massacro di Shinwar – Carmilla on line https://www.carmillaonline.com letteratura, immaginario e cultura di opposizione Thu, 26 Dec 2024 21:00:03 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.9.26 Libertà duratura https://www.carmillaonline.com/2016/10/07/liberta-duratura/ Fri, 07 Oct 2016 02:35:10 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=33828 di Alexik

woman_mourning_death_of_son_killed_in_raid_laghman_1_may_2012Ricorre oggi l’anniversario dei primi bombardamenti aerei britannici ed americani sull’Afghanistan, che diedero inizio all’operazione Enduring Freedom. Non so se a tale ricorrenza saranno tributati gli stessi onori della cronaca dell’attentato alle torri gemelle. In teoria la notizia dovrebbe monopolizzare i telegiornali, se non altro per i centoquattromila afgani ammazzati negli ultimi 15 anni, a cui vanno a sommarsi altri sessantunomila nel vicino Pakistan. Come dire: le vittime dell’attentato alle Twin Towers moltiplicate per 55. Poco fiduciosa riguardo all’obiettività del giornalismo nostrano, qualche cifra proverò a darvela io. Ad occuparsi della conta dei [...]]]> di Alexik

woman_mourning_death_of_son_killed_in_raid_laghman_1_may_2012Ricorre oggi l’anniversario dei primi bombardamenti aerei britannici ed americani sull’Afghanistan, che diedero inizio all’operazione Enduring Freedom. Non so se a tale ricorrenza saranno tributati gli stessi onori della cronaca dell’attentato alle torri gemelle.
In teoria la notizia dovrebbe monopolizzare i telegiornali, se non altro per i centoquattromila afgani ammazzati negli ultimi 15 anni, a cui vanno a sommarsi altri sessantunomila nel vicino Pakistan. Come dire: le vittime dell’attentato alle Twin Towers moltiplicate per 55.
Poco fiduciosa riguardo all’obiettività del giornalismo nostrano, qualche cifra proverò a darvela io.
Ad occuparsi della conta dei cadaveri, nonché dei feriti e dei mutilati, è il rapporto periodico della Brown University del Rhode Island, di commento ai dati della United Nations Assistance Mission in Afghanistan (UNAMA).

Fonte: Neta C. Crawford, Update on the Human Costs of War for Afghanistan and Pakistan, 2001 to mid 2016.

Fonte: Neta C. Crawford, Update on the Human Costs of War for Afghanistan and Pakistan, 2001 to mid 2016.

Leggendo queste stime, probabilmente redatte per difetto, non suscita particolare stupore il fatto che fra i caduti complessivi in 15 anni di guerra afgana solo il 6,32 % sia costituito da soldati e contractors stranieri, e che quasi 32.000 morti siano vittime civili, a fronte di 42.100 miliziani antigovernativi.
Questi ultimi due dati potrebbero essere soggetti a correzione, a giudicare dalla vicenda del così detto ‘Kill Team’ che nel 2010 disvelò come anche i soldati USA in Afghanistan avessero preso il vizietto dei ‘falsi positivi’.
Lo stesso vizietto dei loro colleghi dell’esercito colombiano, responsabili dell’assassinio di civili innocenti fatti passare per guerriglieri uccisi in combattimento.

Gli assassini del distretto di Maywand

I componenti del ‘Kill Team’ erano membri della Bravo Company del Terzo Plotone dell’esercito USA di stanza a Maiwand, provincia di Kandahar.

Il soldato Jeremy Morlock in posa con il cadavere di Gul Mudin.

2010. Il soldato Jeremy Morlock in posa con il cadavere di Gul Mudin. Fonte: Rolling Stone.

Il 15 gennaio 2010 uccisero con una granata a frammentazione il quindicenne disarmato Gul Mudin, mentre lavorava nel campo di suo padre. Sotto la guida del sergente Calvin Gibbs, ne spogliarono il cadavere e si misero in posa per le foto, fingendo di aver catturato un miliziano. Poi abbandonarono in campagna il corpo nudo.

Un mese dopo, il 22 febbraio, la stessa squadretta fece il tiro a segno su Marach Agha, sordo con problemi mentali, ponendo poi un Kalashnikov vicino al suo corpo per giustificarne l’uccisione. I soldati presero come souvenir frammenti del suo cranio (Calvin Gibbs amava collezionare ossa e denti estratti dai corpi degli afgani morti).

2010. 2010. Messa in scena. Cadaveri di contadini afgani messi in posa come miliziani.

2010. Messa in scena. Cadaveri di contadini afgani messi in posa come miliziani. Fonte: Rolling Stone.

Il due maggio fu la volta del Mullah Adahdad, ucciso dal Kill Team con una granata.
E’ stato colpito perché ha intrapreso un’azione aggressiva contro le forze della coalizione“. Così il comandante del plotone Stefan Moye giustificò l’uccisione del religioso disarmato davanti agli anziani del villaggio di Qualaday.

Ma la vera passione dei macellai del Kill Team era la fotografia.

Un giorno trovarono due contadini ammazzati da un’altra pattuglia.
Li appoggiarono a un cippo legandogli i polsi fra di loro, per poi fotografarli con un AK47 e un cartello in grembo con scritto ‘Talebani morti’. In un’altra occasione, oggetto dei loro scatti fu l’oltraggio nei confronti della testa mozzata di un afgano.
Probabilmente i membri del ‘Kill Team’ non sapevano di inserirsi nell’alveo di una lunga tradizione figurativa, tipica di ogni invasione coloniale (a cominciare dalla guerra al brigantaggio dell’Italia postunitaria), tesa alla reificazione del ‘nemico’ ritratto come mera carne, alla riduzione allo stato animale dei corpi nudi, spogliati dalla loro condizione umana e civile.

2010. Oltraggio al cadavere di un afgano.

2010. Oltraggio al cadavere di un afgano. Fonte: Rolling Stone.

Chissà da chi avrà preso esempio il Daesh per le sue lugubri messe in scena ?

I componenti del ‘Kill Team’ sono stati condannati da un tribunale militare statunitense a pene variabili.
Oggi sono quasi tutti fuori, tranne i due più alti in grado.
Nel loro caso la Corte ha deciso che ammazzare civili per gioco è reato. Massacrarli con i bombardamenti aerei no.

Effetti collaterali

Marc Herold, docente presso l’Università del New Hampshire, ha stimato, sulla base di fonti giornalistiche, che solo nel primo anno di Enduring Freedom i bombardamenti hanno ucciso fra i 2.730 e i 3.199 civili (vedi qui e qui).
Il conteggio è superiore a quello riportato nel grafico dell’UNAMA, che però ha il pregio di registrare una serie storica più completa.

Civili afgani uccisi dal 2001 al 2015. Fonte: UNAMA.

   Civili afgani uccisi dal 2001 al 2015. Fonte: UNAMA.

Ottobre 2006. Quattordicenne ferito dai bombardamenti NATO nel villaggio di Panjwaye. Fonte: RAWA.

Ottobre 2006. Quattordicenne ferito dai bombardamenti NATO a Panjwaye. Fonte: RAWA.

Il grafico mostra come il numero delle vittime civili abbia subito un primo forte aumento nel 2006.
Quell’anno il contingente multinazionale ISAF, formato principalmente da truppe britanniche, canadesi, olandesi, australiane e danesi, diede il cambio allo US Army nel sud del paese, rilanciando l’offensiva contro i talebani  (vi prese parte anche una task force italiana).
E gli effetti sui civili si videro.

A fine ottobre, un bombardamento ISAF/NATO uccise 90 abitanti nel distretto di Panjwaye, provincia di Kandahar.
Il portavoce dell’ISAF/NATO dichiarò che si trattava di 38 talebani.
Sempre a fine ottobre 5 ‘talebani’ arrivarono anche all’ospedale di EmergencyLashkargah.

Ottobre 2006. Ospedale di Lashkargah. Fonte: Peace Reporter.

Ottobre 2006. Ospedale di Lashkargah. Fonte: Peace Reporter.

L’uomo che li ha portati qui ci ha detto che le bombe cominciarono a cadere sul loro insediamento lunedi sera. Due sono i suoi stessi figli. Gli altri tre sono bambini Kuchi, i nomadi dell’Afghanistan. Sono stati portati dalla loro sorella maggiore. Lei non ha le parole per dire i loro nomi e la loro età. Lei non ha nemmeno le parole per urlare la sua rabbia“.

Le operazioni dell’ISAF si intensificarono nel 2007, anno in cui le vittime fra i non belligeranti salirono a 1.582, di cui 629 sicuramente attribuibili alle forze filo governative, afgane e straniere.

Afghanistan. Responsabilità nelle uccisioni di civili, 2007/2015. Fonte: UNAMA.

    Afghanistan. Responsabilità nelle uccisioni di civili, 2007/2015. Fonte: UNAMA.

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Giugno 2007. Bambina ferita nel bombardamento ISAF di Grishk. Fonte: RAWA/Middle East Times.

Fra queste sono da annoverare le vittime del 29 giugno a Girishk, nella provincia di Helmand, dove un bombardamento ISAF/NATO uccise almeno 45 civili, soprattutto donne e bambini.

Il 2 agosto venne bombardato anche Qaleh, un villaggio sotto il controllo dei talebani, durante un raduno al santuario di Ibrahim Shah Baba. Per l’occasione il Generale Zahir Azimy, esponente del Ministero della Difesa afgano, ebbe a dire che erano stati colpiti più di 100 talebani. Alcuni di questi molto giovani, a giudicare dalla foto qui sotto.

Nel 2007 finirono davanti ai tribunali militari gli autori dei massacri di Shinwar e di Nangar Khel.

Agosto 2007. Uno dei feriti nel bombardamento del santuario di Ibrahim Shah Baba. Fonte: RAWA.

Agosto 2007. Uno dei feriti nel bombardamento del santuario di Ibrahim Shah Baba. Fonte: RAWA.

Nel distretto di Shinwar, il 4 marzo, un convoglio americano aveva subito un attentato con un’autobomba.
Mentre si allontanavano dalla zona dell’agguato, i marines del convoglio cominciarono a mitragliare indiscriminatamente tutte le auto che incontravano sull’autostrada, lasciando 19 morti e 50 feriti fra i passanti.

A Nangar Khel (provincia di Paktika) il 16 agosto 2007 una pattuglia di soldati polacchi aprì il fuoco sul villaggio con una mitragliatrice pesante. L’attacco provocò la morte di sei civili, tra cui una donna incinta e tre bambini, e il ferimento di altre tre donne.

Entrambi i crimini vennero sottoposti a giudizio nei paesi di provenienza dei militari, perché sia ben chiaro che l’Occidente democratico è patria del diritto e della legalità.

Tanto da poter dare lezioni in tema di giustizia: all’inizio di luglio del 2007 si tenne a Roma la ‘Conferenza sullo stato di diritto in Afghanistan‘, dove gli stessi paesi facenti parte dell’ISAF fecero il punto sulla ricostruzione del sistema giudiziario afgano.
Ma forse avrebbero fatto meglio ad occuparsi della ricostruzione del proprio.

L’anno dopo un tribunale militare USA concluse che a Shinwar “i marines avevano agito in maniera appropriata e secondo le regole di ingaggio”.

Lo scorso febbraio, la sezione militare della suprema corte di Varsavia ha deciso che i soldati polacchi non hanno compiuto un crimine di guerra a Nangar Khel, ma “una negligenza nell’esecuzione degli ordini“. (Continua)

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