Riforme – Carmilla on line https://www.carmillaonline.com letteratura, immaginario e cultura di opposizione Mon, 28 Apr 2025 21:45:11 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.9.26 Per un pugno di euro https://www.carmillaonline.com/2020/07/26/per-un-pugno-di-euro/ Sun, 26 Jul 2020 20:00:17 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=61599 di Alessandra Daniele

Sembra ieri che cercavamo di vendere le arance ai cinesi. Cosa abbiamo venduto stavolta? Ci sono stati promessi 209 miliardi fra prestiti e sussidi condizionati. Però sarà l’Unione Europea a decidere come dovremo spenderli. Di fatto, sarà la Commissione UE a scrivere tutte le nostre prossime leggi di Bilancio, e tutte le nostre riforme strutturali. Abbiamo venduto il paese. Ma non piangiamoci sopra, è una patacca. Cade a pezzi. Le strutture portanti sono marce. Ogni volta che piove si allaga. Gli scarichi vomitano merda. Gli impianti sono tutti fradici. È pieno di sorci. Sì, la zona è centrale [...]]]> di Alessandra Daniele

Sembra ieri che cercavamo di vendere le arance ai cinesi.
Cosa abbiamo venduto stavolta?
Ci sono stati promessi 209 miliardi fra prestiti e sussidi condizionati.
Però sarà l’Unione Europea a decidere come dovremo spenderli.
Di fatto, sarà la Commissione UE a scrivere tutte le nostre prossime leggi di Bilancio, e tutte le nostre riforme strutturali.
Abbiamo venduto il paese.
Ma non piangiamoci sopra, è una patacca.
Cade a pezzi. Le strutture portanti sono marce.
Ogni volta che piove si allaga. Gli scarichi vomitano merda.
Gli impianti sono tutti fradici. È pieno di sorci.
Sì, la zona è centrale e il panorama è bello, ma l’immobile in sé è una sòla. Una fregatura. Da ristrutturare completamente, se ci si riesce.
In Europa s’accorgeranno che proprietà fatiscente si sono accollati.
A noi rimane l’usufrutto: possiamo continuare ad abitarci. Per adesso.
I politici nostrani già si scannano per la gestione e la distribuzione locale dei fondi europei. Il loro misero potere clientelare aumenterà per un po’, ma politicamente non conteranno più un cazzo. Già contavano pochissimo anche prima, adesso non saranno che passacarte, squallidi traffichini completamente intercambiabili.
Il vero potere decisionale sarà definitivamente altrove. In Europa.
I magistrati antimafia ci avevano avvertito: i cravattari approfitteranno della crisi economica causata dal Covid-19 per appropriarsi delle aziende in difficoltà. Ma l’Italia era già fallita comunque.
Diventerà un bed and breakfast gestito dall’Unione Europea, e noi un popolo di camerieri, cuochi, guide turistiche e posteggiatori che lavorano per vitto e alloggio.
Grazie presidente Conte.
Davvero non si poteva fare di meglio.

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Loopers https://www.carmillaonline.com/2019/10/13/loopers/ Sun, 13 Oct 2019 20:00:26 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=55260 di Alessandra Daniele

Looper1Se c’era una cosa sulla quale gli elettori il 4 marzo 2018 erano stati chiari è quanto si fossero rotti i coglioni di Renzi. L’attuale governo Conte bis è appeso per le palle ai capricci di Renzi, e del suo fan club, il PD bis. The dead don’t die. Italia Semiviva non esiste al di fuori del parlamento. Lapidi Uguali dei precedenti scissionisti Bersani e D’Alema ha il 3%. Oggi sono di nuovo tutti insieme al [...]]]> di Alessandra Daniele

Looper1Se c’era una cosa sulla quale gli elettori il 4 marzo 2018 erano stati chiari è quanto si fossero rotti i coglioni di Renzi.
L’attuale governo Conte bis è appeso per le palle ai capricci di Renzi, e del suo fan club, il PD bis.
The dead don’t die.
Italia Semiviva non esiste al di fuori del parlamento. Lapidi Uguali dei precedenti scissionisti Bersani e D’Alema ha il 3%. Oggi sono di nuovo tutti insieme al governo col PD. E il M5S, che li ha chiamati zombie per dieci anni.
Il voto è una pippa. Perciò vogliono darlo ai ragazzini.
Reclutare i minorenni come ultima risorsa: ci aveva provato anche il Terzo Reich.
Se le elezioni sono inutili, gli eletti sono, per loro esplicita corale ammissione, addirittura dannosi: questa settimana le camere hanno approvato per acclamazione l’auto-riduzione dei parlamentari, propagandata come una salutare disinfestazione. Una derattizzazione improrogabile.
Questo, firmato Casaleggio, è già il terzo tentativo di sfoltire il parlamento dopo quello berlusconiano e quello renziano, entrambi respinti da un referendum costituzionale.
I capibastone continuano a provarci, millantando propositi redentori, perché in realtà un parlamento più maneggevole ed economico è proprio quello che gli serve. Minima spesa, massima resa.
E poi ogni riforma consente a tutta la classe politica di rimettersi a discutere d’uno dei suoi argomenti preferiti di sempre: la legge elettorale.
Era il tema delle mie prime Schegge Taglienti del 10 gennaio 2008, e già allora era un tormentone pluridecennale:

Molti si chiedono quali reali esiti pratici possa avere spendere ancora tempo e risorse nell’ennesimo dibattito sulla legge elettorale.
La risposta è in questo passo poco noto del Vangelo.
“Allora Ponzio Pilato chiese alla folla di scegliere tra Gesù e Barabba, e subito la folla si divise.
Metà chiedeva di votare col sistema uninominale secco, l’altra metà preferiva il proporzionale con sbarramento al 3%.
Allora Ponzio Pilato chiese alla folla di scegliere con quale sistema scegliere,
e subito la folla si divise.
Metà chiedeva una raccolta di firme per un referendum propositivo, l’altra metà preferiva una legge costituzionale da sottoporre a referendum abrogativo.
Allora Ponzio Pilato chiese alla folla di scegliere con quale sistema scegliere il sistema col quale scegliere, e subito la folla si divise.
Metà chiedeva l’istituzione d’una commissione apposita, l’altra metà preferiva il televoto.
Allora Ponzio Pilato guardò Gesù e Barabba, e lanciò una moneta.
Uscì croce”.

Siamo prigionieri d’un timeloop. L’ho già detto? Ho già detto che l’ho già detto? E grazie al cazzo, è un timeloop.
A questo punto, propongo di sfruttarlo per un ulteriore taglio dei parlamentari: ognuno di loro, appena eletto, per occupare il proprio seggio dovrà uccidere il se stesso del futuro, come nel film Looper. Questo garantirà il limite del mandato singolo, e l’abolizione totale e definitiva dei vitalizi.

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Rosa Luxemburg e la rivoluzione impossibile https://www.carmillaonline.com/2019/06/09/luxemburg-rivoluzione-impossibile/ Sat, 08 Jun 2019 22:02:16 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=52900 di Fabio Ciabatti

In un periodo come quello attuale in cui è più facile immaginare la fine del mondo che la fine del capitalismo può essere utile riprendere le parole di Rosa Luxemburg a proposito della rivoluzione:

“non esiste nulla di più inverosimile, di più impossibile, di più fantasioso di una rivoluzione un’ora prima che scoppi. Non esiste nulla di più semplice, di più naturale e di più evidente di una rivoluzione nel momento in cui ha sferrato la sua prima offensiva e ha riportato la sua prima vittoria”.

A partire da queste [...]]]> di Fabio Ciabatti

In un periodo come quello attuale in cui è più facile immaginare la fine del mondo che la fine del capitalismo può essere utile riprendere le parole di Rosa Luxemburg a proposito della rivoluzione:

“non esiste nulla di più inverosimile, di più impossibile, di più fantasioso di una rivoluzione un’ora prima che scoppi. Non esiste nulla di più semplice, di più naturale e di più evidente di una rivoluzione nel momento in cui ha sferrato la sua prima offensiva e ha riportato la sua prima vittoria”.

A partire da queste righe dedicate agli avvenimenti russi del 19171 si potrebbe dire, utilizzando un linguaggio che non appartiene alla Luxemburg, che la rivoluzione si configura come evento. Cos’è un evento? Seguiamo Badiou. Si tratta di un immanente rovesciamento delle leggi dell’apparire che ha come conseguenza di far esistere in una data situazione un termine prima inesistente. Si tratta, in altri termini dell’imprevedibile inizio di una rottura che si impone su tutti gli elementi che contribuiscono a creare la sua esistenza.2 Detto in modo ancora diverso, un evento è ciò che porta alla luce nuove possibilità che prima erano invisibili e addirittura impensabili. Non è in sé stesso la creazione di una nuova realtà, ma soltanto la creazione di una imprevista possibilità, ponendo in essere nuove soggettività e dando il via ad una serie di avvenimenti che aprono una nuova sequenza storica.3

Come noto il pensiero della Luxemburg è stato spesso accusato di spontaneismo. Però, se si può applicare, almeno in parte, la categoria di evento alla sua opera, allora parlare di spontaneismo non è la cosa più appropriata. Certo l’autrice contrappone spesso l’attività spontanea delle masse e la loro capacità di innovare la prassi politica all’inerzia e alla funzione frenante del partito e del sindacato. Ma se volessimo parlare in senso proprio di spontaneità dovremmo presupporre un tipo di comportamento che appartiene ad un soggetto come suo necessario attributo. Nel mettere in atto questo modo di agire il soggetto dovrebbe rimane identico sé stesso. Quello che compare nello sciopero di massa e nella rivoluzione si configura, invece, nello spirito della Luxemburg, come un vero e proprio “termine nuovo”. Il soggetto proletario si trasforma profondamente nel corso dell’evento rivoluzionario negando quell’incapacità di autogoverno delle masse sostenuta tanto dal socialdemocratico Kautsky quanto dal bolscevico Lenin, concordi nell’affermare che il socialismo va portato alla classe operaia dall’esterno. Attenzione però. Per la Luxemburg allo scoppio della rivoluzione non compare istantaneamente un soggetto bello e pronto per impadronirsi del potere e instaurare il socialismo. La rivoluzione rende visibile questa possibilità “estirpando dalle radici … lo spirito schiavistico” proprio della disciplina “inculcata dallo Stato capitalistico”.4 In sintesi, la rivoluzione fa parte del costituirsi del soggetto.

Non esiste, in altri termini, un soggetto che nella sua conformazione prerivoluzionaria sia in grado di innescare e portare avanti un’azione rivoluzionaria. Non esiste, cioè, un termine che, mantenendosi identico a se stesso, possa costituire la mediazione tra il prima e il dopo. E questo vale tanto per il soggetto sociale, il proletariato, quanto per il soggetto politico, il partito. Per questo non è raffigurabile una prassi/processo che per mero accumulo possa costituire la transizione da un periodo “normale” a uno rivoluzionario.
Una simile tematica è in continuità con quanto sostenuto da Marx: “la rivoluzione non è necessaria soltanto perché la classe dominante non può essere abbattuta in nessun’altra maniera, ma anche perché la classe che l’abbatte può riuscire solo in una rivoluzione a levarsi di dosso tutto il vecchio sudiciume e a diventare capace di fondare su basi nuove la società”.5

Torniamo a Rosa Luxemburg. “La prassi del socialismo esige una totale trasformazione dello spirito delle masse degradato attraverso i secoli di dominio della classe borghese”. Ciò che accade nella tormenta del periodo rivoluzionario è appunto il fatto che il proletario si modifica “da padre di famiglia prudente”, a “romantico della rivoluzione”.6 In sintesi secondo la rivoluzionaria polacca il soggetto proletario prima dello scoppio rivoluzionario si presenta come degradato, polverizzato, sbriciolato, dominato, egoista, prudente, passivo; dopo, svegliato improvvisamente da una sorta di scossa elettrica, si trasforma in un soggetto unitario, attivo, solidale, idealista, insofferente verso le sue catene. Attraverso l’unità e la perfetta reciprocità di lotte economiche e lotte politiche, per mezzo della politicizzazione dei bisogni immediati della vita quotidiana il proletariato diventa in grado di “sentire immediatamente come questione generale, come faccenda di classe ogni questione di un qualunque piccolo gruppo di operai e di reagire istintivamente come un tutto”.7
Se questo scarto vale per il proletariato, possiamo invece invocare l’esistenza dell’organizzazione politica come elemento mediatore che rimane identico a se stesso prima e dopo il periodo della tormenta? Secondo Rosa Luxemburg la funzione del partito nei periodi rivoluzionari soggiace intrinsecamente a forti limitazioni. Il partito non può stabilire l’inizio della rivoluzione: troppo complessi sono i fattori che portano da un conflitto singolo a un’esplosione generalizzata. Ma c’è di più. Il partito non può, in senso proprio, dirigere una rivoluzione perché un programma, anche il migliore, può contenere solo indicazioni generali di carattere essenzialmente negativo e non la miriade di provvedimenti positivi per introdurre elementi di socialismo nei rapporti sociali. Siamo lontani dalla convinzione di Lenin per il quale “La dottrina di Marx è onnipotente perché è giusta”.8
E’ vero che il rapporto tra masse partito nei diversi scritti subisce delle oscillazioni. Ripetutamente la Luxemburg sostiene che la socialdemocrazia deve prendere la leadership politica durante un periodo rivoluzionario. In altri brani si sottolinea invece la capacità del movimento di massa di creare la propria organizzazione nel corso degli eventi rivoluzionari. In ogni caso “l’iniziativa e la direzione non consistono nel comandare a freddo, ma nell’adattamento più accorto possibile alla situazione e nel contatto più stretto possibile con le disposizioni della massa”.9
Una cosa è però certa: le organizzazioni della classe operaia sono soggette a una necessaria dialettica che vede la costante tensione tra un riformismo di massa e un’ortodossia settaria. Le deviazioni opportunistiche, infatti, “non scaturiscono dal cervello degli uomini ma dalle condizioni sociali”,10 e per questo non possono essere evitate ma solo superate. Il socialismo “non si afferma automaticamente in ogni circostanza della lotta quotidiana della classe operaia”.11 Le organizzazioni della classe operaia si modellano sull’attività ordinaria finendo per acquisire un ruolo conservatore che si esplica nel rielaborare di continuo le piattaforme già acquisite. L’organizzazione da mezzo diventa fine che, per autoconservarsi, favorisce la cieca obbedienza delle masse e la direzione di un ceto di professionisti, mentre viene messa a rischio dalla mobilitazione rivoluzionaria delle masse.
Simili conclusioni potrebbero essere contestate se si potesse ipotizzare una catena continua di riforme che porta al socialismo. Cosa che la Luxemburg nega recisamente. Se è vero che la crescente socializzazione dell’economia capitalistica contiene in nuce elementi di socialismo, è altrettanto vero che questi elementi si manifestano attraverso l’esasperazione di antagonismi di classe e l’inasprimento del carattere classista dei rapporti giuridico-politici. La borghesia, sostiene l’autrice, rinnega la democrazia non appena diventa permeabile alle istanze popolari.
Al contrario, per il proletariato salito al potere la democrazia è un elemento vitale. “La democrazia socialista non comincia solo nella Terra promessa, dopo che è stata creata la sottostruttura dell’economia socialista, non è un regalo natalizio bello e pronto per il bravo popolo che nel frattempo avrà fedelmente sostenuto un manipolo di dittatori socialisti. La democrazia socialista …. comincia nel momento della presa del potere da parte del partito socialista”.12 Ma se quello che abbiamo fin qui detto è vero né le masse né il partito possono essere pronti per la rivoluzione prima della rivoluzione. Questa dunque, quando scoppia, è sempre “prematura”. Durante una rivoluzione bisogna sempre spingersi avanti, non indugiare a metà strada altrimenti ci si consegna alla reazione. Affinché ciò sia possibile è necessario preservare quella libertà che è sempre libertà di chi la pensa diversamente. Non si tratta di “fanatismo della ‘giustizia’”,13 ma della convinzione che l’aspetto creativo, soprattutto durante una periodo rivoluzionario, è appannaggio delle masse. La rivoluzione proletaria può procedere soltanto attraverso sperimentazioni, errori, sconfitte.

L’insistenza della Luxemburg sulla capacità di avanzare attraverso le sconfitte mette in evidenza un elemento di continuità che va ad integrare il carattere evenemenziale della rivoluzione. Esiste un legame tra le diverse esplosioni rivoluzionarie anche se sono separate da periodi di apparente calma o di reazione. Con un’osservazione dal tono benjaminiano la rivoluzionaria polacca afferma: “Tutte le infinite sofferenze del proletariato moderno rievocano il ricordo delle vecchie sanguinanti ferite”.14 Viene qui evocato un vissuto collettivo proprio degli sfruttati, una memoria latente degli oppressi, un sostrato comune dal quale possono avviarsi percorsi condivisi di trasformazione soggettiva. Tutto ciò risulterebbe impensabile se non si presupponesse una rigidità dei rapporti sociali di produzione tale da rendere possibile un sentimento, per quanto vago, di un comune destino, una percezione condivisa dell’impossibilità di sottrarsi ai rapporti di sfruttamento e oppressione.
E’ questa stessa rigidità dei rapporti sociali di produzione che giustifica anche la necessità della rivoluzione. Ma necessità non significa inevitabilità. La rivoluzione è necessaria soltanto nella misura in cui si vuole evitare di cadere nel baratro cui ci conduce inerzialmente lo sviluppo capitalistico. Il capitalismo, infatti, tende al crollo una volta assorbite le aree non capitalistiche. Il crollo economico è però soltanto un punto logico di approdo, prima arriva la barbarie dell’imperialismo e della guerra, strumenti necessariamente utilizzati dalla borghesia per ritardare l’arresto dell’accumulazione capitalistica. In altri termini l’unica certezza che non può essere messa in discussione è l’alternativa tra socialismo e barbarie.

In conclusione veniamo ai nostri giorni per sottolineare il fatto che la richiamata impossibilità di pensare la fine del capitalismo non potrebbe presentarsi con tanta forza se non si accompagnasse alla radicata convinzione relativa all’incapacità di autotrasformazione dei soggetti potenzialmente interessati a tale fine. Al massimo, in una logica populista, si riesce a pensare ad una sommatoria di rivendicazioni portate avanti da gruppi sociali che rimangono essenzialmente separati, chiusi nel particolarismo delle rispettive identità. Pensiamo ad una parola d’ordine come “prima gli italiani”. Ti manca la casa, sei disoccupato, ti sfruttano sul lavoro: ognuno può interpretare questa parola d’ordine pensando alla sua situazione particolare proprio perché si tratta di una parola d’ordine vuota. L’identificazione di una causa fittizia dei problemi sociali permette di prefigurare cambiamenti per i quali non è necessario modificare i rapporti di forza tra capitale e lavoro, rivendicare alcun cambiamento nella distribuzione della ricchezza tra le classi, invocare alcun nuovo indirizzo di politica economica. E di conseguenza l’unità costruita attraverso questo significante egemonico vuoto non richiede alcuna effettiva mobilitazione, tanto meno la concreta solidarietà tra i gruppi portatori di differenti istanze rivendicative. E’ sufficiente un leader carismatico.
E’ possibile utilizzare questo schema coniugandolo a sinistra, come vorrebbero due autori quali Laclau e Mouffe? Tale possibilità riposa sull’idea che una simile sommatoria di interessi possa modificare i fondamentali rapporti di forza nella società. Ma affinché ciò sia possibile occorre interpretare i rapporti sociali di produzione come estremamente elastici. Da questo punto di vista, non esistono, in senso proprio, meccanismi cogenti di funzionamento del sistema. Esisterebbero soltanto delle combinazioni contingenti di interessi dei diversi gruppi politico-sociali che possono dare luogo a configurazioni estremamente differenziate e modificabili. In questa ottica, l’articolazione dei gruppi sociali è per sua natura frammentaria, determinata da una logica tutta politica. Non esisterebbe dunque un sistema in senso proprio che possa configurare un principio di continuità tra i gruppi sociali subalterni, un sistema che possa obbligare gli oppressi e gli sfruttati a un salto di qualità nella loro capacità di confliggere con l’ordine esistente in ragione dei limiti connaturati alle possibilità di trasformazione interne al sistema stesso.

Solo se si riconosce una necessità socialmente determinata, le leggi di sviluppo del capitalismo, diventa ipotizzabile un evento che apre nuove possibilità. Se tale necessità non viene riconosciuta le possibilità sembrano già essere tutte aperte, senza bisogno di modificare alcunché della sostanza dei comportamenti sociali quotidiani. Ma il fatto di non riconoscerla non significa che non esiste. Per questo credo che occorra ancora indagare, sulla scia di Rosa Luxemburg, come il particolare (il singolo conflitto) si possa sollevare al livello dell’universale (lo sciopero generale) attraverso una prassi che trasforma e unisce i soggetti coinvolti, piuttosto che mettersi alla ricerca di un universale (il significante egemonico) che possa essere rabbassato al livello del particolare (la singola rivendicazione) attraverso un’operazione ideologica che lascia inalterati, separati e passivi i soggetti coinvolti. La seconda via potrà forse sembrare più semplice, ma configura comunque una strategia di presa di potere dall’alto. Rosa Luxemburg invece suggerisce una via diversa: “conquistare il potere politico non dall’alto ma dal basso”.15 Oggi potrà sembrare impossibile e fantasioso, domani potremmo considerare questa via come qualcosa di semplice e naturale.

[L’articolo pubblicato è la relazione tenuta in occasione del convegno “Rosa Luxemburg … la rosa rossa era, è e sara”, organizzato a Roma il 25 maggio dal gruppo Devianze, attivo all’interno dei COBAS Lavoro Privato. Il medesimo gruppo sta organizzando un secondo appuntamento dedicato alla rivoluzionaria polacca per Ottobre 2019, sempre a Roma. Al momento hanno confermato la partecipazione: Chiara Giorgi (docente di Storia delle istituzioni politiche) e Maria Turchetto (docente di Storia del pensiero politico).]


  1. Rosa Luxemburg, La rivoluzione russa, Prospettiva, Roma 1997, p. 18. 

  2. Su questo tema si può per esempio vedere, tra i tanti testi di Alain Badiou, L’ipotesi comunista, Cronopio, Napoli 2011 e, in particolare il capitolo III, “La Comune di Parigi: una dichiarazione politica sulla politica”. 

  3. Per una sintesi sul pensiero di Alain Badiou cfr. il libro intervista Philosophy and the Event, Polity Press 2013. 

  4. R. Luxemburg, “Problemi di organizzazione della socialdemocrazia russa”, in Scritti politici, Editori Riuniti, Roma 1967, p. 224. 

  5. Karl Marx, L’ideologia tedesca, Editori Riuniti, Roma 1991, p. 29. 

  6. R. Luxemburg, “Sciopero di massa, partito e sindacati”, in Scritti politici, ed cit. p. 335. 

  7. R. Luxemburg, “Sciopero di massa, partito e sindacati”, ed cit., p. 346. 

  8. Lenin, “Tre fonti e tre parti integranti del marxismo”, in Marx, Engels e il marxismo, Newton Compton Editori, Roma 1973, p. 75. 

  9. R. Luxemburg, “Sciopero di massa, partito e sindacati”, ed. cit., p. 334. 

  10. R. Luxemburg, “Problemi di organizzazione della socialdemocrazia russa”, ed. cit, p. 235. 

  11. R. Luxemburg, Riforma sociale o rivoluzione?, Prospettiva, Roma 1996, pp. 45-46. 

  12. R. Luxemburg, La rivoluzione russa, ed. cit, p. 68. 

  13. R. Luxemburg, La rivoluzione russa, ed. cit, p. 68. 

  14. R. Luxemburg, “Sciopero di massa, partito e sindacati”, ed cit., p. 315. 

  15. R. Luxemburg, “Discorso sul programma”, in Scritti politici, ed. cit., p. 630. 

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Quindici anni fa. Solo quindici https://www.carmillaonline.com/2018/04/05/quindici-anni-solo-quindici/ Thu, 05 Apr 2018 21:30:49 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=44564 di Giovanni Iozzoli

Nei giorni scorsi hanno commemorato l’anniversario della morte di Marco Biagi. Non ci avevo pensato, me ne sono ricordato solo la sera, guardando il Tg mentre cenavo. Sono rimasto un po’ interdetto vedendo le immagini di repertorio – il senso malinconico e inafferrabile del tempo che passa, delle immagini che si sgranano, dei morti che vengono periodicamente rievocati (nel caso di Biagi, pervicacemente, per l’uso abusivo del suo nome in relazione alla famigerata legge 30) e dei vivi sepolti e innominati, di cui nessuno sa più niente e nessuno vuol più sentire parlare. Morti e vivi nella medesima [...]]]> di Giovanni Iozzoli

Nei giorni scorsi hanno commemorato l’anniversario della morte di Marco Biagi. Non ci avevo pensato, me ne sono ricordato solo la sera, guardando il Tg mentre cenavo. Sono rimasto un po’ interdetto vedendo le immagini di repertorio – il senso malinconico e inafferrabile del tempo che passa, delle immagini che si sgranano, dei morti che vengono periodicamente rievocati (nel caso di Biagi, pervicacemente, per l’uso abusivo del suo nome in relazione alla famigerata legge 30) e dei vivi sepolti e innominati, di cui nessuno sa più niente e nessuno vuol più sentire parlare. Morti e vivi nella medesima linea di nebbia, foschia, ombra e indefinitezza.

Dov’ero io quando spararono a Biagi? Boh. Non mi ricordo. Nella fabbrichetta in cui sono ancora oggi, suppongo. Una sera di quasi primavera, in cui esci che c’è ancora luce. Ricordo bene, invece, che il sindacato ci chiese il giorno dopo di scioperare, per un’ora, “in difesa della democrazia”. La rivendicazione non era ancora arrivata ma tutti intuivano il senso di quelle pistolettate. Io, da delegato, durante la pausa caffè, dissi chiaro chiaro ai miei colleghi che non avrei scioperato – chi aveva voglia poteva anche farlo. Mi sarebbe sembrata un’intollerabile ipocrisia assumere un’altra posizione: per quanto sconosciuto al grande pubblico, si sapeva che Biagi era uno dei tecnici, consulenti e professori che avevano dedicato gli ultimi anni della loro esistenza a trovare il modo più efficace di licenziarmi e smontare diritti e tutele di una vita già abbastanza povera di entrambi. Perché avrei dovuto scioperare? La democrazia, per noi, era la difesa intransigente dell’art. 18 (ingenui sognatori, allora eravamo convinti che l’avremmo pure mantenuto). Delle “nuove BR” sapevo poco. Da vecchio militante, non avevo amato quelle “storiche” e non capivo quelle “nuove” – il senso di questa coazione a ripetere così cerebrale, questa costruzione tanto artificiosa da apparire prepolitica, testardamente idealistica, tenere in vita “l’idea della lotta armata” senza che la società ne rivendicasse in alcun modo la necessità. Quello era il 2003. Quindici anni fa.

Le immagini dei TG, nei filmati di repertorio, ripropongono frammenti della scena del crimine. Mostrano fogge, acconciature e abiti non più consueti: possibile che in 15 anni sia cambiato tutto? Sembrano facce fuori tempo, fuori stagione. Che stranezza. Dopo che il nucleo neo-brigatista venne sgominato, nell’operazione che condusse alla morte di Mario Galesi e del sovrintendente Emanuele Petri, emerse un’idea più chiara sulle ragioni dell’omicidio Biagi. Quell’anonimo professore non era stato scelto per il suo “ruolo di punta nei processi di ristrutturazione del mercato del lavoro”. E il ministro Scajola, con la sua franchezza da potente arrogante, ricordò a tutti l’opinione di governo sul suo peso di consulente (c’era una folla di giuslavoristi-questuanti, in fila davanti alle porte dei centri studi di Confindustria e del Ministero del Lavoro, in quegli anni). No, l’anonimo Biagi venne scelto, tra diversi, solo perché era un obiettivo relativamente facile, senza scorta, senza rischi, sul quale si poteva inscenare un’operazione a colpo sicuro, quasi una esercitazione militare – con tutto il fecondo strascico politico da mettere in valore. Una cosa schifosa. Scegliere “quella” vittima solo perché indifesa. Certo, qualche collega mi avrebbe fatto notare che anche loro, gli operai, erano in qualche modo indifesi davanti alle macchinazioni infernali dei “riformisti” – agli ammonimenti dei tecnici di Bruxelles, agli editoriali del «Corriere», ai ddl anti-operai depositati a grappolo in Parlamento. Ma la cosa non mi evocava facili equiparazioni. Un uomo indifeso è tale, al di là di quello che custodisce nella valigetta.

Quindici anni. Come passa il tempo. Molti dei colleghi che quel giorno scelsero di non scioperare (ah, ecco, ricordo: non scioperò nessuno) non ci sono più, approdati alla faticosa e agognata pensione, ognuno nella condizione che il tempo gli ha permesso, tra acciacchi, disillusioni e calcoli cervellotici. Gli altri sono ancora lì, in fabbrica, a contarsi gli spiccioli in tasca. Gli aumenti in paga oraria, negli ultimi rinnovi contrattuali, sono stati sostituiti da buoni benzina e altri moderni “benefit”. Gli anni sono passati come una schiacciasassi sulle vite della piccola gente: e l’esercito dei riformisti non ha fatto prigionieri – tutti, centro destra, centro sinistra, tecnici, rottamatori, tutti hanno provveduto scrupolosamente a bonificare quelle “sacche di socialismo” (cfr. Cossiga, buonanima) rappresentate da quella che era la nostra residua dotazione di diritti e poteri. Siamo stati sgominati anche noi – anche se non eravamo propriamente un nucleo, ma una cospicua massa di uomini e donne, illusi dalla convinzione che, tutto sommato, data la perdurante ostinata buona condotta, i padroni e i loro ascari non avrebbero infierito ancora e ancora e ancora sulla nostra condizione.

No, non sciopererei neanche oggi. Né mi auguro il ritorno di vendicatori e vittime. Mi piacerebbe, però, che esistesse un tempo e un luogo in cui, se non proprio “caro e tutto”, riuscissimo comunque a far pagare qualcosa a qualcuno. Ma anche questo della resa dei conti è un tema puerile, un barlume di consapevole impotenza, probabilmente un inizio di senilità.

Nadia Desdemona Lioce, ergastolana, è sotto processo per aver sbattuto una bottiglietta di plastica sulle grate della sua cella – una specie di disturbo della quiete carceraria, o qualcosa del genere. Protestava perché il suo 41 bis le impedisce di detenere troppe carte, penne, libri. Le impedisce di comunicare, di parlare, di scrivere, le impedisce tutto – tranne il diritto di impazzire, di disgregare l’identità e la memoria del suo essere stata donna, rivoluzionaria, persona. Chissà se la condanneranno anche per la faccenda della bottiglietta.

Bruno Fortunato, l’agente ferito nella sparatoria sul treno, nel corso della quale la Lioce fu arrestata, si è invece suicidato un po’ di anni fa. Senza una ragione – o forse carico di ragioni a noi insondabili. Di solito il suicidio tocca ai prigionieri, agli sconfitti, non a chi sta nell’elenco degli eroi e dei servitori dello Stato. Vai a capire i destini, gli incroci, i significati esoterici delle vite ordinarie. Nel 2005 dichiarò a «Repubblica» che il suo rammarico più grande era stato quello di non essere riuscito ad ammazzare Nadia Lioce. Non ce ne sarebbe stato bisogno. Di lei sopravvive solo la sua condizione, immutabile, di prigioniera, di corpo in ostaggio – di testimone silenziata del brandello finale di una storia. Morire su quel treno non sarebbe stato il modo peggiore di morire.

Intanto le faccende italiane vanno pigramente avanti. Chi ha avuto ha avuto – commemorazioni o ergastoli, il passato ormai sta solo nei telegiornali, perché il declino civile e culturale in questi anni è stato tale da riprodurre solo un eterno posticcio presente. La povera gente crede di vendicarsi delle élite votando Grillo e Salvini, in un crescendo di equivoci e illusioni. La legge Biagi è stata surclassata dalla ricca produzione legislativa successiva. Qualche scritta stizzita sui muri vorrebbe guastare la festa e fare da controcanto alle narrazioni ufficiali. Ma serve un’altra mano per riscrivere la storia; una mano enorme, gigantesca, capcae di stringersi a pugno quando serve, ma abbastanza forte, intelligente e autorevole, da costruire giustizia, facendo a meno dei giustizieri.

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Bianco, Rosato, e Verdini https://www.carmillaonline.com/2017/10/29/bianco-rosato-verdini/ Sun, 29 Oct 2017 19:03:16 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=41374 di Alessandra Daniele

“L’abolizione dell’articolo 18, il Jobs Act… Berlusconi promette, e a me tocca mantenere” – Matteo Renzi

“Noi siamo in maggioranza, ci siamo sempre stati, e ci saremo sempre” – Denis Verdini

Dopo i contorti magheggi del golpe bianco tentato con la defunta controriforma costituzionale, per il Cacarellum, la nuova legge elettorale Rosato appena approvata grazie a Verdini, gli ingegnosi legislatori del PD hanno inventato un nuovo trucco unico al mondo: il voto a carambola. Scegliendo il candidato preferito nel collegio uninominale, l’elettore, volente o nolente, vedrà il [...]]]> di Alessandra Daniele

“L’abolizione dell’articolo 18, il Jobs Act… Berlusconi promette, e a me tocca mantenere” – Matteo Renzi

“Noi siamo in maggioranza, ci siamo sempre stati, e ci saremo sempre” – Denis Verdini

Dopo i contorti magheggi del golpe bianco tentato con la defunta controriforma costituzionale, per il Cacarellum, la nuova legge elettorale Rosato appena approvata grazie a Verdini, gli ingegnosi legislatori del PD hanno inventato un nuovo trucco unico al mondo: il voto a carambola.
Scegliendo il candidato preferito nel collegio uninominale, l’elettore, volente o nolente, vedrà il suo voto rimbalzare automaticamente e inevitabilmente su tutti i candidati del listino bloccato connesso.
Un’offerta speciale obbligata: vota uno prendi tutti, che ti piacciano o no.
E questo è solo l’inizio.
Con un inarrestabile gioco di sponde, il voto raggiungerà anche tutti gli altri partiti della stessa coalizione, anche quelli che rappresentano idee politiche opposte a quelle di chi l’ha espresso.
Filotto.
I voti raccolti dalle liste che non riusciranno a superare la soglia di sbarramento saranno poi cannibalizzati da tutte le altre della stessa alleanza. È il comma Hannibal.
E non è ancora finita.
Dopo le elezioni, i partiti saranno padroni di sciogliere le coalizioni con le quali hanno raccolto i voti, e formarne delle altre completamente diverse, per governare insieme agli avversari diretti contro i quali hanno fatto tutta la campagna elettorale, definendoli una banda di ladri e/o una minaccia per la democrazia, e promettendo di arginarli.
Palle (da biliardo).
Se Berlusconi lo decide, l’elettore di Salvini potrà quindi ritrovarsi ad aver involontariamente eletto il nuovo governo Renzi. E questo è esattamente ciò che Renzi s’aspetta.
Il Cazzaro sa benissimo che i voti del cosiddetto centrosinistra, compresi i miserabili eventuali scissionisti da riporto, non saranno mai sufficienti a ricondurlo a Palazzo Chigi. Progetta quindi di tornarci utilizzando quelli della destra forzaleghista, con un gioco di prestigio degno del mago Oronzo, lasciando i 5 Stelle ancora una volta congelati all’opposizione dal loro celibato che non gli consente di formare alleanze.
Direttamente o indirettamente – tramite Verdini – Berlusconi ha sostenuto tutti i governi del PD. E proprio a Verdini ha affidato il compito di preparare il suo sostegno anche al prossimo.
Come il Porcellum e l’Italicum, anche il Cacarellum è platealmente incostituzionale. Dopo averlo letto però i giudici della Consulta ci metteranno un po’ per pronunciarsi, perché prima dovranno riuscire a smettere di ridere.
Nel frattempo, la nuova legge elettorale produrrà un altro Parlamento e un altro governo di golpisti bianchi.
Il Cazzaro e il Canaro però non temono la conseguente incazzatura popolare: la propaganda continuerà a defletterla contro il capro espiatorio perfetto, i migranti, che continueranno a morire nei campi di concentramento finanziati anche dal prossimo governo, come dall’attuale.

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Strange Fruit https://www.carmillaonline.com/2017/10/22/strange-fruit/ Sun, 22 Oct 2017 19:12:59 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=41257 di Alessandra Daniele

PD.jpgDurante le funeree celebrazioni per il decennale del PD, Renzi ha respinto con tono indignato l’accusa di fascismo, protestando ancora una volta la natura democratica e addirittura progressista del suo partito, che è sempre stato il principale rappresentante italiano dell’oligarchia politico-finanziaria che sta trascinando il pianeta alla rovina. Come dice anche la Bibbia, l’albero si riconosce dai frutti. E il sedicente centrosinistra italiano è un albero che produce strani frutti da sempre. Dalla Prima Repubblica, col consociativismo spartitorio DC-PCI e la cosiddetta solidarietà nazionale antiterrorismo che produsse le leggi speciali, alla Seconda Repubblica della definitiva fusione fra i resti di PCI e [...]]]> di Alessandra Daniele

PD.jpgDurante le funeree celebrazioni per il decennale del PD, Renzi ha respinto con tono indignato l’accusa di fascismo, protestando ancora una volta la natura democratica e addirittura progressista del suo partito, che è sempre stato il principale rappresentante italiano dell’oligarchia politico-finanziaria che sta trascinando il pianeta alla rovina.
Come dice anche la Bibbia, l’albero si riconosce dai frutti.
E il sedicente centrosinistra italiano è un albero che produce strani frutti da sempre. Dalla Prima Repubblica, col consociativismo spartitorio DC-PCI e la cosiddetta solidarietà nazionale antiterrorismo che produsse le leggi speciali, alla Seconda Repubblica della definitiva fusione fra i resti di PCI e DC.
Il primo governo Prodi fruttò la precarizzazione del lavoro con la legge Treu.
Il successivo governo D’Alema (colui che adesso si proclama l’ultimo strenuo difensore della sinistra) fruttò la criminale partecipazione dell’Italia alla guerra nella ex Jugoslavia, col bombardamento di Belgrado.
Negli ultimi sei anni nei quali è stato al governo con la destra berlusconiana, il PD ha proseguito l’operazione di sistematica cancellazione dei diritti dei lavoratori, tentando ripetutamente di smantellare la Costituzione antifascista, continuando a partecipare a tutte le guerre neocoloniali disponibili, e finanziando campi di concentramento per la Soluzione Finale del problema immigrazione.
Strani frutti. Gli stessi del pezzo blues di Billie Holiday Strange Fruit sulle vittime impiccate dei linciaggi razzisti.

Blood on the leaves and blood at the root
Black bodies swinging in the southern breeze

È questo il partito per il quale gli scissionisti da riporto dell’MDP si offrono di provare a recuperare una manciata di voti, in cambio d’una scodella sotto al tavolo dei vincitori.
Riverito ospite dalla Gruber, questa settimana Matteo Renzi ha insistito a definire il PD un partito di sinistra. Di tutte le cazzate che ha raccontato nella sua carriera, questa è la più grottesca.
Il Cazzaro ha fallito il compito che gli era stato affidato di liquidare la Costituzione, e ora lo stesso establishment che aveva orchestrato la sua ascesa sta cercando di sostituirlo col più efficiente duo Gentiloni-Minniti. La rissa in Viscoteca Bankitalia che imbarazza il governo è quindi uno scontro tutto interno al sistema di potere rappresentato dal PD, e chiunque lo vincerà a perdere saremo noi.
E continueremo a perdere, finché l’albero degli impiccati non sarà finalmente abbattuto.

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Punto e a Capo https://www.carmillaonline.com/2017/06/12/punto-e-a-capo/ Sun, 11 Jun 2017 23:04:30 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=38780 di Alessandra Daniele

È ancora riconosciuto come capo. Nonostante l’età, è ancora lucidissimo, e in grado di dare ordini. Giorgio Napolitano è intervenuto a condannare il patto per la legge elettorale, e subito un commando di franchi tiratori del PD ha fatto secco il Tedesco, cioè il disegno di legge concordato dal Cazzaro con le opposizioni. È stato facile poi mettere la pistola fumante in mano al Movimento 5 Stelle, già incalzato dalle giustificate proteste della sua base, schifata dalla porcheria della quale stava per rendersi corresponsabile. Un problema che la Lega non ha avuto. Con tutta la loro [...]]]> di Alessandra Daniele

È ancora riconosciuto come capo. Nonostante l’età, è ancora lucidissimo, e in grado di dare ordini.
Giorgio Napolitano è intervenuto a condannare il patto per la legge elettorale, e subito un commando di franchi tiratori del PD ha fatto secco il Tedesco, cioè il disegno di legge concordato dal Cazzaro con le opposizioni.
È stato facile poi mettere la pistola fumante in mano al Movimento 5 Stelle, già incalzato dalle giustificate proteste della sua base, schifata dalla porcheria della quale stava per rendersi corresponsabile.
Un problema che la Lega non ha avuto.
Con tutta la loro rabbiosa intransigenza apparente, gli elettori della Lega sono in realtà fra i nasi più tappati d’Italia. Presunti secessionisti che si fanno andare bene il nazionalismo neofascista.
Presunti moralizzatori che si fanno andare bene Berlusconi.
Gli basta un facile capro espiatorio, e digeriscono di tutto.
Stavolta però l’inciucio è saltato. L’esecuzione di Gentiloni è rinviata, Renzi è stato di nuovo sconfitto, e ha ricominciato a rimpiangere quel sistema maggioritario che in Gran Bretagna, dove l’elettorato s’è spostato a sinistra, produrrà invece un governo più a destra, dichiaratamente già “pronto a stracciare le leggi sui diritti umani”, tanto per provare la superiorità morale dell’Occidente.
L’anno scorso dopo la Brexit molti nello stesso Labour Party avevano cercato di silurare Jeremy Corbyn, con l’accusa di “non aver sostenuto il Remain con sufficiente convinzione”. Praticamente uno psicoreato.
Prima della trionfale rimonta di Corbyn, Theresa May aveva come il Cazzaro incautamente promesso di dimettersi, se avesse perso la maggioranza assoluta.
Prevedibilmente, neanche lei ha mantenuto la promessa, alleandosi con gli Unionisti Irlandesi per restare al potere.
Ognuno ha l’Alfano – o la Meloni – che si merita.
Arrogante quanto incapace come la May, Renzi ha fallito di nuovo, e s’è ridotto a corteggiare Pisapia, dopo averlo sbeffeggiato quando contava ancora sulla Grossolana Coalizione con Berlusconi, adesso però riavvicinato alla Lega dai buoni piazzamenti comuni ottenuti alle elezioni amministrative, dove il M5S s’è invece ribaltato sulla linea di partenza. In termini d’immagine, trattare col Cazzaro al M5S non ha giovato.
A Renzi non rimane che guardare Macron, che il suo sogno napoleonico lo sta realizzando, e rosicare.

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Democrazia a termine https://www.carmillaonline.com/2017/06/04/democrazia-a-termine/ Sun, 04 Jun 2017 19:09:00 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=38641  di Alessandra Daniele

GemelliDopo averli aboliti temporaneamente per evitare un’altra disfatta referendaria, il governo ha reintrodotto i voucher. Se Renzi tornerà premier, anche la sua controriforma costituzionale rispunterà dalla tomba allo stesso modo. Smantellare la Costituzione è il compito affidatogli dall’establishment, e il Cazzaro sta facendo di tutto per ottenere una seconda chance di portarlo a termine, benché i suoi stessi committenti non si fidino più di lui. Le prossime elezioni politiche saranno il secondo tempo del referendum. Come tutte le riforme renziane, la nuova legge elettorale in preparazione è una porcheria scritta col [...]]]>  di Alessandra Daniele

GemelliDopo averli aboliti temporaneamente per evitare un’altra disfatta referendaria, il governo ha reintrodotto i voucher.
Se Renzi tornerà premier, anche la sua controriforma costituzionale rispunterà dalla tomba allo stesso modo.
Smantellare la Costituzione è il compito affidatogli dall’establishment, e il Cazzaro sta facendo di tutto per ottenere una seconda chance di portarlo a termine, benché i suoi stessi committenti non si fidino più di lui.
Le prossime elezioni politiche saranno il secondo tempo del referendum.
Come tutte le riforme renziane, la nuova legge elettorale in preparazione è una porcheria scritta col culo. È un proporzionale mezzo maggioritario, ma a liste bloccate, un Maggiorinale di costituzionalità molto dubbia che non garantisce né governabilità né rappresentanza, ma soltanto le esigenze speculari dei due partiti più grossi: per il PD poter governare senza dover vincere, per il M5S poter vincere senza dover governare.
Nelle intenzioni di Renzi c’è riesumare la Grossolana Coalizione con Forza Italia, mentre il voto antisistema finisce di nuovo congelato all’opposizione dal Movimento 5 Stelle, e Alfano resta decapitato dalla soglia di sbarramento.
La Vendetta degli Alfaniani (che sembra il titolo d’un vecchio episodio di Doctor Who) non preoccupa il Cazzaro, anzi: un casus belli per scannare Gentiloni è esattamente ciò che gli serve.
Il conte è comunque DOA. Resta solo da decidere la causa ufficiale della morte.
La campagna elettorale è già cominciata. Si parlerà di migranti, di vaccini, di cinghiali, Renzi si sforzerà di sembrare un uomo del popolo e far dimenticare il suo tentato golpe, ma se riuscirà a tornare a palazzo Chigi, stavolta lo realizzerà.
Non si vendicherà soltanto di quei quattro stracciaculo degli scissionisti, si vendicherà di noi che abbiamo osato negargli il trionfo sperato, e l’abbiamo costretto a mandare Gentiloni al G7 al suo posto.
Renzi sognava di conoscere Trump, e conquistarlo col suo inglese farlocco. A Renzi sotto sotto The Donald piace, è un bancarottiere di successo come entrambi i suoi papà, Silvio e Tiziano. Ed è un piazzista da televendita, come lui.
Il Cazzaro non vede l’ora di tornare a vendere il suo pentolame sul palcoscenico internazionale. E se ci riuscirà, per cacciarlo stavolta non basterà un No.

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Febbre da Cazzaro https://www.carmillaonline.com/2017/02/12/febbre-da-cazzaro/ Sun, 12 Feb 2017 20:03:24 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=36463 di Alessandra Daniele

Renzi2017Il muslimban di Donald Trump ha aperto un conflitto senza precedenti fra i poteri dello Stato USA. Iran e Corea del Nord hanno ripreso i test missilistici. Le banlieu francesi sono in rivolta contro la repressione poliziesca, mentre i nazionalisti promettono la disintegrazione dell’Unione Europea. La crisi economica e occupazionale non fa che peggiorare, e la disperante assenza di prospettive spinge al suicidio i precari trattati come merce di scarto.

Le aperture dei Tg e le prime pagine nostrane però sono state monopolizzate per una settimana dai pettegolezzi d’un assessore all’urbanistica. Evidentemente la sgarrupata giunta Raggi [...]]]> di Alessandra Daniele

Renzi2017Il muslimban di Donald Trump ha aperto un conflitto senza precedenti fra i poteri dello Stato USA.
Iran e Corea del Nord hanno ripreso i test missilistici.
Le banlieu francesi sono in rivolta contro la repressione poliziesca, mentre i nazionalisti promettono la disintegrazione dell’Unione Europea.
La crisi economica e occupazionale non fa che peggiorare, e la disperante assenza di prospettive spinge al suicidio i precari trattati come merce di scarto.

Le aperture dei Tg e le prime pagine nostrane però sono state monopolizzate per una settimana dai pettegolezzi d’un assessore all’urbanistica. Evidentemente la sgarrupata giunta Raggi degli assessorati vacanti non avrà pace, né mediatica né giudiziaria, finché non cederà all’implacabile ricatto dei palazzinari che pretendono la costruzione dell’ennesimo lotto di ecomostri, tre grattacieli e uno stadio per il quale è stato mobilitato persino Er Pupone Totti, ospite al Festival di Sanremo.
Fino ad allora le Vacanze Romane continueranno ad oscurare sui media mainstream qualsiasi altra notizia, nonostante i ben più feroci Hunger Games che la disfatta renziana ha scatenato nel PD.

Proprio come un giocatore compulsivo, un ludopatico, dopo tre sconfitte consecutive una più disastrosa dell’altra, Matteo Renzi non vede l’ora di giocarsi di nuovo tutto il poco rimastogli.
Archiviata la foto nella quale recitava la parte dell’umile padre di famiglia che fa la spesa, nella prima intervista dopo le vacanze il Cazzaro era tornato a sciorinare tutta la sua propaganda come se non fosse già stata irrimediabilmente sputtanata, dando la colpa della disfatta referendaria a fantomatici “errori di comunicazione” (in pieno stile berlusconiano) e accelerando in curva verso le prossime elezioni
Naturalmente è stato fermato.
Renzi ha fallito nel compito che gli era stato assegnato, per il quale non è prevista una seconda occasione.
Tutte le sue ripugnanti controriforme sono state demolite, o sono in via di demolizione.
Ormai smontato dalla Consulta, il suo Italicum produrrebbe solo un altro parlamento trifido e ingovernabile.
Il suo smantellamento delle province ha contribuito al disastro in Abruzzo.
Il ventennio renziano è durato un decimo del previsto dai renziasti, e non ricomincerà dopo la pubblicità.
Renzi è un Cazzaro. Per questo, e solo per questo era stato scelto.
Senza più cazzate da raccontare, Renzi non è più nulla. 
Gliel’hanno ricordato i veri proprietari del suo partito, i vendicativi fondatori che aveva incautamente cercato di rottamare.
Gliel’hanno ricordato i suoi committenti e i suoi sponsor.
Gliel’ha ricordato Napolitano.
Naturalmente non è bastato.
Proprio come tutti gli arrampicatori compulsivi, i morti di fama tossicodipendenti da potere e successo, Matteo Renzi continua a bruciare dal bisogno di tornare in pista, sotto i riflettori, magari sull’elegante palcoscenico di qualche vertice internazionale dove stringere mani, sorridere, e fingere di parlare inglese, circondato da bionde ministre-immagine.
Le proverà tutte pur di restare a galla. Comprese dimissioni in contropiede per accelerare la resa dei conti interna.
E questo potrebbe finalmente demolire quell’ecomostro che è sempre stato il PD.

Renzi non riesce proprio a prendere esempio dal suo idolo.
Il disastro planetario che ha lasciato non impedisce a Barack Obama di godersi la sua Vacanza di Potere.

Obama[Inserire colonna sonora dance da cinepanettone]

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Need for Speed https://www.carmillaonline.com/2017/01/15/need-for-speed/ Sun, 15 Jan 2017 20:45:48 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=35950 di Alessandra Daniele

padre e figlioLa corsa verso le prossime elezioni sembra essere una gara da vincere rallentando. Berlusconi, che era stato fra i principali sponsor di Renzi, adesso punta a bollirlo a fuoco lento. Il suo piatto preferito è sempre stato la zuppa di delfino. Come Saturno, Berlusconi è un padre che divora i suoi figli. Sul menù di quest’anno c’è Renzi, col suo bisogno di correre al voto prima che la carrozza dorata che l’ha portato al potere finisca di tornare la zucca marcia trainata da sorci che [...]]]> di Alessandra Daniele

padre e figlioLa corsa verso le prossime elezioni sembra essere una gara da vincere rallentando.
Berlusconi, che era stato fra i principali sponsor di Renzi, adesso punta a bollirlo a fuoco lento. Il suo piatto preferito è sempre stato la zuppa di delfino. Come Saturno, Berlusconi è un padre che divora i suoi figli. Sul menù di quest’anno c’è Renzi, col suo bisogno di correre al voto prima che la carrozza dorata che l’ha portato al potere finisca di tornare la zucca marcia trainata da sorci che in realtà è sempre stata.
Sulla partita delle riforme il Cazzaro s’è giocato tutta la posta. E l’ha persa.
Il suo buttarsi disperatamente a pancia in giù sul tavolo verde nel tentativo di recuperare le fiches perdute è patetico.
Renzi rappresentava il tentativo dell’establishment d’intercettare il voto antisistema con un falso rinnovatore.
L’esperimento è fallito.
Per quanto gli piacerebbe, Renzi non può ripresentarsi in scena, e ricominciare a promettere quelle stesse cazzate che sono state appena smascherate, e respinte a calci in culo.

Se Renzi ha fretta, a Berlusconi serve invece che il governo Gentiloni duri il più possibile, gli cucini una legge elettorale proporzionale che spunti le zanne a Salvini, e soprattutto gli salvi le aziende.
Tira una brutta aria per le aziende degli sponsor di Renzi, come la FCA.
Ironia della sorte che la scalata di Vivendi a Mediaset somigli tanto a una trama di Dinasty.
Sulla stessa barca di Berlusconi ci sono ovviamente tutti i centristi, e la minoranza PD.
Anche la sentenza della Consulta, che grazie a un cavillo di Troia depotenzia il referendum contro il Jobs Act, fa il gioco degli attendisti.

Cosa sia meglio per il Movimento 5 Stelle non è così scontato. Alcuni pensano gli convenga allontanare il voto il più possibile dal meltdown della giunta Raggi e dalla porta in faccia ricevuta dall’ALDE, benché in realtà non sembrino eroderne il consenso elettorale più di tanto.
Chi spera che qualche figura di merda possa danneggiare seriamente il M5S non ha ancora capito la lezione del voto USA.
Il raccapricciante Donald Trump, col suo ciuffo placcato oro e la sua corte di nerd neonazisti, è campione mondiale di figure di merda, eppure è stato preferito all’imperatrice bizantina Hillary Clinton da un numero di americani sufficiente a portarlo alla presidenza degli Stati Uniti, accompagnato dalla maggioranza parlamentare più ampia del secolo. Per le fabbriche USA sarà più difficile delocalizzare all’estero? Agli operai che l’hanno votato basta questo.
Anche se Grillo diventasse biondo e raccapricciante quanto Trump, anche se a Strasburgo lasciasse il gruppo Farage e si unisse al Circo Togni, anche se si scoprisse che a Roma fra gli infiltrati nella squadra Raggi c’era pure Filippo De Silva, comunque abbastanza italiani continuerebbero a preferire il M5S a quel PD ormai giustamente considerato il ferale maggiordomo dei peggiori vampiri della finanza nazionale e internazionale.

Nel 2012 la Lega era moribonda. A salvarla dal baratro dell’irrilevanza non è stato solo l’opportunismo di Salvini, che l’ha spostata dall’ormai sputtanato federalismo a più astute posizioni lepeniste, è stato anche il fatto che la semplice esistenza della Lega rispondesse a un bisogno degli elettori italiani creato dal tradimento del centrosinistra dimostratosi il più servile garante del grande Capitale.
A questo stesso bisogno, senza i limiti territoriali e i trascorsi berlusconiani della Lega, risponde il Movimento 5 Stelle. Il suo rifiuto di connotarsi a destra o a sinistra gli serve a rastrellare voti in entrambi i campi, ma anche a differenziarsi il più possibile sia dalle fetide frattaglie berlusconiane, che da quel centrosinistra meschino e corrotto diventato sinonimo di sanguisuga.
Al coro mediatico che incessantemente denuncia qualunquismo, complottismo, pressapochismo e doppiopesismo grillini, la reazione degli elettori è lo sticazzismo.
I grillini sono cialtroni? Sticazzi.
Gli esperti, i professionisti, i progressisti, i democratici ci stanno portando al macello, facendoci pure pagare lo scarrozzo.
Il salvataggio del Monte dei Paschi di Renzi ci costerà 100€ a testa. A tutti noi.
Compresi i malati che in ospedale finiscono sdraiati a terra per mancanza di letti e barelle.
I pensionati che dovranno restituire parte della loro pensione minima perché secondo il governo è stata sopravvalutata, mentre tutte le bollette aumentano.
I licenziati dai call center che hanno scoperto di non essere ancora abbastanza economici, perché altrove c’è sempre qualcuno più disperato di loro da sfruttare.
Di tutte le porcate infami riuscite al governo Renzi il Jobs Act è la peggiore. Per questo tutto l’establishment lo difenderà fino all’ultimo.
Per questo dobbiamo cancellarlo.

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