Rai – Carmilla on line https://www.carmillaonline.com letteratura, immaginario e cultura di opposizione Tue, 01 Apr 2025 20:00:58 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.9.26 Aprire gli occhi, leggere la crisi https://www.carmillaonline.com/2019/02/07/conto-alla-rovescia-per-la-fine-di-un-modo-di-produzione-gia-esaurito/ Wed, 06 Feb 2019 23:01:58 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=50930 di Sandro Moiso

Countdown. Studi sulla crisi. Vol.III, Asterios Abiblio Editore, Trieste Novembre 2018, pp.160, euro 15,00

Secondo le stime dell’ufficio statistico federale, a novembre, in Germania la produzione di beni di consumo è diminuita di oltre il 4%, i mezzi di produzione di quasi il 2% e i beni intermedi dell’1%. Il calo della produzione è stato avvertito anche nel settore energetico e delle costruzioni e tutti questi problemi sono associati alle difficoltà incontrate dall’industria automobilistica del paese governato da Angela Merkel.

Se la cosiddetta locomotiva tedesca non si dimostra più così capace di trainare il trenino europeo, anche dall’altra [...]]]> di Sandro Moiso

Countdown. Studi sulla crisi. Vol.III, Asterios Abiblio Editore, Trieste Novembre 2018, pp.160, euro 15,00

Secondo le stime dell’ufficio statistico federale, a novembre, in Germania la produzione di beni di consumo è diminuita di oltre il 4%, i mezzi di produzione di quasi il 2% e i beni intermedi dell’1%. Il calo della produzione è stato avvertito anche nel settore energetico e delle costruzioni e tutti questi problemi sono associati alle difficoltà incontrate dall’industria automobilistica del paese governato da Angela Merkel.

Se la cosiddetta locomotiva tedesca non si dimostra più così capace di trainare il trenino europeo, anche dall’altra parte del mondo l’economia cinese inizia a dare i primi segnali di cedimento, mentre la guerra dei dazi tra USA e Cina aggiunge ulteriori preoccupazioni sullo stato “reale” dell’economia mondiale e allo stesso tempo per i titoli azionari statunitensi, il mese di dicembre scorso è stato il peggiore dal 1931, ovvero dalla Grande Depressione!1 Inoltre “le principali detenzioni estere di debito statunitense a ottobre sono calate di altri 26 miliardi […] Sempre in base a dati ufficiali riferiti allo scorso ottobre, gli investitori esteri hanno venduto altri 22,2 miliardi di dollari di titoli azionari statunitensi, il sesto mese di vendite di fila”.2 Così che al World Economic Forum di Davos, tra il 22 e il 25 gennaio, in sostituzione di tre rappresentanti assenti di altrettanti pezzi da novanta dell’establishment economico occidentale (Macron impelagato tra gilets jaunes e affaire Benalla; Theresa May incastrata tra un Parlamento ribelle e una possibile hard Brexit e Trump e la delegazione americana che hanno colto l’occasione dello shutdown federale per non prendervi parte), ha preso posto un’unica autentica convitata di pietra: la recessione mondiale.

Ma qui in Italia, dall’alba al tramonto, dalla lettura delle prime pagine dei giornali fatta da Roberto Vicaretti per RAI News24 fino a tutti gli zerbinotti del PD, di Confindustria, di Bankitalia e delle politiche economiche messe in atto dalla Banca Centrale Europea e dalla francesissima direttrice del Fondo Monetario Internazionale,3 Christine Legarde, tutti i media cartacei e non, imbeccati anche dal vicepresidente della Commissione europea Vladis Dombrovskis, sembrano soltanto preoccupati di far ricadere sulle spalle del governo gialloverde, tutt’altro che scevro da altre gravi responsabilità, non solo l’attuale crisi del sistema economico italiano, che nel mese di novembre ha visto una flessione del 2,6% della produzione industriale e che nell’ultimo trimestre del 2018 ha registrato un calo al -0,2% del PIL, ma addirittura quella dell’intero sistema economico europeo e mondiale.
D’altra parte quando negli Stati Uniti si vuole definire una situazione, quasi sempre in ambito politico, di chiara dissimulazione e creazione di una cortina fumogena, si usa l’espressione wag the dog (gioco di parole sul paradosso di agitare il cane, invece che quest’ultimo la coda). Tale scelta dimostra però, in coloro che l’accolgono, un’assenza totale di capacità analitica e di visione globale del divenire economico-sociale che nonostante tutto riesce ancora a stupire.

Ben venga dunque, anzi lunga vita, in un paese in cui sembra ormai quasi impossibile trovare un barlume di intelligenza (comprensione dei fatti reali) politica in una sorta di autentico Mar dei Sargassi dominato soltanto dalle bonacce ideologiche, ad una rivista di carattere antologico come Countdown che fin dal suo primo apparire (luglio 2014), all’epoca per le Edizioni Colibrì, ha fatto dell’opera di smantellamento di un ostinato maquillage mediatico e di un sempre più miserevole restyling analitico, tesi a incensare le magnifiche sorti progressive dell’attuale senescente capitalismo, il centro e il motore delle proprie analisi.

Coundown, attraverso la selezione di testi scelti tra i più interessanti prodotti a livello mondiale “che vanno a toccare gli aspetti fondamentali del capitale nelle diverse forme in cui si esprime” sembra dar vita ad un autentico assalto teorico, tutt’altro che scontato, a quel “realismo capitalista”, come lo ebbe a definire Mark Fisher, che sembra aver occupato tutto l’orizzonte del pensabile ed essere stato quasi totalmente sussunto anche all’interno delle istanze di chi, apparentemente, vorrebbe almeno formalmente recedere dall’assurdo contratto stilato socialmente e culturalmente con l’attuale modo di produzione. Come recita la presentazione dell’ultimo numero:

Da troppo tempo assistiamo alla mancanza di un’opposizione teorica e pratica al sistema economico capitalistico e in gran parte gli intellettuali che frequentano i dibattiti nei mass media costantemente si propongono come salvatori del modo di produzione che domina la vita quotidiana dei lavoratori. La crescita economica diventa sempre più un miraggio e la produzione mainstream sull’economia e sulle misura da adottare è fatta di luoghi comuni fini a se stessi. Nell’avanzante caos le teorie economiche dominanti e le analisi che da esse derivano hanno perso ogni senso dimostrando, in maniera ancora più spettacolare del passato, di essere solo giustuificazioni ideologiche dello stato di cose esistente. […] Precisiamo che tale operazione costituisce solo un contributo scientifico fornito a coloro che intendono comprendere le dinamiche del declino del modo di produzione capitalistico, per indirizzare l’analisi critica verso l’evidenza empirica, in contrasto con le impressioni di carattere soggettivamente deduttivo.

In questo senso sottolineare le difficoltà reali dell’economia attuale, che vede trionfatori solo un numero sempre più ristretto di autentici profittatori e rentier (26 super miliardari, secondo le analisi dell’Oxfam, che da soli possiedono la ricchezza della metà più povera degli abitanti del globo) che hanno visto nel corso dell’ultimo anno crescere le loro ricchezze dell’1,2% a fronte di un peggioramento dell’11% in meno per la parte più povera del pianeta, significa non trovare scuse per un governo populista e sovranista come quello italiano attuale, ma togliere ogni giustificazione a coloro che, mascherandosi da difensori di diritti universali, ormai soltanto presunti ma morti e sepolti proprio in grazia dell’azione di chi oggi li sbandiera in chiave esclusivamente elettoralistica, cercano ancora di giustificare l’ingiustificabile: la permanenza in vita del capitale e dei suoi funzionari economici, politici e mediatici. Secondo i quali invece l’attuale modo di produzione potrà essere sviato dal suo radioso percorso di crescita infinita soltanto da piccole anomalie del sistema oppure da errori scriteriati commessi dai suoi servitori più incompetenti o, peggio ancora, dai suoi contestatori più triviali e primitivi, come quelli che si oppongono alle grandi opere in/utili.

Ma, come dimostrano i sette saggi contenuti in questo numero di Countdown, le cose non stanno affatto così. Saggi che nell’insieme vanno a destrutturare un immaginario che delle perpetue capacità di rinnovamento del capitalismo ha fatto il suo motivo di interesse proprio per non dover giustificare la propria incapacità di pensare a ciò che sarebbe possibile in sua assenza o in alternativa. Saggi adatti, in un mondo dove le vecchie regole dello sfruttamento del lavoro umano e dell’ambiente e in cui lo Stato ha mantenute inalterate le sue funzioni repressive e la sua capacità di coagulo di forze economiche e sociali che sarebbero altrimenti disperse, a far sì che non si debba più obbligatoriamente dare per vera la formula secondo la quale oggi sarebbe “più facile immaginare la fine del mondo che non la fine del capitalismo”. Utili per rigettare la vecchia dottrina tatcheriana del There Is No Alternative (Non c’è alternativa), che è stata così pesantemente instillata nell’immaginario sociale degli ultimi decenni.

Il saggio dell’argentino Esteban Ezequiel Maito, L’instabilità storica del capitale: la tendenza alla caduta del saggio di profitto dal XIX secolo, prende in esame le stime del saggio di profitto sul lungo periodo di quattordici paesi, mettendo in evidenza come l’andamento di tale saggio confermi le previsioni negative fatte da Marx. Particolare attenzione al suo interno è dedicata ad una stima del saggio di profitto globale degli ultimi sei decenni e al ruolo che la Cina ha avuto nella profittabilità del sistema.

Wolfang Streeck invece, in La Politica del debito pubblico: neoliberismo, sviluppo capitalistico e la ristrutturazione dello Stato, segue la crescita del debito pubblico nelle economie capitalistiche, a partire dagli anni ’70, accompagnata da una crescita economica debole, da un aumento della disoccupazione e delle disuguaglianze e da una crescente resistenza fiscale, fino alla Grande Recessione e agli sforzi rivolti al suo consolidamento sotto la pressione dei “mercati finanziari” degli ultimi decenni.

Francisco Paulo Cipolla, professore di Economia presso l’Università federale del Paranà, nel suo articolo si occupa del Meccanismo del plusvalore relativo, mentre Alexei Izyumov e John Vahaly, entrambi professori di Economia presso l’Università di Louisville negli USA, nel loro Lavoro contro capitale nelle economie in transizione. Cosa direbbe Karl Marx?, analizzano i legami tra i modelli di capitalismo emersi dalle nuove economie di mercato dell’Europa dell’Est e dell’ex Unione Sovietica e le conseguenze della transizione per quanto riguarda il lavoro in riferimento alla distribuzione del reddito nazionale.

Andrew Glyn, scomparso nel 2007 e accademico di economia presso il Corpus Christi College di Oxford, si chiede(va) se Si riuscirà a dimostrare che Marx aveva ragione? Partendo dal fatto che Marx sosteneva che con l’evolversi del capitalismo una quota sempre più ridotta di ricchezza prodotta sarebbe stata destinata ai lavoratori, l’autore prova a confrontare tale ipotesi con l’ingresso massiccio sul mercato del lavoro mondiale dei lavoratori cinesi e indiani e le conseguenze che ciò ha avuto realmente sulle quote di redditto destinate ai diversi soggetti della produzione.

Wilfred Ukpere e Mohammed Bayat, entrambi docenti presso università e college del Sud Africa, si occupano invece del Rapporto funzionale tra divisione del lavoro e outsourcing. Sostanzialmente per i due studiosi outsourcing significa internazionalizzazione della divisione del lavoro. Considerando che la divisione del lavoro era localizzata, l’outsourcing avviene a livello globalizzato per garantire al capitale un ulteriore supporto per sfruttare il lavoro a livello globale.

Poiché ho affermato all’inizio che i testi raccolti su questo numero di Countdown, pur prodotti in contesti culturali diversi e da ricercatori estremamente differenti per provenienza e metodologie, possono risultare estremamente stimolanti per una riflessione che intenda travalicare le modeste banalità di base quotidianamente prodotte sia dalla narrazione economica mainstream che da quella sedicente alternativa o antagonista, ho lasciato per ultimo il testo di Antonio Pagliarone, membro della redazione della rivista, che in realtà apre l’antologia: Qualche riferimento al rapporto tra Information Technology e produttività.

In tale saggio, l’autore discute e critica severamente quella narrazione economica e politica che delle differenti innovazioni legate alle nuove tecnologie 2.0,3.0, 4.0, 5.0 e così via è stata fatta sia dai pallidi servitori e funzionari del capitale “alla Renzi”, sia da quei critici del capitalismo stesso che, subendo il fascino delle “nuove tecnologie”, vedono e pronosticano nella loro diffusione, un superamento già in atto dell’attuale modo di produzione. Numeri alla mano, però, Pagliarone dimostra lo scarso impatto di tali tecnologie dell’informazione sulla produttività del lavoro. Sottolineando come a partire dalla fine degli anni Settanta l’investimento nel rinnovamento dei macchinari sia sceso negli Stati Uniti e in Occidente e come tale investimento in capitale costante sia stato sostituito dall’outsourcing, dalla ricerca di nuove riserve di manodopera a basso costo in altri continenti e in altre parti del mondo oppure nella attuale e diffusa precarizzazione del lavoro in aree un tempo garantite. Dimostrando come, in realtà, sia stato l’aumento dell’intensità del lavoro, sia in Occidente che negli altri continenti, più che la sua informatizzazione a permetter al capitale di rallentare almeno parzialmente la tendenza alla caduta tendenziale del saggio di profitto insita nel suo sviluppo.

Verrebbe da dire, anche se l’autore non usa questo esempio, che la velocizzazione e l’aumento della circolazione e del consumo delle merci, attraverso l’utilizzo delle varie tecnologie informatiche x.0, basti pensare al caso di Amazon o di Foodora, sia in realtà dovuta più all’intensificazione e all’imbarbarimento dei rapporti di lavoro per i dipendenti delle due ditte in oggetto più che ad un reale aumento della produttività legata allo sviluppo di nuovi software, ricadendo completamente sulle spalle dei lavoratori e peggiorandone enormemente le condizioni e l’intensità del lavoro. Una scelta di sviluppo arcaica e triviale e tutt’altro che “all’avanguardia”. In cui, addirittura, i lavoratori devono procurarsi i “mezzi di produzione” (le biciclette) di tasca propria.

Più che di capitalismo n.x sarebbe forse allora il caso di parlare di capitalismo giunto al suo punto zero; un capitalismo, soprattutto quello italiano, che ha bisogno di grandi opere inutili per continuare a sopravvivere all’ombra di prebende statali (alla faccia del neo-liberismo sbandierato soltanto a danno della spesa sociale e sanitaria), almeno 600 richieste soltanto sul suolo dello stivale, e che per continuare a intascare profitti ai danni della maggioranza assoluta della popolazione mondiale non esiterà davanti a nulla: ulteriore devastazione dell’ambiente, guerre e colpi di mano politici presentati come unica strada per la salvezza economica nazionale.
Ma troppi, davvero troppi, tardano ancora ad aprire gli occhi e a comprenderlo.


  1. https://it.businessinsider.com/la-cortina-fumogena-della-narrativa-ufficiale-sulleconomia-globale-nasconde-una-realta-drammaticamente-diversa-ecco-i-dati/  

  2. Idem  

  3. Si veda come esempio recentissimo qui  

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La Fregatura https://www.carmillaonline.com/2018/07/22/la-fregatura/ Sun, 22 Jul 2018 17:00:28 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=47385 di Alessandra Daniele

C’è qualcosa che in questo periodo spiazza profondamente i complottisti: hanno vinto le elezioni, e sono arrivati al governo. Questo naturalmente non quadra con la loro visione del cosmo, formatasi sulle vecchie stagioni di X Files, insieme alla fissa per l’invasione aliena. Alla fine di ogni episodio sulla Cospirazione, Mulder e Scully tornano sempre a casa scornati, non succede mai che vengano creduti, e promossi ai vertici dell’FBI. Cosa sta succedendo, si chiedono quindi i complottisti al governo, dov’è la fregatura, where is the catch? Sì, Mattarella è parso abbozzare un mezzo tentativo di bloccarli, ma è sembrata più che altro [...]]]> di Alessandra Daniele

C’è qualcosa che in questo periodo spiazza profondamente i complottisti: hanno vinto le elezioni, e sono arrivati al governo.
Questo naturalmente non quadra con la loro visione del cosmo, formatasi sulle vecchie stagioni di X Files, insieme alla fissa per l’invasione aliena. Alla fine di ogni episodio sulla Cospirazione, Mulder e Scully tornano sempre a casa scornati, non succede mai che vengano creduti, e promossi ai vertici dell’FBI.
Cosa sta succedendo, si chiedono quindi i complottisti al governo, dov’è la fregatura, where is the catch?
Sì, Mattarella è parso abbozzare un mezzo tentativo di bloccarli, ma è sembrata più che altro una di quelle cose che si fanno solo per poter dire d’averci provato. E secondo il leghista Giorgetti, Mario Draghi s’è subito occupato d’intercedere perché la crisi si risolvesse.
I complottisti sono al governo, e non riescono a spiegarsi come sia potuto succedere.
L’aver venduto il culo a Berlusconi non gli sembra una spiegazione sufficiente. Dopo la presidenza del Senato e il ministero chiave dell’Economia, hanno consegnato a Forza Italia e a Mediaset anche la Giunta per l’Immunità parlamentare, e la Commissione per la Vigilanza Rai. Eppure si ritengono ancora duri e puri nemici del Sistema.
Quindi a ogni ombra sobbalzano, e strappano una tenda convinti ci sia nascosto dietro un killer transgenico, trovandoci però soltanto un termosifone con due pantofole sotto.
È successo anche la settimana scorsa. Come richiesto dallo stesso governo, l’Inps ha fatto i conti in tasca al cosiddetto Decreto “Dignità”. Luigi Di Maio ha gridato al complotto, dicendo “me la sentivo!” E ha sferrato un calcio al termosifone dietro la tenda.
Intanto Savona della loro Squadra Antieuro finiva indagato per usura bancaria.
Questa non se la sentivano.
Come al solito i complottisti cercando dettagli nell’ombra, si perdono quello che è sotto gli occhi di tutti.
Con la fine di quest’anno si conclude anche il Quantitative Easing, l’espediente inventato proprio da Mario Draghi per preservare in animazione sospesa l’economia europea.
S’annuncia all’orizzonte una tempesta di merda che chiunque al governo dovrà affrontare, e i porti per la nave Italia saranno chiusi.
Non che ci sia stata una trappola, i populisti hanno messo la testa sul ceppo da soli, promettendo l’impossibile per vincere. Hanno voluto la bicicletta, e al ritorno dalle vacanze gli toccherà pedalare.
The catch is out there. La fregatura è là fuori.

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La fine dei tempi e la nave che verrà https://www.carmillaonline.com/2018/07/10/la-fine-dei-tempi-e-la-nave-che-verra/ Mon, 09 Jul 2018 22:01:15 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=46685 di Sandro Moiso

Alessandro Portelli, Bob Dylan, pioggia e veleno, Donzelli editore, Roma 2018, pp. 178, € 18,00

Per una volta va detto chiaramente e subito, in apertura della recensione: per chiunque sia interessato a Bob Dylan o, più in generale, alla popular music il testo di Alessandro Portelli si rivelerà come una lettura indispensabile. Condotto con attenzione certosina al particolare e costruito su più piani, tutti perfettamente incastrati tra di loro, il libro permette di compiere un viaggio esperienziale attraverso l’opera poetico-musicale del menestrello di Duluth, il mistero del suo successo a [...]]]> di Sandro Moiso

Alessandro Portelli, Bob Dylan, pioggia e veleno, Donzelli editore, Roma 2018, pp. 178, € 18,00

Per una volta va detto chiaramente e subito, in apertura della recensione: per chiunque sia interessato a Bob Dylan o, più in generale, alla popular music il testo di Alessandro Portelli si rivelerà come una lettura indispensabile.
Condotto con attenzione certosina al particolare e costruito su più piani, tutti perfettamente incastrati tra di loro, il libro permette di compiere un viaggio esperienziale attraverso l’opera poetico-musicale del menestrello di Duluth, il mistero del suo successo a livello planetario che sembra aver superato le barriere dello spazio e del tempo, la diffusione della ricezione delle sue canzoni in Italia fin dai primi anni sessanta, il collegamento con la tradizione folklorica e musicale non soltanto anglo-sassone e, infine, l’immancabile richiamo al testo biblico.

A tutto questo, che già potrebbe costituire un materiale enciclopedico intorno alla figura di Dylan, si va ad aggiungere un puntuale e coltissimo riferimento alle origini e ai richiami della tradizione delle ballate popolari all’interno delle sue canzoni e una definizione, credo, finalmente esaustiva di ciò che costituisce una ballata e che la differenzia da altri generi musicali quali, ad esempio, la canzone politica.

Il tutto si articola intorno ad una singola canzone, la celeberrima A Hard Rain’s A-Gonna Fall che, come afferma Portelli, fu anche la prima canzone di Dylan ad essere trasmessa da una radio italiana nel 1964. Affermazione avvalorata dal fatto che fu proprio lo stesso Portelli a trasmetterla nel programma Rotocalco musicale di Adriano Mazzoletti che andava in onda, sul secondo programma della RAI, ogni mercoledì alle 17.

Un legame di antica origine e di lunga durata è quello che lega quindi l’autore del libro, oggi uno degli americanisti e studiosi di storia orale e di cultura e musica popolare più importanti (forse il più importante) d’Italia, al cantautore e poeta statunitense. Legame lungo, appassionato e serio che permette a Portelli di sviscerare autenticamente la canzone, le sue origini e tutti i suoi possibili significati e, allo stesso tempo, fare altrettanto con i suoi riferimenti culturali e musicali.

Se il viaggio con l’opera e il successo di Dylan inizia infatti in Italia nel 1964, esso poi continua nel deserto del Sahara dove una guida tuareg, nel 1969, fa ascoltare al fotografo Mark Edwards la voce di Dylan, attraverso un vecchio mangiacassette a batteria, mentre interpreta proprio Hard Rain. Per continuare poi, nel tempo e nello spazio, fino al festival che si tiene annualmente a Shillong, ex-capitale dell’Assam, in India in occasione del compleanno di Dylan il 24 maggio. Festival rock cui partecipano gruppi e spettatori di mezza India, pur non essendo mai andato il destinatario di quella manifestazione ad esibirsi in quel paese. Oppure a Calcutta nel 2016, dove cantautori locali, giovani o meno, continuano ad interpretare ed inventare canzoni tradizionali sulla base della musica o della poetica dylaniana.

Un viaggio che in Italia ha visto avvicinarsi fin dagli inizi alla medesima poetica, per trarne ispirazione, cantautori ed artisti quali Fabrizio De André, Edoardo Bennato, Francesco De Gregori, il Nuovo Canzoniere Italiano e molti altri ancora. Ma, come si è già detto, questo viaggio non è soltanto nel tempo delle canzoni di Dylan e della loro ricezione, ma anche nelle radici popolari e storiche delle stesse.

Per fare ciò Portelli utilizza la ballata che maggiormente sembra avere influenzato la struttura di Hard Rain: si intitola Lord Randall, di cui sono state individuate dagli studiosi «versioni e varianti tedesche, olandesi, svedesi, danesi, ungheresi, wendish, irlandesi, americane, boeme, catalane; ma la coesione più stretta e fra le versioni italiane e quelle anglofone».1

Ed è esattamente a questo punto che la storia di Hard Rain/Lord Randall torna ad incrociarsi con la canzone popolare italiana, si potrebbe dire con l’autentica canzone popolare; quella trasmessa oralmente attraverso i secoli, da un esecutore all’altro, e di cui si trovano tracce fin dal 1629. La versione italiana, che potrebbe essere addirittura la prima e la più antica, si intitola Testamento dell’avvelenato ed è ricordata da «un certo Camillo detto il Bianchino, in una raccolta di testi pubblicata a Verona ».2

L’antica ballata, che inizia in media res, racconta la vicenda di un giovane che allontanatosi da casa per trovare la sua bella, tornerà a morire tra le braccia della madre e dei famigliari dopo essere stato avvelenato dalla stessa donna di cui si era innamorato. Non vi sono spiegazioni sui motivi dell’omicidio, ma la metafora dei rischi legati all’abbandono dei luoghi conosciuti e famigliari è potentissima. Infatti, come afferma Portelli

“la pulsione verso il conosciuto, stabile, famigliare in tempi di trasformazioni tempestose ha anche una risonanza con il senso del tempo storico: la sensazione che il «nuovo» possa essere portatore non solo di speranza ma anche di pericolo.
Gli anni in cui fiorisce in Gran Bretagna la ballata epico-lirica sono quelli delle enclosures e delle leggi anti-vagabondaggio, in cui la modernizzazione consiste nella privatizzazione dei beni comuni e nella cancellazione degli usi civici, impoverendo le famiglie rurali o trasformandole in poveri urbani itineranti e vagabondi illegali. Non sempre, per le classi non egemoni, il nuovo ha voluto dire progresso, miglioramento.[…] La canzone popolare è una delle forme che esprimono, per dirla con Vito Teti, antropologo del mondo rurale del Sud, «l’inquietudine di popolazioni mobili rese costitutivamente precarie, melanconiche, ma anche creative e resilienti dall’esperienza prolungata delle catastrofi naturali e dagli stravolgimenti storico-economici, dalla fame e dalla ricerca di un paradiso altrove»”.3

La canzone di Dylan, cantata in pubblico per la prima volta nel 1962 ed uscita per la prima volta su disco il 27 maggio 1963, nel suo primo album di canzoni originali The Freewheelin’ Bob Dylan, parla in realtà del pericolo di un fall-out nucleare destinato a distruggere il nuovo mondo di cui il blue eyed young man protagonista della canzone è andato in cerca incontrando soltanto morte e distruzione, compresa la sua. La canzone riprende i toni apocalittici ereditati dalla Bibbia da blues, gospel e spiritual.

Non è la sola nel disco poiché con essa è presente anche Talkin’ World War Blues che riprende il tema della possibile distruzione nucleare del mondo con versi ora drammatici ora ironici. Ma l’anno è importante poiché si tratta del 1962 e la crisi dei missili di Cuba ne è diventata il simbolo. Il senso del vivere sul limite di una catastrofe nucleare pervade le folk songs, i primi movimenti di protesta giovanili anti-militaristi e precederà di poco lo sviluppo dei movimenti per i diritti civili e di lì a poco il 1968.

Ma Dylan può affermare, a ragione, di non aver mai scritto una canzone politica, anche se molt, ieri e ancora oggi sono state accolte e sono ancora interpretate come tali. In questa affermazione l’autore americano non solo conferma la sua volontà di non essere mai inquadrato in un cliché, ma rivendica indirettamente il suo essere scrittore ed interprete di ballate epico-liriche tipiche della cultura popolare.

Infatti, ci spiega Portelli

“La ballata si occupa di quelle opposizioni in cui schierarsi non è possibile. Ciascuna ballata, o il sistema delle ballate nel suo insieme, enuncia un dilemma ma non lo risolve perché, come nella tragedia, le ragioni sono divise, sono tutte sia giuste, sia fatali: il nuovo è minaccioso ma come possiamo rinunciare al futuro? […] Ascoltare le ballate e prenderle sul serio ci aiuta a conoscere meglio Bob Dylan e a capire anche perché non sia solo il Dylan giovanile ma anche quello più recente a esserne intriso, come se quelle canzoni che esplorava come riproposta tornassero decenni più tardi, interiorizzate in forma di memoria.”4

L’argomento delle ballate, scrive ancora l’autore, sono le domande, non le risposte e questo può spiegare la loro sopravvivenza nel tempo e nello spazio poiché spesso fanno riferimento ai grandi temi e ai grandi archetipi dell’agire umano e dell’inconscio collettivo. Potendo essere di volta utilizzate e riutilizzate in contesti sempre nuovi, sempre diversi e allo stesso tempo costanti.
Cosa che le avvicina alla lirica e alla poesia e che in Dylan vede accumularsi, insieme alla tradizione folk, blues, gospel, biblica e tradizionale, elementi della poesia moderna dal Bateau ivre di Rimbaud a Howl di Allen Ginsberg, passando per la ribellione giovanile dell’autentico drop out quattrocentesco François Villon. Ed è stato proprio questo approccio che ha, di fatto, contribuito all’assegnazione del Nobel a Dylan proprio nell’anniversario della morte di un altro premio Nobel, questa volta italiano, che dell’unione tra colto e popolare aveva fatto il centro del suo Mistero buffo: Dario Fo.

Poiché un viaggio deve per forza concludersi con una nave che entra in porto, se nella canzone Hard Rain a trionfare può essere l’apocalisse, in un’altra canzone famosissima la speranza può arrivare con una nave, un’arca della salvezza oppure carica di angeli sterminatori per i malvagi: When The Ship Comes In. Inserita in The Times They Are A-Changin’, del 1964 e terzo lp del giovane Dylan, in essa si afferma che

“Tempo verrà; non se ma quando arriverà la nave.[…] When The Ship Comes In è un’altra profezia che rovescia e bilancia A Hard Rain’s A-Gonna Fall. Siamo in quel momento sospeso in cui la pioggia sta per cadere, ma stavolta non è la fine del tempo: è un prodigioso tempo nuovo, un avvento liberatore che apre l’oceano e scuote la sabbia; persino i pesci e i gabbiani sorrideranno, persino le rocce si ergeranno orgogliose sulla riva, il sole finalmente non brucerà più i visi dei naviganti e le parole usate per confondere la nave si riveleranno in tutta la loro incomprensibile insensatezza. E’ una canzone intrisa di echi biblici. Ma quelle catene che si spezzeranno fanno pensare anche ad un altro testo sacro […] Quando arriva la nave non è più il tempo dei compromessi, delle mediazioni, delle concessioni; dalla prua della nave grideremo (ai nostri potenti nemici) «your days are numbered», i vostri giorni sono contati. «We’ll shout from bow» – Noi grideremo dalla prua; la nave non è un prodigioso deus ex-machina che viene a salvarci; sulla nave ci siamo noi; siamo noi, tutti insieme, la nostra salvezza”.5

Sarebbero ancora tantissimi i temi, le canzoni, i collegamenti contenuti nel libro, ma credo sia giusto chiudere qui, con un messaggio che è allo stesso tempo di vendetta e di speranza, esattamente come fa l’autore, che rinvia più ai drammi dell’odierno Mediterraneo colonizzato e insanguinato dall’imperialismo europeo che ai versi tratti dalla Madama Butterfly di Giacomo Puccini: «Un bel dì, vedremo levarsi un fil di fumo, sull’estremo confin del mare. E poi la nave appare. E poi la nave appare».


  1. A. Portelli, Bob Dylan, pioggia e veleno, pag. 29  

  2. A.Portelli, op.cit., pag. 27  

  3. ibid. pp.120-121  

  4. ibid. pp. 124-125  

  5. ibid. pp.143-144  

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L’empatia del Potere https://www.carmillaonline.com/2017/11/01/lempatia-del-potere/ Tue, 31 Oct 2017 23:01:38 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=41153 di Mauro Baldrati

La questione – il problema – è l’empatia. Nel mondo delle comunicazioni l’empatia non si raggiunge con la qualità, ma soprattutto con la quantità. La politica moderna, che nel tempo è mutata in complessi sistemi di annunci, discussioni autoreferenziali, retorica, populismo, usa appunto la quantità, che si ottiene con la ripetizione continua della presenza degli attori e degli annunci.

Per fare qualche utile riferimento con opere moderne e contemporanee, questo è avvenuto con film come Il Padrino, di fatto una miniserie (libro del 1969, film del 1972, 1974, [...]]]> di Mauro Baldrati

La questione – il problema – è l’empatia.
Nel mondo delle comunicazioni l’empatia non si raggiunge con la qualità, ma soprattutto con la quantità.
La politica moderna, che nel tempo è mutata in complessi sistemi di annunci, discussioni autoreferenziali, retorica, populismo, usa appunto la quantità, che si ottiene con la ripetizione continua della presenza degli attori e degli annunci.

Per fare qualche utile riferimento con opere moderne e contemporanee, questo è avvenuto con film come Il Padrino, di fatto una miniserie (libro del 1969, film del 1972, 1974, 1990), dove le vicende della famiglia mafiosa, i cui esponenti sono interpretati da star hollywoodiane, rappresentano un’ode globale alla mafia. Forse non era nelle intenzioni del regista, ma di fatto il pubblico si identifica con gli eroi, che siano negativi o semi-negativi, perché sono gli unici interpreti assoluti e i catalizzatori dell’attenzione. L’empatia coi personaggi, e col mondo di cui fanno parte, è inevitabile.

Oppure Cristiana F: i ragazzi dello zoo di Berlino (libro del 1978, film del 1981) ottiene lo stesso risultato, con numerosi morti per overdose durante la proiezione. Empatia con l’autodistruzione e la morte.

Per entrare nell’iconografia assolutamente moderna (30-35 anni dopo le opere citate), la serie Gomorra (libro del 2006, film del 2008, serie del 2014), favorisce un’empatia rocciosa coi personaggi, ancora più negativi dei precedenti, anzi, si può dire totalmente negativi: trafficanti, spacciatori e assassini, ma con “lati umani”, benché folli nella loro visone unica della violenza – o forse proprio perché folli?

Lo stesso accade con Suburra (libro del 2013, film del 2015, serie 2017), storie di mala col contorno di zingari gangster in ambienti pacchiani persino più estremi di quelli di Gomorra. Anche qui gli eroi sono banditi, politici corrotti, prelati diabolici, ma risultano “fichi”. Non esistono i cosiddetti “contraltari”, la componente considerata positiva semplicemente non appare. Per certi aspetti un apripista è rappresentato dal primo Ellroy, coi suoi romanzi neri nei quali sono tutti marci, tutti corrotti, a cominciare dalle forze di polizia. Dove per negativo non si intende qualcosa di eversivo, di anticonformista o addirittura rivoluzionario, ma solo un viaggio dall’interno del crimine, nella bassezza umana fatta di avidità, tradimento e assassinio. Così gli eroi negativi diventano eroi e basta, perché unici depositari di un’empatia obbligata.

Il Potere conosce questa dinamica subliminale collettiva da anni, da secoli. Ultimamente, con la metamorfosi della politica in evento mediatico, ha immediatamente capito che è indispensabile ottenere il controllo assoluto dei media. Così è iniziata una corsa verso l’occupazione, mandando in frantumi ogni residuo di tutela e di pluralismo.

In principio era controllo parziale, strisciante, con nomine spartite dal Cencelli, ma dopo l’offensiva dei conglomerati transnazionali contro gli stati sociali il processo è andato avanti lancia in resta, con perseveranza, zelo e violenza. I principali giornali sono stati acquisiti da aziende, che ne hanno fatto dei bollettini allineati con le tendenze necessarie. L’occupazione militare della RAI, che ha espulso ogni voce anche solo vagamente indipendente, si può far risalire circa al 2013, col definitivo controllo di ciò che restava di una voce libera, RAI News 24, dopo l’uscita di Corradino Mineo, passato a una incomprensibile quanto inutile carriera politica.

A questo punto l’empatia è del tutto simile a quella sviluppata nel Padrino/Gomorra/Suburra. Son loro, gli attori del Pensiero Unico che debordano ogni giorno dal video e dalle pagine dei fogli mainstream a occupare tutti gli spazi. I canali televisivi sono impregnati di talk show gossipari, con professionisti che recitano di continuo copioni già scritti e sperimentati. Propagano una litania autistica, conforme agli interessi dei comitati d’affari che si sono impadroniti del paese.

E scatta, prevista, l’empatia. Il pubblico/elettore per mezzo della ripetitività, dell’isolamento, dell’omologazione dei messaggi e degli annunci, perde lentamente la propria libertà di critica, annegata nel martellamento a senso unico. E finisce per ascoltare, per credere e persino ammirare gli attori della recita.

Questo sistema è anche abbastanza complesso e raffinato, oltre che brutale. Alcune voci di opposizione vengono ospitate, ma isolate, con fine di spettacolo nel cicaleccio del Pensiero Unico. Alcuni personaggi come Luca Casarini, che dice “le cose giuste”, sono a loro volta funzionali come i nani di corte, che al cospetto di re e nobili potevano dire qualunque cosa, anche irriverente e sboccata, suscitando risate in quanto nani di corte, cui era concesso tutto.

Così il popolo cade di continuo nelle stesse, antiche trappole. Genitori con figli che non trovano lavoro, oppure lo trovano precario a 600-700 euro mensili, votano chi li ha ridotti così. Utilizzatori della sanità votano i distruttori dei loro servizi, che rubano risorse per destinarle alle banche, alle spese militari e alle grandi opere inutili.

Per l’empatia con le gang, le bande, che controllano l’immaginario mainstream e lo configurano a loro immagine.

Empatia che il Potere oggi usa come un’arma offensiva apparentemente imbattibile.

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Le psichiatrie al lavoro https://www.carmillaonline.com/2016/10/13/le-psichiatrie-al-lavoro/ Thu, 13 Oct 2016 21:30:09 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=33943 di Piero Cipriano

tv_0098977La pazzia dimenticata. Questo è il titolo del libro che la giornalista Adriana Pannitteri pubblicò qualche anno fa, edito da L’asino d’oro. Parlava di OPG e di servizi di salute mentale italiani, che, riassume il titolo del libro, si erano dimenticati, in definitiva, che la pazzia esiste. E che, talvolta, può essere pericolosa. Molto pericolosa.

Leggo dalla prefazione al libro: «Esiste una violenza dapprima psichica e poi fisica che scaturisce dalla malattia mentale… in Italia esistono idee pioneristiche su questo punto, ad esempio il concetto fagioliano di pulsione di annullamento… se dovesse, invece, prevalere una visione (non estranea [...]]]> di Piero Cipriano

tv_0098977La pazzia dimenticata. Questo è il titolo del libro che la giornalista Adriana Pannitteri pubblicò qualche anno fa, edito da L’asino d’oro. Parlava di OPG e di servizi di salute mentale italiani, che, riassume il titolo del libro, si erano dimenticati, in definitiva, che la pazzia esiste. E che, talvolta, può essere pericolosa. Molto pericolosa.

Leggo dalla prefazione al libro: «Esiste una violenza dapprima psichica e poi fisica che scaturisce dalla malattia mentale… in Italia esistono idee pioneristiche su questo punto, ad esempio il concetto fagioliano di pulsione di annullamento… se dovesse, invece, prevalere una visione (non estranea alla riforma Basaglia) che nega la malattia mentale negando anche la violenza che essa può comportare, c’è il rischio che non si vada oltre l’assistenza».

Ecco, siccome oggi [10 ottobre] è la giornata della salute mentale, ieri sera, su Rai uno, lo speciale sulla psichiatria che la Pannitteri ha realizzato, ha proposto questo messaggio. Che in Italia ci sono tante, molte, diverse psichiatrie: c’è la psichiatria dell’assistenza, che funziona a Trieste, dove ancora rimestano sulla bella frase che la libertà è terapeutica, a Milano invece c’è la psichiatria di marca americana, della biologia dei farmaci e dei camici e delle diagnosi e delle statistiche snocciolate come un robottino dal presidente della Società Italiana di Psichiatria, a Brescia la psichiatria nostalgica dell’elettrochoc, che decanta la magnificenza della terapia elettrica, a Roma intervistano una sorta di secondina col camice, che giustifica con nonchalance le porte chiuse del suo Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura (SPDC) e le telecamere di sorveglianza perché, dice, a Roma non è possibile far scappare i pazienti (come se quelli di Roma fossero più pericolosi degli altri), la contraddice però, sempre a Roma, il primario dell’unico SPDC a porte aperte di tutto il Lazio, che un po’ si loda dicendo che i pazienti devono poter disubbidire, e quindi devono potersi allontanare dal reparto (ok, sono d’accordo, e allora butta le fasce, così vedi come disobbediscono meglio), poi il reportage scende nel sud Italia, passa per Aversa, dove c’è la psichiatria del non abbiamo le risorse e facimm quello che putimme, e si ferma più giù, a Vallo della Lucania, dove il SPDC l’hanno perfino chiuso perché dentro si legava un po’ troppo e, soprattutto, si ammazzava Mastrogiovanni, e perciò questo tipo di psichiatria deve essere condannata, infine si ritorna a Roma, dove c’è un guru che finalmente ci illumina, e trova la sintesi di tutte queste maldestre psichiatrie: si chiama Massimo Fagioli, sua è la psichiatria che studia l’inconscio e fa le messe (nel senso di omelie) collettive dove si analizza quel trentatré per cento della nostra vita che è il sogno, perché è là che c’è l’inconscio, e dove c’è l’inconscio (sia sa) c’è la malattia, e dove c’è la malattia (si sa) si può celare il pericolo. E questa novità sensazionale ce la racconta, con eloquio infacondo, un personaggio davvero improbabile, sconosciuto e incredibile fuori dei confini laziali, un mezzo santone mezzo strizzacervelli, uno che sarebbe divertente raccontare, ma coi mezzi del romanzo, non certo del saggio. Se ne valesse la pena.

Insomma, Rai uno passa da I giardini di Abele di Sergio Zavoli, che pure viene citato nel servizio, con la celebre risposta di Basaglia («Cosa le interessa di più, la malattia o il malato? Il malato, senza dubbio»), a La pazzia dimenticata, di Adriana Pannitteri, e questo è un triste segno dei tempi.

Il messaggio, in sintesi, mi pare: nonostante le buone intenzioni la legge 180 non funziona, troppe psichiatrie, senza capo né coda. Intanto la pazzia è lì, che incombe, e il pericolo, che l’accompagna, quello c’è sempre.
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[L’intervento è stato scritto da Piero Cipriano il 10 ottobre 2016 in occasione della Giornata della salute mentale. Lo speciale Rai uno sulla psichiatria è andato in onda in seconda serata il 9 ottobre 2016 – ght]

 

 

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Basta un Sisma https://www.carmillaonline.com/2016/09/04/basta-un-sisma/ Sun, 04 Sep 2016 18:55:24 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=32982 di Alessandra Daniele

“Never again” is what you swore the time before. (Depeche Mode – Policy of Truth).

Insieme alle scosse di assestamento, continua il principale fenomeno tellurico collaterale associato ad ogni sisma in territorio italiano: lo scaricabarile. Quasi 300 morti. Con 230 vittime, la popolazione di Amatrice è stata letteralmente decimata. Di chi è la colpa? Di chi taglia il cemento con la sabbia, lo arma a salve con travi corrose dalla ruggine, di chi sfrutta le ristrutturazioni antisismiche per peggiorare la resistenza degli edifici anziché migliorarla? Di chi intasca i fondi europei, di chi approva [...]]]> di Alessandra Daniele

Never again” is what you swore the time before.
(Depeche Mode – Policy of Truth).

Insieme alle scosse di assestamento, continua il principale fenomeno tellurico collaterale associato ad ogni sisma in territorio italiano: lo scaricabarile.
Quasi 300 morti.
Con 230 vittime, la popolazione di Amatrice è stata letteralmente decimata.
Di chi è la colpa?
Di chi taglia il cemento con la sabbia, lo arma a salve con travi corrose dalla ruggine, di chi sfrutta le ristrutturazioni antisismiche per peggiorare la resistenza degli edifici anziché migliorarla? Di chi intasca i fondi europei, di chi approva un condono tombale dopo l’altro?
Macché.
La risposta che scuote i media come un bradisismo è inesorabile.
Degli stranieri.
Quali?
I soliti.
Innanzitutto, come sempre, dei migranti che secondo la Lega non solo contemporaneamente rubano il lavoro agli italiani e non fanno un cazzo dalla mattina alla sera, ma adesso rubano pure gli alberghi ai terremotati, anche se in realtà i terremotati comprensibilmente perlopiù non vogliono essere deportati lontano dai loro paesi.
Poi dei tedeschi, che non ci concedono la mitica Flessibilità di Bilancio, chiaramente antisismica, né ci consentono di ricevere maggiori finanziamenti europei da affidare prontamente agli stessi ladri che si sono mangiati i precedenti.
Renzi promette a muso duro che se non ce li daranno, ce li prenderemo lo stesso, e se lo promette lui possiamo star certi che non succederà.
Renzi ormai è un cazzaro che non sa più neanche raccontarle, le cazzate, ossessionato com’è dalla campagna per il referendum, col suo slogan da Fertility Day “Basta un Sì”, l’ordalia che deciderà il suo destino, non tanto perché sia stato lui a scegliersela, ma perché demolire la Costituzione è proprio il compito che i suoi sponsor gli hanno assegnato, e difficilmente gli perdoneranno un altro fallimento.
La Tv è pronta per la campagna d’autunno. C’era una volta la Rai tripartita: Rai 1 alla DC, Rai 2 al PSI, Rai 3 al PCI, adesso che DC, PSI, e PCI sono tutte correnti del PD, dalla lottizzazione è tornata al latifondo.
Dopo aver fatto della Tv pubblica un monocolore Raienziano, il cazzaro sta sfruttando persino il terremoto per comprare il sostegno referendario della minoranza PD, con la nomina del bersaniano Vasco Errani a commissario straordinario per la ricostruzione. D’altronde per certi reati Errani è già stato inquisito e assolto, quindi ormai è immunizzato.
La controriforma renziana è l’equivalente costituzionale della ristrutturazione pro-sismica della scuola di Amatrice: un miglioramento fasullo che in realtà peggiora le cose.
Rende tutta la struttura più fragile, più pericolosa.
Anche i moventi sono gli stessi, speculazione, profitto.
Quando anche la Costituzione crollerà, daranno la colpa ai migranti.

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Minoritary Report https://www.carmillaonline.com/2015/10/18/minoritary-report/ Sun, 18 Oct 2015 19:16:48 +0000 http://www.carmillaonline.com/?p=26105 di Alessandra Daniele

L.stabilità: Renzi, Regioni arrabbiate? Gli passeràLa manovra finanziaria di quest’anno è concepita per agevolare chi possiede una villa come prima casa, e maneggia abitualmente grosse somme di denaro in contanti. È la Manovra della Magliana. Il canone verrà inserito nella bolletta dell’energia elettrica, ed è logico, visto quanto la Rai somiglii all’Istituto Luce. Il resto delle misure economiche si riduce ai soliti tagli lineari contemporaneamente vessatori e inefficaci, e qualche ritocco inutile a favorire la crescita quanto a tingere la ricrescita. Alle slide di Renzi – “L’Italia con il Segno Più” – mancava quella che da sola [...]]]> di Alessandra Daniele

L.stabilità: Renzi, Regioni arrabbiate? Gli passeràLa manovra finanziaria di quest’anno è concepita per agevolare chi possiede una villa come prima casa, e maneggia abitualmente grosse somme di denaro in contanti. È la Manovra della Magliana.
Il canone verrà inserito nella bolletta dell’energia elettrica, ed è logico, visto quanto la Rai somiglii all’Istituto Luce.
Il resto delle misure economiche si riduce ai soliti tagli lineari contemporaneamente vessatori e inefficaci, e qualche ritocco inutile a favorire la crescita quanto a tingere la ricrescita.
Alle slide di Renzi – “L’Italia con il Segno Più” – mancava quella che da sola sarebbe bastata a descrivere tutta la manovra: Più Cazzate.
Sempre più minoritaria nel paese, la maggioranza governativa di Renzi, che minacciava stizzoso di defogliare i “cespugli”, è oggi in realtà ostaggio dei capricci, dei ricatti, e degli appetiti di tutte le minoranze parlamentari possibili e immaginabili: Verdiniani, Alfaniani, Bersaniani, Centromediani, Espulsi, Fuoriusciti, Scissionisti, Gruppimistici, Sellini, Tirolesi, Quagliarelli… al mercatone mancano solo i Ferengi, ma sicuramente anche tutti gli altri hanno ben chiare le Regole dell’Acquisizione.
Se il prezzo dei patetici Bersaniani probabilmente è stato per Renzi una semplice promessa di ricandidatura, quello dei Verdiniani è molto più alto.
Il suo sputtanamento definitivo.
Quando Denis Verdini stornella beffardo in Tv tutto il potere che ha sul governo, lo fa perché questo è il prezzo che Renzi deve pagare per restare dov’è. Perdere anche l’ultimo brandello di dignità apparente. L’ultimo truciolo della verniciatura di nuovismo rottamatore. L’ultimo straccio di maschera. Rivelarsi completamente per il patetico clone debole di Berlusconi che è sempre stato.
Quel Berlusconi che col suo serraglio di fuoriusciti sta svuotando dall’interno il simulacro di Renzi, in modo che alle prossime elezioni sia facile schiacciarlo come un guscio d’uovo.
Ogni presunta vittoria che Renzi ottiene grazie ai voti Ferengi è un passo verso la sua personale rottamazione.

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Nightfall https://www.carmillaonline.com/2015/08/09/nightfall/ Sun, 09 Aug 2015 04:58:42 +0000 http://www.carmillaonline.com/?p=24379 di Alessandra Daniele

Sòla-verdeLa Lega è stata al governo con Berlusconi per più di dieci anni. Ha avuto una decina di ministri chiave, fra cui quelli dell’Interno, del Bilancio, dell’Industria, del Lavoro, dell’Agricoltura, dei Trasporti, della Giustizia, della Salute, e delle Riforme. Ha avuto centinaia fra sottosegretari, sindaci, assessori, governatori, e boiardi. La Lega è ancora al governo in molte zone del Nord. Eppure Matteo Salvini riesce regolarmente a spacciarsi per un outsider rivoluzionario. Realizzando ogni giorno il suo compito di dirottare l’incazzatura degli italiani sugli immigrati, convincendo gli elettori che la [...]]]> di Alessandra Daniele

Sòla-verdeLa Lega è stata al governo con Berlusconi per più di dieci anni. Ha avuto una decina di ministri chiave, fra cui quelli dell’Interno, del Bilancio, dell’Industria, del Lavoro, dell’Agricoltura, dei Trasporti, della Giustizia, della Salute, e delle Riforme. Ha avuto centinaia fra sottosegretari, sindaci, assessori, governatori, e boiardi. La Lega è ancora al governo in molte zone del Nord.
Eppure Matteo Salvini riesce regolarmente a spacciarsi per un outsider rivoluzionario. Realizzando ogni giorno il suo compito di dirottare l’incazzatura degli italiani sugli immigrati, convincendo gli elettori che la principale causa delle loro sofferenze non sia la parassitaria classe dirigente della quale lui fa parte da sempre, ma i profughi appena arrivati che hanno il torto di non essere annegati tutti durante il tragitto.
Esattamente come Renzi, Salvini è un politico di professione. Dal 1993, quando fu eletto consigliere comunale di Milano.
Esattamente come Renzi, Salvini è un cazzaro.
Ed è proprio per questo che ha successo. Gli italiani ne hanno bisogno. Il Sóla delle Alpi è oggi il più vicino a sostituire nei loro cuori il fiorentino al tramonto.
Perché gli italiani non sopportano la verità.
La luce del giorno in realtà nasconde più di quanto non riveli: ci impedisce di vedere il cielo stellato, e capire com’è fatto davvero l’universo. Nel capolavoro di Isaac Asimov “Nightfall” gli abitanti d’un pianeta illuminato da sei soli hanno soltanto una notte ogni due millenni per scoprire di non essere il centro del cosmo, e in quella notte lo shock culturale ogni volta provoca il crollo della loro civiltà.
L’Italia ha bisogno di Re Sòla che nascondano la realtà. Come sul pianeta asimoviano, ai tempi della Prima Repubblica erano più d’uno, ogni fazione aveva i propri, e si davano il cambio nell’accecare gli italiani.
Poi è tornato il tempo dell’Uomo Sòla al Comando, e quindi degli interregni di crepuscolare smarrimento, e dolorosa, parziale, forzata consapevolezza.
L’Italia non è “un paese meraviglioso”.
Non è nemmeno un paese decente.
È una provincia arretrata e morente, dove i lavoratori sono carne da macello per un padronato arrogante e cialtrone, i diritti civili sono ostaggio delle paturnie sessuofobe delle gerarchie religiose, l’informazione è un coro quasi unanime di leccaculo ridicoli, e la percentuale di criminali presenti in parlamento supera probabilmente di gran lunga quella del Cocoricò.
È una provincia corrotta e disperante, dove in realtà neanche i profughi vorrebbero restare, ma solo transitare verso paesi più civili.
Leonardo e Michelangelo sono morti.
Da secoli.
E tutto quello che ci hanno lasciato di buono quei secoli marcisce nel degrado, mentre il consiglio d’amministrazione della cosiddetta “azienda culturale più importante del paese” è stato appena rilottizzato con la Cenciarri (Cencelli-Gasparri): tre renziani, tre berlusconiani, e uno competente per chiedergli cosa andrebbe fatto, e quindi fare esattamente il contrario.
Rendere la Rai ancora più servile però non salverà Renzi.
Nel crepuscolo italiano i sòla bruciano e si spengono sempre più in fretta.
La notte s’avvicina.

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Il tunnel alla fine della luce https://www.carmillaonline.com/2015/03/22/il-tunnel-alla-fine-della-luce/ Sun, 22 Mar 2015 21:13:41 +0000 http://www.carmillaonline.com/?p=21491 di Alessandra Daniele

tunnelVi siete accorti dei miliardi di draghi in arrivo? Non guardate dalla finestra, non sto parlando d’uno stormo di giganteschi rettili alati dal respiro di fuoco giunti ad oscurare il cielo e incendiare la terra. Parlo del Quantitative Easing di Mario Draghi, la pioggia di miliardi stampati per far ”ripartire” l’economia europea. Se non ve ne siete accorti, il motivo è semplice: non sono per noi. Sono per le banche. È una pioggia sul bagnato. L’Italia ha però sempre coltivato un’altra particolare forma di Quantitative Easing: [...]]]> di Alessandra Daniele

tunnelVi siete accorti dei miliardi di draghi in arrivo?
Non guardate dalla finestra, non sto parlando d’uno stormo di giganteschi rettili alati dal respiro di fuoco giunti ad oscurare il cielo e incendiare la terra. Parlo del Quantitative Easing di Mario Draghi, la pioggia di miliardi stampati per far ”ripartire” l’economia europea. Se non ve ne siete accorti, il motivo è semplice: non sono per noi. Sono per le banche.
È una pioggia sul bagnato.
L’Italia ha però sempre coltivato un’altra particolare forma di Quantitative Easing: la corruzione, che allo stesso modo fa regolarmente piovere miliardi sulla fanghiglia, soprattutto attraverso le opere pubbliche.
Se nel tunnel del CERN si accelerano le particelle, in quello della TAV si accelerano le bustarelle.
A poche settimane dall’apertura dell’Expo, è pronto solo un decimo delle strutture previste. Le altre ancora incompiute saranno nascoste da una felliniana serie di enormi quinte e fondali chiamata Camouflage.
Probabilmente ai turisti la soluzione sarà spacciata per una scelta artistica che rappresenta plasticamente l’incompiutezza del progetto di “nutrire il pianeta”.
Mentre s’ingrassano i ladri.
Tutti i Lupin mannari del brulicante ceto parassitario che sistematicamente s’avventa sulle cosiddette Grandi Opere come gli stafilococchi sulle piaghe infette, mandandole in cancrena.
Renzi è il Camouflage dietro il quale l’Italia continua a marcire e venire divorata. Tutto il suo attivismo fasullo, il suo giovanilismo anni ’80 non sono che una quinta di cartapesta.
Mentre un’altra di quelle piaghe, il Giubileo straordinario, viene aperta da Bergoglio, l’altro presunto rottamatore.
Il Papa-immagine che dorme in un sobrio bilocale (all’interno di un enorme palazzo da 20 milioni di dollari) e lascia che i suoi cardinali vivano in superattici di 700 metri quadri. Che scomunica i corrotti, e poi gli offre l’ennesimo banchetto, li induce in tentazione con la sua versione del Quantitative Easing per far girare l’economia, e organizzare uno spot planetario per la sua azienda.
Anche lui, con tutto il suo pauperismo mediatico, non è che un paravento (sacro) una facciata dietro la quale la Chiesa rimane esattamente la stessa.
Fra lupi, draghi, nani, e fate, pure Berlusconi ha appena ricevuto il suo Quantitative Easing. Le azioni Mediaset sono in rialzo, eMondadori ha comprato RCS Libri.  La riforma della Rai poi gli trasformerebbe la concorrenza in tre innocue reti tematiche, una culturale (reading di Baricco, migrazione degli gnu, e viceversa) una sperimentale (monoscopio in 3D) e una generalista, che sotto il totale controllo del governo si trasformerà nella versione renziana di Mediashopping: una catena ininterrotta di televendite.
Intanto Renzi prende l’interim dei Lavori Pubblici. Anche il “Cantiere delle Riforme” è una delle Grandi Opere.

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L’Era del Cazzaro https://www.carmillaonline.com/2015/03/01/lera-del-cazzaro/ Sun, 01 Mar 2015 21:43:56 +0000 http://www.carmillaonline.com/?p=21016 di Alessandra Daniele 

Barbara-DUrso-Matteo-RenziMentre Renzi vende la Rai a Berlusconi, e rende la Giustizia italiana persino più classista di prima, Salvini marcia su Roma coi neofascisti, e il jobs act cancella di fatto lo Statuto dei Lavoratori. Il berlusconismo non è mai stato così in salute nemmeno quand’era al governo direttamente. L’Era del Cazzaro continua. Carmilla è in grado di pubblicare in anteprima il nuovo Statuto dei Lavoratori. Nel tipico stile renziano, è un testo breve e conciso che consiste di soli sei articoli.

Prima regola dello Statuto dei Lavoratori Non si [...]]]> di Alessandra Daniele 

Barbara-DUrso-Matteo-RenziMentre Renzi vende la Rai a Berlusconi, e rende la Giustizia italiana persino più classista di prima, Salvini marcia su Roma coi neofascisti, e il jobs act cancella di fatto lo Statuto dei Lavoratori.
Il berlusconismo non è mai stato così in salute nemmeno quand’era al governo direttamente. L’Era del Cazzaro continua.
Carmilla è in grado di pubblicare in anteprima il nuovo Statuto dei Lavoratori. Nel tipico stile renziano, è un testo breve e conciso che consiste di soli sei articoli.

Prima regola dello Statuto dei Lavoratori
Non si parla dello Statuto dei Lavoratori.

Articolo Due
I lavoratori hanno diritto, nei luoghi dove prestano la loro opera, di manifestare liberamente la loro entusiastica ammirazione per i loro datori di lavoro. Sono consigliati termini come genio, eroe, innovatore, benefattore, e marchionne, superlativo assoluto per “marchio di qualità”.

Articolo tre
I lavoratori hanno diritto di organizzarsi in associazioni sindacali.
I sindacati devono occuparsi dei diritti dei lavoratori, e non fare politica.
I diritti dei lavoratori sono una questione politica.
Perciò i sindacati non devono occuparsi dei diritti dei lavoratori.

Articolo quattro
Lo scopo dei sindacati è organizzare manifestazioni pacifiche con molti palloncini colorati, che il governo possa ignorare con disprezzo e definire irrilevanti, oppure manifestazioni pacifiche con pochi palloncini colorati, che il governo possa far caricare a manganellate e definire fasciste.

Articolo Canale Cinque
È consentito e incoraggiato l’uso di impianti audiovisivi come telecamere, microfoni, e sonde endoscopiche per finalità di controllo dell’attività dei lavoratori, nonché allo scopo di organizzare reality a eliminazione da trasmettere sulle reti Raiset.

Articolo sei
Mansioni, retribuzioni, ferie, integrità fisica e mentale del lavoratore, natura e durata del rapporto lavorativo sono a totale discrezione del datore di lavoro, genio, eroe, innovatore, benefattore, e marchionne.
Chi farà ricorso contro il licenziamento non sarà reintegrato. Sarà disintegrato.
In diretta Raiset.

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