Panottico Digitale – Carmilla on line https://www.carmillaonline.com letteratura, immaginario e cultura di opposizione Sat, 22 Feb 2025 21:00:49 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.9.26 L’uomo in rivolta nell’era digitale https://www.carmillaonline.com/2018/08/28/llera-digitale/ Mon, 27 Aug 2018 22:01:08 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=48133 di Piero Cipriano

Vivremo in una democrazia in cui “la libertà sarà stata un episodio”, così inizia Psicopolitica, il libro dell’apocalittico filosofo tedesco-sud coreano Byung-Chul Han. Una democrazia neoliberale sotto il segno del like. O del dislike. Una comunicazione contrappuntata, quando tutto va per il bene, dagli stucchevoli love, o dagli sganasciati haha, o dagli stupefatti wow, quando va per il male dai melanconici sigh o dai livorosi grr. Lo so, sembro ridicolo, eppure anche sotto i post che accompagneranno questo scritto riceverò qualche decina di commenti in neolingua. Una specie di idiot [...]]]> di Piero Cipriano

Vivremo in una democrazia in cui “la libertà sarà stata un episodio”, così inizia Psicopolitica, il libro dell’apocalittico filosofo tedesco-sud coreano Byung-Chul Han. Una democrazia neoliberale sotto il segno del like. O del dislike. Una comunicazione contrappuntata, quando tutto va per il bene, dagli stucchevoli love, o dagli sganasciati haha, o dagli stupefatti wow, quando va per il male dai melanconici sigh o dai livorosi grr. Lo so, sembro ridicolo, eppure anche sotto i post che accompagneranno questo scritto riceverò qualche decina di commenti in neolingua. Una specie di idiot savant si è inventato questo social network, e di anno in anno come un dio bambino inventa nuovi codici nuovi lemmi, nuove semplificazioni per narrare le relazioni. E ci siamo incamminati verso una semplificazione lessicale ed emotiva che somiglia alla neolingua immaginata da George Orwell in 1984, la semplificata neolingua incaricata di sostituire l’archilingua perché l’archilingua è articolata, la neolingua è funzionale a semplificare il pensiero. Se hai sempre meno parole per dire le cose, immagina Orwell, ovvero “chi parla male pensa male”, per dirla con Nanni Moretti, vedi che la coscienza si restringe. E pure i testi scolastici fascisti o nazisti erano dotati di un lessico semplificato, apposta per semplificare il pensiero. Per un verso allora, nota Han, in questo panottico digitale a cui ci siamo nel volgere di pochissimi anni abituati al punto da non saperne più fare a meno sembra incentivata la comunicazione e lo sproloquio. Per un altro verso c’è un invito alla sintesi e alla semplificazione, i post tanto più vengono letti quanto più sono laconici ed essenziali.

Il problema (ma ciò era prevedibile, pensateci) è che di questa semplificazione lessicale che genera neolingua si sono impossessati (e ne stanno facendo un uso criminale) dei soggetti dal pensiero semplice, che per lo più non hanno fatto studi approfonditi, non si sono spinti oltre le scuole superiori, spesso istituti tecnici, e se si sono affacciati all’università dopo pochi esami hanno capito che invece di perdere tempo a studiare c’era qualcosa di più pragmatico e redditizio da fare: la politica. Anche perché la politica negli ultimi decenni è cambiata, ha smesso di selezionare i più colti (non voglio dire i più etici, perché non è quasi mai stato così), le menti più sveglie, ma in un darwinismo sociale invertito estrae dal mazzo i più fessi, o i più scaltri, o i più ingordi di potere. E così è capitato che questi idiot savant, dico da un Trump a scendere a un Salvini o – per restare nel nostro orto – a un Di Maio un Di Battista un Toninelli insomma gli utili idioti di questi anni, nel comunicare con neolingua fatta di slogan o frasi secche (finita la pacchia, onestà, a casa loro, governo del cambiamento, prima gli italiani, e così via) sono dei veri talenti. Perché un concetto complesso non saprebbero articolarlo, ma hanno questo dono della sintesi estrema che pare fatto apposta per i social più in voga (Facebook, Twitter, Instagram).

E grazie a questo dono di saper parlare semplice – bastano due neuroni e una sinapsi – eccoli dominatori di un dispositivo panottico che il povero Bentham non avrebbe mai potuto immaginare, e neppure noi, fino a vent’anni fa. Anzi, dieci. Un dispositivo dove siamo in reciproca sorveglianza, quindi un panottico a 360 gradi. Un panottico gigantesco. Mettiamo Facebook. Oggi conta oltre due miliardi di iscritti. Che accedono al panottico più volte al giorno. Facebook ha più seguaci del cristianesimo e dell’Islam. È una chiesa più influente di tutte le altre. I cui praticanti sono sempre connessi o raggiungibili. Per mezzo dello smartphone. Smartphone che tocchiamo in media 2617 volta ogni giorno. Non c’è rosario bibbia o corano compulsato con questa frequenza. Facebook è una chiesa che per amen ha un like. Un like come primitivo sistema di gratificazione a breve termine, a base di dopamina. Fatemi semplificare e fare il riduzionista. Propongo questo sillogismo. La psicosi, secondo la teoria più accreditata, da un punto di vista biochimico è causata da un eccesso di dopamina. Il neurotrasmettitore edonico. Quello che dà piacere, insomma. Come a dire: troppo piacere fa impazzire. I like, si dice, aumentano la dopamina. Gratificazione a breve. I like, dunque, producono psicosi. Ecco. Il manicomio digitale, produce psicosi. Non è un caso che coloro che nel 2009 hanno ideato il bottone del like – Justin Rosenstein e Leah Perlman – siano ora i più accesi sostenitori di una sorta di vangelo apocrifo contro la chiesa di Facebook. Si sono disconnessi.

Insomma, ricapitolo: un idiot savant ha creato un manicomio digitale, un panottico a 360 gradi per un reciproco controllo totale. Altri idiot savant si sono impossessati del giocattolo, lo sanno giocare come nessun altro, twittano postano scrivono slogan o frasi lapidarie (molti nemici molto onore) spesso copiate o citando, sapendo o non sapendo tanto è uguale, dato che la cultura è roba da radical chic (altro slogan) e quando sento la parola cultura metto mano alla pistola (altra citazione, chi lo disse? Boh. Che mi frega). Ciò che conta è che questo giocattolo panottico globale è la nuova agorà dove si fa la politica semplificata, la pseudo democrazia partecipata, la democrazia del like, di cui si sono impossessati gli idiot savant Trump Salvini Di Maio.

L’altro ieri, una mia amica che ha votato per gli idiot savant creati dal comico Grillo mi rimprovera la mia anarchia: è il tuo non voto che ha determinato l’ascesa del ministro razzista e fascista. E difendeva i suoi eletti, meritevoli di aver abolito l’aereo con cui Renzi era andato a vedere una partita. Ma non c’è mai andato! È un news fake, informati, ma esci dal panottico, cazzo!

E mia moglie, dopo che lei è andata via (con lo smartphone in mano, e per strada avrà senz’altro distribuito una decina di like a qualche post farlocco): lo vedi? Faccio bene io, che non sono su Facebook, che resisto ai social network tutti: Twitter, Instagram eccetera?

Ma sei un’idiota allora! Ecco perché ti salvi! Davvero, non ti offendere, non sto scherzando. Sai che dice il filosofo Han? Dice che solo se sei un idiota ti salvi. Aspetta, capiscimi. Perché tra tutti questi tipi diversamente idioti ci confondiamo. Non quel tipo di idiota di cui abbiamo detto finora. Han dice: “Una funzione della filosofia è giocare a fare l’idiota”. La filosofia, e sembra controintuitivo, è fatta da idioti. Ma un altro tipo di idioti rispetto a questi che non sanno ma credono di sapere. “Ogni filosofo che realizza un nuovo idioma, un nuovo linguaggio un nuovo pensiero sarà necessariamente un idiota”. Socrate, per dire, sa però afferma di sapere di non sapere, se così è, è un idiota. Pier Aldo Rovatti, per dire, che sostiene la forza del pensiero debole, dell’epochè, del rifuggire i saperi forti, le certezze, le idee potenti, e propone la pratica di un’etica minima, è un idiota. Franco Basaglia, colui che secondo quel grafomane di Vittorino Andreoli “non sa la psichiatria” – e, ammesso sia vero, forse è per questo che l’ha saputa sovvertire – è un idiota. L’idiot de famille, si definiva lui proprio. Oggi – ancora Han – “la figura dell’outsider, del folle o dell’idiota sembra essere scomparsa dalla società”, perché “la connessione digitale”, l’esserci di nostra sponte internati in questo panottico digitale ha aumentato straordinariamente la “coercizione alla conformità”. L’idiotismo, la riluttanza a questa corsa all’internamento digitale, è forse l’ultima “pratica di libertà” rimastaci. L’idiota è colui che non si connette e dunque non si informa al modo dell’informazione totalitaria della rete o dei social. Il non trasparente, colui che non sciama nella rete.

In questi giorni tutti, nei social italiani, come pecore digitali, belano intorno ad alcuni argomenti: tra questi i migranti: gli invasori, i barbari, difenderci dai barbari, casa loro, casa nostra, pacchia, finita la pacchia, così via. Aizzati da un ministro basico che maneggia ripeto con talento da idiot savant i social e la comunicazione fatta di slogan. È la nuova psicologia delle folle. Però siamo ormai oltre “l’età delle folle” descritta da Gustave Le Bon, perché siamo nell’epoca del gregge digitale, o, per dirla sempre con Han, nell’epoca dello sciame digitale. Ma lo sciame non è folla. I connessi sono soli pur sentendosi insieme. L’uomo digitale resta solo, è un hikikomori, uno schizoide, pur sentendosi parte delle cinquecento o cinquemila amicizie o contatti che il social mondiale ti mette a disposizione. I greggi digitali, gli sciami digitali non sanno marciare, non sanno organizzare rivolte, sanno al massimo indignarsi per la causa del momento – ora sono i migranti, c’è chi li difende e chi li vorrebbe morti anzi ha già cominciato ad ammazzarli, domani saranno di nuovo i vaccini, e così via – sanno indignarsi mediante quella scarica emotiva che rapidamente si esaurisce, la chiamano shitstorm, la tempesta di merda.

L’idiota disconnesso non lo sa cos’è una shitstorm. Non ne è stato contaminato. Non ne ha mai subito gli schizzi dell’eloquio semplice a base di merda di un Salvini o dei suoi sgherri. L’idiota disconnesso, non sa, non bela. L’idiota disconnesso, non comunica, non è raggiungibile. L’idiota a-digitale è apolide. È in una sorta di esilio. Potrebbe perfino non esistere, nonostante l’anagrafe. È in una dimensione pirandelliana.

È l’idiota disconnesso che, nell’era della trasparenza e del panottico digitale, forse saprà organizzare, un giorno, una vera rivolta.

Per cui, in questa sorta di nosologia degli idioti, tiriamo le somme: ci sono tre tipi di idioti, in ballo. L’idiot savant che ha creato il panottico digitale, che ha inventato il gioco (Zuckerberg, per non far nomi); gli idiot savant che sanno meglio di tutti giocare il gioco della neolingua e della psicologia delle folle che il panottico determina (Trump, Salvini, per fare qualche esempio). Infine l’idiota disconnesso che non conosce il gioco non gioca ma organizza la rivolta. È sempre un idiota, ma un altro tipo di idiota, e sarà lui il nuovo uomo in rivolta.

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Tecnologie del dominio. Manuale di autodifesa digitale https://www.carmillaonline.com/2017/11/02/tecnologie-del-dominio-manuale-autodifesa-digitale/ Wed, 01 Nov 2017 23:01:54 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=41325 di Ippolita

Ippolita, Tecnologie del dominio. Lessico minimo di autodifesa digitale, Meltemi editore – Ippolita, 2017, pp. 288, € 18,00 (*)

[Riportiamo qua le Istruzioni per l’uso contenute nel manuale – Ringraziamo Ippolita e Meltemi editore per la gentile concessione – Ippolita è un gruppo di ricerca e formazione attivo dal 2004 che conduce una riflessione ad ampio raggio sulle tecnologie del dominio e i loro effetti sociali frequentando tando il sottobosco delle comunità hacker quanto le aule universitarie – ght]

La tecnica non è fatta solo di apparecchi e strumenti, ma anche [...]]]> di Ippolita

Ippolita, Tecnologie del dominio. Lessico minimo di autodifesa digitale, Meltemi editore – Ippolita, 2017, pp. 288, € 18,00 (*)

[Riportiamo qua le Istruzioni per l’uso contenute nel manuale – Ringraziamo Ippolita e Meltemi editore per la gentile concessione – Ippolita è un gruppo di ricerca e formazione attivo dal 2004 che conduce una riflessione ad ampio raggio sulle tecnologie del dominio e i loro effetti sociali frequentando tando il sottobosco delle comunità hacker quanto le aule universitarie – ght]

La tecnica non è fatta solo di apparecchi e strumenti, ma anche di idee, ovvero di parole. Le parole costruiscono il mondo intorno a noi, sono occhiali capaci di plasmare corpi individuali e collettivi. Soprattutto, le parole stabiliscono relazioni di potere che possono cristallizzarsi in strutture di dominio. Conoscere un poco della loro storie, tracciare dei collegamenti di senso e cercare di abbozzare un quadro complessivo è l’obiettivo di questo lessico.

Un tentativo, modesto e incompleto, di dar conto delle parole con le quali gli umani descrivono le tecnologie digitali all’inizio del XXI secolo. Termini spesso antichi, di origine greca o latina, nonostante si riferiscano ad artefatti con cui coabitiamo da pochi decenni, a pratiche diventate comuni nel recente passato. Termini a volte vaghi, quasi fossero cortine di fumo per dissimulare una realtà ben poco smart, per nulla luccicante: una realtà fatta di sfruttamento e servitù volontarie, di sottintesi legali e tranelli concettuali.

Ci sono molti modi di leggere questo testo. Ne suggeriamo alcuni. Si può seguire l’ordine alfabetico, e lasciarsi guidare dalla A di Algoritmo alla W di Wikileaks. Oppure si possono seguire i percorsi di lettura, studiati per tagliare in maniera trasversale, per assumere una prospettiva particolare, più filosofica o più tecnica, più attenta ai risvolti psicologici delle interazioni digitali o più concentrata sugli aspetti economici. Ma il nostro suggerimento è di cominciare dall’indice, scegliere una voce che solletica, che incuriosisce o magari disturba, e poi proseguire saltellando da una voce all’altra, seguendo le piccole frecce che collegano fra loro i termini. Andare alla deriva in un caos estremamente ordinato. Ci piace pensare a questo libro come a una specie di rizoma, perciò “si potrà […] entrarvi da un punto qualsiasi, non c’è uno che valga più dell’altro, nessun ingresso è privilegiato […] ci si limiterà a cercare a quali punti è connesso” [G. Deleuze, F. Guattari, Kafka. Per una letteratura minore, Quodlibet, Macerata 1996, p. 7.].

Alcune parole di questo lessico potrebbero risultare banali, o addirittura fuori luogo, o bizzarre. Sicuramente molte sono rimaste escluse da questo sforzo di sistematizzazione, voci che abbiamo quasi pronte ma non ancora del tutto, voci di cui discutiamo da anni, voci per le quali speriamo di trovare un’altra occasione. Una cosa è certa: le tante persone che hanno contribuito a scrivere quest’opera, in diverse lingue, si sono divertite a farlo, nonostante la fatica, ed è questo piacere che vorremmo far ritrovare ai lettori, perché come al solito abbiamo cercato di scrivere un libro che ci sarebbe piaciuto leggere. Un libro non troppo specialistico, un po’ generico ma non generalista; un panorama complessivo ma non per forza troppo complicato da richiedere uno sforzo eccessivo; una narrazione appassionata, accuratamente selezionata, di quello che tocca le nostre vite quotidiane nei mondi digitali interconnessi. Non avendolo trovato, ci siamo rimboccati le maniche, chiedendo aiuto a tanti amici e affini, e questo è il risultato. Un manuale di autodifesa digitale a modo nostro, con uno sguardo dichiaratamente politico, non neutrale, di parte. Un mosaico per forza di cose incompleto, composto con quello scetticismo metodologico, quella curiosa attitudine hacker che ci piace praticare.

Aspettiamo le vostre critiche e suggerimenti, buona lettura!

Indice dei termini

Algoritmo / Anarco-capitalismo / Big Data / Blockchain / Comunità / Condivisione / Contenimento / Copyright / Criptomoneta / Crittografia / Crowdsourcing / Data Center / Digital labour / Disruption Disruzione / Filter bubble / Free labour / Gamificazione (Ludicizzazione) / Gendersec / Hacker / Hacklab, hackerspace, hackaton, hackmeeting / Hashtag / Identità digitale / Internet, Web, Deep Web, Dark Net, Dark Web / IoT Internet of Things Internet delle Cose / Libertarianesimo / Licenze, copyright, copyleft / Long Tail (Coda Lunga) / Nativi digitali / Open / Peer to peer (p2p) / Panottico Digitale / Pedagogia hacker / Pornografia emotiva / Privacy / Profilazione digitale / Quantified Self / Rituali digitali / Scalability (scalabilità) / Social Media Marketing / Società della prestazione / Tecnocrazia / Trasparenza Radicale / Utente / Web 2.0 & Social media / Wikileaks

Il volume propone alcuni possibili percorsi di lettura suggerendo gli itinerari da seguire

  • Socio-psicologico, l’utente e lo pseudo-spazio dei media sociali: tra reificazione e cura del sé. utente → identità digitale → trasparenza radicale → gamificazione → nativi digitali → pornografia emotiva → comunità
  • Tecno-politico: le macchine e gli umani tra lavoro, non lavoro e denaro gratis. algoritmo → profilazione → Big Data → digital labour → panottico digitale → free labour → disruption → criptomoneta
  • Teoria politica: come siamo arrivati fin qui e dove vogliono portarci. anarcocapitalismo → libertarianesimo → disruption → tecnocrazia → blockchain → Wikileaks → quantified self
  • Hackers: parte del problema e parte della soluzione, siamo tutti hacker? condivisione → open- → p2p → hacklab-hackerspacehackaton → scalabilità → contenimento → crittografi a → Internet, Web, Deep Web, Dark Net, Dark Web → hacker
  • Psico-marketing: un oscuro scrutare. hashtag → social media marketing → crowdsourcing → web 2.0 → long tail → disruption → utente → società della prestazione → gamificazione
  • Antropo-tecniche. rituali digitali → gamificazione → algoritmo → identità digitale → comunità → pedagogia hacker
  • Un percorso per cominciare. Internet, Web, Deep Web, Dark Net, Dark Web → IoT (Internet delle Cose) → data center → filter bubble → hacklabhackerspace-hackaton → licenze → copyright → privacy
  • Un classico di Ippolita. hacklab → Internet, Web, Deep Web, Dark Net, Dark Web → web 2.0 → profilazione → filter bubble → long tail → data center → trasparenza radicale → panottico digitale → società della prestazione → rituali digitali → gamificazione

info@ippolita.nethttp://ippolita.net

(*) Quest’opera è stata rilasciata con licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale. Per leggere una copia della licenza visita il sito web https://creativecommons.org/licenses/by-nc-sa/4.0/deed.it o spedisci una lettera a Creative Commons, 171 Second Street, Suite 300, San Francisco, California, 94105, USA


Tra i saggi pubblicati da Ippolita: Anime Elettriche; La Rete è libera e democratica. FALSO!; Nell’acquario di Facebook; Luci e ombre di Google; Open non è free.

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