E Ponzio Pilato chiese alla folla – Volete socialismo o barbarie? E la folla rispose – Socialismo! Pilato sgranò gli occhi. Poi si schiarì la voce, e ripetè – Volete socialismo o barbarie? – Marcando le B. La folla rispose ancora – Socialismo! Ponzio Pilato diede un’occhiata sbieca alla piazza. Poi disse – Questo assembramento è illegale. È contrario alle norme di igiene pubblica – fece un cenno ai suoi soldati – Sfoltire! Roteando le spade, i soldati cacciarono via metà degli astanti. La folla si diradò. – Volete socialismo o barbarie? – Chiese ancora Pilato. [...]]]>
E Ponzio Pilato chiese alla folla
– Volete socialismo o barbarie?
E la folla rispose
– Socialismo!
Pilato sgranò gli occhi. Poi si schiarì la voce, e ripetè
– Volete socialismo o barbarie? – Marcando le B.
La folla rispose ancora
– Socialismo!
Ponzio Pilato diede un’occhiata sbieca alla piazza. Poi disse
– Questo assembramento è illegale. È contrario alle norme di igiene pubblica – fece un cenno ai suoi soldati – Sfoltire!
Roteando le spade, i soldati cacciarono via metà degli astanti.
La folla si diradò.
– Volete socialismo o barbarie? – Chiese ancora Pilato.
– Socialismo.
Pilato fece un gesto brusco, i soldati cacciarono un’altra metà degli astanti.
La piazza restò semivuota.
– Socialismo o barbarie?
– Socialismo – risposero tutti i rimanenti, tranne uno.
Pilato li fece trascinare via.
Restato di fronte ad un solo popolano, chiese di nuovo
– Volete socialismo o barbarie?
– Barbarie! – Scandì l’uomo.
Ponzio Pilato allargò le braccia
– Sia fatta la volontà del popolo. Io me ne lavo le mani. Tra l’altro è una norma igienica indispensabile.
Se c’era una cosa sulla quale gli elettori il 4 marzo 2018 erano stati chiari è quanto si fossero rotti i coglioni di Renzi. L’attuale governo Conte bis è appeso per le palle ai capricci di Renzi, e del suo fan club, il PD bis. The dead don’t die. Italia Semiviva non esiste al di fuori del parlamento. Lapidi Uguali dei precedenti scissionisti Bersani e D’Alema ha il 3%. Oggi sono di nuovo tutti insieme al [...]]]>
Se c’era una cosa sulla quale gli elettori il 4 marzo 2018 erano stati chiari è quanto si fossero rotti i coglioni di Renzi.
L’attuale governo Conte bis è appeso per le palle ai capricci di Renzi, e del suo fan club, il PD bis.
The dead don’t die.
Italia Semiviva non esiste al di fuori del parlamento. Lapidi Uguali dei precedenti scissionisti Bersani e D’Alema ha il 3%. Oggi sono di nuovo tutti insieme al governo col PD. E il M5S, che li ha chiamati zombie per dieci anni.
Il voto è una pippa. Perciò vogliono darlo ai ragazzini.
Reclutare i minorenni come ultima risorsa: ci aveva provato anche il Terzo Reich.
Se le elezioni sono inutili, gli eletti sono, per loro esplicita corale ammissione, addirittura dannosi: questa settimana le camere hanno approvato per acclamazione l’auto-riduzione dei parlamentari, propagandata come una salutare disinfestazione. Una derattizzazione improrogabile.
Questo, firmato Casaleggio, è già il terzo tentativo di sfoltire il parlamento dopo quello berlusconiano e quello renziano, entrambi respinti da un referendum costituzionale.
I capibastone continuano a provarci, millantando propositi redentori, perché in realtà un parlamento più maneggevole ed economico è proprio quello che gli serve. Minima spesa, massima resa.
E poi ogni riforma consente a tutta la classe politica di rimettersi a discutere d’uno dei suoi argomenti preferiti di sempre: la legge elettorale.
Era il tema delle mie prime Schegge Taglienti del 10 gennaio 2008, e già allora era un tormentone pluridecennale:
Molti si chiedono quali reali esiti pratici possa avere spendere ancora tempo e risorse nell’ennesimo dibattito sulla legge elettorale.
La risposta è in questo passo poco noto del Vangelo.
“Allora Ponzio Pilato chiese alla folla di scegliere tra Gesù e Barabba, e subito la folla si divise.
Metà chiedeva di votare col sistema uninominale secco, l’altra metà preferiva il proporzionale con sbarramento al 3%.
Allora Ponzio Pilato chiese alla folla di scegliere con quale sistema scegliere,
e subito la folla si divise.
Metà chiedeva una raccolta di firme per un referendum propositivo, l’altra metà preferiva una legge costituzionale da sottoporre a referendum abrogativo.
Allora Ponzio Pilato chiese alla folla di scegliere con quale sistema scegliere il sistema col quale scegliere, e subito la folla si divise.
Metà chiedeva l’istituzione d’una commissione apposita, l’altra metà preferiva il televoto.
Allora Ponzio Pilato guardò Gesù e Barabba, e lanciò una moneta.
Uscì croce”.
Siamo prigionieri d’un timeloop. L’ho già detto? Ho già detto che l’ho già detto? E grazie al cazzo, è un timeloop.
A questo punto, propongo di sfruttarlo per un ulteriore taglio dei parlamentari: ognuno di loro, appena eletto, per occupare il proprio seggio dovrà uccidere il se stesso del futuro, come nel film Looper. Questo garantirà il limite del mandato singolo, e l’abolizione totale e definitiva dei vitalizi.
E Ponzio Pilato chiese alla folla – Volete Matteo, o Matteo? E la folla rispose – Eh? Ponzio Pilato inclinò la testa a sinistra – Volete Matteo… – inclinò la testa a destra – …o Matteo? E la folla rispose – Ah… Poi in coro aggiunse – Matteo! Ponzio Pilato sospirò. – Quale Matteo? – Il cazzaro! – Quale cazzaro? La folla si divise, e cominciò a rumoreggiare. Ponzio Pilato fece cenno al comandante della guarnigione d’avvicinarsi, e gli parlò brevemente. Poi poi si rivolse alla piazza. – Ho trovato la soluzione ideale – [...]]]>
di Alessandra Daniele
E Ponzio Pilato chiese alla folla
– Volete Matteo, o Matteo?
E la folla rispose
– Eh?
Ponzio Pilato inclinò la testa a sinistra – Volete Matteo… – inclinò la testa a destra – …o Matteo?
E la folla rispose
– Ah…
Poi in coro aggiunse
– Matteo!
Ponzio Pilato sospirò.
– Quale Matteo?
– Il cazzaro!
– Quale cazzaro?
La folla si divise, e cominciò a rumoreggiare.
Ponzio Pilato fece cenno al comandante della guarnigione d’avvicinarsi, e gli parlò brevemente. Poi poi si rivolse alla piazza.
– Ho trovato la soluzione ideale – annunciò – Invece di farvi scegliere, farò crocifiggere voi.
La guarnigione circondò la piazza, bloccandone tutte le uscite.
Cena di lavoro
E Gesù disse agli apostoli
– In verità, in verità vi dico, uno di voi mi tradirà.
E Giuda rispose
– In verità, sei tu che ci hai tradito. Perché hai moltiplicato pani e pesci gratis per tutta quella gentaglia, e a noi invece fai pagare il conto della cena?
– Prima gli apostoli! – Disse Matteo. E aggiunse – E perché ti sei messo a camminare sulle acque? Per ripescare qualche naufrago straniero?
– Basta invasione! – Gli fece eco Giuda.
– Ma vi siete messi d’accordo? – Chiese il secondo dei due Mattei.
Giuda scosse la testa con aria indignata.
– Ma no, esponiamo le nostre idee, e chi ci sta, ci sta.
– Io ci sto! – Disse il secondo Matteo.
– Non è così facile. Noi siamo per il taglio degli apostoli – rispose l’altro, ed estrasse un coltello.
Il secondo fece lo stesso.
– Ne resterà solo uno!
Giuda si strinse nelle spalle.
– Uno qualsiasi.
Gesù scolò il suo calice d’amaro. Si alzò, e chiese il conto
– Pago io per tutti.
Climate change
E Dio disse a Noè
– L’umanità funziona male, ho deciso di riavviarla.
E Noè rispose
– Eh?
– La spengo, e la riaccendo. Manderò un diluvio dal quale potrete salvarvi solo tu e la tua famiglia. Avete il compito di costruire un’arca, sulla quale imbarcare una coppia di ciascuna specie animale.
– Anche gli insetti? – Chiese Noè.
– Soprattutto gli insetti – rispose Dio – sono il mio capolavoro.
– Sarà un viaggio molto lungo – commentò Noè.
Dopo 40 giorni e 40 notti, la pioggia cessò, le acque cominciarono a ritirarsi, e Noè finalmente avvistò terra. Giunto a poca distanza dalla riva, vide un tizio sul bagnasciuga che gli faceva grandi segni con le braccia.
– Qualcun altro s’è salvato! Chi è quell’uomo? – Sì chiese Noè.
Con delle corde, il tizio issò un enorme cartello su cui era scritto a caratteri cubitali “Non sbarcate – Porti chiusi”.
– Ah – disse Noè – Non è un uomo, è Matteo.
E Ponzio Pilato disse agli apostoli: – So che voi siete i suoi seguaci, ma non vi nuocerò. Anzi, vi propongo un patto in suo nome. Il patto del Nazareno. – Il Nazareno chi? – Chiese Pietro, prendendosi un’occhiataccia dagli altri apostoli. – Siamo i suoi discepoli, lo ammettiamo, anzi ne siamo fieri – disse Giovanni – Niente patti. Fai pure crocifiggere anche noi. Sempre come alternativa a Barabba – aggiunse sarcastico. – No, niente primarie. Né altre crocifissioni, per adesso – disse Ponzio Pilato – voglio un accordo. Giovanni scosse la testa, e [...]]]>
E Ponzio Pilato disse agli apostoli:
– So che voi siete i suoi seguaci, ma non vi nuocerò. Anzi, vi propongo un patto in suo nome. Il patto del Nazareno.
– Il Nazareno chi? – Chiese Pietro, prendendosi un’occhiataccia dagli altri apostoli.
– Siamo i suoi discepoli, lo ammettiamo, anzi ne siamo fieri – disse Giovanni – Niente patti. Fai pure crocifiggere anche noi. Sempre come alternativa a Barabba – aggiunse sarcastico.
– No, niente primarie. Né altre crocifissioni, per adesso – disse Ponzio Pilato – voglio un accordo.
Giovanni scosse la testa, e cominciò a salmodiare invettive apocalittiche.
Matteo lo fermò
– Aspetta, sentiamo cosa propone.
– Ma non possiamo accordarci con lui, con l’Impero!
– Abbiamo una missione di rinnovamento. Le riforme si devono fare con chi ci sta. Ma tu preferisci farti mandare al diavolo da Locusto.
– Tu invece preferisci andarci direttamente, al diavolo.
Matteo allontanò Giovanni con un gesto d’insofferenza, e chiese a Ponzio Pilato
– Quale sarebbe la tua proposta?
– M’interessa diffondere a Roma la vostra nuova religione. Barabba può partecipare come portatore sano. Il vostro monoteismo sarebbe utile per legittimare l’assoluta unicità dell’imperatore, e l’indiscutibilità della sua legge. E per spingere gli schiavi alla cristiana sopportazione.
– Ma sarebbe un tradimento mostruoso del messaggio originale! – Protesto Marco.
– Quale messaggio originale? – Chiese Pietro, beccandosi un’altra occhiataccia.
– Bisogna accettare qualche compromesso per realizzare il cambiamento – disse Matteo – vedrete che alla fine i nostri ideali autentici prevarranno. L’importante è uscire dalla palude dell’immobilismo.
– E calarsi nella palude dell’inferno? Preferiamo morire – disse Giovanni, e uscì con aria di sfida.
Ponzio Pilato lo lasciò andare. Poi guardò gli altri tre.
– Pensateci, e fatemi sapere. Che Dio sia con voi.
– Quale Dio? – Chiese Pietro, prendendosi una scoppola sulla nuca da Marco, che lo trascinò via.
Rimasto solo con Matteo, Ponzio Pilato gli disse
– Non hanno ancora capito che sei stato tu. Credono ancora che sia stato Giuda, e che poi si sia suicidato?
Matteo alzò le spalle.
– Non ha importanza cosa credono, finché gli conviene seguirmi.
Marietta Čudakova, Michail Bulgakov. Cronaca di una vita, Odoya, Bologna 2013, pp. 480, euro 30,00
“La morte si sconta vivendo” (G.Ungaretti, 1916)
Se la storia della letteratura russa prodotta in età sovietica, e soprattutto durante l’era di Stalin, è già di per sé drammatica, la lettura dell’opera di Marietta Čudakova dedicata alla biografia di Michail Afanas’evič Bulgakov può risultare addirittura straziante. Basato su lettere, testimonianze e, soprattutto nella parte finale, sui diari della terza moglie di Bulgakov, Elena Sergeevna Bulgakova, il testo ricostruisce esattamente la cronaca, ordinata per periodi triennali, della vita del grande scrittore russo.
Marietta Čudakova [...]]]>
Marietta Čudakova, Michail Bulgakov. Cronaca di una vita, Odoya, Bologna 2013, pp. 480, euro 30,00
“La morte
si sconta
vivendo”
(G.Ungaretti, 1916)
Se la storia della letteratura russa prodotta in età sovietica, e soprattutto durante l’era di Stalin, è già di per sé drammatica, la lettura dell’opera di Marietta Čudakova dedicata alla biografia di Michail Afanas’evič Bulgakov può risultare addirittura straziante.
Basato su lettere, testimonianze e, soprattutto nella parte finale, sui diari della terza moglie di Bulgakov, Elena Sergeevna Bulgakova, il testo ricostruisce esattamente la cronaca, ordinata per periodi triennali, della vita del grande scrittore russo.
Marietta Čudakova può probabilmente ancora essere considerata, a livello internazionale, la massima esperta bulgakoviana. Teorica letteraria e scrittrice va considerata fra le più alte autorità nel panorama critico letterario russo e, oltre ad insegnare presso l’Istituto Letterario Gor’kij di Mosca, è stata visiting professor all’Università del South Carolina, a Stanford e all’École Normale Supérieure di Parigi. Inoltre, è la presidentessa della Fondazione Bulgakov e ha curato l’introduzione di molte opere dello stesso pubblicate in Italia.
Ma proprio questa cronaca, importante sia per chi è interessato alla storia della letteratura di età sovietica quanto per chi lo è nei confronti dell’era di Stalin, costituisce il coronamento della sua attività e, quasi sicuramente, di una vita. Infatti, dal 1965 al 1984 l’autrice ha lavorato al Dipartimento dei Manoscritti della Biblioteca di Stato dell’URSS, svolgendo un ruolo fondamentale nell’acquisizione dell’archivio personale dell’autore custodito dalla vedova Elena Sergeevna, grazie alla quale i suoi lavori inediti (quasi tutti) furono salvati dall’oblio e pubblicati molti anni dopo la sua morte. La prima edizione della biografia risale in Russia al 1988 e ha costituito fino ad oggi il primo ed autorevole studio approfondito sulla vita dello scrittore.
Vita che ha inizio a Kiev nel 1891, in una famiglia profondamente intrisa dalla tradizione culturale e religiosa russo-ortodossa, socialmente lontana dagli ambienti in cui si formava solitamente l’intelligencija. Laureatosi in Medicina, si troverà coinvolto prima nei drammi del primo conflitto mondiale e, in seguito, in quelli della guerra civile, durante la quale, proprio per tradizione famigliare, egli parteggerà per le armate bianche anche se il suo coinvolgimento sarà sempre legato, prima di tutto, alla sua professione medica.
La Čudakova è abilissima nel collegare, sempre, alle fasi della vita di Bulgakov le pagine dei suoi racconti e dei suoi romanzi. Risulta, infatti, chiaramente che fin dai primi scritti, pubblicati su vari giornali, e fino a quelli pubblicati, poi, su alcune riviste letterarie sovietiche e dal primo romanzo, “La guardia bianca”, fino al suo capolavoro “Il Maestro e Margherita”, ogni pagina dell’autore russo è impregnata di autobiografismo.
Costantemente “mosso dalla volontà di trasformare il rapporto tra «biografia» e «creazione»”, si possono individuare “ nel processo creativo di Bulgakov […] due movimenti convergenti. Da un lato le riflessioni sulle proprie scelte e sul proprio destino si vestono di mire letterarie e vengono acconciate nella cornice di un’idea a essa precedente. Dall’altro il romanzo (in questo caso “Il Maestro e Margherita” – NdA), con le questioni che tocca e la sua extratemporalità […], non può che lasciare un segno sull’interpretazione dei problemi autobiografici di chi scrive, inducendolo a guardare alla propria vita come qualcosa che dal tempo è slegato. Alle conseguenze di scelte fatali non c’è rimedio […] e chi cerca aiuto in Satana e lega per sempre le sue sorti al diavolo ( e dunque «non merita la luce») ne pagherà lo scotto in eterno” (pag.358).
La questione, qui efficacemente sintetizzata dalla Čudakova, non è di poco conto, perché se, da un lato, apre ad una riflessione sull’opera letteraria in generale, dall’altro ricollega l’opera di Bulgakov non solo alle scelte morali, politiche e culturali dello stesso ma, più in generale, al destino di tutti i letterati, e non solo, dell’epoca staliniana in cui l’autore si trovò a vivere.
Nel primo caso, la riflessione rende evidente che spesso le maggiori opere degli autori più importanti della letteratura universale, da Dante Alighieri a Louis-Ferdinand Céline, da Giacomo Leopardi a Franz Kafka e da Marcel Proust allo stesso Michail Bulgakov, solo per citarne alcuni e molto diversi tra loro, sono il risultato proprio di un processo in cui l’autobiografismo, trasfigurato in elemento romanzesco, si eleva al di sopra della misera vita individuale per diventare invece lo specchio delle ansie, delle delusioni e delle speranze dell’intera specie umana.
Mentre nel secondo, pur rimanendo anch’esso un tema universale della grande letteratura, la questione delle scelte individuali in tempi di dittatura totalitaria, anche se travestita da “comunista” o “proletaria”, rende chiaro come il “libero arbitrio” degli artisti, dei letterati e degli intellettuali, anche se si potrebbe affermare la stessa cosa per tutti i cittadini, finisce quasi sempre con l’essere estremamente condizionato dall’autoritarismo e dalle giravolte ideologico-politiche di chi sta al potere. Fatto che, proprio in epoca staliniana, raggiunse i vertici dell’assurdo e dell’auto-cannibalismo.
Bulgakov non volle, non seppe e non poté mai dichiararsi bolscevico o avvicinarsi all’ideologia del partito comunista russo e, proprio per questo motivo, si trovò a vivere culturalmente e letterariamente come un escluso , come un vero e proprio paria. Ma anche coloro che, come tanti autori da Majakovskij a Mandel’štam e da Mejerchol’d a Isaak Babel’ fino a Boris Pilniak, avevano abbracciato la causa rivoluzionaria fin dal suo primo apparire, avrebbero pagato un crudele tributo di sangue sull’altare del piccolo padre di tutte le Russie. Chi col suicidio, chi con la deportazione e lo sfinimento fisico, chi con la fucilazione. La stessa sorte che toccò a tutta la vecchia guardia bolscevica, da Bucharin a Kamenev, e ai migliori generali dell’armata rossa come Michail Tukhachevsky. Anche a coloro che avevano voltato, per tempo, le spalle a Trockij e all’Opposizione operaia.
Scelte fatali, appunto, che non lasciano rimedio. Sicuramente quella di Bulgakov di non piegarsi al potere, anche quando questo si rivolse a lui direttamente, con una telefonata dello stesso Stalin cui, evidentemente, lo scrittore non seppe o non volle dare le giuste risposte. Oppure il rifiuto opposto a chi, ancora nella primavera del 1938 gli chiese di scrivere un romanzo sovietico d’avventura: “«Tiratura imponente, traduzioni in tutte le lingue, soldi a palate – anche valuta estera – e un Assegno seduta stante, come anticipo. Che ne dice?» Bulgakov rifiuta: «Non posso»” Al che lo stesso incaricato lo convince – a fatica – a leggergli “Il Maestro e Margherita”:”Dopo i primi tre capitoli commenta: «Questo non si pubblica di certo». «Perché?» chiede Bulgakov. «Perché no»” (pag. 440).
E’ il destino dell’autore: apprezzato come scrittore e commediografo dai vertici del Partito e dallo stesso Stalin che, insieme a Kirov e Zdanov, assistette svariate volte alla rappresentazione della sua opera teatrale “I giorni dei Turbin” (tratta proprio da quella “Guardia bianca”, mai pubblicata integralmente in patria); ignorato come autore della stessa opera che fu rappresentata centinaia di volte mentre Bulgakov era in vita; inascoltato nei suoi appelli per avere a disposizione almeno una nuova macchina da scrivere o un permesso, per lui e la moglie, per recarsi all’estero per un breve periodo e, infine, costantemente rifiutato come autore di opere letterarie e teatrali sempre apprezzate, in prima battuta, ma quasi mai realmente pubblicate o rappresentate in seguito.
Una vita artistica e personale costantemente rimossa, spinta ai margini della vita culturale o della vita tout court se si pensa alle costanti difficoltà economiche cui l’autore dovette sempre far fronte. Spesso disperatamente. Ma, soprattutto, una vita che costantemente ostacolata nelle sue manifestazioni letterarie ed artistiche si trasformava, di fatto per l’autore, in una non vita. Rimozioni e divieti che, alla fine, accomunarono Bulgakov ad altri autori sovietici, ma dei quali, almeno, non condivise l’onta di aver denunciato altri nel tentativo di affermarsi o sopravvivere, come era invece successo a Boris Pasternak, nell’estate del 1936, quando, insieme a Kostantin Fedin e molti altri, aveva firmato l’esortazione del Direttivo dell’Unione degli Scrittori ad “applicare ai nemici del popolo la pena massima della difesa socialista: fatelo per il bene dell’umanità!” pubblicato sulla Pravda con l’inquietante titolo: “Cancellateli dalla faccia della terra!” che avrebbe, di fatto , inaugurato la stagione dei grandi processi di Mosca e del terrore staliniano.
No, non cercò mai la vendetta o il compromesso Bulgakov. La sua arma era la scrittura, spesso fortemente ironica, come nella migliore tradizione russa da Puskin a Gogol’ fino al più recente Varlan Salamov. Ironia che faceva paura, tanto che i pochi lettori del work in progress bulgakoviano spesso vedevano il fantasma di Stalin anche là dove non c’era, come nella figura di Woland che nel romanzo capolavoro di Bulgakov rappresenta davvero Satana e non il dittatore, in un’opera in cui il Faust di Goethe, rivisitato in ambito sovietico, si mescola alle vicende storiche di Ponzio Pilato e Yeoshua.
“Lo conferma anche Elena Sergeevna, che annota: «Finito di leggere Miša (nomignolo attribuito all’autore – NdA) chiese:”Chi è Woland?” Vilenkin disse di averlo intuito, “Ma non speri che lo annunci a gran voce!”». Anche Vilenkin cita la domanda nelle sue memorie, e aggiunge: «Nessuno si decise a rispondergli: era un rischio». Ognuno, dunque, scrive la risposta su un pezzo di carta, che poi passa agli altri.«Michail Afanas’evič, curioso, venne alle mie spalle, e quando mi vide scrivere “Satana” mi carezzò la testa»” (pag.455).
D’altra parte la vena fantastica che attraversava le sue opere più importanti (oltre al solito “Il Maestro e Margherita” anche “Diavoleide” oppure “Le uova fatali” o, ancora “Cuore di cane“), pur affondando le proprie radici nella tradizione letteraria russa, non poteva essere apprezzata in un tempo in cui il severo realismo promosso da Zdanov richiedeva esclusivamente opere che cantassero il valore dell’industrializzazione forzata, dello stakanovismo e della lotta ai kulaki. Senza contare che Bulgakov, nella sua carriera di medico, avendo potuto osservare quanto poco eroico ed affidabile fosse quel popolo russo che la letteratura ufficiale chiedeva di esaltare ad ogni piè sospinto, non poteva prestarsi ad essere un ingegnere dell’animo umano così come lo stesso Stalin chiedeva agli scrittori di diventare1. Finendo con l’essere molto più vicino alle opere ottocentesche, ironiche e crudeli insieme, di Saltykov-Ščedrin che al realismo socialista, insopportabilmente retorico, di un Fadeev.
Ma le capacità letterarie di Bulgakov, che sovrastavano indiscusse quelle di tanti pseudo sperimentatori ed autori della letteratura proletaria, spingevano i critici burocrati della letteratura di partito a chiedergli di rivolgere la sua satira contro i nemici del popolo e del socialismo in un solo paese. Cui, l’autore, non poteva far altro che rispondere:”Qualunque tentativo di creare la satira è condannata a fallire miseramente. La satira non si crea da fuori. La satira nasce da sola quando meno te lo aspetti. E nasce quando uno scrittore che ritiene imperfetto il suo presente si indigna e decide di smascherarlo con la letteratura. Perciò ritengo che avrà vita grama, in terra sovietica, anzi gramissima”. (pag. 361)
Relegato al ruolo di adattatore di opere letterarie per il teatro, poi a librettista, talvolta ad attore, Bulgakov sopravvisse attraverso gli anni del terrore vedendo rappresentati ottocento volte i suoi “Giorni dei Turbin” senza mai essere citato dai giornali sovietici come autore di quello straordinario successo di pubblico; vide ancora rappresentata la sua “Vita del Signor di Molière”, diversamente detta “Cabala dei Bigotti”, con l’appoggio di Stanislavskij, ma non vide mai la pubblicazione dei suoi romanzi preferiti e del suo capolavoro2 .
Condannato ad un’autentica morte civile, non troppo diversa dalla morte vera e, talvolta, più dolorosa poiché prolungata nel tempo in una sorta di ultra-decennale agonia, Bulgakov lavorò fino quasi all’ultimo giorno sulle pagine del suo ultimo ed insuperato romanzo. Morì, come il padre, di nefrosclerosi ipertensiva, tra atroci sofferenze, il 10 marzo 1940. Per tutto questo vale, dunque, la pena di ricordarlo ancora oggi, a settantaquattro anni dalla morte, con rispetto estremo, attraverso le pagine di questo testo bellissimo, anche se non sempre di facile lettura.
“E’ tutto finito dunque?”
“Proprio così, caro il mio discepolo”
(Michail Bulgakov, “Il Maestro e Margherita”)
“Stalin approvò e proclamò obbligatoria per tutta l’arte sovietica la parola d’ordine del realismo socialista. La cosa riguardava innanzitutto la letteratura: il metodo del realismo socialista fu infatti definitivamente formulato e approvato per la prima volta nel corso del primo congresso dell’Unione degli scrittori nel 1934 e solo in seguito trasferito senza alcuna modifica nelle altre arti […] L’estetica e la prassi dell’epoca staliniana tendono fondamentalmente all’educazione e alla formazione delle masse, una concezione formulata da Stalin utilizzando in un diverso contesto una metafora dell’avanguardia: gli scrittori sono gli ingegneri dell’animo umano“, Boris Groys, Lo stalinismo ovvero l’opera d’arte totale, Garzanti 1992, pp. 48 – 49 ↩
Pubblicato per la prima volta, in edizione integrale, in Italia da Einaudi nel 1967 ↩
E Ponzio Pilato disse – Ve lo chiedo per l’ultima volta con le buone, poi partono i calci in culo. Volete Gesù o Barabba? Nessuno rispose. La piazza era vuota. Pilato si guardò attorno. – Che fine hanno fatto tutti? – Se sono andati – gli rispose un uomo barbuto, sbucando in fondo alla piazza. – E tu chi sei? – Sono Locusto. Pilato lo scrutò. – Che ci fai ancora qui? Perché non segui i tuoi seguaci? – Per questa volta il mio compito è finito. – Qual era [...]]]>
di Alessandra Daniele
E Ponzio Pilato disse
– Ve lo chiedo per l’ultima volta con le buone, poi partono i calci in culo. Volete Gesù o Barabba?
Nessuno rispose.
La piazza era vuota.
Pilato si guardò attorno.
– Che fine hanno fatto tutti?
– Se sono andati – gli rispose un uomo barbuto, sbucando in fondo alla piazza.
– E tu chi sei?
– Sono Locusto.
Pilato lo scrutò.
– Che ci fai ancora qui? Perché non segui i tuoi seguaci?
– Per questa volta il mio compito è finito.
– Qual era – chiese Gesù – impedire che scegliessero me?
– No – rispose Locusto – impedire che scegliessero. Perché la decisione tornasse a Roma – indicò Pilato – tu non avevi il diritto di lavartene le mani. Nemmeno per finta.
Ponzio Pilato alzò le spalle.
– Era anche per tenerli buoni.
– Ci penso io a tenerli buoni – disse Locusto.
– Tu li fai incazzare.
– Io li faccio sfogare contro bersagli innocui. O irraggiungibili.
Gesù scosse la testa.
– Non ti seguiranno più.
– Non tutti, ma comunque abbastanza – Locusto indicò Barabba – se c’è ancora chi segue lui…
– Se Roma voleva la conservazione – obiettò Barabba – avrebbe potuto continuare a sostenere me.
– Tu sei un cialtrone. Vorresti conservare, ma non sei capace.
– Io sono bravissimo a conservare quello che conta: me stesso. Tu Locusto invece stai già andando a male.
– Vedremo – Locusto fissò Pilato – Scegli.
– No – Disse Pilato, con stizza – voglio che sia una decisione democratica.
– Ma il demos se n’è andato.
– Non tutto. Ci siamo rimasti noi quattro – allargò le braccia – votiamo!
– Io non scelgo – rispose subito Locusto – per me siete tutti uguali.
– Anche coso… Quello là?
– Quello là è un ottimo bersaglio innocuo.
– Io scelgo Barabba – disse Barabba.
– Ma c’è conflitto d’interessi – obiettò Gesù.
– Assolutamente no – puntualizzò Barabba – fra i miei interessi non c’è alcun conflitto. Sono tutti miei.
– Per il bene del paese, e per uscire dalla fase di stallo – annunciò Pilato – anch’io voto Barabba.
Gesù lo guardò.
– Sia fatta la volontà del Padre. Crocifiggetemi pure, non riuscirete a fermare la mia Parola.
– Ma noi non vogliamo fermarla, vogliamo rilevarla – disse Pilato – Ha delle interessanti potenzialità che solo una struttura organizzata come la nostra potrà realizzare.
– L’Impero Romano che diventa Cristiano? – Commentò Barabba, con una smorfia – Che decadenza.
– Decadere sempre è il sistema migliore per non cadere mai – rispose Ponzio Pilato.
[Qui la prima e la seconda parte La croce sul simbolo – La scelta condivisa. Il titolo La locusta s’è posata è ispirato a ”The Grasshopper Lies Heavy” di Hawthorne Abendsen]
[Qui la prima parte: La croce sul simbolo]
E Ponzio Pilato disse – Stavolta cerchiamo di portarla a casa come si deve. Volete Gesù o Barabba? E la folla rispose – Vogliamo te! Ponzio Pilato si coprì gli occhi con la mano. – No, aspetta, vogliamo… coso… quell’altro là! – Urlarono alcuni, indicando in fondo alla piazza. Poi cominciarono a scandire – Quello là! Quello là! Gli altri li zittirono a sassate. Barabba fece un passo avanti, e proclamò – Pilato, noi vogliamo te. Sei una garanzia di stabilità. E poi hai le mani pulite. [...]]]>
[Qui la prima parte: La croce sul simbolo]
E Ponzio Pilato disse
– Stavolta cerchiamo di portarla a casa come si deve. Volete Gesù o Barabba?
E la folla rispose
– Vogliamo te!
Ponzio Pilato si coprì gli occhi con la mano.
– No, aspetta, vogliamo… coso… quell’altro là! – Urlarono alcuni, indicando in fondo alla piazza. Poi cominciarono a scandire
– Quello là! Quello là!
Gli altri li zittirono a sassate.
Barabba fece un passo avanti, e proclamò
– Pilato, noi vogliamo te. Sei una garanzia di stabilità. E poi hai le mani pulite.
La folla rumoreggiava.
– M’avete rotto il cazzo – sbottò Pilato – vi faccio crocifiggere tutti!
La piazza scoppiò in un applauso fragoroso.
Gesù se ne stava seduto in un angolo, con aria cupa. Pietro, ancora pesto per la rissa, s’avvicinò, e gli chiese
– Maestro, che facciamo adesso?
Gesù non rispose.
– Maestro, dobbiamo dare a Cesare quel che è di Cesare, o farci restituire quello che gli abbiamo dato l’anno scorso? Qual è la linea economica? Dicci cosa fare…
Gesù gli diede un’occhiata sbieca.
– Guardate i gigli dei campi. Essi non filano. Non tessono. Non mi rompono i coglioni.
La folla continuava a vociare. Pilato gridò
– Pubblico di merda!
Partì un altro applauso scrosciante.
Anche Giovanni s’avvicinò a Gesù, scribacchiando freneticamente.
– Dicci Maestro, l’Apocalisse è vicina? – Chiese con aria speranzosa.
Gesù scosse la testa.
– No. Il Padre non vi manderà un altro diluvio. Ornai siete grandi. Dovete distruggervi da soli.
– Ce la possiamo fare – sorrise Giovanni. Pietro gli strappò il foglietto di mano.
– Scrivi tutto quello che ti viene in mente?
– Certo, sono ispirato!
– No, sei un cialtrone. Dovresti tenere un verbale del dibattito interno come fanno gli altri. A loro non è mai venuto in mente di scrivere quello che gli viene in mente mentre scrivono.
Giovanni si riprese il foglietto.
– Questo è il futuro – disse, indignato.
– Stronzate. Te lo descrivo io il futuro – Pietro indicò la piazza – Noi conquisteremo il popolo, e cambieremo le cose.
Pilato e Barabba lanciavano monete, calzari, e borracce vuote sulla folla, che continuava ad applaudire.
– Quando il popolo – disse Pietro – quando il Demos sarà Cristiano, queste porcherie non succederanno più.
E Ponzio Pilato chiese alla folla – Volete Gesù o Barabba? La folla rispose – Locusto! E Ponzio Pilato disse – Eh? – Vogliamo Locusto! – Ma non è uno dei condannati a morte – obiettò Pilato. – Appunto – Gridò la folla – basta coi condannati a morte, vogliamo gente onesta! E Gesù disse a Barabba – Questi non hanno capito come funziona. – Hanno capito – rispose Barabba – è che sono stronzi. Vogliono farci crocifiggere tutti e due. Poi si rivolse alla piazza. – Amato popolo, salvami! Sono l’innocente vittima d’una persecuzione giudiziaria – Indicò [...]]]>
E Ponzio Pilato chiese alla folla
– Volete Gesù o Barabba?
La folla rispose
– Locusto!
E Ponzio Pilato disse
– Eh?
– Vogliamo Locusto!
– Ma non è uno dei condannati a morte – obiettò Pilato.
– Appunto – Gridò la folla – basta coi condannati a morte, vogliamo gente onesta!
E Gesù disse a Barabba
– Questi non hanno capito come funziona.
– Hanno capito – rispose Barabba – è che sono stronzi. Vogliono farci crocifiggere tutti e due.
Poi si rivolse alla piazza.
– Amato popolo, salvami! Sono l’innocente vittima d’una persecuzione giudiziaria – Indicò Gesù – Il vero criminale è lui, un falso profeta che v’ha riempito di chiacchiere solo per convincervi a pagare più tasse, vi ricordate quando ha detto ”Date a Cesare quel che è di Cesare”?
– Ma quella era una metafora… – disse Gesù.
– Se mi salvate – continuò Barabba – vi restituirò di tasca mia tutti gli ingiusti tributi che vi sono stati estorti!
Una parte della folla cominciò a scandire ”Barabba, Barabba”. La maggioranza continuava a inneggiare a Locusto.
In un angolo della piazza, gli apostoli discutevano.
– Non dovremmo farci sentire anche noi?
– No, dobbiamo seguire l’esempio del Maestro.
– Cioè continuare a esprimerci per metafore zoologiche? La pecora smarrita, il vitello grasso, la rana dalla bocca larga, finché non ci crocifiggono tutti?
– Potremmo cercare un accordo coi locustiani – suggerì Pietro.
– Non fanno accordi, Locusto è un predicatore apocalittico. Annuncia la fine del mondo ogni settimana, e quando non arriva, dice d’averla evitata lui.
La folla vociante attorno a loro diventava sempre più turbolenta.
Quattro soldati romani afferrarono i condannati per trascinarli via. Barabba si divincolò
– Pietà, sono cieco!
Uno dei soldati gli sferrò un cazzotto. Barabba lo schivò. Poi disse
– Ci vedo… miracolo!
La folla gridò
– Morte al falso invalido!
Gesù disse
– Macché miracolo, io non ho fatto niente.
La folla urlò
– Morte al fancazzista!
Gli apostoli scuotevano la testa.
– Ma che succede? Alle nozze di Cana erano tutti con noi.
– Per forza, erano ubriachi.
– Abbiamo perso il contatto col paese reale.
– Se ci fosse stato Giovanni Battista… – disse Pietro.
– Basta con questa storia di Giovanni Battista! Abbiamo scelto di seguire Gesù.
– Il Battista era molto più efficace come predicatore, avrebbe convertito anche i romani.
– Ma se non ha convinto neanche noi, come faceva a convincere i romani?
– Io conosco un sacco di romani che si sarebbero convertiti se ci fosse stato Giovanni Battista – disse Giuda.
– Tu conosci un sacco di romani?…
Gli apostoli si guardarono in cagnesco. Poi cominciarono a spintonarsi. In pochi minuti scoppiò una rissa che si allargò a tutta la piazza.
Ponzio Pilato fece segno ai soldati di intervenire. Poi si disse
– Basta, io me ne lavo le mani. Qui è molto peggio della Grecia. Sono proprio barbari. Una cosa del genere a Roma non sarebbe mai potuta succedere.
[Ecco una nuova rubrica per Carmilla 2008. Già nota per i suoi fulminanti raccontini, abbiamo chiesto ad Alessandra Daniele interventi brevi sull’attualità. Una rubrica che crediamo terrà fede al titolo, conoscendo l’autrice.] (V.E.)
Uninominale secca
Molti si chiedono quali reali esiti pratici possa avere spendere ancora tempo e risorse nell’ennesimo dibattito sulla legge elettorale. La risposta è in questo passo poco noto del Vangelo. “Allora Ponzio Pilato chiese alla folla di scegliere tra Gesù e Barabba, e subito la folla si divise. Metà chiedeva di votare col sistema uninominale [...]]]>
[Ecco una nuova rubrica per Carmilla 2008. Già nota per i suoi fulminanti raccontini, abbiamo chiesto ad Alessandra Daniele interventi brevi sull’attualità. Una rubrica che crediamo terrà fede al titolo, conoscendo l’autrice.] (V.E.)
Uninominale secca
Molti si chiedono quali reali esiti pratici possa avere spendere ancora tempo e risorse nell’ennesimo dibattito sulla legge elettorale.
La risposta è in questo passo poco noto del Vangelo.
“Allora Ponzio Pilato chiese alla folla di scegliere tra Gesù e Barabba, e subito la folla si divise.
Metà chiedeva di votare col sistema uninominale secco, l’altra metà preferiva il proporzionale con sbarramento al 3%.
Allora Ponzio Pilato chiese alla folla di scegliere con quale sistema scegliere,
e subito la folla si divise.
Metà chiedeva una raccolta di firme per un referendum propositivo, l’altra metà preferiva una legge costituzionale da sottoporre a referendum abrogativo.
Allora Ponzio Pilato chiese alla folla di scegliere con quale sistema scegliere il sistema col quale scegliere, e subito la folla si divise.
Metà chiedeva l’istituzione di una commissione apposita, l’altra metà preferiva il televoto.
Allora Ponzio Pilato guardò Gesù e Barabba, e lanciò una moneta.
Uscì croce”.
Rewind
Curioso che si cerchi di associare alla moratoria della pena di morte proposta dall’ONU il ripristino della pena di morte per le donne che abortiscono.
Infatti, com’è ovvio per chiunque non sia in malafede, qualsiasi modifica in senso proibizionista della legge 194 non farebbe che riaprire il mattatoio dell’aborto clandestino, mai chiuso del tutto.
Curioso che da sempre coloro che più pontificano e legiferano sull’argomento, pretendendo d’imporre gravidanze obbligatorie, siano proprio quelli che non corrono assolutamente nessun rischio di restare gravidi. Cardinali ingioiellati come Otelma, anziane beghine, tronfi parolai pregni di trigliceridi.
Curioso che in questo primo decennio del nuovo millennio il tempo non abbia fatto che scorrere all’indietro, rimangiandosi sistematicamente tutte le più elementari conquiste di civiltà dei precedenti.
Quale sarà il prossimo obiettivo? Il divorzio, perché “disgrega la famiglia, e quindi la società”?
La legge contro il lavoro minorile, perché “le aziende hanno bisogno di lavoratori più flessibili”?
Il divieto di tortura perché “ottenere informazioni può evitare attentati”?
Già fatto.
A chi toccherà la prossima volta?
Non siete curiosi?