regime fascista – Carmilla on line https://www.carmillaonline.com letteratura, immaginario e cultura di opposizione Tue, 01 Apr 2025 20:00:58 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.9.26 Quando la narrativa per l’infanzia serve per uccidere https://www.carmillaonline.com/2018/04/26/la-narrativa-linfanzia-uccideva/ Wed, 25 Apr 2018 22:01:28 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=44814 Ivano Palmieri (a cura di), EDUCARE ALL’ODIO. L’antisemitismo nazista in tre libri per ragazzi, Cierre edizioni, Verona 2018, pp. 190, € 19,50

[In tempi oscuri come quelli che stiamo vivendo, in cui qualche giornalista può inneggiare ai massacri compiuti a Gaza dall’esercito israeliano lungo la buffer zone (qui)), è bene ricordare come nel corso del ‘900 la propaganda più razzista e intollerante sia spesso passata attraverso la deformazione dell’immaginario delle giovani, se non addirittura giovanissime, generazioni. Con esiti, come ben ci ricordano i lager nazisti, devastanti. Sia per le menti che per i comportamenti dei soggetti esposti a tale [...]]]> Ivano Palmieri (a cura di), EDUCARE ALL’ODIO. L’antisemitismo nazista in tre libri per ragazzi, Cierre edizioni, Verona 2018, pp. 190, € 19,50

[In tempi oscuri come quelli che stiamo vivendo, in cui qualche giornalista può inneggiare ai massacri compiuti a Gaza dall’esercito israeliano lungo la buffer zone (qui)), è bene ricordare come nel corso del ‘900 la propaganda più razzista e intollerante sia spesso passata attraverso la deformazione dell’immaginario delle giovani, se non addirittura giovanissime, generazioni. Con esiti, come ben ci ricordano i lager nazisti, devastanti. Sia per le menti che per i comportamenti dei soggetti esposti a tale tipo di narrazione. Narrazione spesso accompagnata, come ben dimostra il testo curato da Ivano Palmieri, da illustrazioni allo stesso tempo “accattivanti” (per l’uso del colore e per i richiami alla tradizione della letteratura per l’infanzia del primo novecento) ed “agghiaccianti” per il loro esplicito e spietato contenuto.
Una sensazione che oggi si potrebbe provare di fronte a decine di video giochi, spesso in uso delle generazioni più giovani, in cui il nemico è sempre rappresentato come privo di qualsiasi umanità e meritevole, quindi e soltanto, di essere ucciso. Giochi che preludono già alle guerre future e alla formazione di soldati destinato ad uccidere attraverso l’uso dei droni. Lontani e privi di qualsiasi coscienza etica, come in un videogioco appunto.
Riportiamo perciò, qui di seguito, un significativo estratto dallo scritto di Arnaldo Loner, “La brutale rottura di un’armonia”, che introduce la ripubblicazione integrale dei tre testi presi in esame nell’elegante, terribile e interessantissimo volume curato da Palmieri. Soprattutto per tutti coloro che, oltre che alla storia dell’antisemitismo, vogliano interessarsi alla formazione dell’immaginario collettivo in epoca moderna. S.M.]

La produzione nel Terzo Reich dei tre libri illustrati antisemiti oggetto del presente volume e destinati a bambini e ragazzi, pubblicati negli anni dal 1936 al 1940 dall’editore della rivista nazista «Stürmer» Julius Streicher, rappresenta un qualcosa di assolutamente nuovo e sconvolgente.
Naturalmente, come è buona abitudine di ogni dittatura, il nazismo non si era disinteressato dell’infanzia e dei giovani in età scolare anche prima del 1936. La ben oliata macchina propagandistica del ministro Goebbels non poteva certo trascurare il mondo giovanile. Subito dopo l’avvento al potere nel 1933 di Hitler cominciarono ad apparire numerosissimi sillabari e libri di scuola in cui venivano celebrati il nazismo, i suoi gerarchi e la sua ideologia con abbondanza di svastiche, di divise, di adunate e cortei. La figura del Führer era dominante. Veniva rappresentato con disegni e fotografie a colori nei più diversi atteggiamenti, da quello marziale di supremo comandante a quello di padre del popolo, sorridente e tenero nei confronti di bambini adoranti che gli porgevano mazzi di fiori.

Però questo genere di pubblicazioni, abituale e tipico dei regimi totalitari – basta ricordare in proposito i libri di scuola del regime fascista – ha ben poco a che vedere con i libri antisemiti presentati qui. Se i testi scolastici nazisti, pur tra strombazzate di regime, si propongono in fondo di costruire una generazione forte e determinata, obbediente e disciplinata, quello cioè che dovrà essere l’“uomo nuovo” tedesco, i tre libri qui riproposti alzano bruscamente il tiro e vogliono fare di quest’uomo nuovo un persecutore e un assassino, costruendo solide fondamenta di disprezzo e di odio verso gli ebrei intesi come esseri subumani, indegni di esistere, pericolosi se esistono, che non si devono lasciar esistere. Quindi non sta tanto in molte pubblicazioni per bambini e ragazzi che si sono avute sotto il Terzo Reich, pur tronfie e ideologicamente marcate, la vera, brutale rottura con il precedente, armonico mondo dell’illustrazione infantile che ho descritto; ma sta qui, in questi messaggi colmi di ostilità, di intolleranza e di propositi distruttivi.

D’altra parte non dobbiamo nemmeno commettere l’errore di considerare questi tre libri come una parentesi, una semplice deviazione da un ordinato percorso propagandistico, perché non sono certo mancate nel periodo del potere hitleriano un gran numero di pubblicazioni di vario genere con feroce contenuto antisemita, ad iniziare proprio dalla rivista «Der Stürmer» di Streicher. Ma l’antisemitismo diretto ai bambini è qualcosa di più e di peggio. […] Questi tre libri costituiscono una vera e propria scuola dell’odio, dove nulla viene trascurato per colpire il bersaglio con la massima durezza.

Nel Fungo velenoso un intero capitolo viene dedicato al quesito: “Esistono ebrei perbene, ebrei rispettabili?” […] Dalle considerazioni che concernono l’intero popolo ebraico si passa, nelle opere in questione, a una specifica analisi per categorie al fine di rafforzare la tesi generale, e si esaminano gli ebrei per gruppi, per professione; ecco allora che gli avvocati calpestano ogni regola deontologica accordandosi per frodare i loro clienti, i medici molestano le pazienti, i padroni di casa mettono sul lastrico i loro inquilini, torve figure di pervertiti cercano di adescare i bambini. La valutazione generale sul popolo ebraico e la valutazione sui suoi singoli componenti concorrono a determinare il giudizio finale, che è poi il tema di un discorso pubblico di Streicher riportato nel Fungo velenoso: «Die Juden sind unser Unglück», “Gli ebrei sono la nostra disgrazia”. E nei due primi libri viene ripetuta e ribadita come un suggello finale, nel primo libro attraverso un vero e proprio logo con il viso ghignante ebraico e la stella di David, la massima «Senza soluzione della questione ebraica, nessuna salvezza per l’umanità».

Questo lavoro disumano e martellante di calunnia e di denigrazione trova un potente sostegno nelle illustrazioni, di cui viene fatto un uso distorsivo, in particolar modo nei primi due libri. Nel primo, Non ti fidare di una volpe… le immagini sono più scaltre, perché più raffinate: il segno è sottile, i colori brillanti. Nel secondo libro le immagini sono più cupe, le figure più grossolane; nel terzo si riducono a rapidi schizzi velenosi. E poiché le immagini rappresentano uno strumento essenziale nella manipolazione delle menti dei giovani, in tutti e tre i libri l’ebreo si staglia quasi sempre al centro del quadro, con caratteristiche somatiche che devono suscitare disgusto in contrapposizione ai lineamenti piacevoli e regolari di adulti o bambini dai capelli biondi e dagli occhi azzurri. Il suo corpo è grasso e deforme, è il corpo di una persona che non lavora e non combatte, tutta dedita invece a trame e raggiri; un corpo ben diverso da quello del giovane tedesco, fatto per la battaglia e per la vittoria. La postura dell’ebreo, la sua gestualità, il ghigno che gli distorce perennemente il viso esprimono odio per chi non è della sua razza, e sorda volontà di nuocere. Il tedesco deve allora imparare a difendersi da questo essere subumano e cattivo, e giungere prima o poi a spazzarlo via, dalla Germania e da tutto il mondo. I tre libri devono preparare l’humus per questa “nobile” guerra.

Ma l’opera di indottrinamento dei giovani è da attuare anche con la collaborazione dei genitori e degli insegnanti, come emerge dai libri stessi: nel Fungo velenoso una madre insegna al bambino a distinguere gli ebrei dalle persone normali come si fa per distinguere i funghi velenosi da quelli mangerecci e il maestro in classe fa disegnare alla lavagna il naso adunco degli ebrei. Del resto la sinergìa di strumenti di propaganda, soprattutto con parola scritta e illustrata, di attività scolastica e di insegnamento dei genitori era necessaria per formare sin dall’infanzia una generazione pronta a mettere in atto uno spietato programma eliminazionista, che prese come sappiamo forma precisa nella conferenza dei capi nazisti del 21 gennaio 1942 a Wannsee. Ed è di poco prima, pubblicato nel 1940, il terzo di questi tre libri, il Pudelmopsdachelpinscher, che predica lo sterminio con impressionante schiettezza e con estrema brutalità, concludendosi con un appello alla gioventù – si noti bene: non solo tedesca, ma di tutto il mondo – perché partecipi alla battaglia per la liberazione dell’umanità dalla “calamità” ebraica.

[…] Contrariamente al pensiero di alcuni antiquari tedeschi che, nei loro cataloghi di vendita, quando offrono al potenziale acquirente queste opere, scrivono in calce alla descrizione del libro – testuamente – «Può essere dato solo se viene provato l’utilizzo per un lavoro scientifico o per l’allestimento di una raccolta storica di libri per l’infanzia», quasi nel timore di un uso improprio da parte di qualche acquirente, siamo convinti che la pubblicazione di queste opere naziste, praticamente sconosciute nel nostro paese, possa rappresentare ad ogni effetto un importante contributo di conoscenza e venga così a potenziare quell’obbligo di memoria che rappresenta non soltanto un dovere verso chi patì tanta atrocità, ma anche una necessaria difesa contro il risorgere dei fantasmi del passato.

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Il Generale, il Prefetto, il Serpente e la pulizia etnica della Jugoslavia https://www.carmillaonline.com/2017/11/13/generale-prefetto-serpente-la-pulizia-etnica-della-jugoslavia/ Mon, 13 Nov 2017 22:01:44 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=41469 di Fiorenzo Angoscini

Giacomo Scotti, I massacri di luglio. La storia censurata dei crimini fascisti in Jugoslavia. Introduzione di Giuseppe Ranieri, Red Star Press, Roma, giugno 2017, pag. 256, € 18,00

L’invasione militare e l’occupazione amministrativo-politica di alcuni territori della Jugoslavia del nord, da parte dell’Italia monarco-fascista, con velleità imperialiste e mire espansionistiche, tramite la cosiddetta ‘guerra d’aprile’ dell’anno 1941, ha provocato numerose vittime, distruzione di villaggi e città, decimazioni di nuclei famigliari, sofferenze, povertà e miseria per le popolazioni slave (s’ciavi, schiavi) che da sempre abitavano quelle terre. Accompagnate da manovre di snazionalizzazione, prevaricazioni, tentativi di cancellazione dell’identità culturale [...]]]> di Fiorenzo Angoscini

Giacomo Scotti, I massacri di luglio. La storia censurata dei crimini fascisti in Jugoslavia. Introduzione di Giuseppe Ranieri, Red Star Press, Roma, giugno 2017, pag. 256, € 18,00

L’invasione militare e l’occupazione amministrativo-politica di alcuni territori della Jugoslavia del nord, da parte dell’Italia monarco-fascista, con velleità imperialiste e mire espansionistiche, tramite la cosiddetta ‘guerra d’aprile’ dell’anno 1941, ha provocato numerose vittime, distruzione di villaggi e città, decimazioni di nuclei famigliari, sofferenze, povertà e miseria per le popolazioni slave (s’ciavi, schiavi) che da sempre abitavano quelle terre. Accompagnate da manovre di snazionalizzazione, prevaricazioni, tentativi di cancellazione dell’identità culturale e linguistica. Un vero e proprio piano di sostituzione etnica.

Già dai tempi dell’occupazione, attraversando il dopo guerra post resistenziale, gli anni cinquanta: quelli delle parole d’ordine nazional-fasciste-scioviniste di ‘Trento, Trieste, Istria italiane’,1 mescolando un irredentismo casereccio a rivendicazioni annessionistiche, nonché la ‘proprietà’ geografia della mitteleuropea città alabardata, l’onda lunga della menzogna è giunta sino ai giorni nostri con l’istituzione (2004), per decreto, del 10 febbraio come ‘Giorno del ricordo’ dedicato alla “memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre di istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale”.

In quella data, ogni anno, vengono consegnate ‘medagliette’ dorate (non sono d’oro, bensì in acciaio brunito e smaltato e recano la scritta “la Repubblica Italiana ricorda”) ai parenti degli ‘infoibati’ ma, tra i riconosciuti come vittime delle doline carsiche, ci sono anche caduti in combattimento (quindi non ‘infoibati’), ex-repubblichini2 e criminali di guerra3 . Un vero e proprio medaglificio fascista.4

Si parla, spesso gonfiandoli e falsificandoli, degli effetti, dimenticando e rimuovendo completamente quali sono state le cause: un’occupazione violenta e sanguinaria, crimini e misfatti, odiose forme di razzismo e repressione. Mescolando foibe e ‘profughi’ (come venivano chiamati dagli ‘italiani’ residenti i rientrati in Italia dalle zone jugoslave), bugie storiche e primati di insediamenti e radici mai avuti. Ribaltando la realtà dei fatti, applicando quello che molti storici definiscono ‘rovescismo’. Cercando di accreditare, cioè, l’esatto contrario di ciò che è avvenuto.

Per comprendere come le mire di annessione, l’odio ‘anti-slavo’ e le violenze fasciste abbiano radici lontane ma costanti, ricordiamo due avvenimenti tragici e criminali, collegati tra loro, nonostante la distanza temporale, dallo stesso e solito ‘filo nero’ squadrista. Il primo è l’attacco al Narodni Dom (Casa del popolo o Casa nazionale) di Trieste, sede delle organizzazioni degli sloveni triestini, un edificio polifunzionale nel centro di Trieste, nel quale si trovavano anche un teatro, una cassa di risparmio, un caffè e un albergo (Hotel Balkan).5 Incendiato dai fascisti il 13 luglio 1920, nel corso di quello che, persino Renzo De Felice definisce “il vero battesimo dello squadrismo organizzato”. L’altro, relativamente recente, significativamente avvenuto il 4 ottobre 1969 (due mesi prima della strage di Piazza Fontana alla Banca Nazionale dell’Agricoltura a Milano e riconducibile agli stessi ambienti responsabili, con identiche modalità, della strage) è il fallito attentato (per cause meteorologiche, non per volontà dei potenziali assassini) compiuto presso la Scuola elementare di lingua slovena a Trieste.

Quel lunedì mattina, il custode, trova sul davanzale di una finestra una cassetta portamunizioni militare con scritte in inglese avvolta da filo zincato. Quando i Carabinieri intervenuti sollevano il coperchio, trovano sei candelotti (kg 5,7 di esplosivo) di gelignite spezzati a metà, avvolti in carta paraffinata rossa, e un congegno ad orologeria formato da una pila, due detonatori e un orologio da polso con una vite inserita nel quadrante e collegata ai fili elettrici a loro volta collegati ai detonatori. Ai piedi dell’edificio vengono inoltre rinvenuti otto foglietti di carta con scritte in stampatello di carattere xenofobo quali “No al viaggio di Saragat in Jugoslavia”, “No alle foibe”, firmati FRONTE ANTI SLAVO.

Contro queste tendenze e demagogiche, deboli culturalmente ma forti mediaticamente, scuole di pensiero, in una difficile, logorante e solitaria, ‘battaglia per la verità’ si sono da molto tempo distinti alcuni storici, ricercatori, scrittori, giornalisti e militanti politici, in una sorta di ‘Resistenza storica’ per l’affermazione della realtà. Tra questi Giacomo Scotti, napoletano di origini e italiano di nascita che ha deciso di trasferirsi a vivere, in una sorta di controesodo, in Jugoslavia già nel 1947, autore di numerose inchieste e pubblicazioni,6 Claudia Cernigoi,7 Alessandra Kersevan,8 Alessandro Sandi Volk9 e, recentemente, affiancati anche dal collettivo di ricerca storica, filiazione della Fondazione Wu Ming, denominato ‘Nicoletta Bourbaky’10 che ha smascherato la montatura storico-politica della cosiddetta ‘foiba volante’ (appariva qui e là) che già dall’attribuzione finale si può intuire che era una cosa inesistente, non c’era materialmente.

L’invenzione mediatica ha visto come attori protagonisti reazionari veri, ‘democratici’ camuffati (un senatore Pd) e militanti ‘piddini’ dialoganti con Casa Pound.11 Anche Claudia Cernigoi, su questa strana foiba (foibe?), ha offerto un interessante contributo.12 Una bella compagnia di giro-armata Brancaleone, puntualmente sbugiardata13 . Mentre Scotti, Cernigoi, Volk, Kersevan, ‘Nicoletta Bourbaky’ ed altri, spesso accusati di negazionismo, combattono culturalmente il revisionismo storico vero, supporto e battistrada del revisionismo costituzionale.

Con questo nuovo contributo, Giacomo Scotti, utilizzando fonti articolate e diverse, dati e documenti alla mano, delinea le efferatezze, gli assassini e crudeltà perpretrate nel nord della Jugoslavia dagli occupanti italo-fascisti nella primavera-estate del 1942.
La ricostruzione storica parte dalla devastazione (12 luglio 1942) di un villaggio, Podhum, distante circa dieci chilometri da Fiume. Secondo il Prefetto Testa,14 ricordato dalla “popolazione come il boia del Fiumano e dei territori della Kupa”, il motivo-pretesto dell’eccidio è stato offerto, e compiuto, per vendicare “16 soldati uccisi dai ribelli”, mentre il ‘Federale’ fascista di Fiume, Genunzio Servitori, fa risalire le ragioni della rappresaglia alla morte di due maestri elementari, i coniugi Giovanni e Francesca Renzi, emissari del “regime fascista nelle terre occupate e annesse per italianizzare i ‘barbari slavi’”. Ma Scotti puntualizza: “Il ‘caso’ di Podhum si inserisce, in verità, in un disegno generale di sterminio delle popolazioni slave sui Territori annessi della Slovenia e della Croazia nel quadro, cioè, di un’operazione preparata accuratamente.
Il risultato sarà la totale o parziale distruzione col fuoco di circa cinquanta villaggi…con fucilazioni di centinaia di ostaggi e la deportazione di alcune migliaia di persone”.

Descrive come la popolazione veniva vessata e perseguitata perché aveva parenti che erano ‘andati nel bosco’ , cioè con i Partigiani, oppure di arrestati che venivano condannati a morte da un tribunale di guerra ma solo dopo essere già stati fucilati mentre i lori cadaveri marcivano in una fossa sconosciuta.
Puntualizza come la famigerata circolare 3-C emanata, il 1° marzo 1942, dal comandante della II Armata operante in quei territori, Mario Roatta,15 fosse “un documento-programma (riassunto in un opuscolo di circa 200 pagine e distribuito a tutti gli ufficiali dell’esercito) grazie al quale nel solo mese di luglio 1942 furono deportati 10mila civili dai territori coinvolti in una cosiddetta ‘Operazione Primavera’” . Il cui obiettivo era “lo spopolamento tramite la deportazione dei civili e il massacro dei ‘ribelli’…contenente tra l’altro la formula ‘non dente per dente ma testa per dente’…che rappresentò una normativa repressiva di tipo coloniale nei confronti delle popolazioni dei Territori annessi destinati alla bonifica etnica…facendo terra bruciata, in vista di una imminente colonizzazione italiana”.

Prima delle distruzione di luglio, anche la primavera era stata insanguinata, con decine di villaggi rasi al suolo, comunità distrutte e disperse, giovani e giovanissimi ammazzati perché appartenenti ad una ‘razza’ inferiore. Questa repressione, senza pietà, aveva come principale protagonista il Prefetto Temistocle Testa che, spesso, firmava di proprio pugno gli ordini che sancivano vere e proprie stragi di civili.

Scotti elenca, con precisione certosina, il numero e, a volte, anche i nomi dei fucilati, dei deportati, degli internati nei campi di concentramento, e spesso anche il nome dei fucilatori. Racconta delle lusinghe, dei premi, vere e proprie taglie poste sulla testa dei ‘ricercati’. Della costituzione di squadroni della morte (Milizia Volontaria Anticomunista) e per la caccia (Bela Garda, Camicie Bianche) alle ‘bande Comuniste’, ma che andavano sempre più ingrossandosi con l’aumentare della repressione.
L’autore documenta come non ci sia alcuna differenza tra fascisti della prima ora, neo-fascisti o post-fascisti: gli squadristi del manganello, della somministrazione dell’olio di ricino, degli agguati, dello sfoggio di camicie nere, e delle stragi (da Marzabotto a Piazza Fontana) sono sempre gli stessi, identici storicamente e ‘culturalmente’, siano essi ‘manovali’ oppure ‘intellettuali’.

Uno degli esempi è rappresentato dalla falsificazione relativa alla volontà, e ‘contentezza’, degli abitanti alcune frazioni di Castua, nell’essere internati nei ‘campi’ fascisti. In una comunicazione riservata (giugno 1942) al questore di Fiume, gli artefici della rappresaglia si esprimono così: “Gran parte della popolazione del Castuano che assisteva all’operazione stessa ha manifestato il desiderio di essere internata nel Regno […] Il numero degli internati è di N. 500”.
Sfrontataggine fascista. Contrabbandando per desiderio una deportazione che conduce gli abitanti a sopportare nuove sofferenze e perfino la morte nei ‘campi del Duce’. “Parecchi di loro infatti, finirono nel campo di sterminio di Kampor sull’isola di Arbe dove tra il giugno 1942 e l’inizio di settembre 1943, su 12mila deportati ne morirono di stenti, di fame e di malattia circa 3mila, per la gran parte bambini e vecchi”.

In loro soccorso, a distanza di quasi 70 anni, si prodiga un quotidiano ‘indipendente’, “Il Secolo d’Italia”, già organo ufficiale del ricostituito partito fascista Movimento Sociale Italiano.
Il 23 novembre 2011, a proposito di quel ‘campo di lavoro’, il giornale scrive: “Non era né un campo di concentramento, né un campo di sterminio, e le vittime furono ‘in maggioranza’ comunisti croati e sloveni”. Bolscevichi di pochi anni, oppure ultrasettantenni e donne di ogni età. Con buona pace di quegli ‘ambigui’ che parlano di pacificazione e di equiparare i Partigiani agli assassini (fascisti e Repubblichini).

Un altro esempio di manipolazione della verità e falsificazione degli avvenimenti, riguarda l’epilogo della meschina vita di Vincenzo Cuiuli,16 comandante del ‘campo della morte’17 di Kampor, sull’isola di Arbe, in Dalmazia settentrionale, allestito all’ inizio dell’estate del 1942, il cui padre fondatore (come si autodefinì) è stato il Prefetto Temistocle Testa.
“Il tenente colonello Cuiuli portava sempre con sé un frustino per incutere terrore ai deportati da lui disprezzati come fossero bestie”. Anche per questo motivo era stato soprannominato Zmija, ‘il Serpente’.

Già dal gennaio ’43, nel ‘campo’ si era costituita una cellula clandestina del Fronte di Liberazione e, in luglio, una virtuale Brigata Partigiana (Rabska Brigada) che “si assunse il compito di creare migliori condizioni di vita nel campo e preparare gli internati alla lotta armata”. L’ 8 settembre 1943 la ‘brigata di campo’ prese il controllo della struttura senza compiere alcuna violenza sugli ex ‘controllori’, che non opposero resistenza. Solo “il Cuiuli minacciò i ribelli di farli fucilare, ma venne prontamente immobilizzato dagli internati, senza che gli altri ufficiali e soldati reagissero. Il ‘Serpente’ poté tornare negli uffici del Comando dove trascorse la notte”.
Successivamente tutto il personale militare venne ‘liberato’, furono trattenuti in stato di arresto solo il comandante, carabiniere Cuiuli, e una spia di nome Mohar, successivamente processati e condannati a morte per crimini di guerra.

E qui inizia la girandola di menzogne e ricostruzioni non veritiere.
Amleto Ballarini e Mihael Sobolevski, nel volume “Le vittime di nazionalità italiana a Fiume e dintorni (1939-1942)” collocano la morte del ‘regio’ carabiniere, ad Arbe, il 13 settembre 1943 (oltre la data della loro ricostruzione) “ucciso durante la rivolta degli internati”.
Non è vero, documenta Scotti, che Cuiuli fu ucciso ad Arbe il 13 settembre.
“Le cose andarono diversamente”.
L’ex comandante viene trasferito sulla terraferma nella notte tra il16 e 17 settembre e rinchiuso, sotto sorveglianza, in una cella del carcere di Crikvenica. Il mattino dopo viene rinvenuto moribondo nella sua cella: si era suicidato tagliandosi il collo.18

Ma questa soluzione non può essere accettata da parte di chi vuole screditare comunisti, partiginai, slavi ed internati in campi fascisti. Così, in un libro19 pubblicato a Trieste, l’autore, Luigi Papo20 sostiene che Cuiuli è stato una vittima dei Partigiani di Tito: “Gli slavi lo hanno impiccato ad Arbe tra il 10 e il 12 settembre davanti al campo di internamento, in cui era rinchiuso, e lo hanno seppellito in mezzo alla strada assieme al suo cane”.

Ma Scotti, precisa e demistifica: “In tre righe una montagna di falsità”.
Riprendendo le testimonianze raccolte da Anton Vratusa “che smentiscono sia l’impiccagione, l’esistenza del cane dell’ ‘impiccato’ e tutto il resto”, così come confermato anche dallo storico Ivo Baric’ nella voluminosa storia della sua isola, “Rapska bastina” (Il patrimonio di Arbe).
“Il comandante del più malfamato lager per civili creato dalle truppe italiane nella seconda guerra mondiale-suicidatosi forse per rimorso-venne sepolto accanto alle sue vittime”.

L’italiano di Croazia per scelta, Giacomo Scotti, ribadisce: “Bisognerebbe farla finita con il silenzio sui crimini del fascismo italiano, soprattutto le stragi compiute non soltanto dai battaglioni speciali fascisti ma dalle truppe italiane che aggredirono e occuparono la Jugoslavia, annettendosi intere regioni della Slovenia, del retroterra della Provincia di Fiume, della Dalmazia e l’intero Montenegro”.

Rendendo omaggio a tutti i fucilati di quelle terre: oltre 400mila civili, di cui più di 100mila rinchiusi nei campi di concentramento di Molat, Arbe, Gonars e molti altri.
Ciò, in risposta ad un comunicato del 25 aprile 2017, a firma di Donatella Schurzel, vice presidente nazionale dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, contro le persecuzioni subite dagli ebrei per opera nazista e dalla “comunità giuliano-dalmata vittima di persecuzioni, deportazioni, stragi e violenze nel corso della seconda guerra mondiale a opera dei nazionalcomunisti di Tito”.
Oplà! Con una giravolta la realtà è capovolta.


  1. http://www.diecifebbraio.info/wp-content/uploads/2015/07/1953-GLI-SCONTRI-PER-TRIESTE-ITALIANA..pdf  

  2. http://www.corriere.it/cronache/15_marzo_19/foibe-criminali-guerra-fascisti-300-combattenti-rsi-medaglie-ricevute-il-giorno-ricordo-49b164a6-ce59-11e4-b573-56a67cdde4d3.shtml  

  3. http://www.diecifebbraio.info/2012/03/i-riconoscimenti-per-gli-infoibati-ai-criminali-di-guerra-italiani/  

  4. https://www.wumingfoundation.com/giap/2015/04/il-giornodelricordo-dieci-anni-di-medaglificio-fascista-un-bilancio-agghiacciante/  

  5. http://www.anpi.it/media/uploads/patria/2011/29-34_PAHOR.pdf  

  6. con Luciano Giuricin, Rossa una stella. Storia del battaglione italiano Pino Budicin e degli Italiani dell’Istria e di Fiume nell’esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia, Unione degli italiani dell’Istria e di Fiume, Rovigno, 1975; Ustascia tra il fascio e la svastica, storia e crimini del movimento ustascia, Incontri Editore, Udine, 1976; Bono Taliano. Gli italiani in Jugoslavia (1941-43), La Pietra, Milano, 1977, ristampato per Odradek Edizioni nel 2012; Juris, juris! All’attacco! La guerriglia partigiana ai confini orientali d’Italia 1943-1945, Mursia, Milano, 1984; con Luciano Viazzi, Le aquile delle Montagne nere: storia dell’occupazione e della guerra italiana in Montenegro (1941-1943), Mursia, Milano, 1987; Dossier foibe, Manni, San Cesario di Lecce, 2005; Il bosco dopo il mare. Partigiani italiani in Jugoslavia, 1943-1945, Infinito Edizioni, Formigine (Mo), 2009; ed altri lavori  

  7. direttrice di “La Nuova Alabarda e la coda del diavolo”, notiziario di informazione culturale, politica e sociale; autrice di interessanti ‘dossier’ monografici: tra cui “L’ombra di Gladio. Le foibe tra mito ed eversione”; “La ‘foiba’ di Basovizza”; “Il caso Norma Cossetto”; “Operazione Foibe: tra storia e mito, Kappa Vu edizioni, Udine, 2005”; La «banda Collotti». Storia di un corpo di repressione al confine orientale d’Italia, Kappa Vu, Udine, 2013  

  8. animatrice della casa editrice Kappa Vu ed autrice di: “Un campo di concentramento fascista. Gonars (1942-1943)”, Kappa Vu Edizioni, Udine, 2010; “Lager italiani. Pulizia etnica e campi di concentramento fascisti per civili jugoslavi 1941-1943”, Nutrimenti Editore, Roma, 2008  

  9. Esuli a Trieste. Bonifica nazionale e rafforzamento dell’italianità sul confine orientale, Kappa Vu Edizioni, Udine, 2010; Truffe, fuffe e fascisti… I “premiati” del Giorno del Ricordo. Un bilancio provvisorio, www.diecifebbraio.info, 17 gennaio 2017  

  10. Nome usato da un gruppo di inchiesta sul revisionismo storiografico e le false notizie storiche in rete, con particolare riferimento alle manipolazioni su Wikipedia, formatosi nel 2012 durante una discussione su Giap. Con questa scelta, il gruppo ha voluto rendere omaggio a Nicolas Bourbaki, collettivo di matematici attivo in Francia dal 1935 al 1983  

  11. http://www.casapoundlombardia.org/index.php/en/112-archivio-brescia/164-cpi-brescia-linea-rossa-su-sfondo-nero  

  12. http://www.diecifebbraio.info/wp-content/uploads/2016/05/intrigo-nazionale-a-roccabernarda-1-1.pdf e http://www.diecifebbraio.info/2016/03/udine-2332016-la-verita-documentale-sulla-foiba-mobile-di-rosazzo/  

  13. https://www.wumingfoundation.com/giap/2016/12/la-foiba-volante-non-esiste/  

  14. Temistocle Testa, criminale di guerra, Prefetto di Fiume e del Carnaro dal 1938 fino al gennaio 1943. “…tipico Prefetto fascista interprete della guerra di conquista contro la Jugoslavia(…)e della peggiore tradizione sciovinista e anti-slava del fascismo giuliano”, Marco Coslovich, storico triestino.  

  15. Mario Roatta, due volte capo di stato maggiore, generale dell’esercito (monarchico-fascista-repubblichino) regista dell’assassinio dei fratelli Rosselli, autore della famigerata circolare 3-C, che pianificava l’estirpazione degli ‘slavi’ dalle loro terre per insediare gli occupanti italo-fascisti.  

  16. Vincenzo Cuiuli, colonnello dei Carabinieri, kapò del campo di concentramento fascista di Kampor ad Arbe/Rab, soprannominato dalle popolazioni internate, per la sua ferocia, bestialità e viscidità, il Serpente.  

  17. E’ stato calcolato che la percentuale di morti di Kampor è stata proporzionalmente maggiore di quella di Buckenwald  

  18. Testimonianza di Dusan Prasnikar, raccolta da Anton Vratusa in “Dalle catene alla libertà. La «Rabska brigada», una brigata partigiana nata in un campo di concentramento fascista”, Kappa Vu Edizioni, Udine, 2011  

  19. Luigi Papo de Montona, Albo d’oro: la Venezia Giulia e la Dalmazia nell’ultimo conflitto mondiale, Unione degli Istriani, Trieste, 1989  

  20. Nell’ ottobre 1943, passato al servizio dei nazisti, fonda il Partito fascista repubblicano e prende il comando di un battaglione della Milizia Difesa Territoriale e della Guardia repubblicana fascista, nata sulle orme della LX Legione Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale di stanza a Pola e operante in Istria, con i tedeschi, fino alla fine di aprile del 1945  

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