metodo Marchionne – Carmilla on line https://www.carmillaonline.com letteratura, immaginario e cultura di opposizione Tue, 01 Apr 2025 20:00:58 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.9.26 Alla catena https://www.carmillaonline.com/2018/07/29/alla-catena-2/ Sun, 29 Jul 2018 18:40:12 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=47558 di Alessandra Daniele

Fiat-logo.JPG[I media celebrano Marchionne come fecero con Wojtyla. Il capitalismo è religione d Stato. Ho scritto e pubblicato per la prima volta questo racconto sulla fabbrica secondo il “metodo Marchionne” nel 2010]

– Dovreste essere contenti che la Fabbrica abbia deciso di riportare la produzione di operai in Italia. – Sì, ma le condizioni… – Sono le stesse già applicate con successo in tutta l’Europa dell’est – dice l’amministratore – Gli embrioni umani vengono coltivati in vitro, in batterie da dodici. Al sesto mese di sviluppo accelerato, vengono inseriti nel meccanismo produttivo attraverso una serie [...]]]> di Alessandra Daniele

Fiat-logo.JPG[I media celebrano Marchionne come fecero con Wojtyla. Il capitalismo è religione d Stato. Ho scritto e pubblicato per la prima volta questo racconto sulla fabbrica secondo il “metodo Marchionne” nel 2010]

– Dovreste essere contenti che la Fabbrica abbia deciso di riportare la produzione di operai in Italia.
– Sì, ma le condizioni…
– Sono le stesse già applicate con successo in tutta l’Europa dell’est – dice l’amministratore – Gli embrioni umani vengono coltivati in vitro, in batterie da dodici. Al sesto mese di sviluppo accelerato, vengono inseriti nel meccanismo produttivo attraverso una serie di innesti biomeccanici collegati alla catena di montaggio, e iniziano il loro lavoro.
– Fisicamente collegati ai macchinari? – Chiede il delegato.
– Certamente – l’amministratore annuisce compiaciuto – Appositi macchinari che provvedono anche al loro sostentamento, attraverso l’immissione di fluidi nutritivi direttamente nel flusso sanguigno, allo sporadico inserimento di sostanze solide nell’apparato digerente per evitarne l’atrofia, grazie a un catetere esofageo, e al drenaggio ed eliminazione delle scorie attraverso una sonda rettale.
Il delegato osserva l’immagine sullo schermo.
– E questa mascherina a cosa serve?
– All’interfaccia visiva. Viene applicata dopo la rimozione dei bulbi oculari, e collega direttamente il nervo ottico degli operai al computer centrale della fabbrica – l’amministratore sorride – Niente più problemi di distrazione.
– Rimozione dei bulbi oculari?
– Sì, insieme agli organi sessuali, e altre parti del corpo inutili al processo produttivo.
– Ma è previsto che gli operai non facciano altro che lavorare 24 ore al giorno?
– No, questo ne pregiudicherebbe l’efficienza. Ogni dieci ore di lavoro ne vengono chimicamente indotte due di sonno ipnotico, durante le quali si approfitta per aggiornare il loro condizionamento mentale.
– E resteranno così collegati ai macchinari per tutta la vita?
– Finché non verranno superati da un modello più efficiente.
– Gli operai?
– No, i macchinari. Gli operai risulteranno in esubero, e verranno disconnessi. Poi saranno rottamati.
– I macchinari?
– No, gli operai.
Il delegato fissa l’immagine sullo schermo.
– Possono sopravvivere disconnessi dalle macchine?
L’amministratore si stringe nelle spalle.
– No, ma gli ammortizzatori sociali non sono un problema dell’azienda.
Il delegato scuote la testa.
– Non so quanto queste condizioni siano accettabili…
L’amministratore lo interrompe in tono oltraggiato.
– Opporsi al progresso per ragioni puramente ideologiche sarebbe un errore gravissimo – lo redarguisce – E mi costringerebbe ad attivare l’inibitore a scariche elettriche che lei e tutti i suoi colleghi avete saggiamente acconsentito a farvi installare alla base del cranio, dopo la scorsa trattativa. Allora, qual è la sua decisione? – Chiede l’amministratore puntando il telecomando dell’inibitore.
Il delegato china la testa.

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Pastorale emiliana 2 – La vendetta https://www.carmillaonline.com/2018/01/06/pastorale-emiliana-2-la-vendetta/ Fri, 05 Jan 2018 23:01:24 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=42604 di Giovanni Iozzoli

Eccolo, ci mancava un ingrediente decisivo. Arrivano sulla scena quei sindacati complici che firmano un accordo, separato e truffaldino, per soccorrere il padrone e dividere i sommersi dai salvati. Alla vicenda della Castelfrigo mancava solo questo elemento tradizionale – la corruzione sindacale – per avvicinarsi compiutamente alla Chicago anni Trenta: mafiosi capi di cooperative, narcotrafficanti addetti alle risorse umane, lavoratori schiavizzati, spremuti e buttati sul lastrico e adesso, finalmente, scendono in campo anche i sindacalisti venduti. Così, se Sergio Leone dovesse decidere di reincarnarsi, tra qualche anno potrà girare un [...]]]> di Giovanni Iozzoli

Eccolo, ci mancava un ingrediente decisivo. Arrivano sulla scena quei sindacati complici che firmano un accordo, separato e truffaldino, per soccorrere il padrone e dividere i sommersi dai salvati. Alla vicenda della Castelfrigo mancava solo questo elemento tradizionale – la corruzione sindacale – per avvicinarsi compiutamente alla Chicago anni Trenta: mafiosi capi di cooperative, narcotrafficanti addetti alle risorse umane, lavoratori schiavizzati, spremuti e buttati sul lastrico e adesso, finalmente, scendono in campo anche i sindacalisti venduti. Così, se Sergio Leone dovesse decidere di reincarnarsi, tra qualche anno potrà girare un nostalgico “C’era una volta a Castelnuovo Rangone” dove non mancherà nessuno degli stereotipi classici della crime story – senza lieto fine, ovviamente, perché nella terra del maiale niente finisce lietamente: anche se l’assassino è pubblicamente smascherato, continua imperterrito a produrre crimine e impunità.

L’epica lotta dei forzati del prosciutto si avvia verso il suo sentiero finale, con orgoglio, consapevolezza, ma anche con un retrogusto amaro: la Cisl e l’azienda hanno tirato fuori un accordo, tenuto segreto per un mese, che tutela – assai debolmente – 52 dei 127 licenziati; si tratta esattamente del perimetro dei suoi iscritti, oltre a tutti quelli che non avevano partecipato ai due mesi di mobilitazione precedente. Un’attenta cernita. Del resto, il padrone non è tipo da nascondere la mano, era stato abbastanza esplicito già tempo addietro: sceglietevi la tessera giusta o ne pagherete le conseguenze. La faccenda ha destato scandalo persino sulla stampa locale – troppo smaccata la provocazione, troppo infame il comportamento cislino – finanche il sindaco di Castelnuovo ha dovuto mimare qualche timida ripulsa. Se il “paccotto” di Natale si confeziona con modalità così luride, dove va a finire l’auspicata “mediazione sociale”, l’appello “al dialogo e alla ragionevolezza”, la ricerca di “soluzioni condivise”?

Ma la vicenda Castelfrigo cos’è, se non la riproposizione su scala minore del modello Pomigliano e del metodo Marchionne, a suo tempo pienamente metabolizzato e legittimato dentro la società italiana? Perché il più grande gruppo industriale italiano avrebbe il diritto di spacchettare oscenamente i diritti e i destini dei suoi dipendenti, mentre nel più modesto comparto carni tutto ciò dovrebbe essere evitato? Perché questa, stringi stringi, è stata la “rivoluzione di Marchionne”, quella a suo tempo salutata come l’avvio di una nuova era: chi sciopera, chi ha la tessera non gradita o anche solo chi è potenzialmente individuato come disturbatore, è pregato di accomodarsi fuori. E alla Castelfrigo, oggi, spaccarsi la schiena e i polsi nelle celle frigorifere (per un contrattino interinale di tre mesi) è diventato un privilegio che si paga con la sottomissione, la presa di distanza dai reprobi, la resa unilaterale davanti al padrone. Questa è l’Italia sordida che abbiamo lasciato dilagare, in questi anni.

Flashback: da più di vent’anni, nel cuore dell’economia modenese, la filiera agroalimentare e il rinomatissimo “distretto carni”, le aziende hanno permesso l’insediamento di cooperative spurie, spesso gestite da malavitosi, grazie alle quali, con un complicato sistema di appalti e subappalti, si può risparmiare il 50% del costo del lavoro e praticare una generalizzata evasione fiscale e contributiva. In questo modo le imprese, grandi marchi o loro importantissimi terzisti, hanno dimostrato in pratica, a mo’ di teorema, che il discrimine tra economia criminale ed economia capitalistica ordinaria, sostanzialmente non esiste. Le mafie non sono un “cancro”, come dice la retorica legalitaria: sono una variante, un’opzione, una potenzialità in più del meccanismo economico.

Tutto ciò negli anni si è consolidato, in questo assai poco ridente angolo di provincia modenese, in forma organizzata e capillare di “sistema”, distribuendo miseria a chi lavora e consentendo margini di competitività ad imprese che per reggere la concorrenza globale farebbero ogni schifezza, anche riempire i polpettoni di carne operaia, se servisse.

Da un paio d’anni, i nuovi schiavi dei prosciuttifici hanno cominciato ad alzare la testa e ribellarsi. Si tratta di lavoratori spesso stranieri, eternamente precari, ogni anno più poveri e ricattabili sulla base dei furiosi cambi appalto che fanno sparire e ricomparire magicamente i formali datori di lavoro. La loro presa di parola, il coraggio della lotta, non era cosa né facile né scontata. E se già in altre aziende, vedi la Alcar, il conflitto aveva prodotto visibilità, è stato alla Castelfrigo che una lotta operaia ha fatto finalmente irruzione nell’agenda politica e costretto tutto il territorio a interrogarsi, con corpose ricadute nazionali.

E anche questo recente accordo truffa, tirato fuori tra Natale e Capodanno, non consentirà di seppellire né la vertenza, né le questioni che essa ha evocato. Finalmente il muro d’omertà diffuso, che aveva sostanzialmente salvaguardato il caporalato criminale per tutelare “le eccellenze produttive locali”, ha cominciato a sgretolarsi. Gazzettieri, amministratori, politicanti, magistrati e semplice opinione pubblica: tutti hanno dovuto toccare con mano che dietro i marchi scintillanti dei banconi degli ipermercati, si poteva leggere una storia durissima e vergognosa di sfruttamento paraschiavistico; la vetrina della qualità gastronomica italiana era chiazzata di sangue – e non in senso metaforico.

Dopo un paio di mesi di incessante mobilitazione davanti ai cancelli dell’azienda di Castelnuovo Rangone, con il protagonismo reale di una compagine determinatissima e disperatamente vitale, che è riuscita a inventarsi giorno per giorno un’enorme volume di iniziative, i centri di potere locali non hanno potuto più ignorare il problema; troppo insistente l’irruzione operaia, troppo clamore, troppi reportage, troppe vergogne nascoste per lunghi, lunghissimi anni, dietro le mura di capannoni che sbandierano il “made in Italy” come garanzia di qualità. Piano piano sono arrivati i pronunciamenti, le prese di distanza, gli ordini ispettivi e istituzionali e le denunce. Come un novello Candide, il ceto politico da sempre al governo da queste parti, ha manifestato indignazione per una realtà che tutti conoscevano da almeno vent’anni. La verità è che queste terre avevano lungamente alimentato una “congiura del silenzio” degna dell’Aspromonte: l’impresa è sacra, la competizione è selvaggia, il fatturato è inviolabile – chi parla di diritti e contratti è un disfattista, un estraneo imbucato, uno che non afferra la modernità delle filiere, un troglodita.

Questi straordinari ragazzi ghanesi, albanesi, maghrebini, cinesi (sì, evviva, ci sono anche i cinesi in testa alle mobilitazioni, ed è un segnale di novità) che hanno dato corpo questa lotta, inseguendo il padrone persino nei suoi sacri spazi privati, hanno prodotto in sé un mutamento di coscienza straordinaria: la lotta di classe è una scuola politica, culturale e umana che non ha eguali. Ogni santo giorno hanno animato la loro assemblea, accumulato competenze, concesso interviste, discusso da pari a pari con i sindacalisti professionisti a cui non hanno delegato nulla. Mesi che valgono come anni per lavoratori che se – come è scritto nei protocolli firmati ai tavoli regionali – dovessero trovare una nuova collocazione in aziende del territorio, dentro realtà meno piratesche e compromesse, resteranno comunque sentinelle vigili contro il nuovo schiavismo che avanza. Quadri operai, non merce.

Si è detto, senza retorica, che questi proletari, in massima parte stranieri, hanno insegnato molto agli italiani. Però attenzione: anche loro hanno imparato qualche lezione, pure quelli che vivono qui da un quarto di secolo e pensavano di sapere tutto.

Lezione 1
In Italia, oltre alla “cooperative spurie” esistono i “sindacati spuri”. Non si tratta di semplice corruzione (anche se in questi casi, mazzette e marchette non sono mai sgradite). O meglio: stiamo parlando di una corruzione più profonda, ontologica, viene da dire; un sindacato che fa esattamente il contrario di quello che dovrebbe fare, una perversione dei fini che mette in contrasto il nome e la cosa: come se il WWF si mettesse a organizzare safari. Questa espressione, “spuria”, tipica di un italiano desueto e burocratico, significa letteralmente (leggiamo dal Garzanti): “di natura non definita, bastardo”. Naturalmente la natura dei sindacalisti Cisl appare ben definita!

Lezione 2
In Italia non basta aver ragione, non serve che il sindaco o il Governatore della tua Regione o i giornali e la Rai, la Commissione Lavoro di Montecitorio o persino il Santo Padre e l’Onu, ti diano ragione. La vera ragione sta in bilico, ben nascosta dentro il rapporto di forza; la democrazia è solo una favola per anime semplici: patrimonio, fatturato, batterie di avvocati e complicità che contano, questo decide se le ragioni si incarnano in cambiamenti o restano pezzi di carta. Castelfrigo ha subito gravi danni di immagine e forse perso un po’ di commesse. Ma la vicenda dell’accordo separato, conferma che l’arroganza del padrone può anche fare a meno del consenso. È una rivendicazione di autonomia del comando d’impresa, una maligna dichiarazione di indipendenza che racconta bene la brutale ideologia esibita dai padroni oggi: dite pure quello che vi pare, io rispondo con i milioni. Se la vicenda Castelfrigo finirà con qualche sentenza in Tribunale e un po’ di risarcimenti, sarà l’ennesima vittoria delle ragioni d’impresa: la violazione della Costituzione è monetizzabile e con i soldi si compra tutto

Lezione 3
La vicenda Castelfrigo ha effettivamente smosso l’agenda politica e fatto uscire i paguri dal loro guscio. Ma l’ostinazione a non “spingersi troppo oltre”, a rimanere “sul terreno democratico”, una certa fissazione legalista, la scelta in definitiva di non praticare i blocchi dei cancelli, ha impedito che si sperimentasse l’ultimo miglio della lotta, quello in cui, esperite tutte le fasi di pubblica sensibilizzazione, il rapporto di forza diventa nudo e crudo, e si fa la cernita tra amici interessati, tartufi e solidali. I lavoratori hanno il diritto e il dovere di non abbandonare nessuna delle armi in loro possesso, se vogliono vincere.

Lezione 4
Non bisogna confidare nel fatto che i pronunciamenti istituzionali a favore di questa battaglia siano irreversibili: in Italia non esiste la nozione di “irreversibilità”, tutto è riassorbibile, niente passa davvero in giudicato. Peraltro siamo sotto elezioni, i politici italiani sono bestie impudiche e senza ritegno (soprattutto quelli nelle due versione piddine double face – PD e MDP). Le lotte sociali sono viste con sostanziale fastidio, come elementi di disturbo del traccheggiamento quotidiano a cui sono abituati; appena esse rifluiscono, le priorità tornano quelle tradizionali: prima il mercato poi tutto il resto.

Lezione 5
I padroni sanno cos’è la lotta di classe e soprattutto conoscono bene la solidarietà di classe. Confindustria non ha mollato un centimetro, ha considerato i padroni di Castelfrigo “colleghi che sbagliano” da non abbandonare, il fronte imprenditoriale è rimasto stoicamente compatto: si può e si deve difendere l’indifendibile! – molleranno prima loro, si son detti, con le loro pezze al culo e gli affitti in arretrato, piuttosto che noi, pilastri benemeriti del territorio. Una lezione di coerenza, per i proletari.

Lezione 6
Quando Diego – insieme a Chen, Frank e tutti gli altri – sostiene che alla Castelfrigo “stanno scrivendo un pezzo di storia sindacale” sta dicendo la verità, al di là di quali saranno gli esiti finali della vertenza. Il presidio andrà avanti, orgogliosamente, fino a quando tutti i lavoratori esclusi non saranno ricollocati in aziende della provincia (ci sono impegni assunti in tal senso dalla Lega delle Cooperative e da attori importanti del comparto, tutti ansiosi di cancellare l’onta e le polemiche di queste settimane e di ricacciare la polvere sotto al tappeto). Ma adesso è il momento di andare avanti, di non mollare, di spostarsi davanti ai cancelli delle altre decine di Castelfrigo che ammorbano il tessuto economico. Il rischio è che escano dal portone le cooperative “spurie” e rientrino dalla finestra gli appalti interni, tramite Srl “fatte in casa”- con la medesima finalità: non stabilizzare i lavoratori e comprimere il loro costo vivo. Bisogna proseguire, col coltello in mezzo ai denti. Perché è lì, dentro quei contratti farlocchi, dentro quegli stipendi miserabili, dentro lo spezzettamento della base occupazionale, dentro la sacrosanta disaffezione al lavoro, che cova e marcisce l’eterna crisi italiana: nella svalorizzazione cronica del lavoro, nel suo deprezzamento, nella sua marginalità, nel suo scadimento qualitativo e professionale. Quella è la vera cancrena italiana – il lavoro che un tempo fu ricchezza, civilizzazione, mobilità sociale, oggi è maledizione, povertà, cristallizzazione delle gerarchie. Si blatera tanto di ricette economiche e strategie di uscita dalla crisi. Viene da sorridere. Se si vogliono capire le ragioni della crisi, basta dare un’occhiata alla paga oraria in Castelfrigo. Là dentro è scritto l’arcano della crisi. E più si affannano a erodere i salari, a precarizzare le prestazioni, più la crisi, sghignazzando oscena, si avvita su se stessa. L’unica misura anticiclica oggi la potrebbero mettere in campo i proletari scioperando e strappando ricchezza.

Intanto il presepe emiliano traballa e scricchiola sempre di più. La figura operaia, simbolo dell’iconografia para-socialista che per alcuni decenni aveva dato corpo all’ideologia emiliana – l’operaio integrato, l’operaio in ascesa sociale, l’operaio professionale e dalla tuta immacolata, l’operaio con il figlio dottore, l’operaio cooperatore, civico, sentinella del territorio affacciato sulla soglia della sezione, a fronte strada –, quella figura operaia, dicevamo, sta solo nei ricordi sbiaditi e malinconici degli anziani, protagonisti inconsapevoli dell’epopea del compromesso sociale. Il microcosmo della lotta alla Castelfrigo ha squadernato brutalmente, in modo quasi didascalico, la moderna composizione del lavoro produttivo. I nuovi operai sono figure picaresche, tragicamente povere, sbattute come foglie al vento tra i diversi gironi di un mercato del lavoro pericoloso e inafferrabile. I più esposti e precari, come i forzati delle cooperative spurie, sperano in una stabilizzazione che li consegni a vita alla schiavitù di una busta paga sicura – e per molti è un miraggio chimerico; gli altri, quelli con un impiego e un contratto un po’ più solido, si tengono stretti la ciotola, bestemmiando, ringhiando, pagando bollette, mutui e rette sanguinose che devono garantire il destino di giovani e vecchietti di famiglia, abbandonati dalla ritirata del Welfare. Annaspano tutti insieme, sgomitando, a tentoni in mezzo alle nebbie padane – giorno per giorno, mese dopo mese, prestito su prestito, nella pallida speranza che Grillo, Salvini, Gesù Cristo o chissà chi altro, riesca a parlare al loro livore, alla paura del futuro, alle loro speranze deluse. Altro che miti socialisti. L’Emilia Romagna, proprio dentro le sue vetrine produttive, sta covando silenziosamente i virus più infidi e pericolosi. C’è qualcuno a sinistra, che trova il coraggio di rimettere le mani dentro questi laboratori tossici?


Pastorale emiliana – prima parte


Pastorale emiliana 2 – La vendetta

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]]> Modello Due https://www.carmillaonline.com/2012/10/08/modello-due/ Mon, 08 Oct 2012 08:51:47 +0000 http://www.carmillaonline.com/?p=4478 di Alessandra Daniele

Modello2.jpg– Ingegner Marchionne, perché di tutte le case automobilistiche è la FIAT quella che più sembra subire gli effetti della crisi? – Inutile negarlo: il grave problema dell’azienda sono i modelli obsoleti. – Quindi lei finalmente ammette che la Panda e la 500… – No, io mi riferisco agli operai. La FIAT è in difficoltà perché l’operaio italiano è un modello obsoleto. Se in Italia non sarà possibile avviare la produzione in serie di operai di nuovo modello, saremo costretti a lasciare il paese. – Come dovrebbe essere questo metalmeccanico 2.0? – Più efficiente, più maneggevole. Più elegante [...]]]> di Alessandra Daniele

Modello2.jpg– Ingegner Marchionne, perché di tutte le case automobilistiche è la FIAT quella che più sembra subire gli effetti della crisi?
– Inutile negarlo: il grave problema dell’azienda sono i modelli obsoleti.
– Quindi lei finalmente ammette che la Panda e la 500…
– No, io mi riferisco agli operai. La FIAT è in difficoltà perché l’operaio italiano è un modello obsoleto. Se in Italia non sarà possibile avviare la produzione in serie di operai di nuovo modello, saremo costretti a lasciare il paese.
– Come dovrebbe essere questo metalmeccanico 2.0?
– Più efficiente, più maneggevole. Più elegante nel design.
– Dovrebbe consumare meno?
– Assolutamente no, i consumi alimentano l’economia, l’operaio 2.0 dovrebbe consumare molti più beni di lusso.
– A parità di stipendio?
– A salario ridotto.
– E come potrebbe riuscirci?
– Eliminando quasi del tutto i cosiddetti beni di prima necessità, come cibo, acqua, medicine, tutte cose obsolete.
– Facendo così però non vivrebbe a lungo.
– Meglio. Più ricambio, meno disoccupazione, e un risparmio anche per lo Stato: il taglio definitivo delle pensioni.
– Sono queste le richieste che ha discusso col governo?
– Si, e ho trovato consenso generale. Mi sono anche state suggerite ulteriori modifiche dello stesso tipo, in particolare riguardo al problema del cambio, e delle marce.
– Cioè?
– Le marce di protesta, i cortei organizzati contro il cambiamento, che invece è necessario e urgente. Anche nel settore del comfort: gli attuali operai sono scomodi e rumorosi. E quello acustico è solo uno dei tipi d’inquinamento di cui sono responsabili. Emettono CO2, scorie solide e liquide, la vernice si sfalda, e il sistema di raffreddamento fa acqua da tutte le parti. L’ILVA di Taranto è a rischio di chiusura definitiva proprio a causa dei liquami tossici emanati personalmente dagli operai. Il loro difetto più grave però è un altro.
– Quale?
– Tendono a non rispondere ai comandi. A sfuggire al controllo del guidatore. Questo è inaccettabile.
– Però è un impulso umano.
– L’essere umano è un modello obsoleto.
– E lei che soluzione propone?
– La rottamazione.

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The Italian Job https://www.carmillaonline.com/2012/09/24/the-italian-job/ Mon, 24 Sep 2012 08:02:48 +0000 http://www.carmillaonline.com/?p=4457 di Alessandra Daniele

plutuno.jpgSergio Marchionne ha un nuovo grande progetto imprenditoriale da proporre a governo e sindacati: si chiama ”Astronave Italia”, prevede l’investimento di ventimila miliardi di euro, e richiede la disponibilità dei lavoratori a superare obsoleti massimalismi, rigidità ideologiche, e diffidenze ingiustificate, per mettersi in gioco in un’impresa che farà ripartire l’intera economia europea. La FIAT ha ottenuto dalla NASA la concessione per costruire i moduli della prima base terrestre che sarà assemblata e insediata su Plutone. Le strutture modulari della”PlutUno” dovranno essere realizzate in base alle condizioni climatiche e gravitazionali del pianeta, alle quali dovranno adeguarsi anche gli operai [...]]]> di Alessandra Daniele

plutuno.jpgSergio Marchionne ha un nuovo grande progetto imprenditoriale da proporre a governo e sindacati: si chiama ”Astronave Italia”, prevede l’investimento di ventimila miliardi di euro, e richiede la disponibilità dei lavoratori a superare obsoleti massimalismi, rigidità ideologiche, e diffidenze ingiustificate, per mettersi in gioco in un’impresa che farà ripartire l’intera economia europea.
La FIAT ha ottenuto dalla NASA la concessione per costruire i moduli della prima base terrestre che sarà assemblata e insediata su Plutone. Le strutture modulari della”PlutUno” dovranno essere realizzate in base alle condizioni climatiche e gravitazionali del pianeta, alle quali dovranno adeguarsi anche gli operai impegnati nella sua costruzione qui in Italia.

– La gravità di Plutone è meno d’un decimo di quella terrestre. Gli operai saranno perciò tenuti a sostenere un carico di lavoro più di dieci volte superiore al consueto.
– Il giorno solare di Plutone dura più di sei giorni terrestri. L’orario di lavoro sarà quindi proporzionato, con turni di 48 ore consecutive, più 720 ore di straordinario all’anno.
– La temperatura su Plutone è sempre inferiore a duecento gradi sotto zero, e l’atmosfera è composta prevalentemente da metano. Gli stabilimenti italiani FIAT dove saranno costruiti i moduli della ”PlutUno” saranno quindi privi di qualunque sistema di climatizzazione e depurazione, agli operai sarà necessario adattarsi.
– L’anno solare di Plutone dura 248 anni terrestri. L’età minima pensionabile verrà perciò raggiunta solo dopo almeno 7440 anni d’anzianità.
– La concessione NASA richiede inoltre una serie di norme di sicurezza dirette a prevenire sabotaggi, e spionaggio industriale/internazionale. Ogni operaio addetto alla fabbricazione dei moduli sarà schedato, e costantemente monitorato attraverso un microchip sottocutaneo che ne consentirà anche la rapida identificazione in caso di smarrimento. Non saranno ammesse attività che possano costituire un intralcio o una minaccia alla realizzazione del progetto, come l’appartenenza a organizzazioni sindacali e politiche non allineate.

”Astronave Italia” è assolutamente affidabile, metterne in discussione credibilità e sostenibilità è inammissibile complottismo veterocomunista economicamente suicida.
Iniziative imprenditoriali come questa sono ciò di cui ha bisogno il paese per tornare efficiente e competitivo. Le norme contrattuali concepite per ”Astronave Italia” dovranno essere estese a tutte le altre fabbriche d’Italia, e successivamente anche a tutti gli altri contratti di lavoro.
Ancora una volta Sergio Marchionne potrà contare sul convinto appoggio del governo in merito.

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Fisco Inferno https://www.carmillaonline.com/2011/08/15/fisco-inferno/ Mon, 15 Aug 2011 09:38:57 +0000 http://www.carmillaonline.com/?p=3993 di Alessandra Daniele

CuoreDelNano.jpgCome lungamente profetizzato, il tempo è giunto. Le tribolazioni fiscali e le piaghe tributarie sono però solo una parte di quello che ci aspetta. Ciò che il coro degli araldi mediatici preferisce tacere, mentre annuncia l’avvento dell’Anticrisi, è che reca il Marchionne della Bestia. Ci dicono ”la casa brucia”, in realtà a estendersi come un incendio, sfruttando il vento della crisi, è il Modello Pomigliano-Mirafiori, quell’inceneritore di diritti dei lavoratori che era stato spacciato come eccezione, e che in qualche mese è già diventato la regola. Il Modello Unico di sfruttamento che il decreto-stangata, immediatamente firmato dal solerte [...]]]> di Alessandra Daniele

CuoreDelNano.jpgCome lungamente profetizzato, il tempo è giunto.
Le tribolazioni fiscali e le piaghe tributarie sono però solo una parte di quello che ci aspetta. Ciò che il coro degli araldi mediatici preferisce tacere, mentre annuncia l’avvento dell’Anticrisi, è che reca il Marchionne della Bestia.
Ci dicono ”la casa brucia”, in realtà a estendersi come un incendio, sfruttando il vento della crisi, è il Modello Pomigliano-Mirafiori, quell’inceneritore di diritti dei lavoratori che era stato spacciato come eccezione, e che in qualche mese è già diventato la regola. Il Modello Unico di sfruttamento che il decreto-stangata, immediatamente firmato dal solerte presidente, estende dagli operai FIAT a tutti gli altri lavoratori dipendenti. Come intuibile, il cosiddetto caso isolato era in realtà il paziente zero. Dall’accordo Mirafiori all’esplosione dell’allarme Anticrisi sono infatti passate più o meno 28 settimane.

Ci ripetono ”la casa brucia”, e che tutti dobbiamo portare il nostro contributo liquido per spegnere le fiamme, fosse pure il nostro sangue arterioso. Adoperano toni apocalittici, e si fingono addolorati con espedienti da vecchi guitti, dandosi la colpa a vicenda. Non è il loro cuore a grondare sangue però, sono le loro mani. Stiracchiare smorfie di contrizione fasulla è il loro unico sacrificio. Le false lacrime di collirio che gli rigano il cerone, il loro unico contributo liquido. E nella casa che ci chiedono – anzi, ci ordinano – di salvare dal fuoco che loro stessi hanno appiccato, ci vogliono come schiavi da cortile. Come house negros, che dicono ”la nostra economia”, e trepidano per gli indici di borsa, mentre fanno straordinari sottopagati invece delle vacanze. Che rispondono ai nobili appelli presidenziali alla ”responsabilità”, e si precipitano a salvare dalle fiamme la casa del padrone che è la loro prigione. Questa non è la nostra economia, è la loro finanza corrotta, nutrita col nostro lavoro, i nostri risparmi, i nostri diritti, il nostro futuro, e che non ne sarà mai sazia, perché non è nella sua natura.
Rivoltiamogli contro i loro toni apocalittici.
La natura della Bestia è mangiare. Consumare risorse e vite umane finché ogni territorio sia un deserto, ogni città una discarica, ogni specchio d’acqua una pozza di liquame, e ogni essere umano superstite sia uno schiavo da cortile, che aspetta disciplinato il suo turno di diventare carne da macello.
Con la Bestia non si contratta.
Dobbiamo fermarla.

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Alla catena https://www.carmillaonline.com/2010/06/20/alla-catena/ Sun, 20 Jun 2010 05:43:14 +0000 http://www.carmillaonline.com/?p=3527 di Alessandra Daniele

Fiat-logo.JPG– Dovreste essere contenti che la FIAT abbia deciso di riportare la produzione di operai in Italia. – Sì, ma le condizioni… – Sono le stesse già applicate con successo in tutta l’Europa dell’est – dice l’amministratore – Gli embrioni umani vengono coltivati in vitro, in batterie da dodici. Al sesto mese di sviluppo accelerato, vengono inseriti nel meccanismo produttivo attraverso una serie di innesti biomeccanici collegati alla catena di montaggio, e iniziano il loro lavoro alla FIAT. – Fisicamente collegati ai macchinari? – chiede il delegato. – Certamente – l’amministratore annuisce compiaciuto – Appositi macchinari che provvedono [...]]]> di Alessandra Daniele

Fiat-logo.JPG– Dovreste essere contenti che la FIAT abbia deciso di riportare la produzione di operai in Italia.
– Sì, ma le condizioni…
– Sono le stesse già applicate con successo in tutta l’Europa dell’est – dice l’amministratore – Gli embrioni umani vengono coltivati in vitro, in batterie da dodici. Al sesto mese di sviluppo accelerato, vengono inseriti nel meccanismo produttivo attraverso una serie di innesti biomeccanici collegati alla catena di montaggio, e iniziano il loro lavoro alla FIAT.
– Fisicamente collegati ai macchinari? – chiede il delegato.
– Certamente – l’amministratore annuisce compiaciuto – Appositi macchinari che provvedono anche al loro sostentamento, attraverso l’immissione di fluidi nutritivi direttamente nel flusso sanguigno, allo sporadico inserimento di sostanze solide nell’apparato digerente per evitarne l’atrofia, grazie a un catetere esofageo, e al drenaggio ed eliminazione delle scorie attraverso una sonda rettale.
Il delegato osserva l’immagine sullo schermo.
– E questa mascherina a cosa serve?
– All’interfaccia visiva. Viene applicata dopo la rimozione dei bulbi oculari, e collega direttamente il nervo ottico degli operai al computer centrale della fabbrica – l’amministratore sorride – Niente più problemi di distrazione.
– Rimozione dei bulbi oculari?
– Sì, insieme agli organi sessuali, e altre parti del corpo inutili al processo produttivo.
– Ma è previsto che gli operai non facciano altro che lavorare 24 ore al giorno?
– No, questo ne pregiudicherebbe l’efficienza. Ogni dieci ore di lavoro ne vengono chimicamente indotte due di sonno ipnotico, durante le quali si approfitta per aggiornare il loro condizionamento mentale.
– E resteranno così collegati ai macchinari per tutta la vita?
– Finché non verranno superati da un modello più efficiente.
– Gli operai?
– No, i macchinari. Gli operai risulteranno in esubero, e verranno disconnessi. Poi saranno rottamati.
– I macchinari?
– No, gli operai.
Il delegato fissa l’immagine sullo schermo.
– Possono sopravvivere disconnessi dalle macchine?
L’amministratore si stringe nelle spalle.
– No, ma gli ammortizzatori sociali non sono un problema dell’azienda.
Il delegato scuote la testa.
– Non so quanto queste condizioni siano accettabili…
L’amministratore lo interrompe in tono oltraggiato.
– Opporsi al progresso per ragioni puramente ideologiche sarebbe un errore gravissimo – lo redarguisce – E mi costringerebbe ad attivare l’inibitore a scariche elettriche che lei e tutti i suoi colleghi avete saggiamente acconsentito a farvi installare alla base del cranio, dopo la scorsa trattativa. Allora, qual è la sua decisione? – Chiede l’amministratore puntando il telecomando dell’inibitore.
Il delegato china la testa.

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