rivoluzione tecnologica – Carmilla on line https://www.carmillaonline.com letteratura, immaginario e cultura di opposizione Tue, 01 Apr 2025 20:00:58 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.9.26 Tecnopotere totalitario https://www.carmillaonline.com/2024/07/20/tecnopotere-totalitario/ Sat, 20 Jul 2024 20:00:40 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=83157 di Gioacchino Toni

Cesare Alemanni, Il re invisibile. Storia, economia e sconfinato potere del microchip, Luiss University Press, Roma, 2024, pp. 184, € 17,00 (ebook € 9,99).

Francesca Balestrieri, Luca Balestrieri, Tecnologie dell’impero. AI, quantum computing, 6G e la nuova geopolitica del potere, Luiss University Press, Roma, 2024, pp. 206, € 18,00 (ebook € 9,99).

Considerato la tecnologia più importante e strategica al mondo ed essendo il manufatto più complesso mai prodotto serialmente e quello riprodotto nel maggior numero di esemplari, il motore di ogni astrazione del mondo contemporaneo, il microchip è divenuto talmente indispensabile da poter essere considerato una materia [...]]]> di Gioacchino Toni

Cesare Alemanni, Il re invisibile. Storia, economia e sconfinato potere del microchip, Luiss University Press, Roma, 2024, pp. 184, € 17,00 (ebook € 9,99).

Francesca Balestrieri, Luca Balestrieri, Tecnologie dell’impero. AI, quantum computing, 6G e la nuova geopolitica del potere, Luiss University Press, Roma, 2024, pp. 206, € 18,00 (ebook € 9,99).

Considerato la tecnologia più importante e strategica al mondo ed essendo il manufatto più complesso mai prodotto serialmente e quello riprodotto nel maggior numero di esemplari, il motore di ogni astrazione del mondo contemporaneo, il microchip è divenuto talmente indispensabile da poter essere considerato una materia prima attorno a cui gravitano le maggiori trame geopolitiche contemporanee.

A ricostruire il passato, il presente e il futuro del semiconduttore di cui non si può più fare a meno provvede il volume Il re invisibile di Cesare Alemanni che ne racconta i presupposti pre-informatici, dunque la nascita della microelettronica applicata al calcolo e di come l’industria dei semiconduttori sia divenuta una complessa filiera globale attorno a cui si sfidano Stati Uniti e Cina, non mancando di soffermarsi sull’importanza di un materiale come il silicio e di un isola come Taiwan, in cui ha sede la più importante fabbrica al mondo di chip.

Alla luce del fatto che la competizione geopolitica, soprattutto se si appresta ad evolvere in conflitto armato, richiede solidità interna in termini di coesione sociale e consenso cultuale, gli Stati capaci di esprimere progetto, consenso e potere, in lotta per l’egemonia, per conquistare leadership o per evitare di perderla, diventano i soggetti centrali delle organizzazioni politico-economiche imperiali attorno a cui si aggregano Stati di minor peso.

Nelle società di massa, la chiamata alla mobilitazione ha sempre necessitato di una certa drammaturgia, di una narrativa capace di incedere sul lato emotivo della popolazione, capace di spaventare, mostrando i pericoli portati dal nemico, ed esaltare la forza che si detiene e i valori di identità e appartenenza. Se, a tale scopo, in ambito cinese la narrazione fa leva soprattutto sull’orgoglio per una rinascita nazionale ottenuta tramite la padronanza delle tecnologie necessarie al dominio, sul versante statunitense si insiste con il raccontare lo scontro in atto come una lotta della democrazia contro la tecno-autocrazia. Su tali narrazioni di carattere più emotivo, si vanno poi inevitabilmente ad innestare retoriche concernenti questioni più materiali, di ordine economico ed occupazionale.

A come lo sviluppo esponenziale della tecnologia – dipendente dal semiconduttore di cui si occupa il volume di Alemanni – stia rapidamente modificando i nuovi assetti geopolitici, provvede il volume Tecnologie dell’impero di Francesca Balestrieri e Luca Balestrieri. Gli autori non si limitano a mappare lo status quo tecnologico e geopolitico ma ne delineano alcuni possibili sviluppi futuri soprattutto alla luce dell’evoluzione riguardante l’intelligenza artificiale e la rete di telecomunicazione.

Le tecnologie digitali – e in misura particolarmente intensa e pervasiva l’intelligenza artificiale – hanno carattere totalitario, perché investono in modo organico e con effetti di moltiplicazione sinergica la sfera del sociale, quella economica, il simbolico-immaginario e la comunicazione. La potenza di trasformazione del mondo materiale e di riconfigurazione di quello mentale e sociale, già evidente nell’era digitale, abbatte progressivamente i limiti al proprio dispiegarsi. Tutto è digitalizzato e tutto in prospettiva potrà intelligentizzarsi1.

Nell’era dell’intelligenza artificiale, la tecnologia è potere esercitato sulla sfera materiale e su quella biologica, su quella comunicativa e, non da ultimo, sull’immaginario: «la competizione geopolitica – in quanto lotta per il controllo della tecnologia – è perciò conflitto totale per il governo del sociale e del biologico, del mentale e del materiale. Il progetto di potenza è costretto a non avere limiti, proiettato nel post-umano della human augmentation e nelle conoscenze della cognitive warfare. Geopolitica totalitaria nelle sue forme, nei sui strumenti, nei suoi fini»2.

Indubbiamente nel panorama geopolitico presente e futuro uno dei terreni di scontro riguarda le reti di telecomunicazione mobile. Preso atto a metà dello scorso decennio del ritardo accomunato nei confronti della Cina nello sviluppo del 5G – assolutamente strategico per il settore produttivo, così come per i servizi, i trasporti ecc. –, per tentare di recuperare terreno gli Stati Uniti hanno risposto tentando di contenere la diffusione internazionale del 5G cinese e tagliando le forniture di tecnologia statunitense, soprattutto microchip, verso la Cina.

Il contenzioso attorno al 5G ha tutta l’aria di essere una prima schermaglia del conflitto che si scatenerà per il controllo del futuro 6G che rappresenta un vero e proprio cambio di paradigma. Le potenzialità offerte dal 6G, scrivono gli autori di Tecnologie dell’impero, potranno permettere a sensori e intelligenza artificiale di riorganizzere completamente il mondo fisico delle fabbriche e delle città (intelligence of everyhing). 6G mira a divenire una rete neuronale distribuita in grado di connettere intelligenza artificiale, sensori e capacità di calcolo fondendo i mondi fisico, biologico e cyber, a essere essa stessa un network cognitivo in grado di decentrare nei nodi della rete maggiore intelligenza e capacità di calcolo, integrando cloud computing ed edge computing (intelligence everywhre).

Se in passato si è guardato al cyberspazio globale come ad una superficie omogenea, la conflittualità che si sta dispiegando a livello planetario sta mettendo in luce come questa superficie si stia in realtà frammentando in placche tettoniche che potrebbero entrare in collisione. «Viviamo al contempo una guerra tecnologica e una rivoluzione tecnologica, sull’onda del sovvertimento sistemico annunciato dall’intelligenza artificiale: il sovrapporsi e l’alimentarsi a vicenda di guerra e rivoluzione rendono precaria ogni strategia e imprevedibile ogni sviluppo»3.


  1. Francesca Balestrieri, Luca Balestrieri, Tecnologie dell’impero. AI, quantum computing, 6G e la nuova geopolitica del potere, Luiss University Press, Roma, 2024, p. 11. 

  2. Ivi, p. 19 

  3. Ivi, p. 165. 

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Neurocapitalismo. Dalla sussunzione reale alla sussunzione vitale https://www.carmillaonline.com/2016/04/14/neurocapitalismo-dalla-sussunzione-reale-alla-sussunzione-vitale/ Wed, 13 Apr 2016 22:01:10 +0000 http://www.carmillaonline.com/?p=29643 di Giovanni Iozzoli

neurocapitalismo_coverGiorgio Griziotti, Neurocapitalismo. Mediazioni tecnologiche e linee di fuga, Mimesis, Milano – Udine, 2016, 260 pagine, € 20,00

Negli ultimi trent’anni la categoria marxiana della “sussunzione reale” è stata spesso utilizzata come cartina di tornasole per leggere materialisticamente molti passaggi epocali che l’avvio della rivoluzione tecnologica e la globalizzazione ci ponevano davanti. Nel suo ricchissimo Neurocapitalismo Giorgio Griziotti argomenta, con grande efficacia, l’avvenuto inveramento/superamento di quella stessa categoria: la transizione dalla sussunzione reale alla “sussunzione vitale”. L’epoca in cui la valorizzazione capitalistica riesce a mettere in valore non [...]]]> di Giovanni Iozzoli

neurocapitalismo_coverGiorgio Griziotti, Neurocapitalismo. Mediazioni tecnologiche e linee di fuga, Mimesis, Milano – Udine, 2016, 260 pagine, € 20,00

Negli ultimi trent’anni la categoria marxiana della “sussunzione reale” è stata spesso utilizzata come cartina di tornasole per leggere materialisticamente molti passaggi epocali che l’avvio della rivoluzione tecnologica e la globalizzazione ci ponevano davanti. Nel suo ricchissimo Neurocapitalismo Giorgio Griziotti argomenta, con grande efficacia, l’avvenuto inveramento/superamento di quella stessa categoria: la transizione dalla sussunzione reale alla “sussunzione vitale”. L’epoca in cui la valorizzazione capitalistica riesce a mettere in valore non solo le forme del lavoro e della cooperazione sociale, ma la vita stessa, nella sua intelligenza, nelle sue potenzialità relazionali, nel suo portato di desideri e aspettative, finanche nella sua nuda essenza.

Il Neurocapitalismo è la fase bio-cognitiva della valorizzazione: la connessione mente, corpo, dispositivi e reti appare inestricabile e definisce la onnipervadenza della mediazione tecnologica. Il soggetto, i suoi desideri, le sue potenzialità, sono integralmente “messi in valore” dentro la dimensione di iperconnessione globale in cui tutta l’umanità, dalle savane alla metropoli, con gradi differenti, è ormai pienamente immersa.
Per scrivere un testo così necessitavano due condizioni: una grande competenza scientifica sulle rivoluzioni tecnologiche in atto da 30 anni e una mai spenta propensione verso la prospettiva della liberazione anticapitalistica; la biografia dell’autore, militante autonomo nel 77 milanese e poi ingegnere per grandi multinazionali delle comunicazioni, risponde a entrambe queste condizioni (ce ne fossero di più di “rossi ed esperti”, in un’epoca in cui scarseggiano gli uni e gli altri…).

Griziotti parte dalle categorie marxiane classiche – la “sussunzione reale”, il general intellect, la scienza come forza produttiva centrale e la legge del valore/lavoro come orizzonte in perenne forzatura, quindi il Marx dei Gundrisse e del “Frammento sulle macchine” (che come tutti i testi profetici si è prestato in 100 anni a ogni genere di interpretazione) – per connettere queste macro categorie ai mutamenti concreti, tecnologici, che hanno scandito l’egemonia della meta macchina informatica. E (passaggio non scontato) come tutte queste soglie tecnologiche abbiano segnato i grandi eventi politico-economici a cavallo dei due secoli: la fine del sistema di Bretton Woods, l’avvio della rivoluzione liberista, l’egemonia del capitale finanziario, la sconfitta operaia in occidente e la gigantesca ridislocazione della divisione internazionale del lavoro che – proprio grazie alla rivoluzione tecnologica – consente la convivenza della vecchia produzione di massa nelle periferie del mondo (mai così tanti operai nella storia) con le nuove forme dello sfruttamento “cognitivo”, quello in cui, appunto, non le braccia ma l’intelligenza, le attitudini cooperative, il sapere sociale consolidato dentro l’esperienza singolare dell’umano, costituiscono la base moderna di estrazione del plusvalore.

Ben narrata, anche per i profani, è la lunga sequenza storica che porta il capitalismo cognitivo ad appropriarsi del movimento del freesoftware e dell’innovazione che l’intelligenza socialmente diffusa è in grado di produrre solo se libera: una dinamica appropriativa che parte dall’epopea di Unix, il primo grande sistema operativo (sviluppato dal basso) e arriva fino alla persistente e raffinata capacità di captazione dei grandi gruppi, a partire da quello di Steve Jobs, che continuano a “recintare” e mettere in valore ciò che nasce come sapere comune.

La storia del capitalismo, ricorda Griziotti, è da sempre il tentativo di “sussumere” saperi e qualità del lavoro vivo dentro la Macchina, fin dal tempo dei telai a vapore; con l’elettronica, negli anni 60/70 il passaggio segna un salto di qualità (simboleggiato dalla macchina a Controllo Numerico e dalle prime linee automatizzate), con l’uomo che cede alla macchina parte dei suoi saperi e si sposta “al fianco” del processo produttivo, con una funzione di sorveglianza e controllo. Da lì, anche sulla spinta del conflitto operaio, si innesterà la formidabile rivoluzione delle comunicazioni nell’ultimo trentennio: un salto quantico nella messa in valore dei saperi, del linguaggio, dei sensi e finanche della sfera emozionale.

La tesi dell’autore è che le nuove tecnologie – nella loro devastante capacità di impatto sull’umano – vadano oltre la dialettica storica macchina/lavoro vivo e definiscano una rivoluzione antropologica in cui viene demolita e rifondata l’essenza stessa della soggettività e ridefinito il bios, la nuda vita. In quest’epoca non solo viene a mancare la tradizionale distinzione tra lavoro e non lavoro, sfera produttiva e non produttiva, non solo la giornata lavorativa si diluisce in un continuum in cui sei perfettamente produttivo anche mentre gironzoli sui social, alimentando i colossali big data che lavorano sui nostri desideri e su come trasformarli in input compulsivi, ma è il confine tra umano e macchina che tende a sfumare: dove finisce e dove comincia la nostra mente/coscienza, dentro l’immersione nel flusso della bioiperconnessione continua? C’è “qualcuno” dentro e distinto da questo flusso? E che cos’è propriamente l’umano, dentro questo scenario, appunto post-umano?
Domande terribili. L’autore cerca di sottrarsi al consueto schieramento tra apocalittici e integrati: tra gli ottimisti che da 20 anni vedono un potenziale di liberazione nella rivoluzione tecnologica (le macchine lavoreranno al posto nostro e noi svilupperemo le facoltà umane liberi dall’assillo del lavoro) e quelli che temono un’irreversibile dittatura digitale totalizzante ormai in atto. Per l’autore il terreno dello scontro è il capitalismo cognitivo, così come è storicamente dato, e anche nel cybertempo e nel cyberspazio continuamente rimodificati dal potere, non possiamo sottrarci a questo terreno, nella necessità di costruire sempre nuove “vie di fuga” in cui un sapere cooperante e costituente, riesca a sottrarsi al comando e alla valorizzazione. Non se ne vedono grandi segnali, al momento, solo qualche potenzialità. Il vecchio militante degli anni 70 ricorda il devastante impatto dell’eroina sui movimenti e lo paragona all’effetto alienante della connessione continua che dà un’illusione di apertura globale e invece isola l’individuo dalla realtà e dalla prossimità umana, nella più brutale delle alienazioni.

L’ultima sezione del libro, la più problematica, è quindi dedicata all’organizzarsi: esistono percorsi e processi reali e attuali, attraverso cui il comune, la cooperazione diffusa, possono riappropriarsi della loro autonomia? Lo scenario è desolato. Nomadismi esistenziali, perenni attraversamenti verso il nulla, che rifiutano le appartenenze (o si rifugiano in quelle più effimere), disegnano un individuo senza approdi nella sfera bio-ipermediatica, dai sensi perennemente saturi, dentro uno spazio tempo continuamente ridefinito da algoritmi e automatismi di sistema studiati per classificare e valorizzare miliardi di singolarità e le loro pratiche.

L’autore sa bene che senza conflitto, le potenzialità del comune (soprattutto sui temi centrali dell’energia e della comunicazione) non si libereranno mai, alla faccia dei profeti alla Rifkin che narrano di transizioni dolci e dell’avvento inevitabile del mondo nuovo dell’abbondanza, della sharing economy e della conoscenza comune.
Ma cosa c’è nell’agenda del presente, come si organizza il lavoro salariato oggi, mentre permangono le sue vecchie modalità di prestazione lavorativa? L’operaio fordista assumeva nella sua figura un intero ciclo di emancipazione ed egemonizzava un largo spettro di figure: programma e composizione di classe marciavano insieme, ma oggi, quale settore di “proletariato cognitivo” è in grado di ripercorrere la moderna filiera del valore – dal facchino al programmatore? E’ il problema dei problemi dell’oggi: la definizione di una nuova cartografia dei soggetti reali in cui “infilare le mani”, al di là delle macro-narrazioni sistemiche.

Decenni di conricerca, l’antica grana operaista, la passione del militante e il sapere accumulato “sul campo”, rendono il lavoro di Griziotti ricco, denso e utile. Neurocapitalismo è un libro poderoso, che apre squarci nuovi e allo stesso tempo produce giusta sintesi su quella che ormai è una massa sterminata di letteratura sulle derive del capitalismo cognitivo.

Mentre mezza Europa si interroga terrorizzata sulla possibile “sottomissione” alla Houellebecq (moloch sapientemente agitato per terrorizzare i popoli europei), così poco ci preoccupiamo della “sottomissione reale” (sinonimo della sussunzione) della nostra esistenza alla merce e al profitto, ormai totalmente dispiegata in ogni ambito della nostra esperienza quotidiana e del nostro spazio-tempo. Nessuna sharia potrebbe condizionarci più brutalmente. Più che un futuro a centralità teocratica, si intravede un orizzonte di nichilismo tecnologico efficacissimo, iperproduttivo e disperato.

 

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