Marchionne – Carmilla on line https://www.carmillaonline.com letteratura, immaginario e cultura di opposizione Sat, 22 Feb 2025 21:00:49 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.9.26 Alla catena https://www.carmillaonline.com/2018/07/29/alla-catena-2/ Sun, 29 Jul 2018 18:40:12 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=47558 di Alessandra Daniele

Fiat-logo.JPG[I media celebrano Marchionne come fecero con Wojtyla. Il capitalismo è religione d Stato. Ho scritto e pubblicato per la prima volta questo racconto sulla fabbrica secondo il “metodo Marchionne” nel 2010]

– Dovreste essere contenti che la Fabbrica abbia deciso di riportare la produzione di operai in Italia. – Sì, ma le condizioni… – Sono le stesse già applicate con successo in tutta l’Europa dell’est – dice l’amministratore – Gli embrioni umani vengono coltivati in vitro, in batterie da dodici. Al sesto mese di sviluppo accelerato, vengono inseriti nel meccanismo produttivo attraverso una serie [...]]]> di Alessandra Daniele

Fiat-logo.JPG[I media celebrano Marchionne come fecero con Wojtyla. Il capitalismo è religione d Stato. Ho scritto e pubblicato per la prima volta questo racconto sulla fabbrica secondo il “metodo Marchionne” nel 2010]

– Dovreste essere contenti che la Fabbrica abbia deciso di riportare la produzione di operai in Italia.
– Sì, ma le condizioni…
– Sono le stesse già applicate con successo in tutta l’Europa dell’est – dice l’amministratore – Gli embrioni umani vengono coltivati in vitro, in batterie da dodici. Al sesto mese di sviluppo accelerato, vengono inseriti nel meccanismo produttivo attraverso una serie di innesti biomeccanici collegati alla catena di montaggio, e iniziano il loro lavoro.
– Fisicamente collegati ai macchinari? – Chiede il delegato.
– Certamente – l’amministratore annuisce compiaciuto – Appositi macchinari che provvedono anche al loro sostentamento, attraverso l’immissione di fluidi nutritivi direttamente nel flusso sanguigno, allo sporadico inserimento di sostanze solide nell’apparato digerente per evitarne l’atrofia, grazie a un catetere esofageo, e al drenaggio ed eliminazione delle scorie attraverso una sonda rettale.
Il delegato osserva l’immagine sullo schermo.
– E questa mascherina a cosa serve?
– All’interfaccia visiva. Viene applicata dopo la rimozione dei bulbi oculari, e collega direttamente il nervo ottico degli operai al computer centrale della fabbrica – l’amministratore sorride – Niente più problemi di distrazione.
– Rimozione dei bulbi oculari?
– Sì, insieme agli organi sessuali, e altre parti del corpo inutili al processo produttivo.
– Ma è previsto che gli operai non facciano altro che lavorare 24 ore al giorno?
– No, questo ne pregiudicherebbe l’efficienza. Ogni dieci ore di lavoro ne vengono chimicamente indotte due di sonno ipnotico, durante le quali si approfitta per aggiornare il loro condizionamento mentale.
– E resteranno così collegati ai macchinari per tutta la vita?
– Finché non verranno superati da un modello più efficiente.
– Gli operai?
– No, i macchinari. Gli operai risulteranno in esubero, e verranno disconnessi. Poi saranno rottamati.
– I macchinari?
– No, gli operai.
Il delegato fissa l’immagine sullo schermo.
– Possono sopravvivere disconnessi dalle macchine?
L’amministratore si stringe nelle spalle.
– No, ma gli ammortizzatori sociali non sono un problema dell’azienda.
Il delegato scuote la testa.
– Non so quanto queste condizioni siano accettabili…
L’amministratore lo interrompe in tono oltraggiato.
– Opporsi al progresso per ragioni puramente ideologiche sarebbe un errore gravissimo – lo redarguisce – E mi costringerebbe ad attivare l’inibitore a scariche elettriche che lei e tutti i suoi colleghi avete saggiamente acconsentito a farvi installare alla base del cranio, dopo la scorsa trattativa. Allora, qual è la sua decisione? – Chiede l’amministratore puntando il telecomando dell’inibitore.
Il delegato china la testa.

]]>
La settimana della moda a Parigi https://www.carmillaonline.com/2015/10/06/la-settimana-della-moda-a-parigi/ Tue, 06 Oct 2015 20:20:59 +0000 http://www.carmillaonline.com/?p=25870 di Nico Macce

12108165_505627709598722_8305649058733469141_nQuest’anno ci sono tante e nuove proposte in questo grande appuntamento con la moda. Sicuramente ha riscosso molto successo la passerella di Pierre Plissonnier, direttore generale di Air France, che ha sfilato con un capo fashion molto “Ce n’est qu’un début, continuons le combat”, certamente da prendere… al volo. Gli stilisti dell’ufficio logistico e merci hanno progettato delle pince aperte a decoupage per infondere un leggero e fresco terrore. Ideale per licenziamenti casual, o alla caz di can, è molto consigliato per quei CEO in stile denim, “che non devono [...]]]> di Nico Macce

12108165_505627709598722_8305649058733469141_nQuest’anno ci sono tante e nuove proposte in questo grande appuntamento con la moda. Sicuramente ha riscosso molto successo la passerella di Pierre Plissonnier, direttore generale di Air France, che ha sfilato con un capo fashion molto “Ce n’est qu’un début, continuons le combat”, certamente da prendere… al volo. Gli stilisti dell’ufficio logistico e merci hanno progettato delle pince aperte a decoupage per infondere un leggero e fresco terrore.
Ideale per licenziamenti casual, o alla caz di can, è molto consigliato per quei CEO in stile denim, “che non devono chiedere mai”.
I lavoratori di Pomigliano lo ritengono molto adatto anche per Marchionne.

La classe operaia che fa il cool ai suoi manager è una tendenza moda che aspettavamo da tempo. Speriamo che non sia un trend caldo limitato alla sola stagione autunno/inverno.

]]>
“Hai mai conosciuto un essere umano più triste di un operaio ?” https://www.carmillaonline.com/2015/07/11/hai-mai-conosciuto-un-essere-umano-piu-triste-di-un-operaio/ Fri, 10 Jul 2015 22:01:47 +0000 http://www.carmillaonline.com/?p=23693 di Sandro Moiso

valenti 1Stefano Valenti, La fabbrica del panico, Feltrinelli 2013 – 2014, pp. 122, € 11, 00

Recensisco soltanto ora, con colpevole anche se inconsapevole ritardo, uno dei testi narrativi più significativi pubblicati in Italia negli ultimi anni. Stefano Valenti, al suo primo romanzo, non solo ha vinto la cinquantaduesima edizione  del Premio Campiello per la migliore opera prima, ma ha scritto un testo cupo ed agghiacciante. Coinvolgente dalla prima all’ultima pagina, senza mai un calo della tensione che lo ha ispirato.

L’ennesimo noir? Un altro horror ben congeniato? No.                   [...]]]> di Sandro Moiso

valenti 1Stefano Valenti, La fabbrica del panico, Feltrinelli 2013 – 2014, pp. 122, € 11, 00

Recensisco soltanto ora, con colpevole anche se inconsapevole ritardo, uno dei testi narrativi più significativi pubblicati in Italia negli ultimi anni. Stefano Valenti, al suo primo romanzo, non solo ha vinto la cinquantaduesima edizione  del Premio Campiello per la migliore opera prima, ma ha scritto un testo cupo ed agghiacciante. Coinvolgente dalla prima all’ultima pagina, senza mai un calo della tensione che lo ha ispirato.

L’ennesimo noir? Un altro horror ben congeniato? No.                                   Soltanto un libro sulla fabbrica. Sulla condizione operaia. Sulla morte operaia.       Un testo che cancella ogni forma di epica, un’opera assolutamente anti-eroica e anti-retorica. Sincera fino allo strazio. Un testo politico, profondamente politico ed umano. Come ben pochi altri.

Sarebbe troppo semplice annoverare il libro tra quelli dedicati, in anni recenti, alle problematiche del lavoro e dell’inquinamento ambientale e, più in particolare, alle malattie che ne derivano.
Certo il dramma è scatenato dall’asbestosi e dalla morte per mesotelioma del padre dello stesso autore, ma la narrazione scava più in profondità, non solo nell’animo di Stefano e nelle sue paure.  Scava fino all’osso e all’essenza  della coscienza e dell’odio di classe.

Scava l’autore basandosi innanzitutto, oltre che sulla sua drammatica esperienza, sulle vicende che hanno accompagnato la formazione e la lotta di una delle realtà più importanti di auto-organizzazione operaia degli ultimi decenni, quel Coordinamento Operaio di Sesto San Giovanni  da cui si sarebbe poi sviluppato il Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio ancora oggi così vigile, attivo e combattivo per tutte le realtà di lotta createsi intorno alle questioni delle nocività sui posti di lavoro, dell’inquinamento ambientale e della devastazione territoriale.

Scava e non lascia spazio all’idealismo nella lotta di classe. Perché la coscienza di una classe non nasce dall’idea. La presa di coscienza scaturisce dalla paura, dal dolore, dalla solitudine, dalla vergogna, dall’odio, dalla morte dei compagni e dalla consapevolezza di non poter sfuggire altrimenti ad un destino già scritto nei contratti di lavoro. Nasce dalle regole di ingaggio degli operai della grandi e piccole fabbriche. Regole di ingaggio di una guerra sempre presente e mai dichiarata tra capitale e lavoro. Tra capitale e vita della specie.

La fabbrica non era la soluzione, era il problema, un problema più grave della disoccupazione […] In fabbrica faceva cose che non avrebbe mai fatto in vita sua. Obbediva a ordini  a cui non avrebbe mai obbedito […] Ogni giorno si chiedeva come fosse possibile accettare tutto questo, come fosse possibile accontentarsi, si chiedeva qual era il limite oltre il quale non era concesso, non era lecito andare e ogni giorno varcava questo limite” (pp. 47-48)

Hai mai conosciuto un essere umano più triste di un operaio? mi ha chiesto un giorno tuo padre, dice Cesare. Ha mai regnato sulla terra una tristezza pervasiva come quella che incartoccia l’operaio davanti alla macchina? mi ha chiesto, dice Cesare. E nella tua infelicità, isolato nel rumore, nella polvere, nella paura, ha continuato tuo padre, ti sei mai chiesto se esiste un essere umano che soffre di solitudine come un operaio?, dice Cesare. La coscienza di classe è consapevolezza di vivere una condizione uguale a quella di altri, ha concluso tuo padre. Non è dunque l’indigenza più della vergogna a unirci in un comune destino. Una vergogna determinata da un’urgenza che in fabbrica diventa necessità impellente, occorrenza estrema. Erano pensieri come quelli, pensavo, dice Cesare, parole come quelle a fare male. La consapevolezza che la vita era un’ingiuria, un’offesa continua” (pp. 60-61)

Ho saputo di operai che per liberarsi della fabbrica si procuravano mutilazioni volontarie, Ritenevano di esercitare il controllo. Una contusione, un’abrasione. Capitava loro di tornare a casa senza un dito, senza una falange. Comunque a casa, e in malattia […] Cento operai su cento soffrono di disturbi alle prime vie respiratorie, sia in fonderia, sia in forgia, sia alle macchine. Sessantasette operai su cento soffrono di bronchite cronica in fonderia, trentacinque alle macchine, quindici in forgia. Settantuno operai su cento soffrono di artrosi e reumatismi in fonderia e in forgia, trentacinque alle macchine. Sessanta operai su cento soffrono d’ansia alle macchine, Ventidue operai su cento soffrono di silicosi in fonderia” (pp.64-74)

Ne sono morti una ventina in reparto, diciannove operai su ventisei. E la direzione non ha detto niente perché a loro e al sindacato interessava il lavoro e di tanto in tanto concedevano qualche adeguamento di stipendio, nient’altro” (pag. 32) Gli operai muoino, di mesotelioma, ma la macchina deve andare avanti. The show must go on! Lo spettacolo della produzione e della produttività deve continuare ad essere rappresentato, con la complicità del sindacato e del riformismo.

Lo imparano a loro spese gli operai. Proprio in fabbrica si scopre l’inutilità e la nocività delle dottrine del lavorismo. Lì nasce il rifiuto del lavoro coatto. Non di quello creativo che, per quanto negato all’operaio per default, può, come per la pittura nel caso del padre di Stefano, rappresentare l’unica fuga, l’unica momentanea salvezza individuale. Se non del corpo, ormai condannato, almeno della mente.Chiedere pane e lavoro per non morire di fame per poi morire di lavoro. Questa la drammatica, inutile e crudele contraddizione per la classe operaia del ‘900.

La sofferenza della morte industriale. Lontana anni luce dall’immagine stratta della morte. Non conosciamo altro modo di vivere, dice Cesare. Enormi fabbriche che rastrellano la terra facendo strage di tutta la vita che trovano. Meccanismi che distruggono le menti, l’habitat necessario alla specie, e rompono l’equilibrio biologico. Uno solo di questi mattatoi fumanti e rumorosi può uccidere decine e decine di uomini […] Negli anni sono stati introdotti divieti, ma queste misure non sono state sufficienti a porre un freno al disastro. Nuove devastanti modalità di produzione sostituiscono le vecchie. Il capitale sfida le convenzioni internazionali e l’opinione pubblica con una violenta e insensata caccia al profitto […] La nefasta pratica della produzione intensiva applicata a livello mondiale separa, trita, ingurgita” (pag.78)

Non vi è spazio per l’orgoglio operaio nelle pagine di Valenti. Non c’è spazio per l’orgoglio di categoria per gli operai di fabbrica. L’operaio-massa lavora e muore oppure si ribella, come gli antichi schiavi. Spartaco muore per liberare le potenzialità prometeiche della sua classe, ma può farlo soltanto combattendo.

Gli uomini che trascorrono la vita in fabbrica si chiamano operai. Esistono gli operai ed esistono gli altri uomini, dice Cesare […] Cesare ricorda il primo giorno in fabbrica, in fonderia, e dice Era come essere in guerra […] La vita dentro la fabbrica la conoscono gli operai, e gli altri uomini non la conoscono, dice Cesare. Nessuno conosce la fabbrica perché è organizzata come un carcere di massima sicurezza in cui a nessuno è consentito entrare, tranne ai carcerati, ai loro familiari e alle guardie, gli unici a cui è concesso vivere in quel luogo, dice Cesare” (pp. 78-79)

Ci si stupisce oggi del Job Act, dai provvedimenti e dalle pretese di Marchionne. Drogati da decenni di riformismo e di vuoti statuti ci siamo forse dimenticati che: “La legge del capitale in fabbrica è il profitto di impresa, l’incondizionata accettazione da parte dell’operaio della regola dello sfruttamento intensivo del lavoro […] La riduzione dei costi. Ma dal momento che il lavoro in fabbrica è in gran parte illogico e detestabile, al fine di ottenere un’adesione degli operai al progetto d’impresa è necessario esercitare una pressione sul lavoratore, che finisce di frequente per cedere, In fabbrica accadono episodi inenarrabili. La sopraffazione è la norma, le umiliazioni una prassi, il ricatto un’abitudine” (pag. 79)

Non esiste un capitale democratico e non esiste via parlamentare verso la liberazione dal lavoro salariato. Anzi, tutte le riforme e tutti gli illusori diritti, raggiunti sempre e comunque a costo di lotte estenuanti, sembrano alla fine soltanto prolungarne la triste e feroce esistenza. Apparentemente indistruttibile, come l’amianto. “Incorruttibile, inestinguibile, non infiammabile, resistente all’attacco degli acidi e alla trazione. L’amianto è indistruttibile, facilmente friabile e altamente cancerogeno […] Gli operai non lo sanno e giocano a tirarsi palle di fibre di amianto” (pp. 81-82)

Fino a quando la classe operaia potrà ancora rinviare la negazione delle basi del proprio sfruttamento e delle condizioni materiali della propria sottomissione? Ma, soprattutto, fino a quando vorremo ancora partecipare a questo gioco mortale, le cui regole sono dettate dal capitale? Fino a quando vorremo lasciarci ancora illudere dagli esorcismi elettorali, parlamentari e referendari? Fino a quando attenderemo ancora, prima di lasciare esplodere la nostra frustrazione, la nostra rabbia, la nostra insoddisfazione e il nostro odio? Fino a quando? Grazie Stefano, per non esserti più tenuto dentro tutto ciò che tuo padre, la sua esperienza di fabbrica e la sua morte ti hanno trasmesso.

N.B.
E grazie anche all’instancabile lavoro di Michele Michelino (identificabile, nel romanzo, nella figura di Cesare), animatore, insieme a tutti gli altri operai, del Centro di iniziativa proletaria G. Tagarelli e del Comitato per la difesa della salute nei luoghi di lavoro  e del territorio, cui si rinvia per altri due importantissimi testi: Michele Michelino, 1970-1983 La lotta di classe nelle grandi fabbriche di Sesto San Giovanni, Milano 2003 e Michele Michelino e Daniela Trollio, Operai, carne da macello. La lotta contro l’amianto a Sesto San Giovanni, Milano 2005 entrambi reperibili presso il Centro di Iniziativa Proletaria “Gianbattista Tagarelli” di Sesto San Giovanni (MI) – cap 20099 – via Magenta n. 88  tel. 0226224099 oppure al cell. 3394435957 o all’e-mail: michele.mi@inwind.it

]]>
L’Era del Cazzaro https://www.carmillaonline.com/2015/03/01/lera-del-cazzaro/ Sun, 01 Mar 2015 21:43:56 +0000 http://www.carmillaonline.com/?p=21016 di Alessandra Daniele 

Barbara-DUrso-Matteo-RenziMentre Renzi vende la Rai a Berlusconi, e rende la Giustizia italiana persino più classista di prima, Salvini marcia su Roma coi neofascisti, e il jobs act cancella di fatto lo Statuto dei Lavoratori. Il berlusconismo non è mai stato così in salute nemmeno quand’era al governo direttamente. L’Era del Cazzaro continua. Carmilla è in grado di pubblicare in anteprima il nuovo Statuto dei Lavoratori. Nel tipico stile renziano, è un testo breve e conciso che consiste di soli sei articoli.

Prima regola dello Statuto dei Lavoratori Non si [...]]]> di Alessandra Daniele 

Barbara-DUrso-Matteo-RenziMentre Renzi vende la Rai a Berlusconi, e rende la Giustizia italiana persino più classista di prima, Salvini marcia su Roma coi neofascisti, e il jobs act cancella di fatto lo Statuto dei Lavoratori.
Il berlusconismo non è mai stato così in salute nemmeno quand’era al governo direttamente. L’Era del Cazzaro continua.
Carmilla è in grado di pubblicare in anteprima il nuovo Statuto dei Lavoratori. Nel tipico stile renziano, è un testo breve e conciso che consiste di soli sei articoli.

Prima regola dello Statuto dei Lavoratori
Non si parla dello Statuto dei Lavoratori.

Articolo Due
I lavoratori hanno diritto, nei luoghi dove prestano la loro opera, di manifestare liberamente la loro entusiastica ammirazione per i loro datori di lavoro. Sono consigliati termini come genio, eroe, innovatore, benefattore, e marchionne, superlativo assoluto per “marchio di qualità”.

Articolo tre
I lavoratori hanno diritto di organizzarsi in associazioni sindacali.
I sindacati devono occuparsi dei diritti dei lavoratori, e non fare politica.
I diritti dei lavoratori sono una questione politica.
Perciò i sindacati non devono occuparsi dei diritti dei lavoratori.

Articolo quattro
Lo scopo dei sindacati è organizzare manifestazioni pacifiche con molti palloncini colorati, che il governo possa ignorare con disprezzo e definire irrilevanti, oppure manifestazioni pacifiche con pochi palloncini colorati, che il governo possa far caricare a manganellate e definire fasciste.

Articolo Canale Cinque
È consentito e incoraggiato l’uso di impianti audiovisivi come telecamere, microfoni, e sonde endoscopiche per finalità di controllo dell’attività dei lavoratori, nonché allo scopo di organizzare reality a eliminazione da trasmettere sulle reti Raiset.

Articolo sei
Mansioni, retribuzioni, ferie, integrità fisica e mentale del lavoratore, natura e durata del rapporto lavorativo sono a totale discrezione del datore di lavoro, genio, eroe, innovatore, benefattore, e marchionne.
Chi farà ricorso contro il licenziamento non sarà reintegrato. Sarà disintegrato.
In diretta Raiset.

]]>
Senza chiedere permesso https://www.carmillaonline.com/2015/02/19/senza-chiedere-permesso/ Thu, 19 Feb 2015 21:30:16 +0000 http://www.carmillaonline.com/?p=20768 di Sandro Moiso

senza chiedere permessoIl documentario di cui sto per parlare, almeno formalmente, non è ancora stato distribuito, ma costituisce sicuramente una delle testimonianze più forti della memoria operaia della Detroit italiana, Torino. Una testimonianza diretta, autentica e documentata, da quel Fiat-Nam che sconvolse l’orgoglio padronale, la politica italiana e gli equilibri di classe tra l’autunno caldo e il 1980.

Si tratta di “SENZACHIEDEREPERMESSO” di Pietro Perotti e Pier Milanese e, probabilmente, per poter essere distribuito nelle sale o come DVD avrà bisogno anche dell’aiuto di chi sta leggendo queste righe. Ma procediamo con ordine.

Pier Milanese, da almeno un trentennio, [...]]]> di Sandro Moiso

senza chiedere permessoIl documentario di cui sto per parlare, almeno formalmente, non è ancora stato distribuito, ma costituisce sicuramente una delle testimonianze più forti della memoria operaia della Detroit italiana, Torino. Una testimonianza diretta, autentica e documentata, da quel Fiat-Nam che sconvolse l’orgoglio padronale, la politica italiana e gli equilibri di classe tra l’autunno caldo e il 1980.

Si tratta di “SENZACHIEDEREPERMESSO” di Pietro Perotti e Pier Milanese e, probabilmente, per poter essere distribuito nelle sale o come DVD avrà bisogno anche dell’aiuto di chi sta leggendo queste righe. Ma procediamo con ordine.

Pier Milanese, da almeno un trentennio, si occupa di produzione e post-produzione cinematografica (in pellicola e video) su un terreno di impegno militante in quel di Torino. Mentre Piero Perotti, oggi ufficialmente pensionato, è una delle memorie storiche della classe operaia piemontese e delle azioni sindacali e sociali, messe in atto per migliorarne le condizioni di lavoro e di esistenza e per contrastare le “bronzee leggi” del capitale, fin dagli anni sessanta.

Insieme e nel corso di diversi anni hanno raccolto una serie di materiali straordinari sulla lotta di classe a Mirafiori, fuori e dentro la fabbrica, tra il luglio del ’69 e l’autunno del 1980.
Molte immagini, collezionate all’interno del film, provengono dalla cinematografia militante di quegli anni, ma ciò che costituisce il cuore di questo documento audiovisivo è dato dalle immagini “rubate” dallo stesso Perotti alle manifestazioni operaie e ai cancelli dello stabilimento Fiat con la piccola cinepresa portatile che aveva deciso di procurarsi proprio a tale fine.

In un’età di tablet, smart-phone, telecamere portatili o miniaturizzate in qualsiasi cellulare e di selfie, ci si dimentica troppo facilmente quanto fosse difficile, qualche decennio addietro, documentare gli eventi. Anche quelli che, a differenza di quelli fin troppo documentati di oggi, erano destinati a cambiare il rapporto tra le classi a favore dei diseredati.

Tra il 1969 e gli anni settanta, la classe operaia di uno dei più grandi stabilimenti automobilistici del mondo cambiò le regole del gioco. Le immagini del film ce ne trasmettono tutta la potenza, la creatività, anche la violenza spesso sufficientemente espressa, quest’ultima, più in potenza che in atto. Fu, in quegli anni, la classe operaia torinese l’epicentro di uno scontro globale che fece tremare le fondamenta dell’edificio costruito sulla base dello sfruttamento di classe.

Per questo, più tardi nel 1980, avrebbe dovuto pagare un prezzo altissimo. Avrebbe dovuto essere spogliata della sua capacità di resistenza, organizzazione ed iniziativa, politica e sindacale, per essere restituita, nuda, alle sue condizioni iniziali di sottomissione e dipendenza dall’iniziativa avversaria.

Il film documenta benissimo, in maniera spesso commovente, soprattutto per chi ha vissuto quegli anni alle porte della FIAT, tutto ciò. La formazione di una coscienza, lo sviluppo delle lotte e della solidarietà di classe, la capacità di reagire uniti su richieste egualitarie ed unificanti e quella di reagire alle provocazioni messe in atto dall’azienda, dai crumiri, dai fascisti e dalla polizia. Una forza immensa era entrata nell’arena della Storia; sì, proprio quella con la S maiuscola.

Donne e uomini, immigrati meridionali e lavoratori piemontesi lottavano uniti, creavano uniti un nuovo modo di fare politica ed attività sindacale, marciavano uniti per le strade prima del quartiere, poi della città. Una città dormitorio che si risvegliava a se stessa, riscoprendo l’orgoglio della classe operaia del primo novecento, del Biennio Rosso, degli scioperi spontanei del ’43 e della lotta antifascista. La storia di quella Torino, operaia e socialista, che aveva contribuito alla formazione del pensiero di Gramsci e della nascita, insieme a Napoli, del Partito Comunista d’Italia.

Tutto questo, forse, molti di quegli operai l’avrebbero imparato dopo, eppure ripresero il cammino proprio là dove era stato interrotto dalle repressione antisindacale ed antioperaia, ancor prima che anticomunista, degli anni cinquanta. E che aveva visto un primo, selvaggio risveglio, fuori da qualsiasi direttiva partitica o sindacale, proprio nei fatti di Piazza Statuto del luglio 1962.

Molti di loro erano in fabbrica da anni, molti, forse i più, erano entrati alla Fiat in seguito alla recente emigrazione dal Sud o al rientro dalle fabbriche tedesche. Simili a una moderna creatura di un capitalismo novello dottor Frankenstein, avevano imparato ad odiare il proprio creatore e a combatterlo. Ovunque, dentro e fuori gli stabilimenti.

I cortei interni, le perquisizioni dei guardiani alle porte, i volantinaggi, i fuochi dei picchetti, gli studenti con i giornaletti dell’estrema sinistra, il blocco della produzione, gli scioperi spontanei: tutto è documentato con un ritmo serrato, accompagnato dalla narrazione personale e vivace di Pietro Perotti. Così che, ancora una volta, la memoria personale si mescola con la memoria di classe, rifondandola. Come quasi sempre accade.

Non nei testi accademici, non nelle tesi di Partito, non nelle logiche politiche e nelle strategie sindacali, ma nella voce narrante, ancor più che in qualsiasi forma scritta, noi ritroviamo la memoria e la Storia delle classi subalterne. Subalterne soprattutto sul piano della comunicazione. Soprattutto là dove la comunicazione è scritta, dove la sintassi è ancora un’arma del padrone e, ancor più, lo è lo strumento televisivo, o radiofonico come ai tempi del Duce.

Per questo il gesto di Pietro, comperare ed imparare ad usare una piccola cinepresa, diventa così grande ed importante. Non solo per noi che, ora, possiamo usufruire di quelle straordinarie immagini, ma anche per l’epoca. Un’altra barriera veniva abbattuta, appunto senza chiedere permesso, precedendo di poco la nascita delle radio libere. La lotta operaia, ancora una volta, inventava una nuova cultura e nuova comunicazione. Di cui Pietro si fece portatore anche negli anni successivi all’abbandono della fabbrica, attraverso i suoi manifesti e i suoi mascheroni che accompagnano ancora tante manifestazioni.

marx alle porteSuo era il grande ritratto di Marx che, appeso alle porte della palazzina di Mirafiori, avrebbe assistito, ammutolito e attonito, all’ultima battaglia degli operai della città-fabbrica. La più amara.
Quella in cui si consumarono, durante i 37 giorni dell’autunno del 1980, tutti i tradimenti sindacali e politici possibili. Quella con cui l’intera classe dirigente italiana , a partire dalla famiglia Agnelli fino al PCI di Berlinguer, aveva deciso di restaurare l’ordine e il comando sulla forza lavoro. Con un costo altissimo per tutta la classe operaia italiana.

E, sotto questo punto di vista, le immagini parlano e dicono più di ogni commento. Negli anni precedenti i lavoratori di Mirafiori avevano occupato il territorio. Erano diventati punto di riferimento per gli operai di tutto l’indotto Fiat e per quelli degli altri settori produttivi. Per gli studenti, gli operai, per i soldati inquadrati nei Proletari in divisa, per ogni settore della società. Avevano guardato fuori, al mondo e lo avevano fatto proprio.

Nei 37 giorni, tra il 10 settembre e il 16 ottobre 1980, gli operai che sono fuori dalle officine guardano verso l’interno della fabbrica. Un rovesciamento di prospettiva che prelude soltanto alla sconfitta. I grandi viali sono alle loro spalle e sono esclusi dalle officine. Guardano il balletto degli oratori, con capofila Berlinguer e i leader sindacali, che altro non fanno che illuderli e deviarli verso la resa. Che avverrà con una votazione truffa dopo la marcia dei quarantamila. Truffaldina anche quella, nei numeri e nei partecipanti.

I capi sono stati affluire da tutta Italia. In realtà non sono più di 10 – 12.000 (questa anche la prima cifra ufficiale della prefettura). Il corteo ha un carattere decisamente reazionario e antioperaio […] Nel pomeriggio,incontro Fiat -sindacati. Alle 22,30 la segreteria GGIL- CISL – UIL e la FLM vanno <<all’accertamento dell’ipotesi conclusiva>>. Tre ore di corteo di 12.000 capi sembrano valere di più per Lama, Carniti e Benvenuto, di 35 giorni di lotta di 100.000 operai e di milioni di lavoratori scesi in piazza al loro fianco in tutta Italia […] All’alba (giorno successivo) l’apparato del PCI è mobilitato ai cancelli per convincere i suoi militanti che bisogna accettarla1

La marcia dei 40.000, che nel 1980 segnò i destini della lotta dei 35 giorni alla Fiat si sarebbe potuta fermare, non farla neanche partire”. E’ quello che sostiene Pietro Perotti nel film. E probabilmente ha ragione, ma sarebbe occorso che gli operai della fabbrica più grande d’Italia tornassero a fare quello che avevano fatto nel decennio precedente, ogni volta che si era presentata l’occasione: occupare le strade e la città.

Ma in quel momento, una volta allontanati dalle officine, con gli arresti o i licenziamenti, tutti coloro che avevano guidato le lotte, i reparti non reagirono più allo stesso modo. La stanchezza e la sfiducia presero il posto del coraggio, della sfida e della lotta. Con una sapiente regia del sindacato e del Partito comunista. Soprattutto della federazione torinese del Partito che annoverava tristi figuri del calibro di Piero Fassino e di Giuliano Ferrara.

Le conseguenze si fanno sentire ancora adesso a Melfi, in quel che rimane degli stabilimenti torinesi, nel job act e nella spocchia di Marchionne e di Renzi. Quello fu un appuntamento storico e tutti i carnefici di adesso possono rallegrarsi ancora di quella sconfitta.
A noi rimangono la memoria di momenti gloriosi e di volti magnifici. Sconosciuti e conosciuti che, per chi ha avuto la fortuna di vivere quegli anni e quelle lotte, non possono non far spuntare lacrime di nostalgia, di tenerezza e di rabbia. Che ci accompagneranno sempre.

Il film, però, come si diceva all’inizio, per essere completato ha bisogno anche del vostro aiuto. Parzialmente finanziato dalla Fiom-CGIL, grazie alla disponibilità dimostrata all’epoca della sua ideazione da Giorgio Airaudo, ha oggi bisogno del soccorso di contributi in crowd funding.
Per questo gli autori vi chiedono di sottoscrivere la loro raccolta fondi inviando un bonifico all’Iban qua sotto, specificando nella causale:
SENZACHIEDEREPERMESSO, con il vostro nome e indirizzo mail
intestato a:
Cinefonie.
Banco Desio
IT28V0344001000000000490500

In ricordo di Rocco Papandrea, Raffaello Renzacci, dei militanti operai di Lotta Continua e di tutti gli altri 70.000 che fecero tremare il mondo per il solo fatto di esistere e lottare, coscienti e auto-organizzati.


  1. Con Marx alle porte. I 37 giorni alla FIAT, Nuove Edizioni Internazionali, Milano novembre 1980, pp. 41-42  

]]>
Modello Due https://www.carmillaonline.com/2012/10/08/modello-due/ Mon, 08 Oct 2012 08:51:47 +0000 http://www.carmillaonline.com/?p=4478 di Alessandra Daniele

Modello2.jpg– Ingegner Marchionne, perché di tutte le case automobilistiche è la FIAT quella che più sembra subire gli effetti della crisi? – Inutile negarlo: il grave problema dell’azienda sono i modelli obsoleti. – Quindi lei finalmente ammette che la Panda e la 500… – No, io mi riferisco agli operai. La FIAT è in difficoltà perché l’operaio italiano è un modello obsoleto. Se in Italia non sarà possibile avviare la produzione in serie di operai di nuovo modello, saremo costretti a lasciare il paese. – Come dovrebbe essere questo metalmeccanico 2.0? – Più efficiente, più maneggevole. Più elegante [...]]]> di Alessandra Daniele

Modello2.jpg– Ingegner Marchionne, perché di tutte le case automobilistiche è la FIAT quella che più sembra subire gli effetti della crisi?
– Inutile negarlo: il grave problema dell’azienda sono i modelli obsoleti.
– Quindi lei finalmente ammette che la Panda e la 500…
– No, io mi riferisco agli operai. La FIAT è in difficoltà perché l’operaio italiano è un modello obsoleto. Se in Italia non sarà possibile avviare la produzione in serie di operai di nuovo modello, saremo costretti a lasciare il paese.
– Come dovrebbe essere questo metalmeccanico 2.0?
– Più efficiente, più maneggevole. Più elegante nel design.
– Dovrebbe consumare meno?
– Assolutamente no, i consumi alimentano l’economia, l’operaio 2.0 dovrebbe consumare molti più beni di lusso.
– A parità di stipendio?
– A salario ridotto.
– E come potrebbe riuscirci?
– Eliminando quasi del tutto i cosiddetti beni di prima necessità, come cibo, acqua, medicine, tutte cose obsolete.
– Facendo così però non vivrebbe a lungo.
– Meglio. Più ricambio, meno disoccupazione, e un risparmio anche per lo Stato: il taglio definitivo delle pensioni.
– Sono queste le richieste che ha discusso col governo?
– Si, e ho trovato consenso generale. Mi sono anche state suggerite ulteriori modifiche dello stesso tipo, in particolare riguardo al problema del cambio, e delle marce.
– Cioè?
– Le marce di protesta, i cortei organizzati contro il cambiamento, che invece è necessario e urgente. Anche nel settore del comfort: gli attuali operai sono scomodi e rumorosi. E quello acustico è solo uno dei tipi d’inquinamento di cui sono responsabili. Emettono CO2, scorie solide e liquide, la vernice si sfalda, e il sistema di raffreddamento fa acqua da tutte le parti. L’ILVA di Taranto è a rischio di chiusura definitiva proprio a causa dei liquami tossici emanati personalmente dagli operai. Il loro difetto più grave però è un altro.
– Quale?
– Tendono a non rispondere ai comandi. A sfuggire al controllo del guidatore. Questo è inaccettabile.
– Però è un impulso umano.
– L’essere umano è un modello obsoleto.
– E lei che soluzione propone?
– La rottamazione.

]]>
The Italian Job https://www.carmillaonline.com/2012/09/24/the-italian-job/ Mon, 24 Sep 2012 08:02:48 +0000 http://www.carmillaonline.com/?p=4457 di Alessandra Daniele

plutuno.jpgSergio Marchionne ha un nuovo grande progetto imprenditoriale da proporre a governo e sindacati: si chiama ”Astronave Italia”, prevede l’investimento di ventimila miliardi di euro, e richiede la disponibilità dei lavoratori a superare obsoleti massimalismi, rigidità ideologiche, e diffidenze ingiustificate, per mettersi in gioco in un’impresa che farà ripartire l’intera economia europea. La FIAT ha ottenuto dalla NASA la concessione per costruire i moduli della prima base terrestre che sarà assemblata e insediata su Plutone. Le strutture modulari della”PlutUno” dovranno essere realizzate in base alle condizioni climatiche e gravitazionali del pianeta, alle quali dovranno adeguarsi anche gli operai [...]]]> di Alessandra Daniele

plutuno.jpgSergio Marchionne ha un nuovo grande progetto imprenditoriale da proporre a governo e sindacati: si chiama ”Astronave Italia”, prevede l’investimento di ventimila miliardi di euro, e richiede la disponibilità dei lavoratori a superare obsoleti massimalismi, rigidità ideologiche, e diffidenze ingiustificate, per mettersi in gioco in un’impresa che farà ripartire l’intera economia europea.
La FIAT ha ottenuto dalla NASA la concessione per costruire i moduli della prima base terrestre che sarà assemblata e insediata su Plutone. Le strutture modulari della”PlutUno” dovranno essere realizzate in base alle condizioni climatiche e gravitazionali del pianeta, alle quali dovranno adeguarsi anche gli operai impegnati nella sua costruzione qui in Italia.

– La gravità di Plutone è meno d’un decimo di quella terrestre. Gli operai saranno perciò tenuti a sostenere un carico di lavoro più di dieci volte superiore al consueto.
– Il giorno solare di Plutone dura più di sei giorni terrestri. L’orario di lavoro sarà quindi proporzionato, con turni di 48 ore consecutive, più 720 ore di straordinario all’anno.
– La temperatura su Plutone è sempre inferiore a duecento gradi sotto zero, e l’atmosfera è composta prevalentemente da metano. Gli stabilimenti italiani FIAT dove saranno costruiti i moduli della ”PlutUno” saranno quindi privi di qualunque sistema di climatizzazione e depurazione, agli operai sarà necessario adattarsi.
– L’anno solare di Plutone dura 248 anni terrestri. L’età minima pensionabile verrà perciò raggiunta solo dopo almeno 7440 anni d’anzianità.
– La concessione NASA richiede inoltre una serie di norme di sicurezza dirette a prevenire sabotaggi, e spionaggio industriale/internazionale. Ogni operaio addetto alla fabbricazione dei moduli sarà schedato, e costantemente monitorato attraverso un microchip sottocutaneo che ne consentirà anche la rapida identificazione in caso di smarrimento. Non saranno ammesse attività che possano costituire un intralcio o una minaccia alla realizzazione del progetto, come l’appartenenza a organizzazioni sindacali e politiche non allineate.

”Astronave Italia” è assolutamente affidabile, metterne in discussione credibilità e sostenibilità è inammissibile complottismo veterocomunista economicamente suicida.
Iniziative imprenditoriali come questa sono ciò di cui ha bisogno il paese per tornare efficiente e competitivo. Le norme contrattuali concepite per ”Astronave Italia” dovranno essere estese a tutte le altre fabbriche d’Italia, e successivamente anche a tutti gli altri contratti di lavoro.
Ancora una volta Sergio Marchionne potrà contare sul convinto appoggio del governo in merito.

]]>
Il lancio della moneta https://www.carmillaonline.com/2012/01/23/il-lancio-della-moneta/ Mon, 23 Jan 2012 07:24:32 +0000 http://www.carmillaonline.com/?p=4168 di Alessandra Daniele

Monete.jpgNonostante la sobrietà e l’eleganza della collezione Manovre Fiscali autunno-inverno, tutte foderate in pelle umana, la crisi peggiora pericolosamente, insieme al clima sociale. Dietro le proteste in Sicilia, Confindustria denuncia l’influenza degli integralisti islamici, che mirano a instaurare la Sharia nell’isola. Non a caso, fra i pescatori e i camionisti dei picchetti sono poche le donne, e quasi tutte velate, o comunque vestite pesante. Cosa ci aspetta, saremo cacciati dall’Euro, o ci crollerà addosso come un garage adibito a fabbrica clandestina, e saremo costretti a tornare alla Lira? Quel brand è talmente sfigato che, se sarà necessaria un’altra [...]]]> di Alessandra Daniele

Monete.jpgNonostante la sobrietà e l’eleganza della collezione Manovre Fiscali autunno-inverno, tutte foderate in pelle umana, la crisi peggiora pericolosamente, insieme al clima sociale. Dietro le proteste in Sicilia, Confindustria denuncia l’influenza degli integralisti islamici, che mirano a instaurare la Sharia nell’isola. Non a caso, fra i pescatori e i camionisti dei picchetti sono poche le donne, e quasi tutte velate, o comunque vestite pesante.
Cosa ci aspetta, saremo cacciati dall’Euro, o ci crollerà addosso come un garage adibito a fabbrica clandestina, e saremo costretti a tornare alla Lira? Quel brand è talmente sfigato che, se sarà necessaria un’altra moneta nazionale, dovrà essere nuova almeno nel nome. Dopo il rigore di Monti che non siamo riusciti a parare, non ci resta che sperare nel lancio della moneta, ma quale? Il dibattito ferve. Ecco alcune proposte:

La Concordia
Garanzia di stabilità e sicurezza, una moneta inaffondabile, forte richiamo per gli investitori stranieri, espressione di un’economia solida e ben governata, che tiene la rotta senza prestarsi alle manovre azzardate, e non s’inchina a nessuno. Questo è quello che potremo dichiarare, almeno finché sarà ancora abbastanza buio, e il panico non si sarà diffuso.

La Patonza
Come c’è stato ricordato dall’imprenditore italiano che meglio ha saputo curare i propri interessi, la circolazione della valuta è fondamentale per l’economia: “la Patonza deve girare”. Per quanto il nome possa apparire di matrice maschilista, tale moneta sarà particolarmente utile alle italiane, soprattutto per reindirizzare la classica fastidiosa richiesta del questuante stradale ”ci hai due Patonze?” all’inglese Hazel Jones

La Panda
Dopo i molti segnali di sintonia fra il governo e Marchionne, un altro riconoscimento al suo genio imprenditoriale che ha saputo coniugare rinnovamento e sfruttamento, tradizione e cassa integrazione. Una moneta classista con classe, dallo stupendo design a pantofola, veloce nello sprint fuori dalle tasche degli operai, e agile nel parcheggio in quelle degli industriali. Navigatore di serie, modello Skettino.

La Verruca
Facile da acquisire, una moneta che si diffonderà rapidamente. Si consiglia ai risparmiatori di tenere d’occhio il loro capitale di Verruche, perché potrebbero vederlo trasformarsi in qualcosa di più, qualcosa capace di crescere, e svilupparsi in fretta autonomamente. Una di quelle rapide proliferazioni di capitali che sono il chiaro sintomo di un’economia in salute.

La Madonna
In omaggio alle radici cristiane, una moneta che non mancherà mai dalle tasche dei meno abbienti, nessuno fra pensionati, precari, e disoccupati potrà infatti mai dire di non avere le Madonne. Disponibile anche in versione federale, al sud sarà Madonna di Pompei, al nord Madonna Padana. Le banconote autentiche si distingueranno dalle false perché trasuderanno inchiostro.

Se anche quella nuova dovesse rivelarsi un fallimento però, l’Italia rinuncerà ad avere una moneta nazionale. Tutte le transazioni economiche avverranno in valuta estera.
Gli acquisti dovranno essere effettuati in franchi svizzeri.
Gli stipendi saranno pagati in yen radioattivi.

]]>
Fringitalia https://www.carmillaonline.com/2011/12/19/fringitalia/ Mon, 19 Dec 2011 07:52:26 +0000 http://www.carmillaonline.com/?p=4135 di Alessandra Daniele

Blueverse.jpgBlueverse

L’area sommersa si estende a perdita d’occhio. Dall’acqua torbida emergono solo le cime dei condomini grigiastri. L’elicottero della FRI, Fringe Italia, atterra sull’unica terrazza sgombra dai detriti. L’agente FRI afferra per un braccio l’avvocato dell’immobiliare, e lo costringe a scendere. – Voi lo sapevate! – Indica la distesa paludosa – Qui c’è una faglia inter-dimensionale. Il continuum è instabile, interseca l’altro universo, e voi ci avete costruito! L’avvocato allarga le braccia. – Abbiamo fatto il condono. – Nell’altro universo l’Italia ha un diverso profilo costiero – continua l’agente – tutta questa zona è coperta dal Tirreno che [...]]]> di Alessandra Daniele

Blueverse.jpgBlueverse

L’area sommersa si estende a perdita d’occhio. Dall’acqua torbida emergono solo le cime dei condomini grigiastri. L’elicottero della FRI, Fringe Italia, atterra sull’unica terrazza sgombra dai detriti. L’agente FRI afferra per un braccio l’avvocato dell’immobiliare, e lo costringe a scendere.
– Voi lo sapevate! – Indica la distesa paludosa – Qui c’è una faglia inter-dimensionale. Il continuum è instabile, interseca l’altro universo, e voi ci avete costruito!
L’avvocato allarga le braccia.
– Abbiamo fatto il condono.
– Nell’altro universo l’Italia ha un diverso profilo costiero – continua l’agente – tutta questa zona è coperta dal Tirreno che attraverso la faglia s’è riversato qui. Migliaia di morti annegati per le vostre speculazioni!
– Quali morti? – Obietta una voce gorgogliante alle loro spalle.
I due si voltano di scatto. Si trovano davanti un gigante scaglioso.
– Non siamo annegati. Essere costretti a vivere sulla faglia ci ha cambiati – continua il gigante, scrollandosi il fango dalle squame – Dove le leggi dell’universo sono più deboli, le mutazioni sono più facili. Siamo diventati anfibi.
Altre figure squamose emergono dal bordo del terrazzo.
Il gigante scosta l’agente, afferra l’avvocato per la gola, e si tuffa trascinandolo con sé.

Redverse.jpgRedverse

L’agente FRI irrompe a pistola spianata nel megastore. Davanti allo scaffale dei dischi Red ray, un uomo dalla pelle scura alza le mani.
– Chiedo asilo politico!
– Stronzate! Sei un altro degli spalloni che contrabbandano roba fra gli universi. Cos’eri venuto a prendere stavolta, l’ultimo visore laser, o il nuovo film di Troisi, Ricomincio da 3D? La vostra fortuna è che non c’è ancora un Megavideo inter-dimensionale.
L’uomo ripete
– Chiedo asilo politico.
– Piantala! Qualsiasi diritto d’asilo v’è stato revocato, nella vostra Italia non c’è più Berlusconi al potere, siete un paese libero adesso.
L’uomo scuote la testa.
– Non è cambiato niente.
– Cazzi vostri. Dovevi restarci comunque. Adesso finirai glassato nell’ambra.
L’uomo crolla in avanti. Sulla sua schiena s’allarga una macchia di sangue. Un altro agente FRI arriva col diffusore d’ambra, vede l’uomo a terra, chiede al collega:
– Gli hai sparato?
– No, è arrivato così. Devono avergli sparato prima, nella sua Italia. Credevo che di là le cose stessero migliorando.
Il collega alza le spalle.
– Se bastasse liberarsi di Berlusconi, noi staremmo meglio, visto che gli abbiamo rifilato il nostro quando il loro è schiattato di cancro. E invece ci è toccato il governo Marchionne.
L’agente controlla l’uomo a terra.
– È morto. Sigilliamo la frattura inter-dimensionale.
Il collega piazza il diffusore d’ambra.
– Se ne apriranno ancora. Forse con altri universi. Magari di là sta già succedendo.
Il collega annuisce.
– Questo spiegherebbe perché laggiù Berlusconi sembri avere sette vite. Tutti gli universi tangenti spediscono là i loro Berlusconi, come abbiamo fatto noi. Quell’Italia è la discarica dei Berlusconi.
– Che schifo – commenta l’agente, con una smorfia. Poi aggiunge – Dobbiamo trovare il modo di scaricargli anche il nostro Marchionne.
I due agenti FRI attivano il diffusore, e si allontanano rapidamente.

]]>
Fisco Inferno https://www.carmillaonline.com/2011/08/15/fisco-inferno/ Mon, 15 Aug 2011 09:38:57 +0000 http://www.carmillaonline.com/?p=3993 di Alessandra Daniele

CuoreDelNano.jpgCome lungamente profetizzato, il tempo è giunto. Le tribolazioni fiscali e le piaghe tributarie sono però solo una parte di quello che ci aspetta. Ciò che il coro degli araldi mediatici preferisce tacere, mentre annuncia l’avvento dell’Anticrisi, è che reca il Marchionne della Bestia. Ci dicono ”la casa brucia”, in realtà a estendersi come un incendio, sfruttando il vento della crisi, è il Modello Pomigliano-Mirafiori, quell’inceneritore di diritti dei lavoratori che era stato spacciato come eccezione, e che in qualche mese è già diventato la regola. Il Modello Unico di sfruttamento che il decreto-stangata, immediatamente firmato dal solerte [...]]]> di Alessandra Daniele

CuoreDelNano.jpgCome lungamente profetizzato, il tempo è giunto.
Le tribolazioni fiscali e le piaghe tributarie sono però solo una parte di quello che ci aspetta. Ciò che il coro degli araldi mediatici preferisce tacere, mentre annuncia l’avvento dell’Anticrisi, è che reca il Marchionne della Bestia.
Ci dicono ”la casa brucia”, in realtà a estendersi come un incendio, sfruttando il vento della crisi, è il Modello Pomigliano-Mirafiori, quell’inceneritore di diritti dei lavoratori che era stato spacciato come eccezione, e che in qualche mese è già diventato la regola. Il Modello Unico di sfruttamento che il decreto-stangata, immediatamente firmato dal solerte presidente, estende dagli operai FIAT a tutti gli altri lavoratori dipendenti. Come intuibile, il cosiddetto caso isolato era in realtà il paziente zero. Dall’accordo Mirafiori all’esplosione dell’allarme Anticrisi sono infatti passate più o meno 28 settimane.

Ci ripetono ”la casa brucia”, e che tutti dobbiamo portare il nostro contributo liquido per spegnere le fiamme, fosse pure il nostro sangue arterioso. Adoperano toni apocalittici, e si fingono addolorati con espedienti da vecchi guitti, dandosi la colpa a vicenda. Non è il loro cuore a grondare sangue però, sono le loro mani. Stiracchiare smorfie di contrizione fasulla è il loro unico sacrificio. Le false lacrime di collirio che gli rigano il cerone, il loro unico contributo liquido. E nella casa che ci chiedono – anzi, ci ordinano – di salvare dal fuoco che loro stessi hanno appiccato, ci vogliono come schiavi da cortile. Come house negros, che dicono ”la nostra economia”, e trepidano per gli indici di borsa, mentre fanno straordinari sottopagati invece delle vacanze. Che rispondono ai nobili appelli presidenziali alla ”responsabilità”, e si precipitano a salvare dalle fiamme la casa del padrone che è la loro prigione. Questa non è la nostra economia, è la loro finanza corrotta, nutrita col nostro lavoro, i nostri risparmi, i nostri diritti, il nostro futuro, e che non ne sarà mai sazia, perché non è nella sua natura.
Rivoltiamogli contro i loro toni apocalittici.
La natura della Bestia è mangiare. Consumare risorse e vite umane finché ogni territorio sia un deserto, ogni città una discarica, ogni specchio d’acqua una pozza di liquame, e ogni essere umano superstite sia uno schiavo da cortile, che aspetta disciplinato il suo turno di diventare carne da macello.
Con la Bestia non si contratta.
Dobbiamo fermarla.

]]>