzati per fanteria M113, anch’essi americani ma prodotti dalla Oto Melara”. Maletti può dimostrare quanto appreso negli stage formativi seguiti in America a fine anni cinquanta-inizio sessanta.

Dal novembre 1968 al novembre 1970, direttore dell’ufficio addestramento dell’esercito. Nello stesso periodo compie viaggi ‘turistici’ in Jugoslavia “per rendermi conto delle bellezze naturali del paese, delle sue diversità etniche e delle condizioni di strade e ponti”. Un turista particolare, verrebbe da pensare… ”Niente di ufficiale”, puntualizza immediatamente.
Sempre nel novembre 1970 inizia il corso annuale, presso il Centro Alti Studi Militari, con viaggi di istruzione a Parigi, Normandia, Londra e Tunisia (auspice l’Eni). Non può partecipare ad un altro viaggio-studio in Svezia “perché su richiesta del generale Miceli, allora capo del Sid, il Ministero mi trasferì presso quel servizio prima che il corso del Casm fosse concluso”.

Così, il 15 giugno 1971 viene nominato responsabile dell’ufficio “D” (Controspionaggio) del Servizio Informazioni Difesa, e ci rimane fino al 30 ottobre 1975. Ed è qui, che compie il suo ‘magistero’, inteso come opera di maestria. Ed è per queste opere che viene, prima arrestato (28 febbraio 1976) per falso ideologico in atto pubblico e favoreggiamento personale (organizzazione e realizzazione fuga) nei confronti di due imputati per la strage alla Banca dell’Agricoltura, Guido Giannettini (Agente ‘Z’) e Marco Pozzan (l’uomo di Freda a Padova) quindi condannato, in via definitiva ad un anno con la condizionale, interamente condonato.

Un’altra condanna definitiva, a 9 anni di reclusione, la ‘merita’ nel 2003 per sottrazione di documenti riservati appartenenti al dossier (redatto nel 1974-75) Mi.Fo.Biali (Miceli, Foligni, Libia) relativo ad un traffico di petrolio con la Libia.6 Documenti finiti misteriosamente nelle mani di Carmine Mino Pecorelli (prima ‘nemico’, poi ‘sopportato’ di Maletti), piduista, fondatore dell’agenzia di stampa Osservatorio Politico Internazionale, poi spregiudicato ed ambiguo giornalista-editore-proprietario del settimanale, in odore di finanziamenti da parte del ‘Servizio’, Osservatorio Politico che ne pubblica ampi stralci. Pecorelli viene ucciso con quattro colpi di pistola la sera di martedì 20 marzo 1979. Curiosamente, Maletti che non è più, ufficialmente, un effettivo del ‘servizio’, viene ‘casualmente’ informato dell’omicidio Pecorelli, da un agente in servizio, il ‘suo’ capitano Labruna.

Il giovedì successivo il settimanale ‘spazzatura’ doveva proporre ai lettori un servizio esplosivo contro Giulio Andreotti. Maletti sostiene che Pecorelli gli confidò di come Licio Gelli, per conto di Andreotti, gli offerse una ‘mancia’ per non far uscire quel numero della rivista. Che, per la sopraggiunta scomparsa dell’autore, non venne provvidenzialmente stampato. Giulio Andreotti, condannato in primo grado all’ergastolo, quale mandante dell’omicidio, viene assolto in Appello.

Nel mese di aprile del 1980 Maletti inizia la sua latitanza-trasferimento-esilio in Sudafrica. Dal ‘paese dei diamanti’, rientrò in Italia solo una volta, marzo 2001, per testimoniare al quinto processo per la strage di Milano: “Dietro la strage c’era l’ombra della Cia…Gli americani sapevano tutto. Conoscevano i neofascisti e li incoraggiavano. Furono loro a fornire l’esplosivo…Sono qui perché amo la patria”. Dopodiché, indisturbato, grazie ad uno speciale salvacondotto (rilasciato da chi?) secondo il quale nessuno avrebbe potuto arrestarlo nonostante le condanne, tornò nel paese dell’Africa meridionale, dove tutt’ora si gode il suo personale buen retiro.

La ricostruzione dei tre giornalisti ricorda (oltre a quanto già riportato) alcune situazioni delicate: la vicenda dell’aereo ‘Argo 16’, il taxi di Gladio. Nome in codice di un aereo Douglas C 47 dell’Aeronautica Militare italiana precipitato a Marghera il 23 novembre 1973, causando la morte dei quattro membri dell’equipaggio e sfiorando un disastro ambientale (la caduta si verificò molto vicino ad un bunker per lo stoccaggio del fosgene nel polo petrolchimico). Secondo fonti giornalistiche e l’opinione di Francesco Cossiga, abbattuto per vendetta dai ‘servizi’ Israeliani.

E poi: lo svuotamento, da parte del padre del neofascista Gianni Casalini (per il Sid, fonte “Turco”) del deposito di Venezia – pieno di esplosivo di origine americana proveniente dalla Germania, quasi sicuramente utilizzato per il massacro del 12 dicembre 1969 – grazie all’imbeccata di un capitano dell’arma, Manlio Del Gaudio.
L’ammissione, ermetica e semi-omertosa, nonché deviante dell’ex capo dell’ufficio ‘D’ che in Piazza Fontana “erano in quattro”, senza naturalmente specificare chi fossero quei quattro.

La quasi inutile intervista ad Ivano Toniolo, ‘rintracciato’ dai tre autori in Angola dopo la loro missione sudafricana, fascista della cellula padovana di Ordine Nuovo e che, secondo Casalini, era stato il suo complice nel posizionare gli ordigni sui treni (8-9 agosto 1969).
Il ruolo dell’Ufficio Affari Riservati del Ministero degli Interni, soprattutto del suo numero due (come Maletti) braccio destro del ‘capo’ Federico Umberto D’Amato, Silvano Russomanno, “Aveva militato nelle SS italiane, credo”.
La sera del 12 dicembre 1969, Russomanno venne mandato a Milano: il suo compito era quello di gestire le prime indagini. E forse, ha ipotizzato qualcuno, i primi depistaggi” .7

La ricostruzione del falso arsenale comunista di Camerino. Allestito dai carabinieri…
Ma…in ordine sparso, sono da ricordare anche certe sviste, dimenticanze e affermazioni, non proprio minori e non sempre ‘neutrali’. Ne evidenzieremo alcune.
Già in prefazione (non degli autori) un’affermazione stonata quando si paragona il 12 dicembre 1969 all’11 settembre 2001.

Un ‘altra sottolineatura fuori luogo è indicare “servizi segreti deviati” portando come testimonianza anche quella di Vincenzo Vinciguerra8 il quale precisa: “La linea terroristica veniva eseguita da infiltrati, da persone che stavano all’interno degli apparati di sicurezza dello Stato. Dico che ogni singolo scandalo, a partire dal 1969, ben si adattava a una matrice organizzata: non parliamo di elementi deviati, ma dello Stato e dell’Alleanza atlantica”.
Sempre a supporto di ‘deviazione statale’, quando ricordano gli avvenimenti terroristici (pag. 22) del periodo 1969 (Piazza Fontana) – 1980 (Stazione Bologna) ‘dimenticano’ i sei morti e i 66 feriti dell’attentato compiuto contro la ‘Freccia del Sud-Treno del sole’ (22 luglio 1970) e la strage del treno Italicus (4 agosto 1974, due mesi dopo Piazza della Loggia) che provocò la morte di 12 viaggiatori e il ferimento di un’altra cinquantina.

Un’altra ‘giustificazione a posteriori’ che, ‘servizi’, fascisti, complici e conniventi, nonché utili idioti e furbastri di ogni specie, tentano di spacciare (lo fa anche Maletti nell’amichevole colloquio), è quella relativa al non prevedibile esito dello scoppio e non volontarietà di provocare morti, cercando di accreditare la scopo dimostrativo della bomba, perché la banca, solitamente, a quell’ora è chiusa. “Milano, piazza Fontana. Il 12 dicembre è un venerdì. La Banca Nazionale dell’Agricoltura, a pochi passi dal Duomo, quel giorno resta aperta più del solito” (pag. 71) “La strage è avvenuta per caso” . (pag. 82)

Un volgare, e poco intelligente tentativo di ribaltare la realtà delle cose. Il venerdì pomeriggio la BNA resta sempre aperta per il mercatino degli agricoltori:9 lavoratori della terra, allevatori, produttori di sementi, materie prime e mangimi bilanciati, mediatori, agronomi, periti agrari e veterinari si incontrano nella sala della banca per partecipare alla borsa merci dei prodotti agricolo-zootecnici. L’allegato articolo del 13 dicembre 1969 del Corrierone lo certifica e conferma. 10
Così come stupefacente è la motivazione per cui né Giannettini, né Pozzan (i due esfoliati da Maletti) non possono essere gli autori del posizionamento della bomba. Alla sua tesi, ribattono:“Come fa ad esserne sicuro? La strabiliante risposta: “Entrambi erano dei pavidi” . (pag. 80)

Altre affermazioni ‘sensazionali’ sono quelle relative alla fede anarchica di Mario Merlino: “…gli anarchici Mario Merlino…” (pag. 177) e al filosovietismo di Giangiacomo Feltrinelli.
I sovietici, ai quali Feltrinelli stava a cuore…” (pag. 169).
Che il Circolo 22 Marzo di Roma fosse un organismo anarchico è una ‘verità’ assoluta, che fosse infiltrato da fascisti (Merlino) e poliziotti (Salvatore Ippolito) è, purtroppo, un altro reale dato di fatto. Questo non promuove Merlino a militante anarchico.
Sulla appartenenza ‘terzomondista’ e, quindi, non ‘sovietista’ di Feltrinelli, c’è abbondante materiale (e il suo curriculum) che lo certifica.

Ma quello che andava sicuramente evitato è quanto riportato a pag. 199. “Ha scritto qualcuno: ‘La giustizia è come un timone. Dove lo giri, va‘”.
La definizione è di Lao Tze, filosofo e scrittore cinese ma, soprattutto, utilizzata come titolo di uno dei primi contributi ‘rumorosi e teorici’ (anche se firmato Fronte Popolare Rivoluzionario) di Franco Freda ritenuto dall’ultimo processo, anche se non più punibile perché già precedentemente assolto, tra gli autori della strage di Piazza Fontana.

E Marco Nozza ricorda: “Nello scatolone del Viminale numero 19 (nero) e 51 (rosso) c’erano molti ritagli di giornale…e la cosa più sbalorditiva era che su quei pezzetti di carta un pennarello nero aveva tracciato, vistosamente e vibratamente, il segno inconfondibile di quelle tre lettere Fpr…mentre noi pistaroli avevamo scarsa dimestichezza con quella sigla, gli Affari riservati mostravano di averne molta, fin troppa…parlavamo sempre di pista veneta, pista nera, di neofascisti padovani e trevigiani, mai parlavamo di Fpr, ossia Fronte Popolare Rivoluzionario”.11
In poche righe, è svelato un arcano. Chi doveva e poteva sapere, sapeva. Faceva, o aveva fatto.

Al termine di queste note, riflettendo sui modi, scopi ed esiti della lunga intervista, ci ritorna un ammonimento di Bertolt Brecht: “Chi ai nostri giorni voglia combattere la menzogna e l’ignoranza e scrivere la verità, deve superare almeno cinque difficoltà. Deve avere il coraggio di scrivere la verità, benché essa venga ovunque soffocata; l’accortezza di riconoscerla, benché venga ovunque travisata; l’arte di renderla maneggevole come un’arma; l’avvedutezza di saper scegliere coloro nelle cui mani essa diventa efficace; l’astuzia di divulgarla fra questi ultimi. Tali difficoltà sono grandi per coloro che scrivono sotto il fascismo, ma esistono anche per coloro che sono stati cacciati o sono fuggiti, anzi addirittura per coloro che scrivono nei paesi della libertà borghese”.12 .
Infine poche considerazioni ‘editoriali’. Ci ha stupito non trovare nessun rimando alla prima edizione. Così come ci è sembrato strano che si sia eliminato l’indice ragionato dei nomi principali e
l’indice dei nomi (sempre utilissimo) ed è stata ridotta ad una paginetta scarsa (termina al 26 ottobre 1962 con la morte di Enrico Mattei) la cronologia, prima ricca di ben 10 pagine.
Misteri di un libro sui…misteri?

Per cercare di comprendere meglio la situazione, le dinamiche precedenti e conseguenti che hanno portato alla strage di Piazza Fontana, il contesto politico in cui è maturata, da chi è stata compiuta, chi e come ha favorito e coperto gli organizzatori ed esecutori, suggeriamo la lettura (o rilettura) di una serie di opuscoli, dossier, inchieste condotte da collettivi o comitati politici a ridosso di quell’avvenimento. Evidenziando, esclusi i primi due, quelli di G.C. Feltrinelli, e gli ultimi due, la data di pubblicazione. Praticamente da subito, erano stati individuati e si sapeva chi erano i responsabili. Negli anni e nei decenni, successivi, grazie soprattutto all’intelligente, meticoloso e preciso lavoro di alcuni giornalisti d’inchiesta: Marco Nozza (Il Giorno), Camilla Cederna (L’Espresso), Giulio Obici (Paese Sera), Marcella Andreoli (L’Avanti!), Mauro Brutto (L’Unità), Corrado Stajano (Il Mondo e Tempo Illustrato) e tutto il collettivo che animava e partecipava all’attività del ‘bollettino di controinformazione democratica’ del movimento dei ‘giornalisti democratici’ di Milano, si sono potuti aggiungere particolari e nuovi elementi, ma la sostanza era quella subito individuata.
Molti altri contributi: articoli, inchieste, pubblicazioni a stampa di case editrici prestigiose e di giornalisti ufficiali, sono più facilmente reperibili e, forse, più conosciuti di quelli sotto ricordati. Solo per questo non li elenchiamo.

Giangiacomo Feltrinelli, La politica al primo posto. “Persiste la minaccia di un colpo di Stato in Italia!”, Libreria Feltrinelli, Milano, 1968;

Giangiacomo Feltrinelli, La politica al primo posto. “Estate 1969: la minaccia incombente di una svolta radicale e autoritaria a destra, di un colpo di Stato all’italiana. Le ragioni e i modi con cui si tenterà di imporre un regime autoritario in Italia, Libreria Feltrinelli, Milano, 1969;

La strage di stato. Controinchiesta, La nuova Sinistra-Samonà e Savelli, Roma, giugno 1970

Crocenera Anarchica, Le bombe dei padroni. Processo popolare allo stato italiano nelle persone degli inquirenti per la strage di Milano, Biblioteca delle collane ‘Anteo’ e ‘La Rivolta’, La Fiaccola edizioni, Ragusa, agosto 1970;

Vincenzo Nardella, Noi accusiamo! Contro requisitoria per la strage di stato, Jaca Book, Milano, 1971;

Milano e Roma-12 dicembre 1969. La strage di stato voluta dai padroni. Pinelli assassinato, Umanità Nova, 20 ottobre 1971;

Fotostoria 1969-1972 . Dalla strage alle elezioni. Da Valpreda a Feltrinelli. Il fascista, sicario della strage, è certamente tra queste foto. Giochi di potere intorno a un processo pericoloso: 16 assassinati-2 suicidati-5 provocatori-4 ammazzati-634 testimoni-180 giornalisti-21 fotografi-Inoltre: spie, commissari, presidenti, generali, fascisti, ministri, sicari, maggioranze silenziose e loquaci, Sapere Edizioni, Milano, Anno I, n° 1- marzo 1972;

Valpreda è innocente: la strage è di stato. Giustizia proletaria contro la strage dei padroni. Guida al processo a cura del Soccorso Rosso. Numero unico edito dal Comitato Nazionale di Lotta sulla strage di stato-Soccorso Rosso-presso LIDU, piazza Santi Apostoli, 49 Roma, senza data (ma 1972);

Chi è nella Cia. Who’s who in Cia. L’elenco completo dei 3.000 agenti militari e civili del Servizio Segreto americano operante in oltre 120 stati, Napoleone Editore, Roma, 1972

Padova: Comitato di Documentazione Antifascista, Il silenzio di stato, Edizioni Sapere, Milano, febbraio 1973;

Maquis, mensile d’informazione politica militare internazionale, Chi farà il vero colpo di stato? La strage della guerra psicologica, n.1 giugno 1974, Milano;


  1. http://ilblogdinandomainardi.blogspot.it/2011/05/recensione-di-piazza-fontana-noi.html  

  2. http://www.nuovaalabarda.org/leggi-articolo-piazza_fontana_noi_sapevamo..php  

  3. Studi recenti, condotti all’inizio degli anni novanta, indicano in 1.400-2.000 i morti della strage  

  4. E. Beltrametti (a cura di) La guerra rivoluzionaria. Il terzo conflitto mondiale è già cominciato, Atti del primo convegno organizzato dall’ Istituto Pollio, Giovanni Volpe Editore, Roma, 1965  

  5. Elio Franzin, Mario Quaranta, Gli attentati e lo scioglimento del parlamento, Pamphlets-Diffusione sbl, Padova-Roma, 1970  

  6. Mario Foligni, fondatore di un Nuovo Partito Popolare, voleva contrastare, da destra, la Democrazia Cristiana  

  7. Gabriele Fuga, Enrico Maltini, Pinelli. La finestra è ancora aperta, Colibrì Edizioni, Paderno Dugnano (Mi) dicembre 2016  

  8. ‘Soldato politico’, come ama definirsi, già militante di Ordine Nuovo ed Avanguardia Nazionale, autore reo confesso dell’azione di Peteano-Frazione Sagrado (Go) del 31 maggio 1972, quando, in seguito all’esplosione di un’auto bomba, persero la vita tre carabinieri, oltre a due feriti  

  9. https://www.ildeposito.org/archivio/canti/piazza-fontana-luna-rossa  

  10. http://cinquantamila.corriere.it/storyTellerArticolo.php?storyId=4d9f21347a581  

  11. Marco Nozza, Il pistarolo,. Da Piazza Fontana, trent’anni di storia raccontati da un grande cronista, Introduzione di Corrado Stajano, il Saggiatore, Milano, novembre 2006  

  12. Bertolt Brecht, Scritti sulla letteratura e sull’arte, Einaudi, Torino, 1973  

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Brescia tu sei maledetta! https://www.carmillaonline.com/2016/05/27/brescia-tu-maledetta/ Fri, 27 May 2016 20:50:32 +0000 http://www.carmillaonline.com/?p=30726 di Sandro Moiso

morte in piazzaFascism, wherever it appears, it is the enemy”. Philip K. Dick

Valerio Marchi, LA MORTE IN PIAZZA. Indagini, processi e informazione sulla strage di Brescia, a cura di Silvia Boffelli, Red Star Press, Roma 2015, pp. 355, € 22,00

A Brescia il fascismo sembra non essere mai morto. Ciò non soltanto per la contiguità geografica con i cimeli di Salò, l’ultima capitale del fascismo italiano, ma soprattutto per l’eredità di sangue, intrighi e violenze che quella esperienza aveva portato e ha continuato a portare con sé. Come la strage avvenuta in Piazza della [...]]]> di Sandro Moiso

morte in piazzaFascism, wherever it appears, it is the enemy”. Philip K. Dick

Valerio Marchi, LA MORTE IN PIAZZA. Indagini, processi e informazione sulla strage di Brescia, a cura di Silvia Boffelli, Red Star Press, Roma 2015, pp. 355, € 22,00

A Brescia il fascismo sembra non essere mai morto. Ciò non soltanto per la contiguità geografica con i cimeli di Salò, l’ultima capitale del fascismo italiano, ma soprattutto per l’eredità di sangue, intrighi e violenze che quella esperienza aveva portato e ha continuato a portare con sé. Come la strage avvenuta in Piazza della Loggia il 28 maggio 1974 ben contribuì a dimostrare e che in mille forme sembra essere giunta fino ai giorni nostri.

Proprio per questo motivo la riedizione del testo di Valerio Marchi, pubblicato per la prima volta una decina di anni prima della scomparsa dell’autore,1 si rivela ancora particolarmente utile. Non soltanto per riflettere sulla lunga serie di indagini, depistaggi e processi che da quel vile attentato presero il via ma, e forse soprattutto, per la riflessione che l’accurato lavoro di indagine svolto all’epoca dall’autore, oggi arricchito dalla bella ed aggiornata postfazione curata da Silvia Boffelli, costringe a fare sull’uso che di quella strage e della sua immagine e del suo ricordo è stato fatto non solo per ridisegnare i confini del conflitto politico tra le classi, ma anche della memoria collettiva.

Oggi, in tempi di referendum destinati a modificare pesantemente le garanzie costituzionali, in presenza di riforme del lavoro che riportano agli anni precedenti i conflitti degli anni sessanta e settanta la condizione dei lavoratori e dei giovani disoccupati e di criminalizzazione integrale di qualsiasi forma di dissenso che possa far anche solo balenare lo spettro della lotta di classe, si può tranquillamente affermare che quella strategia, troppo semplicemente definita fin da allora come “strategia della tensione”, ha vinto. Momentaneamente magari, come sempre avviene nel ciclo lungo dello scontro tra capitale e lavoro, ma sicuramente per il momento storico che stiamo attraversando. Non solo in Italia, ma a livello europeo.

Che il fascismo più criminale, dalla guerra civile iniziatasi nel 1921 fino agli anni del terrorismo nero oppure delle ben più recenti aggressioni ai giovani profughi riparati nell’Alta Valle Trompia, sia soltanto e sempre uno strumento al servizio del capitale, un tempo agrario ed industriale ed oggi finanziario, lo si poteva facilmente dedurre seguendone il percorso storico e individuale dei suoi rappresentanti palesi ed occulti oppure cogliendo il significato profondo della mancata applicazione di qualsiasi tipo di epurazione reale nelle file della burocrazia statale e dei rappresentanti più compromessi del mondo politico avvenuta fin dai tempi dell’amnistia Togliatti, promulgata con il decreto presidenziale n.4 del 22 giugno 1946.

Quello che, forse, fino ad ora non è mai stato colto nella sua interezza era, e rimane, costituito dal fatto che le strategie di uso della manovalanza fascista e dei servizi , tutt’altro che deviati, erano e permangono di lungo periodo. Periodo talmente lungo da far sì che anche la memoria collettiva possa essere cancellata e manipolata, fino ad essere rovesciata nel contrario di ciò che all’inizio era stata.

Sotto questo punto di vista l’attenzione prestata da Valerio Marchi e dalla “continuatrice” della sua opera, Silvia Boffelli appunto, al modo in cui gli strumenti di informazione e il mondo politico, fin dal primo giorno dell’attentato di piazza della Loggia, hanno presentato e ricostruito i fatti e le responsabilità effettive costituisce forse la parte più importante del libro. Perché il discorso pubblico portato avanti dai media e dai rappresentanti delle istituzioni, da allora in poi, ha contribuito a ridefinire i percorsi della memoria in una maniera distorta e fuorviante che, nella confusa e interclassista iniziativa delle formelle dedicate a tutte le vittime indistinte della violenza “politica”, ha raggiunto proprio a Brescia la sua concreta e piena formalizzazione.

E se si trattasse soltanto delle formelle sulle quali i bresciani e i turisti pongono distrattamente i piedi mentre passeggiano per il centro storico forse non varrebbe nemmeno la pena di parlarne ancora.2 Piuttosto rimane il problema, già sollevato da un vecchio comunista fin dagli anni del secondo dopoguerra3, di un antifascismo istituzionalizzato che “sarebbe stato il più disgraziato e pernicioso prodotto del fascismo”. Questo tipo di antifascismo, che ha definito il fascismo solo in rapporto allo stato liberale e democratico e non in termini di dominio di classe, ha così contribuito, in tempi lunghi quasi quanto gli eoni evocati da Lovecraft nel suoi romanzi dell’orrore, ad assimilare il fascismo a qualsiasi forma di violenza o di azione tesa a spodestare il dominio del capitale sulla specie umana.

In questo modo i morti di piazza della Loggia, quasi tutti militanti politici e/o sindacali, sono stati “affratellati” nelle rievocazioni più recenti ai fascisti caduti per mano della reazione di classe alle loro violenze e agli assassini di Stato dalle mani macchiate di sangue operaio e studentesco. Così l’anarchico Serantini, ucciso dalla polizia a Pisa, è affiancato, nel severo e osceno ordine cronologico del percorso, al commissario Calabresi dalla triste fama. Senza vergogna, impudicamente e con grande strombazzamento di discorsi sentimental-catto-patriottici. Falsi, tutti, come uno spin-off di Beautiful.

L’obiettivo di tale politica del ricordo e dello “strazio” pubblico diventa così quello di piangere gli assassini prezzolati insieme alle loro vittime, accomunando tutti nel grande mare della pietà e dell’interesse della riappacificazione nazionale. Magari quella a cui mirava già l’appello “ai fratelli in camicia nera” rivolta nel 1936 dai vertici del Partito Comunista ai fascisti. E di cui le attuali politiche renziane potrebbero essere il frutto supremo e finale.

Ma non corriamo troppo. Riprendiamo il discorso dal testo, per esempio là dove, sulla base degli studi di De Lutiis e Flamini sui servizi segreti e gli apparati politico-militari dello Stato italiano, Marchi sottolineava come “nell’ambito degli ambienti golpisti italiani, nel 1974 giunge a compimento una sorta di resa dei conti tra due differenti visioni delle strategie eversive da seguire: a confrontarsi sono da un lato quella che Flamini definisce l’«ala golpista radicale», che utilizza massicciamente l’estremismo neo-fascista e opera per instaurare in Italia una dittatura militare,e dall’altro quei settori che, pur utilizzando gli stessi sistemi, considerano questo tipo di regime ormai obsoleto,inadatto a gestire uno Stato a sviluppo industriale avanzato, e che operano attraverso la strategia della tensione per favorire l’avvento di una repubblica presidenziale, autoritaria, saldamente inserita nel modello occidentale non soltanto nel campo delle scelte geo-politiche, ma anche in quello delle forme istituzionali.” (pag.48)

Citando, poi, a conferma un testo di De Lutiis, là dove si afferma, quasi profeticamente, che: “I settori meno rozzi del «golpe invisibile» preparano una soluzione diversa da quella del colpo di stato militare. L’alternativa è un golpe incruento, che dovrà avere caratteristiche di riforma istituzionale e venature «di sinistra». Sarà appoggiato dalla parte più moderna del mondo industriale italiano e tenderà a inserire l’Italia – priva del «pericolo comunista» – in un contesto europeo più efficiente […] E’ il progetto noto come «golpe bianco […] che ha come propugnatori Edgardo Sogno e Luigi Cavallo, ma gode di simpatie in un vasto arco politico […] oltre che l’appoggio determinante della Fiat. Per attuare questo piano è preliminarmente necessario sgombrare il campo dagli ambienti coinvolti nei progetti golpisti più rozzi4 “ (pag.51)

Fin qui, dunque, il discorso sul fascismo e sul suo uso è abbastanza chiaro: manovalanza terroristica buona sia per un golpe un po’demodé, come quello auspicato dai settori più arretrati dell’esercito e delle istituzioni, sia come soggetto su cui scaricare la responsabilità terroristica di una strategia che ha in ambienti più moderni i suoi ideatori che, proprio in nome della difesa della democrazia e dell’interesse nazionale (in realtà sovranazionale e finanziario), chiamano all’union sacrèe tra le classi contro ogni forma di violenza e di opposizione (soprattutto di classe).

Il fatto poi, come i vari processi hanno in seguito dimostrato, che non si sia mai davvero giunti ad una piena resa dei conti “istituzionale”, ma piuttosto ad una sorta di “Patto del Nazareno” ante-litteram e di opportunistica convenienza per le varie parti in causa non cambia di molto il senso del tutto. Se non che “il segreto di Stato” più volte invocato ed utilizzato per impedire, nel corso dei vari processi, di giungere alla piena affermazione della verità e deviarne invece le conclusioni, è oggi ancora estremamente di moda. Una sorta di “per il bene della causa” che tutto deve coprire e giustificare. Confermando così, senza neanche voler troppo stupire i lettori, che il capitalismo non può e non deve processare se stesso. Toccherà ad altri e in altri contesti storici e sociali farlo.

Resta però, sintetizzando forse fin troppo un testo la cui lettura è davvero molto interessante e coinvolgente, un problema in gran parte irrisolto: perché proprio Brescia fu scelta per costituire quasi il centro di una strategia che, comunque, si manifestò e colpì in più parti d’Italia? Come mai il fascismo era, e rimane ancora, così forte in tale realtà? Una realtà in cui lo squadrismo locale (si pensi soltanto al camerata Silvio Ferrari saltato in aria, con la bomba che stava trasportando sul suo scooter, pochi giorni prima della strage) si mescolava, come per certi versi ancora oggi, con le tifoserie calcistiche e gli uomini degli apparati di “sicurezza e disinformazione” oltre che con un tessuto economico ed imprenditoriale che, sia nell’agricoltura che nell’industria, rimpiangevano, e forse rimpiangono ancora, gli anni della repubblica delle camicie nere e del cattolicesimo più retrivo.

via mancini 1 Una realtà, però, fatta anche, all’epoca, di fabbriche e di forti sindacati, di fiducia nella sinistra istituzionale, di un cattolicesimo sociale che costituiva un po’ l’anima della sinistra DC, in cui la presenza della memoria della lotta partigiana, sia di sinistra che cattolica era ancora molto forte e presente. In cui, però, era forse assente un’autonomia di classe che permettesse nella città e nel territorio circostante quelle forme di auto-organizzazione operaia e giovanile che nelle vicina metropoli industriale di Milano non avevano comunque permesso uno sviluppo, in proporzione, altrettanto ampio del fenomeno e della militanza fascista. Costretta, in qualche modo, ad “emigrare” in quel di Brescia dove, evidentemente, si sentiva più sicura e protetta.

Insomma, forse la coscienza sinceramente anti-fascista della città e dei suoi lavoratori aveva trovato nel “semplice” anti-fascismo il suo limite stesso. Antifascismo spontaneo e sincero che si trovò a fare i conti con una delle stragi più odiose della storia d’Italia e, immediatamente, con una reazione delle forze dell’ordine, di una parte delle istituzioni e di alcuni giornali nazionali che miravano a negare da subito le effettive responsabilità. Ma che non seppe andare al di là della denuncia e dell’attesa di una giustizia di Stato e istituzionale che non avrebbe mai potuto soddisfare le aspettative dei famigliari delle vittime e di tutti coloro che al fascismo volevano opporsi. Favorendo così, indirettamente, anche quel progetto di lungo periodo che nelle manifestazioni istituzionali odierne e nelle scelte della Casa della Memoria vede ancora impegnati alcuni dei suoi protagonisti.

Ecco perché, ancora oggi, la maledetta strage di Brescia non può essere trattata soltanto come Storia oppure ridotta a mera vicenda giudiziaria o, ancor peggio, ad innocua memoria della paura e del dolore. Ciò che l’ha prodotta vive ancora oggi. In mezzo a noi e sui nostri schemi televisivi, sui social e nelle campagne forsennate di riforma istituzionale e del lavoro. Vive nel taglio della spesa sociale e nell’uso dei migranti come ricatto o come paravento. Vive nel lavoro sottopagato e nelle violenze impunite delle forze del disordine. Vive nelle aggressioni ai compagni e agli immigrati. Vive e non è ancora affatto morto.francia-scioperi
E se il suo nome è Fascismo, di cognome fa Capitalismo.
Sarà però la specie nel suo insieme a metterli entrambi in definitiva liquidazione.

N.B.
La foto in bianco e nero, sopra riprodotta, riguarda l’assalto di massa alla sede del Movimento Sociale Italiano di via Mancini a Milano, nell’aprile del 1975, quando la stessa fu incendiata e gravemente danneggiata.


  1. Valerio Marchi (Roma 1955 – Polignano a Mare 2006) è stato fondatore della “Libreria Internazionale” di San Lorenzo e interprete del conflitto giovanile oltre che sociologo estremamente attento alle dinamiche attraverso le quali l’informazione mainstream legge e deforma larealtà. Tra le sue opere si vanno ricordate Teppa (Red Star Press), Ultrà. Le culture giovanili negli stadi d’Europa (Hellnation Libri/Red Star Press), La sindrome di Andy Capp. Culture di strada e conflitto giovanile (2004) e Il derby del bambino morto. Violenza e ordine pubblico nel calcio (2005 e 2014)  

  2. L’argomento è già stato affrontato su Carmilla in almeno due occasioni: https://www.carmillaonline.com/2016/05/24/le-formelle-della-memoria-corta-manipolata/
    https://www.carmillaonline.com/2015/06/10/formelle-di-stato/  

  3. Amadeo Bordiga  

  4. G. De Lutiis, Storia dei servizi segreti in Italia, Roma, editori Riuniti 1991, pag.196  

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Ufo, sicurezza nazionale e progresso negato – 3 https://www.carmillaonline.com/2016/02/14/ufo-sicurezza-nazionale-e-progresso-negato-3-2/ Sat, 13 Feb 2016 23:01:22 +0000 http://www.carmillaonline.com/?p=28257 di Maverick

TR3B2 Come mantenere un segreto Come si mantiene un segreto che evidentemente coinvolge migliaia di persone, nei vari ruoli? Non è probabilmente cosi difficile se si guarda al precedente più illustre che coinvolse con successo per quasi dieci anni circa 120.000 persone, il progetto Manhattan, che partorì la bomba A. Sul piano individuale si ottiene imponendo segretezza al personale scientifico, militare e di sicurezza con contratti e impegni “a vita” (una delle richieste di chi vuole smantellare il segreto è l’appello ai Presidenti affinché ne svincoli per decreto i funzionari e gli ufficiali governativi), gestendo tramite i servizi segreti [...]]]> di Maverick

TR3B2 Come mantenere un segreto
Come si mantiene un segreto che evidentemente coinvolge migliaia di persone, nei vari ruoli? Non è probabilmente cosi difficile se si guarda al precedente più illustre che coinvolse con successo per quasi dieci anni circa 120.000 persone, il progetto Manhattan, che partorì la bomba A. Sul piano individuale si ottiene imponendo segretezza al personale scientifico, militare e di sicurezza con contratti e impegni “a vita” (una delle richieste di chi vuole smantellare il segreto è l’appello ai Presidenti affinché ne svincoli per decreto i funzionari e gli ufficiali governativi), gestendo tramite i servizi segreti la disinformazione sui media,1 moltiplicando i livelli di top secret, parcellizzando all’estremo la ricerca, incanalando ingenti finanziamenti “in nero” in un numero impressionante di appalti semiclandestini affidati all’industria e alla ricerca privata.

Dopo l’11 Settembre, per la necessità conclamata di contrastare il terrorismo, negli Usa gli apparati di sicurezza e di intelligence si sviluppano in misura enorme esondando nel settore privato. Le agenzie di intelligence “ufficiali” americane ad oggi sono 16 ma quelle “non riconosciute” e private sono centinaia,2 tutte in competizione per assicurarsi una fetta dell’enorme budget “nero” che si è gradatamente dimensionato al punto da essere diventato irrintracciabile e “unaccountable” (inaccertabile contabilmente), disperso in mille rivoli denominati Sap (Special Access Programs, Programmi a Speciale Accesso), su cui non c’è controllo pubblico e a cui si aggiungono programmi “waived” (cancellati-non esistenti) o “unacknowledged” (non riconosciuti) accessibili solo ai più alti livelli di clearance e, a maggior garanzia, a chi è riconosciuto un “need to know” (necessità di sapere).3

E’ noto che al momento del suo insediamento come segretario alla Difesa, il 16 Luglio 2001, Donald Rumsfeld riferì al House Appropriation Committee di aver accertato un budget “nero” cinque volte maggiore di quello ufficiale e di non aver alcun controllo su di esso. Dati riferiti solo al Pentagono.4 I destinatari dei flussi di finanziamento sono agenzie private d’intelligence, contractors, laboratori privati di ricerca scientifica, filiali “non riconosciute” delle grandi corporazioni dell’industria aerospaziale (Northrup, Lockeed, Boeing, ecc.), della farmaceutica, e della stessa Nasa (che, ricordiamo, è un’agenzia militare). Si calcola che quasi due terzi di quei flussi di denaro siano spesi per la “sicurezza” degli stessi e vadano ad agenzie di contractors specializzate. Una sicurezza nella sicurezza.

Dal 2001 a oggi, il settore intelligence negli Usa si è più che duplicato,5 i livelli di segretezza sono aumentati a dismisura, la catena di controllo gerarchico istituzionale è totalmente annullata.
Dan Morris, sottufficiale dell’Air Force e agente operativo del National Reconnaissance Office (Nro) riferisce di ben 38 livelli di top secret nella sua organizzazione.6 Il giornalista Bill Sweetman ha stimato che a fine 1999 fossero attivi almeno 150 Sap solo tra quelli pertinenti il Pentagono, molti dei quali “non riconosciuti” con sistemi indipendenti di classificazione di segretezza e controllo totale esercitato da singoli program managers, la maggior parte dei quali non dipendenti dal Pentagono ma privati,7 sganciati da qualsiasi catena di comando.

E’ sempre Paul Czysz che descrive come funziona il finanziamento “nero” dei Sap: “Se si tratta di un progetto segreto, il finanziamento arriva via diverse fonti governative, nessuna delle quali è rivelata a chi vi lavora, non importa a che livello dirigenziale. Qualcuno lassù firma un contratto con il governo e il finanziamento arriva al momento e nel posto giusto8 . Inutile chiedere ai presunti responsabili istituzionali nelle singole posizioni: né un Segretario alla Difesa né un Direttore Cia né tanto meno il Presidente (si sa…i politici e i funzionari di nomina politica sono di passaggio) sono al corrente di tale imponente flusso di denaro e delle sue destinazioni.

Chi controlla tutto questo? Chi si avvale delle enormi cifre di denaro succhiate ai bilanci statali? Chi conosce e gestisce il segreto sui risultati dei Sap? Chi ha trattenuto per i propri interessi la conoscenza di enormi avanzamenti scientifici e tecnologici ottenuti anche dallo studio del fenomeno Ufo condannando cosi il mondo all’arretratezza?

Una “società in fuga”
Il 23 Marzo 1993, un personaggio di indiscutibile peso nel mondo delle corporation, Ben R. Rich, ex CEO della Skunkworks, branch della Lockeed che ha realizzato i progetti più top secret dell’aviazione americana (SR71 Blackbird, F117A Nighthawk) dichiarò con una certa nonchalance nel corso di una conferenza alla Engineering Alumni Association dell’Università di California a Los Angeles: “Abbiamo già i mezzi per viaggiare verso le stelle. ma queste tecnologie sono rinchiuse nei progetti segreti e ci vorrebbe un miracolo per farle emergere a beneficio dell’umanità. Qualsiasi cosa possiate immaginare, noi sappiamo come farlo”.9 Si sa, letteratura e Hollywood talvolta precedono la realtà..o ci vanno vicino. Ma è una rivelazione sconvolgente quella di mr.Rich, anche qui chissà quanto voluta, cui si stenta sinceramente a credere. Se fosse vera, e l’uomo, la sua posizione e la circostanza rendono difficile dubitarne, si tratterebbe di una finestra aperta su una realtà inconfessabile. Chi possedesse quelle conoscenze e quei mezzi si porrebbe “oltre” l’attuale livello del progresso riconosciuto; avrebbe un potere immenso e risorse incalcolabili; di conseguenza controllerebbe o condizionerebbe la politica e l’economia globale. Come dare un volto, un’identità a un’entità del genere? Qualcuno, sempre in base a dati e logica, ci ha provato.

Questo un identikit attendibile, condiviso: si tratterebbe di uno o più gruppi transnazionali, trasversali agli ambienti politici, industriali, militari, tutti collegati in qualche misura ai Sap e alla finanza internazionale, in qualche misura in competizione fra loro ma uniti negli scopi: condividere (o spartirsi) la conoscenza delle tecnologie più avanzate e di traguardi scientifici molto oltre quelli ammessi nel mondo “normale”, controllare il mercato delle applicazioni scientifiche, proteggere lo sfruttamento delle risorse energetiche basate sui combustibili fossili; una consorteria ibrida tra politico e privato che, tra le tante funzioni, controllerebbe gruppi minori di collegamento nei media, nella comunità scientifica, nelle corporazioni di importanza strategica, nei think tanks di analisi politica, operativi di medio livello gerarchico nel mondo della politica, della difesa e dell’intelligence, unità operative non ufficiali del settore sicurezza. E’ possibile ipotizzare che il management e il processo di decisione politica siano al momento attuale gestiti soprattutto dalla componente civile mentre quella militare fa da scudo protettivo. Viene definito “breakaway society”, una elite che gestisce progetti clandestini, che controlla centellinandola la commercializzazione di prodotti derivati (circuiti integrati e miniaturizzati con relative applicazioni – quelle che utilizziamo tutti i giorni – fibre ottiche, tecnologia laser, ecc.), che domina il settore aerospaziale, che governa la scienza “privata” (avete notato che gli scienziati sopra citati hanno sempre operato all’interno di circuiti privati e di intelligence?) e avanzamenti estremi nei campi della propulsione, della biotech e della produzione di energia, che ha rapporto diretto con il complesso militare, che opera in un contesto extracostituzionale, che prolifica e prospera sulla base di un concetto autoritario, gerarchico, che si nutre del suo stesso essere segreto e clandestino. Che è talmente avanti, rispetto al mondo che noi viviamo, nel livello tecnologico e nella conoscenza del nostro ambiente spaziale e del nostro posto nell’universo che può a buona ragione definirsi “in fuga”.

A giudicare da quanto la logica porta a ipotizzare, il gruppo clandestino potrebbe essere cosi tanto avanti da definirsi quasi estraneo alla realtà che conosciamo. E più che mai radicato in qualche misura nelle entità finanziarie internazionali per quanto riguarda il potere economico, in particolare in quegli organismi che controllano i meccanismi del prestito (Banca Mondiale, Wto, ecc.) e che pilotano le frodi finanziarie per alimentare il budget “nero”.10 Accedervi è possibile solo per inclusione e per necessità senza che influiscano le singole posizioni: non importa se si è direttori della Cia, presidenti, segretari dell’Onu o semplici miliardari. Inutile sottolineare quanto le politiche di liberismo estremo, la difesa delle fonti fossili di energia, siano funzionali a un’entità di questo genere che fa del potere e del profitto il proprio unico scopo. I nomi ci sono, ci devono essere e c’è sicuramente chi sa di più,11 ma quella che traspare dall’identikit è l’immagine del capitalismo peggiore, del più selvaggio, quello che è pronto a devastare il pianeta come uno sciame di locuste per poi, come nel film, abbandonarlo al suo destino dopo essersi assicurata condizioni di sopravvivenza.12 Se, a dar retta a mr. Rich, già nel 1993 sapevano di poterlo fare, oggi, dopo altri venti anni, a che punto sono arrivati? A quali conoscenze?

Complottismo? Con le risultanze acquisite nel tempo (dati, informazioni declassificate, testimonianze eccellenti) sembra un’ipotesi sempre più difficile da sostenere. E in tale contesto il fenomeno Ufo diviene più comprensibile e accettabile. E allora diventa d’obbligo chiedere e avere verità. Nascondere, negare le possibilità di progresso scientifico ed energetico significa ritardare il progresso stesso e mantenere gli squilibri economici tra i popoli.

Le testimonianze provenienti dal settore scientifico sommerso13 confermano che si conoscono sistemi per generare energia pulita e illimitata e sistemi di propulsione basati sull’antigravità capaci di sostituire tutti quelli attualmente in funzione senza inquinare, tanto da poter relegare la cosiddetta green economy, tanto cara ai radical chic, nell’antichità.extremetech Se tali sistemi fossero resi disponibili – affermano i ricercatori – si potrebbero eliminare i combustibili fossili come fonti di energia e di conseguenza l’inquinamento di aria e acque, il riscaldamento globale, le piogge acide, le malattie da inquinamento entro una ventina d’anni; potrebbero finire lo spreco di risorse e le tensioni geopolitiche collegate all’accaparramento dei carburanti fossili; si fermerebbe la desertificazione e si incrementerebbe l’agricoltura tramite il deprezzamento della desalinizzazione; si potrebbero rimpiazzare molti dei mezzi di trasporto utilizzando le forme di energia derivanti dall’antigravità ed eliminare l’inquinamento di jet, camion e mezzi pesanti; si potrebbero eliminare le grandi condutture sotterranee e sottomarine di gas e petrolio; crollerebbero i costi dei servizi energetici domestici e industriali perché sarebbe possibile creare autonomamente energia con apposita tecnologia; si eliminerebbero o ridurrebbero fortemente le centrali nucleari utilizzando le nuove tecnologie per ripulire i siti e le scorie. Energia pulita e a basso costo (perché infinita) avvierebbe una crescita economica esplosiva. Inutile dire che tali misure inciderebbero fortemente sul raggiungimento di piena sostenibilità per la nostra civiltà. Le aree impoverite del pianeta rifiorirebbero, la carestia e le siccità potrebbero essere sconfitte portando il terzo mondo ai livelli di vivibilità dei paesi sviluppati, la povertà potrebbe essere drasticamente ridotta. L’ordine attuale economico, sociale e geopolitico ne risulterebbe alterato. Una vera rivoluzione, un immenso cambiamento che comprensibilmente le forze oscure vorrebbero evitare. Per non parlare dei cambiamenti culturali, spirituali, politici che si verificherebbero. Ce n’è abbastanza per riflettere?

Che fare?
Se tutto quanto raccontato in queste pagine è vero, allora tutti noi ci troviamo di fronte a difficili sfide e enormi interrogativi che possono mettere a dura prova la nostra percezione della realtà. La consapevolezza individuale e collettiva dovrebbe essere la nostra prima risposta. Non è facile superare la visione della realtà che l’idea di una presenza non umana che interagisce con la nostra impone. Bisogna vincere l’inerzia mentale che ci frena nell’acquisire nuove prospettive, vincere la paura del ridicolo sapendo che è strumento indotto da chi frena il cambiamento e sapendo che può essere contrastata con l’informazione, la logica, i dati e un approccio laico, non superficiale. C’è anche la nostra paura dell’ignoto da vincere: conosco direttamente diverse persone che “hanno visto” ma che hanno rimosso il ricordo “perché faceva paura” o semplicemente perché mentalmente “troppo impegnativo” relazionarvisi. Più che comprensibile, dopotutto non sappiamo se quelle presenze sono buone o cattive nei nostri confronti o se seguono una loro agenda per cui la nostra presenza è insignificante. Ma la paura è gestibile con il raziocinio. Bisogna poi vincere le diffidenze ideologiche che impongono di diffidare di argomenti che sembrino esulare dalla concretezza delle esigenze quotidiane e materiali. Cosa c’è di più concreto che battersi per il superamento dell’attuale modello di sviluppo e per la sconfitta delle forze che perseguono lo sfruttamento intensivo delle risorse, il riarmo (anche spaziale), e un progetto di società mondiale che ci vuole solo cittadini inerti e consumatori passivi? Non basta: bisogna vincere le diffidenze parascientifiche di chi crede solo nei postulati della scienza mainstream senza pensare che la scienza stessa è una disciplina in costante evoluzione che dovrebbe confrontarsi con i dati e non escluderli a priori. E senza sapere che le frontiere della scienza non sono fissate negli articoli di Nature né nelle sedi di ricerca “pubbliche” con budget risicati e asfittici, con scarsità di mezzi e personale ma nei laboratori privati delle corporation, degli appaltatori della Difesa e della sicurezza nazionale, dove, come abbiamo letto, i finanziamenti arrivano a fiumi per mille canali, legali o “neri” e dove vige il segreto più stretto. Dove ci sono i soldi c’è il segreto e ci sono i veri risultati. Che gli altri si divertano con provette e acceleratori di particelle. Non fu forse un’azienda privata a disvelare per prima la struttura del Dna?

Ci si potrà chiedere perché sottoporsi a ulteriori nuovi stress e sforzi mentali per un problema cosi fuori dalla nostra portata. Siamo cosi immersi nella nostra stretta quotidianità e nelle pieghe di una tossica cultura di massa; già dobbiamo misurarci con le piccole tematiche della nostra politica, dobbiamo far fronte alle difficoltà quotidiane. Perché andare cosi oltre e sconvolgere le nostre menti con l’idea di aver a che fare con qualcosa di sconosciuto e inquietante o mettere a rischio la nostra incolumità per aver ficcato il naso in cose troppo grandi e forse pericolose? Le risposte dipendono dal tipo di persona che pensiamo di essere. Se non siamo fatti per viver come bruti ma abbiamo sete di conoscenza, se siamo curiosi e non ci soddisfano facili risposte a grandi questioni, o pensiamo che abbiamo diritto di sapere o sentiamo di voler scavare più a fondo, allora dobbiamo andare avanti sapendo che niente ci viene regalato e che, principio sempre valido, dobbiamo lottare per prenderci i nostri diritti. E il più grande di questi è la Verità specie se qualcuno ce la nasconde e se riguarda quello che è stato definito “il segreto più grande dell’umanità”.

La ricerca della Verità è il nodo cruciale che può aprire la porta al cambiamento, un obiettivo che può essere perseguito e declinato in mille modi ma che deve essere definito in termini politici. Può essere perseguito sia individualmente che collettivamente dandosi gli opportuni strumenti. Partiamo dal presupposto che la segretezza di Stato nuoce alla democrazia e sovverte la Costituzione perché concentra la conoscenza nelle mani di pochi, non eletti e, come ben sappiamo, quasi sempre poco affidabili se non personalmente pericolosi. Non si può accettare che i cittadini vengano tenuti all’oscuro di fatti che li riguardano con la giustificazione quasi sempre pretestuosa di presunte esigenze di sicurezza nazionale. Se è comprensibile che certe cose possano temporaneamente non essere divulgate, bisogna tuttavia stabilire dove tracciare il limite.

Essenziale dovrebbe essere la richiesta di ridimensionamento dei segreti di Stato e quantomeno la ridefinizione delle esigenze della sicurezza nazionale. Obiettivo arduo in tempi di terrorismo e di guerra come quelli che stiamo vivendo ma si potrebbe cominciare a fare piazza pulita dei segreti del passato e degli apparati più “a rischio”deviazione con severi protocolli di controllo (non basta il Copasir). Già cosi potrebbero scaturire sorprese e si potrebbero creare altre crepe nel muro della segretezza. Penso per esempio a Ustica, un caso dato per risolto con la conferma che aerei stranieri (francesi, americani?) hanno sparato i missili fatali ma che non lo è perchè, fateci caso, non si è mai data risposta a due domande fondamentali: a chi o cosa hanno sparato? A chi rispondevano i generali processati per alto tradimento e poi prosciolti per mancanza di evidenze?14 Penso al caso Canneto di Caronia e al possibile collegamento tra i fenomeni “di origine non terrestre” e la destinazione d’uso del Muos.

Chiedere la verità e l’abolizione dei segreti di Stato sull’immediato significa minare le politiche sporche della “sicurezza nazionale”, significherebbe ostacolare le connessioni tra intelligence e criminalità organizzata, una delle fonti di sovversione e di creazione di fondi neri, le promiscuità con poteri occulti piccoli e grandi, le provocazioni e le operazioni clandestine più efferate, le connessioni con i meccanismi di corruzione finanziaria e chissà quant‘altro.

La richiesta di Verità si può collegare alle lotte sociali antimilitariste. Se è vero che a utilizzare e sfruttare le scoperte e gli avanzamenti scientifici derivanti dalla retroingegneria sugli Ufo sono prevalentemente le corporation dei settori militare e avio-spaziale, allora può essere utile aumentare le pressioni e i controlli su aziende come Microtecnica (Utc Aerospace Systems), Avio (General Electrics), Skf, Teksid Getti Speciali, Alenia SIA, Alenia Aermacchi, Galileo Avionica spa, Finmeccanica e derivata Selex Es (in particolare, la presidenza De Gennaro in Finmeccanica è sintomatica della sinergia di interessi tra sicurezza nazionale e tecnologia militare aerospaziale).

Gli hackers come Anonymous o Gary McKinnon, il giovane britannico che entrò nei sistemi Nasa per cercare risposte al segreto Ufo, possono costituire un’altra valida arma per forzare la mano e incoraggiare leaks, per ampliare le crepe del silenzio. Ma avere consapevolezza delle ragioni del progresso negato dovrebbe di per sé costituire uno stimolo a sapere di più a darsi come impegno per esempio il contrasto agli armamenti per ridurne il mercato e il potere di chi lo gestisce e lo alimenta (non per idealismo pacifista), a tutte le zone oscure del Potere, nonché alle forze e ai progetti che devastano il pianeta, la natura e ne depauperano le risorse per interesse privato, progetti che indirettamente sono figli di chi ci mantiene nel buio della conoscenza.

(Fine)


  1. Terry Hansen, The Missing Times, TH 2000. Il rapporto tra intelligence e media è argomento che regala spunti di grande interesse e analisi dei meccanismi di disinformazione, manipolazione delle notizie e di infiltrazione nei media applicabili ad ampio raggio e meriterebbe uno studio specifico  

  2. Dana Priest, William Arkin,Top Secret America, The Rise of the New American Security State, Little Brown & Co., 2011  

  3. Tra i programmi invisibili, un’ulteriore distinzione è fatta per i programmi “non esistenti” considerati talmente sensibili da essere esenti da esigenze di rapporto al Congresso. Il presidente di commissione o il membro anziano e talvolta altri esponenti dello staff delle commissioni parlamentari possono essere informati solo oralmente dell’esistenza di tali programmi (1997, U.S. Senate Document 105-2, Report of the Commission on Protecting and Reducing Government Secrecy). “Possono“, ma ignorandone l’esistenza è improbabile che chiedano  

  4. Per la precisione Rumsfeld dichiarò 2.6 triliardi di dollari di ‘soldi mancanti’, poi ridotti dopo varie verifiche a qualche centinaio di miliardi di dollari. Una cifra comunque fuori da ogni buon senso di cui si era persa traccia. v. Lost Spendings, American Forces Press Service, 20/2/2002, www.defense.gov/news/newsarticle.aspx?id=43927. Secondo una più recente valutazione, il totale budget nero attuale si aggira intorno ai 500 triliardi di dollari – di fondi pubblici, naturalmente  

  5. Dana Priest, William Arkin, op. cit.  

  6. Steven M. Greer, op. cit. 

  7. Richard Dolan, After Disclosure, Keyhole2010  

  8. Steven M. Greer, op.cit.  

  9. Timothy Good, Earth, an Alien Enterprise, Pegasus Books 2013; anche Tom Keller in MUFON Journal, Maggio 2010 e in http://www.abovetopsecret.com/forum/thread 965970/pg1  

  10. Catherine A. Fitts, What’s up with the Black Budget?, Settembre 2003, https://solari.com/blog/whats-up-with-the-black-budget  

  11. In un’intervista telefonica del 1987, il Dr. Eric A. Walker, presidente della Penn State University con una lunga storia di rapporti di alto livello nella comunità dei think tanks sui problemi della sicurezza nazionale, ex presidente dell’ Institute for Defense Analysis e precedentemente (1950-1951) Segretario Esecutivo della Commissione militare Ricerca & Sviluppo, cosi rispondeva, enigmatico: Domanda: Dr. Walker, esiste un tale gruppo e se si, include degli scienziati?
    Risposta: Immagino che lei intenda chiedere se lavorano per la Difesa o per i militari…
    D. Esatto. R. Li è dove si sbaglia. Sono una piccola elite. Qualora si fosse invitati a farne parte, io lo saprei.
    D. E’ un gruppo simile al Bilderberg o alla Trilateral? R. (lungo silenzio) Qualcosa del genere. D. Lei ne fa parte? R. Non posso rispondere. Quanto è buono il suo sesto senso? Quanto ne sa di Esp (Extra Sensorial Perception)? D. Qualcosa ne so. Ma che c’entra questo? R. A meno che lei ne sappia e sappia usarne non verrebbe accettato. Solo pochi ne sanno. (in Richard Dolan, Ufos and the National Security State 1973-1991, Keyhole publ.2009)  

  12. Interessante la ricerca dello Swiss Federal Institute of Technology di Zurigo, pubblicata da New Scientist nel 2011, che da un data base di 37 milioni di aziende internazionali ha individuato quella che definiscono un’ “entità superiore” in 147 aziende (meno dell’1%) strettamente collegate tra loro che controllano oltre il 40% dell’intera rete economica mondiale. Tra le Top 20 ci sono Barclays Bank, JP Morgan, Chase & Co.,Goldman & Sachs Group. “E’ sconcertante vedere quanto nella realtà le cose siano connesse” ha dichiarato in merito George Sugihara, esperto di sistemi complessi e consulente della Deutsche Bank. La maggior parte delle azioni di quelle 147 aziende sarebbero di proprietà di gestori di fondi che a loro volta le controllano www.Newscientist.com, Ottobre 2011)  

  13. Steven M. Greer, op. cit.  

  14. Sul caso Ustica, v. Fabrizio Salmoni, Ustica: un segreto più grande, https://mavericknews.wordpress.com/2013/03/12/ustica-un-segreto-piu-grande/  

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Ufo, sicurezza nazionale e progresso negato – 1 https://www.carmillaonline.com/2016/01/31/ufo-sicurezza-nazionale-e-progresso-negato/ Sat, 30 Jan 2016 23:01:03 +0000 http://www.carmillaonline.com/?p=28130 di Maverick

RoswellRecord3 Un fenomeno ormai riconosciuto ma mai ufficializzato. Un enigma mantenuto nella completa segretezza da almeno settanta anni. Perchè? La risposta sta probabilmente nella decodificazione della tecnologia che lo governa, una conoscenza “privatizzata” che significa potere e profitto massimi ma che, se divulgata, potrebbe essere fondamentale per il progresso dell’umanità. Chi la detiene e come? Il punto della situazione e un argomento in più per chi lotta per i beni comuni, per la trasparenza e per contrastare il capitalismo globale.

“Ogni verità passa attraverso tre fasi. Nella prima è ridicolizzata, nella seconda è violentemente contrastata, nella terza è accettata [...]]]> di Maverick

RoswellRecord3 Un fenomeno ormai riconosciuto ma mai ufficializzato. Un enigma mantenuto nella completa segretezza da almeno settanta anni. Perchè? La risposta sta probabilmente nella decodificazione della tecnologia che lo governa, una conoscenza “privatizzata” che significa potere e profitto massimi ma che, se divulgata, potrebbe essere fondamentale per il progresso dell’umanità. Chi la detiene e come? Il punto della situazione e un argomento in più per chi lotta per i beni comuni, per la trasparenza e per contrastare il capitalismo globale.

“Ogni verità passa attraverso tre fasi. Nella prima è ridicolizzata, nella seconda è violentemente contrastata, nella terza è accettata come ovvia.” (Arthur Schopenahuer)

Nella mia quasi decennale esperienza di studio del fenomeno Ufo sono pervenuto a un buon numero di opinioni personali in merito. La prima è che non esiste fenomeno più strano, bizzarro, contraddittorio, intrigante, inquietante e allo stesso tempo cosi potenzialmente importante da capire, per comprendere meglio la realtà in cui viviamo. Posso spingermi ad affermare che lo studio laico del fenomeno Ufo è un’esperienza rivoluzionaria perchè scuote inevitabilmente tutte le convinzioni e costringe a guardare al nostro mondo in una prospettiva totalmente diversa. Tutto ne viene coinvolto: storia, politica, economia, scienza, religione, cultura e, non in ultimo, la visuale di chi e cosa siamo nell’universo.

Man mano che ci si addentra, saltano agli occhi anche le implicazioni che riguardano la nostra quotidianità: di nuovo la politica, l’ambiente, il ruolo dei media, della scienza e valori fondamentali come la Verità. Qualcuno diceva che la Verità è rivoluzionaria, ebbene niente è più vero che nel caso di questo strano fenomeno. Difficile da raccontare, non solo perchè estremamente complesso e articolato ma perchè inquinato da falsi dati, disinformazione, mezze verità che rendono arduo arrivare a coglierne la vera sostanza. Lo stesso campo dell’ufologia deve essere scandagliato con qualche cautela perché, accanto ai ricercatori seri e puntigliosi nel cercare riscontri, vi si aggirano personaggi ambigui o inaffidabili, venditori di fumo, ispirati new-agers e infiltrati.

Risulta infatti evidente che ci siano resistenze a renderlo pubblico e che sia materia di servizi segreti. Non è un’opinione: tutta la storia moderna del fenomeno è realmente intersecata con l’intervento invasivo di apparati di intelligence che ne proteggono il segreto e ne impediscono la divulgazione. Qualcuno l’ha definito “il più grande segreto dell’umanità”. E’ come le radici di un albero secolare: più si scava e più diventa difficile orientarsi tra le migliaia di testimonianze, i documenti ottenuti e negati, le fotografie e i filmati, i rapporti ufficiali, le distorsioni dei media, il ridicolo sparso dalle organizzazioni “scettiche” e dagli scienziati mainstream. Eppure è altrettanto evidente che qualcosa c’è e che deve essere molto importante. E le sue implicazioni riguardano la nostra vita quotidiana, il nostro benessere, le nostre tasche, l’aria che respiriamo, l’inquinamento globale. Da qui bisogna partire per prenderne coscienza.

Con questo brevissimo excursus di aggiornamento voglio tentare il punto di una situazione che presenta spunti di grande novità e fornisce una risposta consolidata: il fenomeno Ufo esiste, è reale. Lo dicono documenti ufficiali desecretati, alte cariche militari, piloti, scienziati, politici, che, insieme all’enorme mole di testimonianze, stanno creando le prime significative crepe in un massiccio cover up che ha radici nelle paure americane della Guerra Fredda.

A partire dal 1947, anno del primo avvistamento di “dischi volanti” sul monte Rainier nello Stato di Washington e del caso Roswell, località del New Mexico dove presumibilmente (ma le evidenze ormai sono soverchianti) si schiantò un oggetto volante sconosciuto, il segreto viene gestito in prima battuta da commissioni presidenziali composte da politici e scienziati ma presto si disperde nei meandri dello sviluppo selvaggio del capitalismo e nella ragnatela del controllo “privato” intrecciandosi con segreti militari e conclamate esigenze di sicurezza nazionale.

I dati ormai non mancano. A partire dagli anni Settanta i ricercatori americani hanno fatto ampio e proficuo uso del Freedom of Information Act (Foia) che ha fatto emergere circa 10.000 documenti finora secretati, delle leaks dagli ambienti clandestini. Anche il Regno Unito nel 2008 ha semi-desecretato (con dettagli cancellati e diversi omissis) 24 faldoni di documenti. Inoltre, la frequenza e l’invadenza di eventi difficilmente oscurabili come l’ondata di avvistamenti dell’inverno 1989-1990 sul Belgio e Germania settentrionale, che costrinse la difesa aerea nazionale e Nato a intervenire, o i fenomeni come quello che coinvolge da più di dieci anni la comunità di Canneto di Caronia (v. oltre), hanno sottratto qualche capacità di controllo e si stanno rivelando cruciali nell’ allargare le crepe nella segretezza.

Dal cumulo di risultanze disponibili apprendiamo non senza qualche inquietudine che il fenomeno è di origine artificiale, intelligente, presumibilmente “non umana”, che interagisce con la nostra realtà ma questa prima evidenza genera mille altre domande che sono affrontabili solo con i dati, con testimonianze multiple e affidabili e con tanta logica: che cosa sono gli Ufo? Perchè il segreto? Chi lo controlla? Quali sono gli interessi che lo nutrono da almeno settanta anni? Come e perchè ci riguardano?

Scricchiolii
Credi agli Ufo?” è la tipica domanda mal posta perchè presuppone un atto di fede, non un’opinione su un fatto; e perchè fa trasparire il sarcasmo saccente di chi presume di avere “la verità” in tasca e intende rimarcare un’evidente inferiorità intellettuale dell’interrogato. Con buona pace degli scettici “naturali” e di quelli interessati,1 il fenomeno Ufo sembra emergere ormai come una realtà con cui l’opinione pubblica e di conseguenza la politica mondiale dovranno prima o poi fare i conti.

Se ne parla apertamente nel backstage della politica internazionale, delle intelligence, dei militari, della ricerca scientifica privata, persino del Vaticano,2 delle grandi corporation dei settori aerospaziale, della tecnologia avanzata, dell’energia. Se ne è sempre parlato a livelli semiufficiali nei convegni, nelle riunioni, nelle commissioni di studio dei vari think tanks e probabilmente ha influito occasionalmente su eventi di primo piano. Oggi si sa che, mentre lo si negava pubblicamente, lo si investigava e lo si monitorava dietro le quinte.3

E’ di Edgar Mitchell, astronauta dell’Apollo 14,4 lo statement che traccia il limite raggiunto dalla verità su un cover up di settanta anni: ” Si è investigato per anni ormai e la documentazione è piuttosto convincente. Manca solo l’ufficialità“.5 Lo avevano preceduto colleghi astronauti e altri personaggi illustri nel proprio settore di competenza. Alcuni tra tanti: è nota l’affermazione dell’ ex Primo Ministro e ex Ministro della Difesa canadese Paul Hyeller, partecipante a tale titolo alle riunioni Nato, nel 2005: “…Gli Ufo sono reali al pari degli aerei che volano sopra le nostre teste…“;6 dal Regno Unito, Lord Hill-Norton, Ammiraglio e ex Capo gabinetto del Ministero della Difesa nel Luglio 2000: “…C’è una seria possibilità che siamo e siamo stati visitati da qualcuno proveniente dallo spazio, da altre civiltà; che è nostro interesse scoprire chi sono da dove vengono e cosa vogliono. Questo dovrebbe essere oggetto di studio scientifico e non materia di tabloid…“.7

Più recentemente è stato John Podesta, ex capo dello staff del Presidente Clinton, ex capo del transition team del Presidente Obama, ora direttore del Center for American Progress, a pronunciarsi nei seguenti termini: “E’ giunta l’ora di aprire quelle pagine che sono rimaste oscure sulla questione Ufo. E’ giunto il momento di scoprire qual’è la verità. Bisogna farlo perchè è giusto e perchè lo vuole la legge…Il popolo americano e quello del mondo intero vogliono sapere e possono gestire la verità“;8 le cronache ci dicono che nel 2013 si è pronunciato anche Dimitry Medvedev, allora premier russo, in un fuori onda tv chissà quanto casuale: “Assieme alla valigetta con i codici nucleari, al leader del Cremlino viene consegnata una speciale cartella top secret che contiene solo informazioni sugli alieni che hanno visitato la Terra9 . Ha detto la sua anche Julian Assange al britannico Guardian nel 2010: “Vale la pena notare che in parti ancora da pubblicare dell’archivio cablogrammi del Dipartimento di Stato ci sono evidenti riferimenti agli Ufo“.10

Sono solo pillole dell’enorme mole di documentazione raccolta dai ricercatori nel corso dei decenni. L’evidenza è montata sempre più impetuosa a fronte del persistere della negazione verso l’esterno, e all’interno degli apparati bloccata da impegni scritti alla segretezza, da normative, dai tanti livelli di top Secret e dell’ultimativa regola del “need to know” (la necessità di sapere) che viene applicata senza riguardo per le linee gerarchiche. Almeno un paio di conferenze stampa, nel 1997 e nel 2001, sono state convocate per iniziativa indipendente presso il National Press Club di Washington per presentare nuove evidenze e sollecitare i politici ad occuparsi del problema, sempre senza conseguenze e nel silenzio dei media.

Belgio Flap Ufo Desks sono stati attivati da tempo in numerose nazioni. Il più famoso è quello del Ministero della Difesa britannico a cui è stato assegnato dal 1991 al 1994 Nick Pope, colui che potrebbe essere il corrispettivo reale del Fox Mulder della serie X Files.11 Ufo Desks sono stati aperti in Cile,12 Perù, Messico, in Belgio (limitatamente al periodo di indagine relativa all’incredibile ondata (flap) di avvistamenti tra Novembre e Dicembre 1989 che ebbe una lunga coda fino al Marzo 1990),13 , in Francia (Geipan), tutti con finalità di monitoraggio relativamente alla sicurezza nazionale o a quella dei voli civili. C’è un Ufo Desk anche in Italia, presso il Ministero della Difesa.

(Fine prima partecontinua)


  1. Per una panoramica sulle organizzazioni “scettiche” e sul Cicap , v. Fabrizio Salmoni, Il Cicap: Men in Black?, Novembre 2011, https://mavericknews.wordpress.com/2010/11/25/inchiesta-il-cicap-men-in-black/  

  2. Delegato del Vaticano agli “affari ufologici” è stato a lungo Monsignor Corrado Balducci, deceduto nel 2008. Nel settembre 2000, in un intervento pubblico pronunciò frasi inequivoche: “…Non possiamo più negare che qualcosa sta accadendo nel campo dell’ufologia, non solo dischi volanti.Sembra che ci siano vere entità extraterrestri… negarlo va contro il senso comune…Quando parliamo di entità extraterrestri dobbiamo supporre che abbiano un corpo e un’anima. Dio nella sua saggezza non avrebbe creato solo noi umani e tutte quelle creature portano gloria a Dio“. (Steven M. Greer, Disclosure, Crossing Point, 2001)  

  3. Tramite il FoIA è affiorata negli Usa una marea di documenti di Cia, Fbi e altre agenzie che smentiscono decenni di negazione e di disinformazione da parte degli apparati militari e di intelligence. In sostanza, mentre pubblicamente si negava, ci si preoccupava e si monitorava. v. Bruce Maccabee, The Fbi Cia Ufo connection, Rd Press, 2014  

  4. Mitchell è un eroe nazionale, insignito della Presidential Medal of Freedom, e della Distinguished Service Medal dalla Nasa e dalla Navy  

  5. Leslie Kean, Usa: Ufo and National Security, Giugno 2000, articolo su www.ufoevidence.org  

  6. e continua “…Il livello di segretezza relativo a quanto avvenuto a Roswell è stato sin dall’inizio senza paragoni…E’ giunto il momento di alzare il velo di segretezza che circonda l’esistenza degli Ufo e di far emergere la verità affinchè la gente sia messa a conoscenza di uno dei più importanti problemi che la Terra si trova ad affrontare…” da La Stampa, 26.11.2005  

  7. Steven M. Greer, op. cit . 

  8. John Podesta, Statement at the National Press Club,14 Novembre 2007, www.youtube.com/watch?v=B_2YcFQbijg  

  9. La Stampa del 16.2.2013. Ho contattato personalmente Anna Zafesova, corrispondente da Mosca del quotidiano, autrice della segnalazione, per sapere se era uscita una smentita almeno dalla Tass. Dopo breve controllo mi ha confermato la notizia  

  10. Richard Dolan, Wikileaks and Ufos: Documenting Reality, http://www.richarddolanpress.com/#!wikileaks/c4k1  

  11. Nel 1994, l’Ufo Desk, integrato nel Secretariat Air Staff, fu chiuso con la motivazione che “non si era fino ad allora riscontrata alcuna minaccia per la sicurezza nazionale per quello che può riguardare il fenomeno Ufo – No Defence significance“. Non quindi una chiusura per negazione del fenomeno  

  12. In Cile, l’Ufo Desk è stato formato sotto la supervisione del Comando dell’Aviazione Militare per monitorare e studiare i casi frequenti di near collision di voli civili e militari con oggetti non identificati  

  13. In quel periodo ristretto furono circa 2000 i rapporti di multiple testimonianze raccolte dalle autorità belghe. Di quei casi, 500 sono rimasti “non spiegati”. Più di 300 riguardavano testimoni a meno di 300 metri dai velivoli, oltre 200 casi durarono più di cinque minuti; talvolta gli osservatori si trovarono proprio sotto il velivolo. In più occasioni fu impiegata l’aviazione militare per impegnare i velivoli intrusi. Fu stilato dal Maggiore P. Lambrechts dello Stato Maggiore dell’aeronautica un Rapporto riguardante l’osservazione di Ufos nella notte del 30-31 marzo 1990 che include una completa cronologia degli eventi e un numero di testimonianze di agenti di polizia e che esclude confusioni con velivoli convenzionali o di nuovo tipo (stealth). Il rapporto vnne accompagnato dalle dichiarazioni del Maggior Generale Wilfried DeBrouwer: “…C’era una logica dietro i movimenti degli oggetti…Verrà un giorno in cui il fenomeno potrà essere osservato con mezzi che non lasceranno dubbi circa le sue origini…Ma esiste, è reale e questa di per sè è una conclusione importante” – v. Richard Dolan, Ufos and the National Security State 1973-1981, Keyhole publ.2009 

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Cui prodest? https://www.carmillaonline.com/2014/01/16/cui-prodest/ Thu, 16 Jan 2014 00:00:58 +0000 http://www.carmillaonline.com/?p=11999 di Sandro Moiso

  cittadino1Confusion will be my epitaph” (Epitaph, King Crimson 1968)

Se i macroscopici errori contenuti nel recentissimo sceneggiato televisivo, trasmesso su Rai 1, dedicato al commissario Calabresi fossero soltanto da attribuire alla grossolanità della sceneggiatura e all’insipienza della regia non ci sarebbe di che stupirsi. Né, tanto meno, ci sarebbe argomento del contendere: da più di vent’anni ormai il cinema e gli sceneggiati televisivi italiani, a parte pochi e rarissimi casi, fanno cagare.

L’impressione che però si ha di fronte alle attuali produzioni televisive e cinematografiche (dalla serie “Gli anni spezzati”, che ruba il titolo ad un [...]]]> di Sandro Moiso

 
cittadino1
Confusion will be my epitaph” (Epitaph, King Crimson 1968)

Se i macroscopici errori contenuti nel recentissimo sceneggiato televisivo, trasmesso su Rai 1, dedicato al commissario Calabresi fossero soltanto da attribuire alla grossolanità della sceneggiatura e all’insipienza della regia non ci sarebbe di che stupirsi. Né, tanto meno, ci sarebbe argomento del contendere: da più di vent’anni ormai il cinema e gli sceneggiati televisivi italiani, a parte pochi e rarissimi casi, fanno cagare.

L’impressione che però si ha di fronte alle attuali produzioni televisive e cinematografiche (dalla serie “Gli anni spezzati”, che ruba il titolo ad un bellissimo film-antimilitarista ed anti-imperialista di Peter Weir, all’ancor recente “Il romanzo di una strage”) è che tale superficialità sia voluta. Una confusione di simboli, affermazioni e ricostruzioni raffazzonate che non dipende soltanto dalla mano degli autori, in alcuni casi, anche se non sempre, di destra. Ma che dipende, invece, da una ben precisa volontà di sovvertire l’ordine e il significato storico, politico e sociale degli avvenimenti rappresentati.

Lotta di classe è brutto” potrebbe essere il titolo sotto cui raccogliere tali capolavori che, in tutte le loro varianti, tendono a rimuovere e negare la centralità della lotta di classe non solo nella storia d’Italia, ma nella storia della specie umana. Che torna ad essere determinata soltanto dai sentimenti, dalle passioni e dai drammi, tutti rigidamente ed esclusivamente “individuali”. Una sorta di neo-romanticismo che del Romanticismo originario perde ogni passione politica per meglio adeguarsi alle esigenze del potere. Anzi, scusate, del capitale.

Il politico, come frutto delle contraddizioni dei modi di produzione e dello scontro tra le classi al fine del soddisfacimento di obiettivi sociali ed economici affatto diversi, scompare. I papi sono uomini come gli altri a cui è toccato un troppo gravoso compito; i commissari di polizia sono dei poveracci incompresi dalle loro vittime; gli agenti di polizia che manganellano o uccidono i dimostranti sono figli del popolo e lo Stato è di tutti, anche se, essendo un organismo imprescindibile per la convivenza umana, talvolta può sbagliare. Evviva!
Il prossimo manuale di storia per le superiori sarà scritto da Susanna Tamaro e Federico Moccia.
cittadino2 Purtroppo, però, la storia è vecchia, anche quella di queste evidenti contraffazioni della realtà e della verità. Un tempo si chiamava teoria degli opposti estremismi. Oggi si nasconde più velatamente dietro ad un generico ed istituzionale antifascismo che definisce come reazionario e populista, quando non terroristico tout court, qualsiasi episodio, violento o meno, che tenda a sfuggire all’ordito politico programmato dalle forze di governo.

D’altra parte, per chi è convinto che la creatività e l’intelligenza non derivino dall’alto dei cieli e nemmeno da qualche particolare secrezione ghiandolare ancora sconosciuta, la scarsa capacità di intendere e rappresentare il proprio tempo non può che essere riconducibile alla scarsa conflittualità sociale messa in atto dalle classi e dagli attori che dovrebbero rappresentare il nuovo che viene. Il sol dell’avvenire si sarebbe detto un tempo. Che, oggi, tarda a sorgere dando, invece, luogo ad un lungo, trascolorante e scarsamente illuminato crepuscolo.

Si sa, anche la luce crepuscolare, delle albe e dei tramonti, fu cara ai romantici. Ma è una luce che non permette di veder bene, talvolta è accompagnata dalle brume e il paesaggio diventa confuso.
Come per un difetto di astigmatismo si intuiscono le forme, ma non si individuano chiaramente i contorni. Ma sarebbe meglio dire, in questo caso, i fatti. Gli eventi e non soltanto le trame.
Che come si sa, possono essere costantemente riscritte, come in un eterno e poco lungimirante re-make cinematografico hollywoodiano.

Se nel 1970 Elio Petri poteva dirigere uno strepitoso Gian Maria Volontè nel ruolo del commissario Calabresi, pur senza mai nominarlo esplicitamente e pur non riconducendo la trama ai fatti della Questura di Milano, nel film “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto”, ciò non era dovuto soltanto all’ingegno del regista, ma, anche, allo spirito dei tempi. Nessuno si indignò allora per il fatto che Petri non indicasse il personaggio con il suo effettivo nome e cognome, così come una certa sedicente sinistra ha fatto nei confronti di Daniele Vicari e del suo “Diaz”, né che il film non ricostruisse fedelmente gli avvenimenti successivi alla strage di piazza Fontana.
Chi voleva capire, capiva. E, allora, tutti capirono.

Ora, certo, non è più così. Nell’ottica controriformistica e revisionistica attuale il pubblico deve essere preso per mano ed accompagnato…il più possibile lontano dalla realtà. E, si faccia bene attenzione, questo non è da attribuire soltanto ad uno sforzo specifico degli autori, ad una loro ben precisa volontà. No, anche loro sono figli del loro, miserrimo, tempo. Marx scriveva in una lettera del luglio del 1871 all’amico Kugelmann: ”Fino ad ora si era creduto che la formazione dei miti cristiani sotto l’impero romano fosse stata possibile solo perché non era ancora stata inventata la stampa. Proprio all’inverso. La stampa quotidiana e il telegrafo, che ne dissemina le invenzioni in un attimo attraverso tutto il globo terrestre, fabbrica più miti (e il bue borghese ci crede e li diffonde) in un giorno di quanto una volta se ne potevano costruire in un secolo”. Sostituite o aggiungete cinema, televisione e rete e avrete lo stesso risultato moltiplicato per milioni di volte.

Certo la carta stampata ha ancora il suo peso e l’ultimo libro di Benedetta Tobagi1 lo dimostra fin troppo bene. Uscito in netto anticipo rispetto alle celebrazioni del quarantennale della strage di Piazza della Loggia, avvenuta il 28 maggio 1974, è diventato già un must. Almeno in quel di Brescia. E, guardate bene, nel caso specifico non vi è nulla di strano nel fatto che, in una città ferita da uno degli attentati più mirati della cosiddetta strategia della tensione, la tensione emotiva e l’attenzione siano ancora alte nei confronti di tutto ciò che riguarda quel sanguinoso episodio. Né nel fatto che la Tobagi, figlia di quel Walter che fu vittima di uno dei più odiosi e beceri attentati attribuibili ad una formazione armata di sinistra, cerchi di ricostruire le vite e il dramma di alcune delle vittime e gli affetti di coloro che sono loro sopravvissuti.

Il libro annoda, collega, ricostruisce fatti, trame e personaggi dell’allora pericolosissimo e spregevole terrorismo nero, attraverso la ricostruzione dei vari processi, in particolare dell’ultimo chiusosi nel 2010, che cercarono di individuare i colpevoli dell’attentato bresciano senza mai giungere alla condanna degli effettivi esecutori e dei mandanti dello stesso.
Non mancano i particolari, non mancano i precisi riferimenti ai responsabili dei servizi segreti e alle responsabilità della DC e dei governi di allora, non mancano la tensione e i depistaggi che da sempre hanno accompagnato la ricostruzione di quelle vicende. Ma ciò che manca è proprio ciò che di un’inchiesta o di una ricostruzione storica dovrebbe costituire la forza e il metodo: l’obiettività.

Certo, potrebbe dire l’autrice, voler ricostruire anche il punto di vista e i sentimenti delle vittime e dei loro parenti obbliga la scrittura a perdere di obiettività per provare a ricostruire ambienti e sensazioni come la nuda cronaca e la Storia non potrebbero fare. Manzoni docet, appunto.
Questo sarebbe ancora accettabile e spesso le migliori interpretazioni della storia o di eventi complessi sono venute più dalla letteratura che dagli studi istituzionali. Ma, c’è sempre un ma…. e in questo caso è grosso come una casa.

L’autrice si sforza talmente di comprendere le ragioni e i sentimenti di tutti che non può fare a meno di partecipare ad un dibattito a Casa Pound (insieme ad alcuni rappresentanti della Casa della memoria di Brescia) proprio sull’argomento e, ancor peggio, sottolineare, in più di una pagina, come molti giovani di destra si sentissero spinti verso Ordine Nuovo o le azioni armate della destra estrema a causa delle continue aggressioni a cui erano sottoposti, soprattutto a scuola o all’Università.2

Ora vorrei rimanere distante dall’antifascismo più scontato, ma vorrei ricordare alla Tobagi che una simile posizione ribalta assolutamente la realtà storica. E’ vero: i fascisti nelle grandi città, da Milano a Roma e a Torino, passando per un bel numero di città minori, ne presero tante, ma proprio tante. Ma solo dopo che, in seguito a continue e proditorie aggressioni, l’estrema sinistra iniziò ad organizzarsi per rispondere a siffatte violenze. Che, in molti casi, furono rispedite ai mittenti con un sovraccarico di interessi. Perché, dalle barricate di Parma nel ’22 fino agli anni settanta la teppa fascista e reazionaria avrebbe potuto essere facilmente sconfitta e rimossa dalla scena politica se non fosse stato per l’intervento, in sua difesa, delle forze dell’ordine e dello stato, anche all’ombra di una costituzione che ha finito col vietar solo formalmente la ricostituzione del partito fascista. Che resta, nelle sue infinite sfaccettature, un imprescindibile strumento di dominio del capitale, alla faccia delle fregnacce sulla destra sociale e no global.

L’uso delle squadracce fasciste per terrorizzare e reprimere i lavoratori e gli oppositori politici, però, dovrebbe averlo studiato anche l’autrice sui più banali testi scolastici di storia, fu una pratica costante da parte degli agrari e degli imprenditori sia negli anni venti del secolo appena trascorso, sia negli anni ’50, ’60 e ’70 per impedire la ripresa della lotta di classe. Servi erano, servi sono rimasti e servi saranno sempre. Punto e a capo, anche perché non è sul ruolo delle squadracce nere che intendo tediare il lettore.

L’uso strabordante e, per forza di cose, poco asettico dei sentimenti porta, poi, l’autrice a costellare il testo di numerosi e costanti richiami “al mio papà” che, se potevano essere giustificati nel suo primo libro3 tutto teso a ricostruire la figura paterna e le vicende che avevano portato al suo assassinio, appaiono in quest’altro contesto decisamente qui fuori luogo. Ma soltanto ad una prima e superficiale lettura.

Perché, in realtà, in questa sorta di “Va dove ti porta il cuore” della storia di una fase della strategia della tensione, l’uso del linguaggio e la formulazione delle frasi e delle affermazioni in esse contenute non è mai casuale né, tanto meno, innocente come si vorrebbe fingere che fosse. Così che ad un certo punto il lettore scopre che le Brigate Rosse non uccisero il fratello di Patrizio Peci per vendicarsi del suo pentimento e della successiva delazione, ma il suo “fratellino”. Pur non cambiando di una virgola l’inutilità e il senso di quel delitto, la parola fratellino, inserita senza alcun riferimento all’età della vittima (25 anni, mentre il fratello “pentito” ne aveva all’epoca 28), tende ad aggravare la posizione dei colpevoli suggerendo, all’ignaro lettore, che si sia trattato dell’uccisione di un bambino.
zibecchi
Così, anche quando il testo sembra più obiettivamente descrivere le lotte e le vittime di sinistra in quegli anni, la Tobagi non manca mai di incorrere in qualche clamoroso scivolone che, come minimo, dimostra la superficialità, direi a tratti la trasandatezza, con cui ha affrontato le questioni riguardanti l’ estrema sinistra. Con uno svarione degno di essere qui segnalato, Giannino Zibecchi finisce di essere ucciso da un candelotto che lo colpisce al petto (pag. 206) e non schiacciato dalle ruote di un mezzo dei carabinieri che ne fece schizzare il cervello a qualche metro di distanza.4 Ma questo, no, non andava bene dirlo perché la polizia uccide per sbaglio con qualche candelotto sparato ad altezza d’uomo, mentre gli estremisti di sinistra uccidono perfino i bambini.

E poi guardi, cara Benedetta, ad essere ucciso da un candelotto al cuore fu Saverio Saltarelli, simpatizzante del Movimento Studentesco, che morì a 23 anni durante gli scontri di piazza avvenuti a Milano il 12 dicembre 1970, ucciso da una bomba lacrimogena sparata dai carabinieri ad altezza d’uomo. All’epoca, sull’episodio, fu scritta anche una canzone. Sono dati che si trovano anche, e facilmente, su Wikipedia. Se solo avesse voluto, non sarebbe stato difficile, soprattutto per una ricercatrice attenta come Lei che non dimentica mai di sottolineare ad ogni piè sospinto come il suo interesse per la strategia della tensione le sia costato anni di lavoro, ricerche e sofferenze, rintracciare maggiori elementi di precisione ed obiettività da utilizzare nella ricostruzione del clima politico italiano prima e dopo la strage di Piazza della Loggia.

Si può far risalire una tale incuria ad una ben precisa volontà di falsificazione? Ad una mente obnubilata dal dolore per una perdita violenta di cui non è mai stato adeguatamente elaborato il lutto? No, il problema di fondo è un altro. E corrisponde, esattamente, a quello che è stato detto all’inizio. E non dipende soltanto dall’autrice. O, almeno, non del tutto. Perché quella che trionfa nel testo qui affrontato, così come in tutte le rappresentazioni attuali della storia degli anni sessanta e settanta, è la vulgata storico-politica di marca PCI – PDS – PD, quella che afferma che tutto ciò che è avvenuto in quegli anni fosse dovuto ad una superiore volontà di impedire l’affermazione democratica del Partito Comunista come partito di governo del paese. Dalle bombe di Piazza Fontana alla lotta armata dei gruppi di sinistra, passando per Piazza della Loggia, la strage del treno Italicus5 , il sequestro Moro e tutto il resto. The Great Complotto! Oh, Yeah!

Ora, che la particolare posizione geografica dell’Italia nel Mediterraneo abbia sempre fatto sì che questa fosse una sorta di “sorvegliato speciale” per la politica dei servizi segreti americani, francesi, israeliani e sovietici non vi può essere alcun dubbio. Le ricostruzioni contenute in tante inchieste e le rivelazioni, per quanto parziali e probabilmente distorte, di quelle buone anime di Cossiga e di Andreotti non lasciano molti dubbi in proposito. Ma che tutto ciò che è avvenuto in Italia sia stato, sempre e soltanto, dovuto principalmente alla volontà di impedire l’entrata al governo del PCI…beh, è davvero poco convincente e sicuramente limitante dal punto di vista della ricostruzione storica e politica.

Considerato che, quel partito, dalla svolta di Salerno all’amnistia Togliatti, dal compromesso storico di Enrico Berlinguer ai viaggi negli USA di Giorgio Napolitano6 e dalle proposte di revisione pacificatrice della Resistenza da parte di Luciano Violante fino agli inciuci di D’Alema e Renzi con Berlusconi, ha fatto di tutto per tranquillizzare gli alleati Nato, i democristiani e anche la destra. Tutto ciò per meritare il peso che ha rivestito nella gestione della politica e dell’economia italiana degli ultimi trentacinque anni. Mentre, allo stesso tempo, tale vulgata ha contribuito a rimuovere quasi del tutto le contraddizioni di classe e le loro manifestazioni politiche non solo dalle politiche del PCI, ma anche dalla storia e, soprattutto, dalla mente di coloro che di tali contraddizioni e lotte dovrebbero essere i maggiori protagonisti: i lavoratori e i giovani. Sempre invocati e sempre gabbati. Fino a spingere frange di essi a simpatizzare per le espressioni della destra più oltranzista che si possono rilevare nell’attuale movimento dei forconi.

Sì, perché quegli attentati di destra e quella strategia della tensione erano ben diversi nelle finalità da ciò che fu confuso da alcuni, a sinistra, come preparazione dello scontro rivoluzionario decisivo e cioè la lotta armata portata avanti dalle organizzazioni guerrigliere. Entrambe le esperienze furono certamente infiltrate dalle forze del dis/ordine statale, ma la prima fu diretta a creare un fronte comune della borghesia nazionale e d internazionale contro l’ondata di lotte che percorreva l’Italia dalle scuole alle fabbriche, dalle regioni arretrate a quelle più sviluppate, ed ogni aspetto della società. Contro il cambiamento era diretta la strategia della tensione che fu, effettivamente controrivoluzionaria. E che non ha mai cessato di essere messa in atto, come dimostrano bene l’attentato messo in atto alla stazione di Bologna il 2 agosto 1980 o quelli che accompagnarono il periodo della cosiddetta trattativa Stato-Mafia o, ancora, l’attentato in diretta televisiva che ha accompagnato l’insediamento del Governo Letta il 28 aprile 2013. Oppure, ancora, fatti strani come le presunte recentissime minacce al senatore Sì TAV Esposito del PD, evidentemente destinate a criminalizzare ulteriormente il movimento No TAV.

Nella sparatoria davanti a Palazzo Chigi realtà e fiction televisiva sembrano addirittura essere giunte ad una insuperata sintesi, anticipando, con qualche colpo di pistola e due carabinieri feriti, il refrain che poi sarebbe diventato comune da quel giorno in poi: il pericolo dell’instabilità di governo e i rischi presenti in tutte le manifestazioni (definite come terroristiche se di classe e populistiche se espressione della destra) contrarie al suo agire e a quello della BCE. Altro che Sorrentino, ancora una volta il Golden Globe se lo sarebbe meritato il regista di quella vicenda. Prodotta sicuramente con una joint-venture tra diversi e contrastanti interessi e lo Stato come supremo mediatore.

In molti hanno, nel tempo, giocato allo stesso tavolo: servizi segreti nel pieno delle loro capacità (altro che deviati!), Democrazia Cristiana, Stati Uniti, destra estrema e moderata e, naturalmente, anche il PCI-PDS-PD. Ognuno cercò di tirare acqua al proprio mulino, ma, soprattutto, tutti concordarono sul fatto che quella stagione di lotta dovesse finire prima di diventare troppo pericolosa. Insomma, per quanto riguardava i proletari insorgenti di quegli anni, parafrasando Dante Alighieri, non li voleva l’Inferno capitalista che cercavano di rovesciare e non erano certo amati dal PCI che al di là del voto da loro non voleva altro, per non essere meno bello agli occhi della borghesia “illuminata” ( Ma chi? Gli Agnelli forse? O la sinistra DC?).

Certo la Destra minacciava, attentava e ammazzava ed anch’essa aveva un suo ben preciso piano per risolvere il problema…e un prezzo sarebbe stato pagato anche dal PCI. E allora perché non cogliere due piccioni con una fava e indirizzare una parte dell’organizzazione politica autonoma che cresceva nelle fabbriche e nelle scuole, anti-autoritaria e anti-capitalista, contro il pericolo di un colpo di stato e contro il fascismo? Inteso, quest’ultimo, solo come deviazione dal quadro democratico che il PCI e il capitalismo illuminato intendevano garantire per i secoli a venire? Far fuori gli avversari più agguerriti, sviando la furia di massa dalla lotta contro il capitale verso la difesa della legalità e dello Stato.

In fin dei conti, dalla guerra civile spagnola in poi, l’alleanza tra forze rivoluzionarie e Stato in chiave anti-fascista si è sempre trasformata in un bagno di sangue per i giovani e i proletari. La sussunzione dell’autonomia di classe all’interno delle strategie borghesi ha sempre portato ad una disfatta politica e militare di coloro che aspiravano ad un superamento radicale della società divisa in classi. In maniera drammatica nel 1939 con la cessazione degli aiuti internazionali e il patto Ribbentrop- Molotov, che portò alla fine di qualsiasi assistenza alla Repubblica spagnola, ma anche nella Resistenza con la sottomissione dell’antifascismo di classe ai compromessi con l’inossidabile classe dirigente italiana. Alla fine, le forze politiche che rappresentano variamente gli interessi del Capitale hanno sempre trovato e troveranno sempre un accordo a discapito dei lavoratori dopo aver contribuito a dissanguarne le forze.

La Tobagi cita nella bibliografia il testo di Guido Panvini “Ordine nero, guerriglia rossa. La violenza politica nell’Italia degli anni sessanta e settanta (1966 – 1975)”, pubblicato da Einaudi nel 2009. Ma ancora una volta si lascia sfuggire qualcosa che avrebbe potuto minare la sua fiducia nella bontà della narrazione pidista. Infatti nel testo di Panvini, a pagina 128, troviamo un interessante estratto dai Verbali della direzione del Partito Comunista del 27 gennaio 1971, in cui a parlare è proprio quell’Umberto Terracini da lei, indirettamente, tanto stimato:”[…] nella tattica di rispondere all’indomani di ogni azione squadrista con una manifestazione […] Se non si arriva a una giornata di battaglia dando l’indicazione di mettere a posto, luogo per luogo, i fascisti e le loro sedi […] non si conclude nulla. Questo tipo di reazione […] non possiamo farlo noi come PCI. Ma deve essere una proposta che formuliamo, alla quale altri aderiscano, per poi passare all’azione”.

Chiaro era il riferimento al coinvolgimento della sinistra extraparlamentare, anche se Luigi Longo e Enrico Berlinguer si opposero. Per riprenderla poi più tardi quando, a seguito di altri attentati alle sedi e ai militanti dei partiti della sinistra istituzionale da parte dei fascisti, Longo propose addirittura la costituzione di una struttura scientifico-militare, organizzata in piccole unità che potessero rapidamente muoversi ed agire.7 Ma chi ebbe l’occasione di partecipare alle ronde all’alba, organizzate dai servizi d’ordine dei movimenti extraparlamentari di sinistra insieme ai militanti del PCI, in previsione di un possibile golpe, sa bene come tale proposta fosse ancora una volta più di facciata che di sostanza. Perfettamente compatibile con la strategia del doppio binario ideata da Togliatti come supremo specchietto, più per gli allocchi che per le allodole.

Poi, però, quando il golpe di Junio Valerio Borghese fu scoperto davvero, il PCI cambiò ancora una volta strategia: premere sulle istituzioni democraticamente e lasciare agli ultra-sinistri il compito di contenere i fascisti. Fino alle elezioni amministrative del 1975. Dopo la vittoria del PCI in quell’occasione, l’estremismo fu abbandonato e i membri dei servizi d’ordine, divenuti ormai troppo ingombranti per l’immagine che il PCI voleva dare di sé, furono criminalizzati. Di nome (fascisti rossi) e di fatto. Gli opposti estremismi costituirono così non più solo il cavallo di battaglia delle montanelliane maggioranze silenziose, ma anche della sinistra parlamentare. Finalmente e definitivamente libera di danzare sulla tomba della lotta di classe. Fino ad oggi.

Così che quando, ancora oggi, ci troviamo di fronte alle sviste della Tobagi o agli attacchi, immotivati e condotti al di fuori di ogni giustificato contesto, di Marco Travaglio contro quello che fu il servizio d’ordine di Lotta Continua non si sa davvero se ridere o piangere. Possibile che siate ancora così tanto ignoranti della storia recente? Certo le reticenze di quelli che furono i leader delle maggiori formazioni extraparlamentari, spesso più impegnati a rifarsi una verginità politica e culturale che a contribuire alla fedele ricostruzione degli eventi e delle scelte di quegli anni, non hanno aiutato a fare chiarezza né, tanto meno, scaricando ogni volta ogni responsabilità sugli irresponsabili dei servizi d’ordine (Sì, ma loro dove erano? Chi li avrebbe creati di nascosto all’interno delle organizzazioni?), ad inquadrare obiettivamente i fatti, ma chi ancora oggi osa fingere di scoprire “un sistema che chiamare corruzione è un pietoso eufemismo. Questi non sono corrotti. Questi sono subumani, vampiri, organismi geneticamente modificati che mutano continuamente natura verso la più bruta bestialità grazie all’omertà e all’inerzia di chi dovrebbe controllarli, fermarli, cacciarli”,8 per poi continuare a condannare qualsiasi forma manifesta di lotta di classe, qualche problema ce lo pone.
cittadino3

La confusione di ruoli, di promesse, di interpretazioni e affermazioni e dei dati (economici, sociali, politici e storici) sembra costituire ormai l’unico stile di governo attualmente possibile e sembra costituire l’unico collante per i rappresentanti di una cultura ormai moribonda. Esattamente come per la Tobagi e per gli autori dei film e sceneggiati citati all’inizio. Finendo proprio col tradire il senso, vero, di quel Io so di Pier Paolo Pasolini9 ripetuto oggi ad libitum e, troppo spesso, a sproposito. Ma, scusate, vien da chiedere: “Ci fate o ci siete?!

Divertente sì, se non fosse che ancora oggi gli opposti estremismi servono, in Italia e in Europa. Dove ogni manifestazione contro le decisioni assassine della Banca centrale e dei banchieri al governo deve essere demonizzata e, possibilmente, criminalizzata. A meno che non sia manifestamente contraria a qualsiasi forma di lotta di classe. Così, mentre in Italia tutti i partiti istituzionali mugugnano contro l’Europa, senza mai proporre di rispedire il debito al mittente senza per forza uscire dall’Europa e dall’euro, in Grecia, con la scusa degli opposti estremismi si usa Alba Dorata per proporre anche la messa al bando di Syriza, e del suo leader Alexis Tsipras, unico partito di opposizione a non cadere nel populismo della destra di stampo fascista, leghista o grillina che sia10 .

Così mentre ad ogni svolta processuale o politica istituzionale i benpensanti di sinistra possono piangere sul fatto che ancora una volta non sono stati individuati e condannati i colpevoli e i mandanti delle stragi, ci si dimentica (anche se ad onor del vero la Tobagi sfiora questo argomento nel suo testo) che, al contrario di quelli di estrema destra o dei servizi, tutti i responsabili degli attentati compiuti dalle formazioni armate di sinistra sono stati condannati a centinaia di anni di carcere. Il depistaggio continua, mentre la teoria degli opposti estremismi rivela qual è la sua reale funzione: quella di liquidare ogni espressione compiuta della lotta di classe.

E allora, signori e signore, la domanda vera cui si deve dare risposta è, ancora una volta: “Cui prodest?A chi giova?

– A cosa doveva servire quella messinscena da buffoni, Dagenham?
– Turba la tua mente legale, eh? Facevano tutti parte del cast della nostra operazione DFCC. Divertimento, Fantasia, Confusione e Catastrofe

(Alfred Bester, Tiger! Tiger!, 1956)


  1. Benedetta Tobagi, Una stella incoronata di buio, Storia di una strage impunita, Einaudi 2013  

  2. Quando il ribellismo di sinistra diventa il nuovo conformismo nelle scuole e nelle università, alcuni vedononel passare dall’altra parte della barricata l’unico modo di essere davvero «contro». «Molti di questi giovani diventano fascisti solo perché, non essendo comunisti, vengono ritenuti tali e trovano ostilità –dice Carlo Fumagalli, l’ex partigiano fondatore del M.A.R. (Movimento di azione rivoluzionaria), dei ragazzi che aveva arruolato – Molti studenti che ho conosciuto sono diventati fascisti soltanto perché, non avendo voluto aderire al Movimento studentesco, furono non soltanto osteggiati, ma anche pestati». In moltissime storie di vita di terroristi neri, ma anche semplici militanti, la scintilla che porta a schierarsi a destra è l’aver subito la violenza dei ragazzi di sinistra, o, essendo stati testimoni, il sentimento cavalleresco di stare dalla parte dei pochi, degli untorelli, degli emarginati” B.Tobagi, op.cit., pag. 236  

  3. Benedetta Tobagi, Come mi batte forte il tuo cuore. Storia di mio padre, Einaudi 2009  

  4. Giannino Zibecchi (28 anni), militante del Coordinamento dei comitati antifascisti, morì investito da un camion dei carabinieri, guidato dal milite Sergio Chiairieri, in Corso XXII marzo a Milano il 17 aprile 1975, durante una manifestazione di protesta seguita alla morte di Claudio Varalli (18 anni), studente presso un Istituto tecnico milanese e aderente al Movimento Lavoratori per il Socialismo, che fu ucciso da un militante di Avanguardia Nazionale il 16 aprile 1975  

  5. La strage dell’Italicus fu un attentato, riconducibile al terrorismo nero, compiuto nella notte del 4 agosto1974 a San benedetto di Sambro, in provincia di Bologna. Nell’attentato morirono 12 persone e altre 48 rimasero ferite.  

  6. Su quest’ultimo argomento si veda il recentissimo testo di Ferruccio Pinotti e Stefano Santachiara, I panni sporchi della sinistra. I segreti di Napolitano e gli affari del PD, Chiarelettere, Milano 2013  

  7. si veda ancora G. Panvini , op. cit, pag. 129  

  8. Marco Travaglio, Il capitale subumano Il Fatto Quotidiano, Domenica 12 gennaio 2014  

  9. Pier Paolo Pasolini, Cos’è questo golpe? Io so, Corriere della Sera del 14 novembre 1974  

  10. Si vedano: Beda Romano, Grecia, emergenza per l’ordine pubblico, Il Sole 24ore, Sabato 11 gennaio 2014 e Antonio Ferrari, L’abbraccio di Toni Negri a Tsipras che imbarazza la sinistra greca, Il Corriere della Sera, Sabato 11 gennaio 2014  

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Mafia è poco https://www.carmillaonline.com/2012/05/21/mafia-poco/ Mon, 21 May 2012 01:29:23 +0000 http://www.carmillaonline.com/?p=4304 di Alessandra Daniele

Falcone-Borsellino.jpgA ogni transizione, in Italia puntuali arrivano le bombe. E le ipotesi su mafia, terrorismo neofascista, e servizi segreti, come se fossero tre cose ben distinte e separate. ”Dire ‘mafia’ è poco” fu la risposta di Giuseppe Ayala alle prime domande dei giornalisti sui mandanti della strage di Capaci. Dire ”mafia” non è mai bastato a spiegare gli orrori d’Italia, e basta ancora meno oggi, che il terrorismo neofascista è diventato un franchise. Pur convinti dell’efficacia della via giudiziaria, credo che Giovanni Falcone e Paolo Borsellino non si siano mai illusi che per combattere il sistema politico-mafioso bastasse [...]]]> di Alessandra Daniele

Falcone-Borsellino.jpgA ogni transizione, in Italia puntuali arrivano le bombe. E le ipotesi su mafia, terrorismo neofascista, e servizi segreti, come se fossero tre cose ben distinte e separate. ”Dire ‘mafia’ è poco” fu la risposta di Giuseppe Ayala alle prime domande dei giornalisti sui mandanti della strage di Capaci. Dire ”mafia” non è mai bastato a spiegare gli orrori d’Italia, e basta ancora meno oggi, che il terrorismo neofascista è diventato un franchise.
Pur convinti dell’efficacia della via giudiziaria, credo che Giovanni Falcone e Paolo Borsellino non si siano mai illusi che per combattere il sistema politico-mafioso bastasse sbattere in galera qualche quadro intermedio della sezione siciliana. Sarebbe stato come pensare di sconfiggere l’Impero arrestando Jabba the Hutt. No, a motivarli era la speranza, in parte dichiarata, che infrangere il secolare tabù dell’impunità mafiosa potesse innescare un progressivo cambiamento nella coscienza collettiva, e quindi nella società. Qualcosa del genere ”Serse sanguina! Può essere ferito, quindi non è un dio invulnerabile. Abbattiamolo!” Era una speranza nella capacità degli italiani di cambiare davvero.
Ed è stata delusa.

Gennaio 1993: proprio quando, fra Tangentopoli, stragi impunite, e crisi economica, gli italiani sembravano ormai avere esaurito qualsiasi fiducia e qualsiasi pazienza, arrivò la spettacolarizzata cattura di Totò Riina, il quale, grazie alla sentenza già definitiva del Maxiprocesso, finì definitivamente all’ergastolo, con tanto di 41 bis. Gli italiani ritrovarono la fiducia.
E la consegnarono a Berlusconi.
Schlimmbesserung.
Non è una bestemmia, anche se a questo punto ci starebbe benissimo. Significa ”tentato miglioramento che in realtà peggiora le cose”, ed è la migliore definizione di ciò che paradossalmente ha prodotto in Italia la fine dell’impunità di Jabba the Hutt: non l’auspicato risveglio delle coscienze, ma al contrario un effetto sedativo, qualcosa del genere ”Serse sanguina! Può essere ferito, quindi non c’è da preoccuparsene più di tanto. Ci penserà Montalbano, quando avrà finito con la vedova ninfomane”.
Come l’esibita incarcerazione di Riina era riuscita non a destabilizzare il sistema politico-mafioso, ma a ristabilizzarlo dopo lo scossone del 1992, così durante l’era Berlusconi i periodici arresti di vice, ex, neo, e pseudo Riini vari hanno consentito al leghista Maroni di spacciarsi per paladino dell’antimafia, proprio mentre nel consiglio dei ministri e in Parlamento continuava ad approvare tutte le peggiori porcate criminogene, e a parare il culo a tutti gli inquisiti più sputtanati (incluso Berlusconi) e mentre nel suo stesso partito si trafficava con la ‘Ndrangheta.
I ricorrenti ”Arresti delle 08.00” (cit. Presta e Dose) le trionfalistiche notizie di intere bande ”sgominate” hanno per vent’anni svolto la funzione d’ingannevole palliativo che attenua i sintomi, mente il tumore continua a crescere e diffondersi.
Certo, il lavoro di quadro intermedio della sezione siciliana ha in effetti subito una precarizzazione, e questo in sé ovviamente è un bene. In cambio però il sistema politico-mafioso è uscito complessivamente rafforzato dalla nuova flessibilità.
Eterogenesi dei fini, e beffarda Nemesi per uomini onesti e coraggiosi che avevano un’opinione troppo alta degli italiani, e dello Stato. Un’opinione che in questi vent’anni non ci siamo saputi meritare.

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Delitto Perfetto https://www.carmillaonline.com/2010/11/22/delitto-perfetto/ Mon, 22 Nov 2010 06:00:37 +0000 http://www.carmillaonline.com/?p=3685 di Alessandra Daniele

Bomba1.jpgQual è il reato con la più alta percentuale statistica d’impunità? Scippo, spaccio, evasione fiscale?… No, strage. Chi organizza un massacro ha cento volte più probabilità di farla franca di chi uccide al dettaglio. Quindi attenti, non rischiate di finire in pasto ai RIS e a Barbie Criminologa, non ritrovatevi costretti a cambiare versione dei fatti ogni settimana come gli sceneggiatori di Lost, non fate di casa vostra il prossimo plastico di Vespa. Se dovete delinquere, imparate dai professionisti: fatela saltare in aria. L’esplosivo però non è che l’ultimo ingrediente, prima ve ne servono altri molto più importanti. [...]]]> di Alessandra Daniele

Bomba1.jpgQual è il reato con la più alta percentuale statistica d’impunità? Scippo, spaccio, evasione fiscale?… No, strage.
Chi organizza un massacro ha cento volte più probabilità di farla franca di chi uccide al dettaglio.
Quindi attenti, non rischiate di finire in pasto ai RIS e a Barbie Criminologa, non ritrovatevi costretti a cambiare versione dei fatti ogni settimana come gli sceneggiatori di Lost, non fate di casa vostra il prossimo plastico di Vespa. Se dovete delinquere, imparate dai professionisti: fatela saltare in aria.
L’esplosivo però non è che l’ultimo ingrediente, prima ve ne servono altri molto più importanti. Ecco quali, e dove trovarli:

Neofascisti
I più grossi sono ormai quasi tutti al governo, o ci saranno presto. E’ possibile però trovarne di più piccoli allo stato brado, impegnati comunque in attività filogovernative, come pestare a morte un immigrato, e cinghiamattarsi a vicenda al centro sociale Cristo s’è Fermato a Evola. Oppure, nella rara e curiosa varietà antigovernativa, a discutere di signoraggio su Pinocheguevara.com

Piduisti
Sono reperibili dappertutto con estrema facilità. Lasciate un pezzettino di potere sul pavimento, e subito salteranno fuori tre o quattro piduisti per rosicchiarselo. Non preoccupatevi per la sicurezza: ai bug della P2.5 hanno di recente rimediato le patch della P3.

Generali golpisti
Non tutti gli ufficiali italiani sono interpretati da Raul Bova. Qualcuno di loro ha vita propria, e sogna un paese più ordinato, ai suoi ordini. Difficilmente li troverete in zona di guerra. Anzi, in genere negano che esista una zona di guerra, chiamandola con termini pittoreschi come ”teatro delle operazioni di peacekeeping”, ”scenario dell’intevento umanitario congiunto”, o ”palcoscenico della democrazia a tappeto”.

Servizi Segreti
La fine della Guerra Fredda non ha ridotto la quantità di intrighi spionistici, l’ha moltiplicata in modo esponenziale. Il numero di gruppi terroristici infiltrati è stato da tempo abbondantemente superato dal numero dei gruppi terroristici composti da soli infiltrati. Trovare orme di Servizi Segreti è facilissimo ovunque. Non trovarne è impossibile.

Politici collusi
La grande svendita di Fine Legislatura è iniziata: affrettatevi, o vi resteranno solo taglie piccole, colorazioni politiche ridicole, e deputati sformati dai troppi cambi di prova.

Capri espiatori
Basta inventarli. Va bene qualsiasi denominazione idiota che suoni vagamente anarcoide, tipo Insurrezionanisti dell’Insubria, o Anargraffitari di Griffondoro.
Poi si procederà a sgomberi, retate, pestaggi, carcerazioni, e condanne dei soliti sospetti che non c’entrano un cazzo.

Mescolate tutti gli ingredienti, aggiungete abbondanti depistaggi e mafie a piacere, e avrete anche voi il vostro Delitto Perfetto. Per sfornarlo non vi resterà che scegliere un momento di crisi della democrazia italiana. Cioè un momento qualsiasi.

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