San Didero – Carmilla on line https://www.carmillaonline.com letteratura, immaginario e cultura di opposizione Sun, 24 Nov 2024 21:00:22 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.9.26 Per una volta ancora…a sarà Fest: Venaus 29. 30 e 31 luglio 2023 https://www.carmillaonline.com/2023/07/26/per-una-volta-ancora-a-sara-fest-venaus-29-30-e-31-luglio-2023/ Wed, 26 Jul 2023 20:00:15 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=78410 Non sono bastate le minacce, ancora una volta il Festival Alta Felicità, espressione della vitalità del Movimento No Tav valsusino (e non solo), si terrà a Venaus dal 29 al 31 luglio con un programma ricco e intenso di incontri, commemorazioni, presentazioni, dibattiti e tanta, tanta musica. Cui si accompagnerà la scelta militante di una marcia fino al fortino di San Didero che si terrà domenica 30 proprio a partire, dalle ore 12, dallo storico presidio di Venaus.

Per comprendere la forza e la determinazione che da anni animano la resistenza valsusina [...]]]> Non sono bastate le minacce, ancora una volta il Festival Alta Felicità, espressione della vitalità del Movimento No Tav valsusino (e non solo), si terrà a Venaus dal 29 al 31 luglio con un programma ricco e intenso di incontri, commemorazioni, presentazioni, dibattiti e tanta, tanta musica. Cui si accompagnerà la scelta militante di una marcia fino al fortino di San Didero che si terrà domenica 30 proprio a partire, dalle ore 12, dallo storico presidio di Venaus.

Per comprendere la forza e la determinazione che da anni animano la resistenza valsusina e la realizzazione del Festival non c’è di meglio che quanto ha scritto Valerio Evangelisti (scomparso lo scorso anno) nel 2017, la cui figura ed opera saranno al centro proprio dell’incontro di apertura nella mattinata di sabato 29 aprile.

Dietro chi vuole il Tav sta un potere smisurato. Connubi tra governi sovrannazionali, sostegno di una sinistra “cooperativa” dimentica delle proprie origini e dei propri ideali fondanti, calcoli di profitti fatti sulla carta unta del salumaio. In fondo, la tratta ferroviaria da costruire in un futuro incerto, che mai gli attuali protagonisti vedranno, è argomento secondario, Quello primario è punire i riottosi, in nome di istituzioni legittimate da una fantomatica “democrazia”. Trucco col quale, diceva Rousseau, a scadenze fisse il popolo nomina i propri tiranni.
A uno schieramento preponderante, e in apparenza invincibile, il popolo No Tav ha opposto […] il modello Gavroche tratteggiato da Victor Hugo. Quello dello scanzonato ragazzetto che irride alle norme e fa della propria disinvoltura l’unica, credibile “legalità”. Pronta a sbeffeggiare i potenti e a combatterli sulle barricate. Disarmato (non sempre) ma temibile, nel suo sottrarsi alle falangi decerebrate dell’ordine costituito.
La Valle di Susa è piena di Gavroche, di ogni sesso e di ogni età. Riottosi e astuti, coraggiosi e realistici. Sono eroi? No, sono altro […] Con il rivoluzionario addomesticabile, portatore di ideologie formalizzate, si può in qualche modo discutere, arrivare a compromessi, Con il ribelle no. E’ lui il rivoluzionario vero.

Programma

SABATO 29

ore 10 – 12

Valerio Evangelista, Carmilla e la battaglia per un nuovo immaginario anticapitalista.
Coordina Maurizio Poletto. Discuteranno con lui Sandro Moiso, Franco Pezzini e Domenico Gallo della redazione di Carmillaonline e coautori di L’insurrezione immaginaria. Valerio Evangelisti autore, militante e teorico della paraletteratura (Mimesis 2023).
Letture a cura di Antonietta Perretta.

Ore 12 – 13,30

Intelligenza artificiale.
Alberto Puliafito: giornalista, analista, scrittore, regista Luigi Lorato e Michela Rossi curatori del libro Cambiate lavoro, per favore – lettera agli umani che robotizzano il mondo.

Ore 13,30 – 15,30

Lavoro, territori e benessere delle persone.
Collettivo GKN Comitato liberi e pensanti Taranto.
Presentazione di Le grandi dimissioni di Francesca Coin e Lavorare meno di Sandro Busso

ore 15,30 – 17,30

Crisi climatica.
Collettivo contro innevamento artificiale in Savoia (CluZAD)
Maurizio Dematteis, giornalista e scrittore e Roberto Mezzalama, esperto in valutazioni impatto ambientale – scrittore, dialogano con: Marina Clerico, docente politecnico Torino, e Paolo Giardina, ingegnere.

ore 17,30 – 19,30

Ucraina: fermiamo l’escalation.
Raffaele Sciortino giornalista, Domenico Quirico giornalista e coordinamento No base Coltano.

Spazio Autogestito

ore 12 – 13

La prigione e la piazza- Mostra mercato di libri da e sul carcere.
Piazza tematica. Abolizionismo /Ergastolo e 41bis.

Intervengono Nicoletta Dosio, Elisa Mauri, Riccardo Rosa.

ore 13 -14

Presentazione del libro: Le regole di ferro di Juri di Molfetta – presenta l’autore

ore 14 – 15

Presentazione del libro: Non mettiamola giù tanto spessa di Riccardo Borgogno.
Ne parleranno Maurizio Poletto (FaF), Anna Matilde Sali (Eris edizioni) e Juri di Molfetta

ore 15 -16

“Segui le armi e troverai le guerre”, considerazioni a margine del volume 2023 Orizzonti di guerra. Intervengono: Antonio Mazzeo, Murat Cinar. Emanuele Giordana e Vesna Scepanovic

ore 16 -17

Giochi pericolosi: Milano-Cortina 2026, chi vince e chi perde.
A cura di Off Topic Milano, Associazione Proletari Escursionisti Milano e Sport Popolare Milanese.

DOMENICA 30

ore 10 – 12

Torino – Lione: un buco nell’acqua?
Intervengono: Marina Clerico, commissione tecnica Torino – Lione; Luca Giunti, commissione tecnica Torino – Lione: Alberto Poggio, commissione tecnica Torino – Lione: Erika Standford, assessore comune di Modane e tecnica idrogeologica; Roberto Vela, commissione tecnica Torino – Lione.

Ore 17

Una Storia Italiana: Gianni Barbacetto intervistato da Andrea Galli

Spazio Autogestito

ore 10 -11

Presentazione del libro La Veggente indecorosa di Lourdes di MarianoTomatis,
Presentano l’autore e Filo Sottile.

ore 11 – 12

“Voci narranti, storie resistenti dalla Val di Susa”, quaderno n. 5 del Controsservatorio Valsusa/5. Con Alessandra Algostino, Ezio Bertok e Livio Pepino.
Letture di Antonietta Perretta

ore 12 – 13

O.s.a.r.e Operatoria sanitaria anti-repressione presenta: Elementi di primo soccorso e autotutela militante, intervengono medici e personale sanitario

LUNEDI’ 31

ore 10 – 12

Antiabilismo: conoscere l’abilismo per abbatterlo. Coordina Alice Vigorito con Martina Pasquali rappresentante del Disability Pride Network; Barbara Centrone divulgatrice e attivista con il progetto “Cose molto ADHD”.

ore 12 – 13,30

Lotte ecologiche e repressione: in difesa della terra e del futuro.
Mariapaola Boselli Amnesty International Italia; Livio Pepino ex magistrato e direttore edizioni Gruppo Abele; rappresentante avvocati francesi e Militanzagrafica fumettista.

ore 13,30 – 15,30

Migranti. Coordina: Avernino Di Croce con Manuelita Scigliano e Ramzi Labidi Associazione Sabri di Cutro; Gianfranco Crua, Carovane migranti; Karim Metref giornalista ed educatore.

ore 17

Questioni di genere.
Carlotta Vagnoli intervistata da Annamaria Sarzotti

Spazio Autogestito

ore 10 -11

Presentazione dell’opuscolo: Palestina, una storia di resistenza, dal colonialismo alla devastazione del del territorio. Promuove e interviene Progetto Palestina.

ore 11 -12

“Per non finire come carne da cannone”.
Presentazione del libro: Passini non va alla guerra di Antonio Ginetti, presenta l’autore.

ore 12 – 13

Presentazione del libro: Prendiamoci cura della casa comune, a cura del Gruppo Cattolici per la Vita della Valle. Intervengono Paolo Anselmo,Eugenio Cantore, Donatella Giunti, Gabriella Tittonel e Rosanna Bonaudo.

ore 14 -15

Alex Conte: One man show

ore 15 – 16

Jacopo Bindi presenta il libro: Sociologia della libertà. Manifesto della civiltà democratica, volume III, di Abdullah Ocalan, prima edizione italiana marzo 2023

ore 16 -17

Presentazione dei libri Il cappotto di Bea e A proposito di Bea di Riccardo Humbert, ed Graffio.
Maurizio Poletto (f.a.f) dialoga con l’autore Riccardo Humbert

Per il ricco programma musicale che vedrà coinvolti artisti coma Assalti Frontali, Persiana Jones, Omar Pedrini e moltissimi altri ancora si veda qui, qui e qui.

Buon impegno militante e buon divertimento a tutti i partecipanti!

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Il nemico interno/8 https://www.carmillaonline.com/2021/04/18/il-nemico-interno-8/ Sun, 18 Apr 2021 08:38:49 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=66024 di Alexik

[La sera di lunedì 12 aprile, in pieno coprifuoco, oltre 1000 agenti antisommossa con idranti e lacrimogeni hanno scortato le ruspe fino ai terreni dell’ex autoporto di San Didero, caricando il presidio No TAV che da mesi occupa quest’area boschiva per impedire la costruzione di un ulteriore ecomostro. Da allora in questa parte della Valsusa vige un sostanziale stato d’assedio, con una massiccia presenza poliziesca che in questi giorni si è distinta per le cariche sui manifestanti, l’uso dei gas fin dentro il paese di San [...]]]> di Alexik

[La sera di lunedì 12 aprile, in pieno coprifuoco, oltre 1000 agenti antisommossa con idranti e lacrimogeni hanno scortato le ruspe fino ai terreni dell’ex autoporto di San Didero, caricando il presidio No TAV che da mesi occupa quest’area boschiva per impedire la costruzione di un ulteriore ecomostro.
Da allora in questa parte della Valsusa vige un sostanziale stato d’assedio, con una massiccia presenza poliziesca che in questi giorni si è distinta per le cariche sui manifestanti, l’uso dei gas fin dentro il paese di San Didero, l’incendio di una macchina di una attivista No TAV, lo spargimento nei campi di cartucce di lacrimogeni inesplose, lo schieramento di truppe per impedire l’apertura del mercato cittadino.
Tutta questa violenza è finalizzata a proteggere il cantiere per la costruzione di un nuovo autoporto, un’opera funzionale al progetto complessivo del TAV Torino/Lione, irrazionale rispetto alle sue funzioni dichiarate e foriera di un impatto ambientale pesante e permanente sugli abitati vicini (qui i dettagli).
Nel pomeriggio di ieri il movimento No TAV ha risposto con migliaia di persone, unite in un bellissimo corteo contro questa ulteriore aggressione.
Un corteo che ha espresso tutto il suo caloroso affetto alle compagne e ai compagni che non hanno potuto parteciparvi perché privati della libertà personale. A loro dedichiamo l’articolo che segue.]

Da giovedì scorso Dana è finalmente a casa, anche se non è ancora libera.
Il processo che ha portato alla sua carcerazione, oltre a quella di Fabiola (che è ancora alle Vallette) e, prima ancora, di Nicoletta, riassume in sé ed estremizza alcune caratteristiche ricorrenti nella criminalizzazione giudiziaria del movimento No TAV.
I fatti all’origine delle loro condanne sono noti.
Il 3 marzo del 2012 circa 300 manifestanti occuparono per mezz’ora il casello dell’autostrada Torino-Bardonecchia all’altezza di Avigliana al grido di “OGGI PAGA MONTI”, per contestare sia la politica dei sacrifici voluta dal governo tecnico che la complicità della Sitaf (società gestrice dell’autostrada) con il progetto del TAV Torino/Lione.
In quell’occasione venne alzata la sbarra del casello permettendo agli automobilisti di uscire senza pagare il pedaggio, mentre si provvedeva ad un volantinaggio e speakeraggio per spiegare le motivazioni alla base della protesta.
Erano giorni di forti mobilitazioni, giorni in cui Luca Abbà lottava fra la vita e la morte dopo la folgorazione e la caduta da un traliccio dell’alta tensione in seguito all’inseguimento di un poliziotto.
La manifestazione al casello era una fra le tante di quel periodo, e si concluse defluendo senza nessun incidente o contatto con le forze di polizia.  Il danno alla Sitaf per mancati introiti venne quantificato in 777,00 euro.

Per questo episodio puramente dimostrativo 12 compagn*, fra cui Dana, Fabiola e Nicoletta, sono stat* condannat* ad un totale di 18 anni di carcere con le accuse di violenza privata e interruzione aggravata di servizio di pubblica necessità, al termine di una vicenda processuale che può essere considerata emblematica della persecuzione penale dell’opposizione al TAV.
Alessandro Senaldi, nella sua analisi1 su 151 procedimenti penali contro il movimento (che abbiamo commentato nei capitoli precedenti) identifica, fra gli elementi ricorrenti nei processi, la tendenza al “sovra-dimensionamento del fatto di reato“, cioè l’attribuzione di imputazioni abnormi  rispetto alla realtà dei fatti contestati.

“Nel materiale studiato è presente un sovra-dimensionamento del fatto di reato, operato principalmente attraverso due strade, per un verso, con una elefantiasi delle imputazioni, …. per un altro verso, utilizzando largamente gli istituti del concorso di persone e delle aggravanti. Tale sovra-dimensionamento produce alcuni importanti effetti dal punto di vista giuridico, infatti: permette alla procura di richiedere ed ottenere le misure cautelari, l’eventuale proroga delle indagini preliminari e l’uso di strumenti probatori invasivi e lesivi delle libertà individuali; rende praticamente impossibile il raggiungimento della prescrizione; comporta – rispetto a fatti analoghi – un indurimento delle pene comminate dai giudici”.

Nella storia giudiziaria del movimento No TAV, l’esempio più eclatante di  “sovra-dimensionamento del fatto di reato“,  è sicuramente quello relativo al cd “processo del compressore”, che vide nel 2013 quattro militanti No TAV accusati di terrorismo a fronte del danneggiamento di un mezzo di cantiere2.
Ma anche nel “processo del casello”, la dismisura dell’imputazione salta agli occhi, nel definire “violenza” il fatto di incanalare gli automobilisti verso un varco aperto, o attribuire l’interruzione di pubblico servizio in assenza di un blocco della circolazione disposto dai manifestanti.
L’incriminazione di Nicoletta, che davanti a quel casello reggeva uno striscione, di Dana, che parlava al megafono, di Stella – oggi ai domiciliari – che distribuiva i volantini, si è articolata grazie all’utilizzo del concorso di persone, una modalità per attribuire qualsiasi reato commesso durante una manifestazione non solo, e non tanto, all’eventuale artefice ma alla generalità dei presenti.
Una modalità di uso frequente per i processi No TAV, rilevata da Senaldi in più di un terzo dei procedimenti presi in esame nella sua indagine
Nelle parole di Livio Pepino:

Una delle connotazioni della modernità, nel diritto, è il carattere personale della responsabilità penale, proclamato, nel nostro sistema, dal primo comma dell’art. 27 della Carta fondamentale…
Eppure, nei processi per fatti “di piazza” la tendenza a dilatare la responsabilità, con una sorta di proprietà transitiva, a tutti i partecipi a manifestazioni nel corso delle quali vengono commessi reati, pur in assenza di specifiche condotte individuali antigiuridiche e/o della prova di un previo accordo con gli autori dei delitti commessi, è un classico. 
Di ciò v’è ben più che una traccia nelle ordinanze cautelari emesse nei procedimenti valsusini per resistenza, violenza e lesioni3.

L’uso abituale del concorso quale forma di punizione collettiva, così come il ripetersi di imputazioni abnormi, rafforza l’ipotesi, descritta da Xenia Chiaramonte4, di una sperimentazione da parte della Procura e del Tribunale di Torino di una giustizia funzionale alla sconfitta di un fenomeno, di “un diritto che si fa arma di lotta, al posto che strumento di garanzia“.
In pratica, di un “diritto penale di lotta” che, a differenza del “diritto penale del nemico”, basato sullo stato di eccezione, s’inscrive ancora dentro a una logica “normale”, mantenendone intatta la forma ma forzandone la sostanza.
La sentenza contro Dana e le altre compagne e compagni è una delle espressioni di questa continua forzatura, che si esprime anche nell’ammontare della condanna a due anni, laddove per la violenza privata si poteva tendere alla pena minima di 15 giorni.
Una scelta eloquente soprattutto se comparata ad altre decisioni dello stesso tribunale, molto meno severe davanti a differenti tipologie di imputati.
Due anni per Dana dopo una dimostrazione simbolica stridono parecchio, per esempio, a confronto con i quattro anni (sicuramente riducibili in appello) comminati dallo stesso tribunale al patron dell’Eternit Stephan Schmidheiney per la morte di due operai dello stabilimento di Cavagnolo, in seguito all’esposizione all’amianto5.

Al “diritto penale d’autore”, per il quale conta più chi sei di quello che eventualmente fai, nel caso di Dana si è affiancato anche il “diritto penitenziario d’autore”, quando il tribunale di sorveglianza di Torino le ha negato, lo scorso settembre, le misure alternative al carcere, per quanto fosse incensurata e avesse un lavoro stabile, e nonostante  la diffusione del COVID-19 alla Vallette.
Sorprendenti le motivazioni del rifiuto: la mancata presa di distanza di Dana dal Movimento No TAV e il fatto di abitare in Val di Susa.

La lunga carriera militante della Lauriola è perdurata fino a epoca recentissima, dando prova della sua incrollabile fede negli ideali politici per i quali non ha mai esitato di porre in essere azioni contrarie alle norme penaliLa collocazione geografica del domicilio del soggetto coincide con il territorio scelto come teatro di azione dal movimento No TAV“.

Motivazioni molto simili a quelle utilizzate, due anni fa, per negare le misure alternative a Luca Abbà, e che stanno sedimentando pessimi precedenti.
L’assurdità della condanna di Dana e della sua detenzione in carcere sono riuscite a smuovere un vasto movimento di opinione, che ha coinvolto giuristi, artisti solidali, associazioni, finanche Amnesty International, preoccupata per la tutela del diritto alla libera espressione pacifica del dissenso. Presa di posizione inimmaginabile fino a qualche anno fa, che rende l’idea della misura della contrazione degli spazi di agibilità politica in questo paese.
Forse di tale involuzione ce ne eravamo già accorti da un pezzo, ma è innegabile il fatto che il messaggio, sia che provenga dal ministero degli interni che dalla magistratura, diventi sempre più chiaro.
“Niente resterà impunito”, nemmeno un  sit in gandhiano, qualora ci si ponga il problema di ostacolare veramente i progetti di devastazione sociale e dei territori. Tantomeno ora, alla vigilia della  “rinascita della patria” a suon di grandi appalti ad altissimo impatto ambientale,  in serbo nel prossimo Recovery Plan.
La strada per reagire a tutto questo, come al solito, ce la mostrano quei testardi valligiani: non lasciare indietro nessun*, non arrendersi, non farne passare una, mettere in conto le conseguenze giudiziarie del proprio agire, organizzarsi e trasformare, se capita, anche la carcerazione in un momento di mobilitazione e di lotta.

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La solidarietà è un arma !
Sostieni la Cassa di Resistenza No TAV.


  1. Alessandro Senaldi, I dati dei processi contro i/le No Tav: un contributo al dibattito, in “Studi sulla questione criminale“, 17 dicembre 2020. 

  2. Xenia Chiaramonte, Bisogna davvero difendere la società? I processi penali a carico degli attivisti No Tav tra difesa sociale e difesa dello stato, Sociologia del diritto 2/2019, p. 163-189. 

  3. Livio Pepino, La Val Susa e il diritto penale del nemico, in Come si reprime un movimento. Il caso TAV. Analisi e materiali giudiziari, Intra Moenia, 2014. 

  4. Xenia Chiaramonte, Governare il conflitto. La criminalizzazione del movimento No TAV, Meltemi, 2019 

  5. Sarah Martinenghi, Eternit, l’imprenditore Schmidheiny condannato a quattro anni di carcere per omicidio colposo, La Repubblica, 23 maggio 2019. 

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La Storia di ieri, oggi e domani https://www.carmillaonline.com/2017/05/11/la-storia-ieri-oggi-domani/ Wed, 10 May 2017 22:01:19 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=38154 di Sandro Moiso

notav-6 maggio 2017 ASinistra è combattere il fascismo. Sia quello nazionalista, che quello globalista, che oggi si contendono il pianeta” (Alessandra Daniele)

Nello scorso week-end, nei giorni 6 e 7 maggio, si sono svolti due eventi che non potrebbero essere più lontani tra di loro per numero oggettivo di partecipanti, rilevanza data loro dai media nazionali ed internazionali e peso rivestito a livello istituzionale. Naturalmente si tratta, in primo luogo, delle elezioni presidenziali francesi, cui la società dello spettacolo ha saputo dare e programmare tutta l’importanza che meritavano a livello di opinione pubblica.

Mentre il secondo, quasi [...]]]> di Sandro Moiso

notav-6 maggio 2017 ASinistra è combattere il fascismo. Sia quello nazionalista, che quello globalista, che oggi si contendono il pianeta” (Alessandra Daniele)

Nello scorso week-end, nei giorni 6 e 7 maggio, si sono svolti due eventi che non potrebbero essere più lontani tra di loro per numero oggettivo di partecipanti, rilevanza data loro dai media nazionali ed internazionali e peso rivestito a livello istituzionale.
Naturalmente si tratta, in primo luogo, delle elezioni presidenziali francesi, cui la società dello spettacolo ha saputo dare e programmare tutta l’importanza che meritavano a livello di opinione pubblica.

Mentre il secondo, quasi invisibile a livello giornalistico e mediatico, se non sulle pagine locali di alcuni quotidiani nazionali oppure sui siti antagonisti, è stato costituito dalla marcia tenutasi in Val di Susa, da Bussoleno a San Didero, contro il modello di sviluppo basato sulle grandi opere e sulla devastazione del territorio, di cui naturalmente l’alta velocità ferroviaria costituisce l’apripista e la punta di diamante.
Eventi lontani tra di loro, si diceva, il cui raffronto appare, ad uno sguardo disattento e superficiale, improponibile. Eppure, eppure…

La Storia di ieri e di oggi
Nel primo si sono apparentemente scontrati il passato e il presente della società e della sua conduzione economica e sociale.
L’internazionalismo finanziario, di cui Emmanuel Macron è stato il campione, e il nazionalismo della passata grandeur francese di cui Marine Le Pen è stata la pulzella destinata al rogo mediatico e politico.

macron-le-pen Un capitalismo che può sopravvivere soltanto abbattendo qualsiasi barriera economica e nazionale, sostituendo i governi e le borghesie nazionali con tecnocrati, dipendenti diretti della Banca Centrale Europea o del Fondo Monetario Internazionale, il cui potere è inversamente proporzionale alla loro nullità propositiva e politica, ha cercato e ottenuto il consenso dei subordinati, sbandierando il fatto di essere il campione dei diritti contro il pericolo delle derive populiste e fasciste.
Che, a ben guardare, non sono altro che l’altra faccia del capitalismo, le cui ragioni di esistenza stanno soltanto nella difesa dei confini, del mercato nazionale e nell’innalzamento di barriere protettive, senza tuttavia negarsi la possibilità di abbattere quelle altrui.

Un capitalismo, il primo, che, nella sua suprema fase finanziaria, non tollera più alcun limite giuridico ed alcuna forma di mediazione politica ed istituzionale, ma che si scontra quotidianamente con le sue contraddizioni. Un capitalismo che macella gli uomini, le donne e l’ambiente per sostituirli con macchine e realtà virtuali che, a loro volta, lo limitano non essendo in grado di consumare il prodotto che sta alla base della realizzazione del valore.

Confermando una marxiana caduta tendenziale del saggio di profitto portata ormai alle sue estreme conseguenze cui né la speculazione finanziaria né, tanto meno, il sovraconsumo delle classi che si accaparrano la ricchezza socialmente prodotta possono contrastare. Destinato a creare, in prospettiva, una società di proletari destinati a vivere di panem et circenses come nell’antica Roma imperiale; una autentica plebe schiavizzata, più che dal lavoro, dalla dipendenza dalle elemosine di Stato (bonus, reddito di cittadinanza et similia) che domani potrà trasformarsi in elemosina tout court. Con tanto di benedizione papale affinché il consumo possa continuare all’infinito.

Una realtà già presente, proprio nei paesi un tempo al centro dell’imperialismo, cui si contrappongono ideali nazionalisti e conservatori che fanno della Terra e del Lavoro, unite idealmente nella Patria e nel prodotto nazionale, la base di una protesta perdente e fascistoide. Destinata soltanto a portare alla rovina reciproca le classi in lotta. Di cui guerre, razzismo, fondamentalismo religioso (cristiano, islamico ed ebraico), egoismo, disperazione, suicidi non costituiscono altro che la facciata più visibile.

Realtà, quelle rappresentate da Macron e dalla Le Pen, che i media e i commentatori politici accecati e asserviti si sforzano di presentare come novità, ma che non lo sono. La prima perché pienamente consequenziale ad un modello di sviluppo e ad una forma di produzione ampiamente prevedibile nel suo percorso fin dalla sua nascita. L’altra assolutamente inserita in tutto il percorso dei nazionalismi novecenteschi, di cui, come gran parte dei cosiddetti movimenti populisti, è la legittima erede.

francia-festa- Due modelli politici che rappresentano le due facce di una stessa medaglia, come hanno ben compreso e sintetizzato i francesi che hanno coniato lo slogan Ni patrie, ni patron! Ni Le Pen, ni Macron! E come le bandiere tricolori sbandierate in piazza dai sostenitori dell’uno e dell’altra hanno ulteriormente confermato. Due modelli che non sostituiscono rinnovandoli i partiti e gli schemi politici precedenti, ma che li assorbono e integrano al proprio interno, in attesa di un divenire economico, militare e politico piuttosto incerto.

Due modelli che il 37% dei francesi ha rifiutato, esattamente come al secondo turno delle elezioni presidenziali del 1969 quando, dopo le dimissioni di De Gaulle seguite alla sconfitta subita ai referendum da lui indetti per modernizzare la struttura dello Stato, il 31% dei francesi si astenne dal voto e un altro 6,5% votò con schede bianche o nulle. Mentre, invece, al secondo turno delle ultime elezioni si è astenuto il 25,5 % mentre più del 12% ha votato scheda bianca o nulla.

Certamente il gioco di una parte considerevole dell’attuale potere politico e bancario (Macron rispecchia magnificamente il processo di osmosi e di integrazione avvenuto tra i due poteri) è quello di portare una buona parte dell’elettorato a disinteressarsi completamente di ciò che avviene ai piani alti oppure a riporre le proprie rabbiose speranza in contenitori sostanzialmente vuoti e partecipi dello stesso gioco di conservazione dello status quo economico e sociale.

Ma questo gioco è estremamente pericoloso, poiché mentre per tutto il ‘900 il gioco delle parti ha finito con l’integrare le proteste e le lotte sociali all’interno dell’establishment, attraverso la sussunzione all’interno dello stesso dei partiti che avrebbero dovuto rappresentarle e difenderne gli interessi, oggi il processo di allontanamento da sé e dallo Stato messo in atto dalla rete dei poteri economico-finanziari non potrà avere altra conseguenza che la formazione di comunità nemiche degli stessi e auto-organizzate su altre basi, destinate a negare l’esistenza dell’attuale forma sociale di produzione e riproduzione.

La Storia di domani no-tav-6-maggio-2017
Questa, che è già Storia del domani, ha già iniziato da tempo a manifestarsi. Come la marcia in Val di Susa di sabato 6 maggio ha confermato.
Certo, a ben vedere, sabato scorso si è svolta soltanto una marcia da Bussoleno ai terreni recentemente espropriati nel comune di San Didero. Agli occhi di molti, quindi, una protesta locale. Ma quelle migliaia di persone che hanno manifestato (15.000 per gli organizzatori e, naturalmente, 4.000 per la Questura), sotto una pioggia battente e con la fiducia negli sguardi, rappresentavano qualcosa di più. Molto di più.

Come sempre erano presenti i rappresentanti dei vari comitati contro la costruzione della linea ad alta velocità Torino – Lione, sia italiani che francesi; ma ad essi si aggiungevano i comitati No Tap, contro le grandi navi nella laguna di Venezia, dei terremotati dell’Italia Centrale, della Terra dei fuochi, contrari alla costruzione di nuovi, inutili e dannosi aeroporti, le Brigate di solidarietà attiva e i rappresentanti di altre iniziative, sviluppatesi a partire da specifici territori, contrarie alla devastazione dell’ambiente, allo spreco delle risorse e alle mafie politico-economiche coinvolte nella realizzazione delle presunte grandi o piccole opere.

notav 6 maggio 2017 D Opere inutili e dannose, mancate ricostruzioni e devastazioni dei territori in nome del profitto e della speculazione finanziaria che ben rappresentano, ormai il percorso che i modernizzatori della società, da Renzi a Macron passando per Bruxelles e la Banca centrale europea, intendono mettere in atto. Opere e mancati provvedimenti che toccano ormai centinaia di migliaia di cittadini, forse milioni, già stretti nella morse della crisi economica, dello scarso e sottopagato lavoro e della fine di ogni garanzia.

Stiamo attenti: non diritto, ma garanzia. I diritti possono essere impunemente sbandierati, fin dagli albori delle Rivoluzioni borghesi, dagli affamatori di popoli. Il diritto al lavoro, per esempio e solo per citarne uno, non significa che il lavoro debba svolgersi entro certi margini di garanzia: afferma soltanto che tutti devono poter lavorare. Così il job act e tutte le sue trappole possono essere sbandierati come estensione di un diritto, concesso eliminando tutte le garanzie economiche, sindacali, previdenziali e assistenziali che lo hanno accompagnato per anni, grazie alle battaglie sindacali e alle lotte di classe.

Oggi con il discorso dei diritti, umani e generici, si devastano i territori, si favoriscono le mafie di ogni tipo, si abbassa il costo del lavoro, si annullano le differenze di classe (naturalmente soltanto nel discorso istituzionale), si ignorano le condizioni reali di esistenza di milioni di individui, si va alla guerra e si riducono le differenze di genere e lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e dell’uomo sulla donna ad un puro elemento di mancato ammodernamento della mentalità.1

notav 6 maggio 2017 E Bene, coloro che hanno partecipato alla marcia del 6 maggio, indipendentemente dalla regione di provenienza, sapevano tutti, amministratori, semplici cittadini e militanti, che così non si può più andare avanti e che altre scelte sono possibili e devono essere fatte. Amministratori, sindaci, cittadini non erano lì per una semplice manifestazione di protesta, né erano lì soltanto per manifestare la propria vicinanza alla più antica lotta territoriale italiana.

Erano lì per testimoniare che la lotta NoTav è diventata un modello di riferimento, sia politico che organizzativo. Un modello che ha saputo produrre solidarietà reale e non formale con militanti che sono stati o sono presenti ormai in più di una situazione di disagio (dai territori colpiti dal terremoto alla Puglia). Un modello che ha saputo dimostrare che si può costruire dal basso, by-passando partiti, sindacati e luoghi istituzionali decotti, un’autentica democrazia dal basso e una autentica capacità di resistenza e di lotta. Pienamente cosciente dei propri scopi e degli obiettivi da perseguire.

Una comunità umana cosciente e consapevole che, dalla valle subalpina, estende ormai la sua ramificazione organizzativa e la sua influenza lungo una linea rossa che va dal Piemonte al Veneto e dal Nord al Sud, fino alla Puglia, passando per il Centro devastato dai terremoti. Non più secondo un trito modello classista di Stato, ma attraverso l’unione delle comunità che lottano, per forza di cose, contro di esso.

Questa sembra essere la Storia di domani, ammesso che la specie voglia continuare ad avere una Storia e non voglia invece sprofondare nella catastrofe planetaria verso cui imperialismo economico, speculazione finanziaria e militarismo sembrano volerla indirizzare. Una Storia già raccontata in Francia dalla ZAD di Notre-Dame-des-Landes, oppure dai curdi del Rojava oppure, ancora, dall’EZNL del Chiapas messicano. Senza dimenticare le centinaia di fabbriche autogestite in Argentina e le lotte in difesa della terra e delle differenti colture in India e in Asia.

notav 6 maggio 2017 C Una rete mondiale di comunità su cui basare un nuovo internazionalismo e una nuova visione del futuro della specie, in cui la necessaria eguaglianza economica e il rapporto con l’ambiente non entrino in conflitto tra di loro; rafforzando le diversità e la comunione degli interessi allo stesso tempo. Non più basato su una semplicistica e riduttiva visione operaista e tecnocratica in cui le esigenze del lavoro e della produzione sono destinate a prevalere sull’ambiente e sulle differenti specie, umana compresa.

Un’utopia? Una bestemmia? Un superamento della forma stato oppure una ridefinizione dei suo compiti e dei suoi limiti nazionali e rappresentativi? Forse tutte queste cose insieme, ma tutto ciò è quello la realtà delle lotte ci propone di nuovo, senza dimenticare il passato e la Storia delle lotte contro il capitale e le sue istituzioni. Come diceva lo striscione che apriva il corteo: C’eravamo, ci siamo, ci saremo!

La Storia dell’altro ieri
Quelli che proprio non ci sono mai stati, che non ci sono e non ci saranno più stanno invece in quella che un tempo si chiamava Sinistra e che oggi assume un aspetto ed un significato sempre più ambiguo, se non molesto. Come gli autentici servi del capitale finanziario che hanno ancora una volta agitato lo spettro del fascismo per spingere gli elettori a votare per l’incarnazione vivente del dominio capitalistico, Emmanuel Macron, quasi che questo non fosse egli stesso un rappresentante della concentrazione finanziaria che da sempre si agita dietro al fascismo e all’imperialismo. Oggi malamente travestiti di diritti generici e da globalizzazione della miseria mondiale.

Una Sinistra, che definire opportunista è ancora troppo poco, che sembra ignorare che i governi nazionali e parlamentari sono già stati cancellati dalla storia, insieme alla democrazia rappresentativa e parlamentare, proprio dai campioni del modello che hanno difeso contro il pericolo fascista. Davanti ai quali i difensori dell’ammodernamento della Sinistra e dello Stato, come Manuel Valls, già si prostrano. Mentre altri correranno ancora ad inginocchiarsi, pur tra mille contorsioni ideologiche.

Una Sinistra incapace di cogliere come tale trasformazione del modello politico e contrattuale dell’attuale capitalismo non dipenda soltanto da scelte irrazionali e/o autoritarie, ma da un processo di accumulazione che, rallentato in Occidente, ha spostato l’asse produttivo in altre aree e continenti e che non può più contrattare con i lavoratori prebende che prima erano garantite dallo sfruttamento del proletariato internazionale. Il grasso che colava dallo sfruttamento di quelle classi operaie non entra più soltanto nelle tasche dell’Occidente, né ai piani alti, né, tanto meno, in quelli bassi.

Mentre un’altra Sinistra, meno significativa e che si ritiene alternativa alla precedente, continua tristemente a trascinare le proprie bandiere di partito all’interno delle manifestazioni, come è successo anche sabato a Bussoleno, scambiando il ruolo reale del movimento con qualcosa che possa e debba ancora essere guidato o sfruttato. Una propaganda politica che promette una conquista di un Palazzo d’Inverno che ormai non esiste più e che spera di cavalcare una tigre che nemmeno comprende. Magari cercando di spingere alla creazione di organismi fasulli, simili ai già fallimentari intergruppi degli anni ’70, per ridare fiato a sindacalisti e rappresentanti politici che ormai non rappresentano altro che se stessi. Rinviando all’infinito il problema del cambiamento e accontentandosi, troppo spesso, di testimoniare un avvicendamento di poteri sempre più ambiguo e lontano nel tempo.

N.B.
Il presente intervento è anche da intendersi come una risposta al Commissario di governo per la Torino-Lione, Paolo Foietta, che in un’intervista, pubblicata su La Stampa del 7 maggio 2017, ha affermato: “Ieri si è svolta una manifestazione che ha assunto carattere nazionale. Una marcia di tutti i movimenti del “no” contro qualcosa e infatti sono arrivati da mezza Italia. Si tratta di una svolta che prefigura la costruzione di un fronte del No che va oltre la Val di Susa e assume un carattere antipolitico e antigovernativo […] ma quella manifestazione è datata nelle parole d’ordine perché non prende in considerazione quello che è successo in questi anni


  1. Straordinario il commento del giudice istruttore di Trieste che si occupa del caso della neonata morta a seguito del suo abbandono, probabilmente ad opera di una ragazza sedicenne, in un campo alla periferia della città: “Sono cose da Sicilia degli anni ’40!” Nossignore, sono cose che capitano ora, adesso e qui nell’Italia della falsa modernità istituzionale e della miseria sociale.  

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