Jonathan Harker – Carmilla on line https://www.carmillaonline.com letteratura, immaginario e cultura di opposizione Thu, 21 Nov 2024 22:40:37 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.9.26 Treni d’estate https://www.carmillaonline.com/2022/08/01/treni-destate/ Mon, 01 Aug 2022 21:00:57 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=73200 di Paolo Lago

Ho sempre amato i treni fermi nelle stazioni, d’estate. Soprattutto i treni a lunga percorrenza, quegli Intercity bianchi un po’ vecchi, col sole disegnato sopra. Ho sempre pensato che se ne andassero in luoghi caldi, più caldi ancora di dove stavo io, posti dove il sole picchiava come un forsennato. Verso sud, verso meridioni infuocati per andare a fermarsi in altre stazioncine di paese, magari in altre ere, e addormentarsi sotto pensiline di legno e intravedere scaglie di mare, tremule, vicine, troppo vicine alla via ferrata, lembi di mare che [...]]]> di Paolo Lago

Ho sempre amato i treni fermi nelle stazioni, d’estate. Soprattutto i treni a lunga percorrenza, quegli Intercity bianchi un po’ vecchi, col sole disegnato sopra. Ho sempre pensato che se ne andassero in luoghi caldi, più caldi ancora di dove stavo io, posti dove il sole picchiava come un forsennato. Verso sud, verso meridioni infuocati per andare a fermarsi in altre stazioncine di paese, magari in altre ere, e addormentarsi sotto pensiline di legno e intravedere scaglie di mare, tremule, vicine, troppo vicine alla via ferrata, lembi di mare che forse si possono quasi toccare dal finestrino. Poi quei treni, chissà, avrebbero continuato la loro corsa dentro ventri di traghetto, pance di balene di ferro che li avrebbero portati su isole antiche. E allora fra fumi di zone industriali, un caldo soffocante di motori e di macchine, si imbarcheranno per ritrovarsi in sponde di lievi sogni, fra templi di dei, e marinai scuri che bevono birre ghiacciate li lasceranno uscire da quelle pance di ferro. E viaggeranno ancora, fra cespugli e mirti divini, fra sterpaglie al sole, campagne dorate dove forse il gattopardesco don Fabrizio Salina passò con la sua carrozza impolverata. Il tetto di quei treni sarà allora mitragliato dal sole, quello stesso disegnato sulle loro fiancate, e si fermeranno di nuovo, in altri capolinea, in altre stazioni perdute, per essere guardati da altri vagabondi di sogni. E poi faranno ritorno nella stazione della mia città, e ancora li guarderò e mi racconteranno di queste terre lontane, d’olivi e d’olivastri, di vini dai forti sapori, di signori e di strenui lavoratori, di pomeriggi perduti forse nel dolore, di mari omerici dal colore di vino.

Ma i treni fermi nelle stazioni mi raccontano che se ne possono andare da tutte le parti, in tutte le direzioni, non solo in quel Sud evocato dal sole che è dipinto sulle loro bianche carrozze. Se ne possono andare a Est, verso lembi di territori magici e onirici. L’est, dove i nostri amori sognati da fanciulli si perdettero fra giochi di legno e pupazzi, fra automi gentili e foreste infinite e castelli e stagioni passate a contemplare autunni rossastri. Non potrò mai dimenticare l’Orient Express che vidi una volta fermo alla stazione di Venezia. Nero e funereo, elegante e terribile, un gentile mostro addormentato che avrebbe raggiunto orienti incantati. Chissà, forse verso Istanbul e mercati orientali, verso città incantate da canti al tramonto, da torri arabe, da mercanti in abiti lunghi che percorrono in sandali empori infiniti, sulle strade di porti, là dove si perde la terra dentro al mare fino in fondo al niente e poi ritorna terra e non è più Occidente. Ma se ne possono andare anche verso altri orienti, quelli di orrori e vampiri, verso transilvanie immaginarie piene di leggende e di mostri. E allora quei treni eleganti possono essere quelli che accolsero Jonathan Harker, il razionalista inglese che non sapeva a cosa sarebbe andato incontro. Seduto in quella elegante carrozza, accarezzato da nuovi tramonti fra le montagne che correvano verso di lui come cavalli impazziti, annotava sul suo diario usi, costumi e tetre leggende di lande inesplorate, verso locande ignote ove osti con barbe fluenti lo avrebbero accolto, offrendo pietanze piccanti e invernali, e vini robusti perduti in inverni che non hanno più nome. E in quel treno forse Harker sognava il vampiro, un elegante signore intrappolato fra coltri e specchi e quadri silenti di volti mostruosi, di mostri eleganti, antenati iridescenti e spettrali nelle notti di sangue. E fra i velluti di quelle eleganti poltrone del treno che correva a est, forse lo stesso vampiro si era seduto, abbandonato al viaggio devastatore. Ma i treni che vanno a est mi evocano anche i venti di Trieste: uscire dal treno e ritrovarsi nella stazione solcata da bore incredibili, venti di tempesta che ti lambiscono mentre cerchi, afferrandoti, un caffè dove forse un letterato passò, fra poltrone eleganti e poesie che risuonano come voci afone in quei saloni.

E se ne possono andare anche a Nord. E allora quei treni fermi nel caldo della mia stazione, piano piano, si trasformano, mutano aspetto, diventano qualcos’altro. Valicano pianure e attraversano montagne e magari si ritrovano in una Germania piovosa, che si vede scorrere dal finestrino bagnato e percorrono luoghi dal passato mostruoso e alla mente, forse, ritorna quel treno d’orrore diretto verso Cassandra Crossing. Ma anche altri orrori più nostri, più italici, treni sventrati da bombe, e persone uccise da bombe nelle stazioni fra i Settanta e gli Ottanta e, prima ancora, devastati dalla guerra, come in quell’estate violenta del ’43 narrata da Valerio Zurlini, in cui Jean-Louis Trintignant e Eleonora Rossi Drago si salvarono a stento da un treno bombardato nella pianura padana devastata dai nazisti. Solcano quindi territori dalla lingua grinzosa e geometrica, con parole che si intravedono stanche da cuccette nel buio, mentre altissimi inservienti si aggirano come ombre nel corridoio portando tazze di un caffè lunghissimo e imbevibile. A nord, là dove le nuvole coprono il sole e ti lasciano incantato fra aurati frammenti d’oricalchi, là dove i tetti delle case sono fatte di stucchi d’oro, rosa e blu, in città fra canali lambiti da tetri porti. Là ove vagabondi marini intrappolati in dolori se ne vanno vagando, silenti nelle brume delle loro città, fra porti sconosciuti e grigi cantieri. E di nuovo, forse, anche là a nord i treni entrano in traghetti più grandi, con chiglie forse rompighiaccio per i mesi invernali e navigano verso città turrite e colorate, fra i loro canali, fra i loro fantasmi. E se scendi da quei treni senti aria di spettri, un’aria fredda che ti sbalza in un’altra dimensione, molto, molto diversa dalla tua stazioncina immersa nel caldo soffocante. E il treno si è trasformato in un mostro gentile: da solare trabiccolo dipinto di bianco è diventato un convoglio bluastro, con le carrozze dipinte di scuri colori e con le scritte in lingue sconosciute. Un tetro treno scuro e grigio, sui cui vetri appoggiare una stupefatta mano, imbambolata di fronte a paesaggi stranieri e ordigni di morte, come nel Silenzio di Bergman. E fra cieli blu ti ritrovi, ad attraversare vicoli stretti fra muri dipinti, fra lampade antiche, fra fantasmi di pianto innamorati di crudeli vampire del Nord. E una lacrima, forse, riesci a catturarla anche tu, mentre silente cammini su cinquecenteschi tappeti di pietra.

E poi c’è l’Ovest, ah, verso quegli aperti venti oceanici, verso quei malinconici canti di emigranti perduti. Forse quel treno fermo, allora, si potrebbe trasformare in un treno di notte per Lisbona, un treno che attraversa notturni Pirenei, covi di banditi e di arcane bestie inani, per arrivare a una Spagna solare, a una “concha” sul mare e da lì proseguire in una notte infinita, verso l’Oceano, valicando le sierre e le piane roventi, fra occhi di lupi stanchi che rincorrono un treno estivo mutatosi in stella, macchina abnorme dal cervello d’aria condizionata. E allora ti ritrovi a Oporto, dopo una notte passata a sedere vicino a un ragazzo silenzioso, che mai disse parola, con un orologio dei colori della squadra della sua città, Oporto appunto. E il primo incontro con quel magico Portogallo di poeti è lui, il ragazzo silente con l’orologio della sua squadra del cuore. Ah, e poi l’Oceano, i ponti, le cantine, il vino che sale misterioso dai canali, i sentori di città vecchia, di malandrini alle finestre che ti guardano bieco, di donne di malaffare dalle pelli sudate, scosciate sui balconcini mentre uomini dagli sguardi aguzzi maneggiano arditi pugnali agli angoli dei vicoli. Ah, e poi Lisbona e il canto di Pessoa, quel desiderio di essere tutti e tutto, di essere strada che piega verso il golfo silente, verso il Douro delle anime perse. Lo stesso viaggio che percorse quel Felix Krull inventato da Thomas Mann, diretto verso sognanti piroscafi inesistenti, mai presi, mai partiti alla volta di nuovi mondi azzurri come gli occhi di un amore appena intravisto.

Così tante storie mi ha raccontato quel treno fermo nella calura estiva, nella stazione della mia città! Fermo, come morto, su un binario morto ma presto vivo, pronto a nuove metamorfosi, a audaci trasformazioni verso i quattro angoli di mondo. Quante storie mi ha raccontato! Mi ha salvato mentre camminavo silente, mi ha aiutato a riprendermi quei sogni lasciati sul marciapiede. E quanti sogni mi racconterai, treno fermo d’estate, quando nella notte ti ascolterò correre in un suono smorzato e lontano, meraviglioso e indistinto come il dormiveglia. Ma poi il tuo fischio divoratore di terre mi racconterà un’altra storia e, treno notturno, scenderemo nei gorghi della memoria.

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L’«ospite di Dracula» in viaggio https://www.carmillaonline.com/2017/04/16/lospite-di-dracula-in-viaggio/ Sat, 15 Apr 2017 22:01:36 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=37581 di Paolo Lago

l'ospite di draculaBram Stoker, L’ospite di Dracula (Dracula’s Guest), testo originale a fronte, Leone Editore, Milano, 2016, pp. 51, € 6,00

L’ospite di Dracula è un capitolo tagliato del romanzo di Bram Stoker, Dracula (1897), recentemente recuperato come un godibilissimo racconto e pubblicato da Leone Editore nella collana di classici della letteratura con testo a fronte, nella bella traduzione di Andrea Cariello. Al centro del racconto vi è il tema del viaggio, importantissimo anche nella versione definitiva del romanzo dello scrittore irlandese: il protagonista (presumibilmente lo stesso Jonathan Harker), durante [...]]]> di Paolo Lago

l'ospite di draculaBram Stoker, L’ospite di Dracula (Dracula’s Guest), testo originale a fronte, Leone Editore, Milano, 2016, pp. 51, € 6,00

L’ospite di Dracula è un capitolo tagliato del romanzo di Bram Stoker, Dracula (1897), recentemente recuperato come un godibilissimo racconto e pubblicato da Leone Editore nella collana di classici della letteratura con testo a fronte, nella bella traduzione di Andrea Cariello. Al centro del racconto vi è il tema del viaggio, importantissimo anche nella versione definitiva del romanzo dello scrittore irlandese: il protagonista (presumibilmente lo stesso Jonathan Harker), durante il suo viaggio per raggiungere la dimora del conte, fa tappa a Monaco e, incautamente messosi in cammino all’approssimarsi della notte di Valpurga (peccato per il refuso, sul risvolto di copertina, «notte di Valpurnia»), si troverà immerso in una situazione da incubo. Secondo il folklore germanico e dell’Europa settentrionale, nella notte di Valpurga (della quale la più famosa eco letteraria si può incontrare nel Faust di Goethe), fra il trenta aprile e il primo maggio, le streghe si ritrovano per danzare alla luce della luna. Nell’area tedesca e nordica, in questa notte, vengono celebrati dei festeggiamenti per salutare l’arrivo della primavera.

Il racconto è interessante perché sembra rispecchiare al suo interno la struttura di viaggio dello stesso Dracula. La narrazione in prima persona è incentrata sulla partenza del protagonista dopo aver alloggiato a Monaco in un albergo, l’hotel Quatre Saisons. Dopo aver percorso un certo cammino in carrozza, fra boschi e vallate, il cocchiere si rifiuta di proseguire poiché sta facendo sera e quella che sta giungendo è la ValpurgisNacht (cioè la notte di Valpurga). Nessun tedesco, infatti, si avventurerebbe in quei luoghi in quella notte. Il personaggio ribatte che lui non è tedesco e, ostinatamente, insiste per proseguire a piedi fino ad imbattersi in un cimitero abbandonato. Il movimento di viaggio avviene tra una grande città come Monaco e uno spazio ‘desertico’ e lontano caratterizzato da boschi, vallate e montagne. Lo scrittore ci presenta poi uno scontro tra due mentalità: quella razionalista del giovane inglese e quella superstiziosa e legata ad arcaiche credenze del cocchiere tedesco. Anche in Dracula assistiamo al progressivo avanzamento del protagonista in uno spazio ‘esotico’ e lontano dal razionalismo inglese, verso l’Europa centro-orientale. Ad esempio, quando Harker raggiunge Budapest, annota nel suo diario (il romanzo è costituito da pagine di diario e da lettere) di avere la sensazione di trovarsi in un punto di incontro fra Oriente e Occidente. Lo spirito con il quale il personaggio va incontro alla terra incognita della Transilvania è lo stesso di un razionalista inglese del Settecento: afferma infatti di aver fatto ricerche al British Museum, prima di partire, sugli usi e i costumi di quella lontana e ‘selvaggia’ regione; annota inoltre nel suo diario ogni particolarità sulla cucina e le usanze dei paesi che attraversa, soprattutto della Transilvania. Un universo strano, esotico, affascinante, velato quasi di magia, si affaccia all’orizzonte del viaggiatore inglese che, gradatamente, si sta immergendo in territori sconosciuti. Come ha scritto Edward W. Said, il viaggiatore colto inglese che si reca in Oriente in epoca vittoriana si muove come un padrone sulla sua terra poiché attraversa un territorio colonizzato culturalmente e politicamente dalla Corona britannica. In questo senso, Dracula riflette profondamente la mentalità vittoriana (periodo in cui l’Inghilterra conosce un vero e proprio predominio culturale, commerciale e coloniale): Harker che si muove verso la Transilvania sembra rappresentare quasi la raziocinante mentalità inglese che si incontra con l’altro da sé, il Diverso, lo Straniero. Dal centro del mondo, rappresentato dalla Londra vittoriana, dallo spazio «striato» per eccellenza, lo spazio cittadino – per utilizzare un’espressione di Deleuze e Guattari – Harker si muove verso lo spazio «liscio» e nomadico del «deserto». Lo stesso conte Dracula appare come l’incarnazione più perturbante della figura dello Straniero. Egli, in un movimento di viaggio contrario rispetto a quello del protagonista, si recherà successivamente nella città per sferrare il suo attacco al cuore della civiltà e contemporaneamente al cuore del capitalismo colonizzatore e accentratore. Come un nuovo Dioniso, Dracula diffonde l’irrazionalità e la malattia all’interno del razionalismo borghese dell’Ottocento, proiettandosi nel cuore di quella Londra vittoriana che, nei suoi interstizi, produceva comunque già di per sé numerosi ‘mostri’ e creature fantastiche, come racconta il bel libro di Franco Pezzini, Victoriana. Maschere e miti, demoni e dèi del mondo vittoriano, uscito recentemente per Odoya.

Proprio come avviene in L’ospite di Dracula, anche nel romanzo la mentalità razionale di Harker si scontra con quella superstiziosa delle popolazioni indigene. Nel momento della partenza dalla locanda verso la magione di Dracula, la vecchia locandiera si reca nella stanza di Harker scongiurandolo di non partire poiché si sta avvicinando la notte di San Giorgio (specchio della notte di Valpurga del racconto), in cui i poteri oscuri e malvagi si aggirano sulla Terra. Durante il viaggio in carrozza, poi, il cocchiere e gli altri viaggiatori si rivolgono al protagonista con strani gesti e con segni della croce, poiché sapevano che il giovane straniero si sarebbe diretto al castello ‘maledetto’ di Dracula. Harker liquida ogni ammonimento dei locali con l’espressione «fantomatiche paure». Come nel racconto, egli insiste nel proseguire il suo cammino nonostante i numerosi avvertimenti del pericolo imminente.

L’albergo, la locanda è uno spazio letterario assai importante nella narrativa di viaggio e in Dracula in particolare. Se in esso, Harker, in Transilvania, alloggia in un’antica locanda in un paesino sperduto, nel racconto il personaggio alloggia a Monaco in un grande albergo di lusso dal nome francese. La sosta nella locanda (nonché la stessa struttura del viaggio) sarà un topos ricorrente anche nelle diverse riletture cinematografiche del romanzo di Stoker, dal Nosferatu (Nosferatu. Eine Simphonie des Grauens, 1922) di Friedrich Wilhelm Murnau fino al Dracula di Bram Stoker (Bram Stoker’s Dracula, 1992) di Francis Ford Coppola passando attraverso le produzioni Hammer degli anni Sessanta. La sosta nella locanda viene poi narrativamente ampliata in quella che è la più geniale parodia cinematografica dedicata a Dracula, Per favore non mordermi sul collo (The Fearless Vampire Killers, 1967) di Roman Polanski. Il film narra le avventure del professor Abronsius e del suo assistente Alfred i quali, dopo un lungo viaggio attraverso l’Europa centrale dedicato alla ricerca dei vampiri, si fermano in una locanda in un paesino della Transilvania. Qui si succedono ad un ritmo incessante numerose gag, dagli scambi di persona e dagli inseguimenti notturni per i corridoi fino all’innamoramento non ricambiato dell’ingenuo Alfred per la bella locandiera, figlia della padrona, che verrà ‘vampirizzata’ dal conte.

In L’ospite di Dracula il movimento verso il luogo ‘esotico’ che sarà lo sfondo della vicenda da incubo vissuta dal protagonista è una vera e propria immersione in un ambiente naturale descritto come dotato «di un’affascinante bellezza». Ugualmente, in Dracula, mentre Harker viene condotto in carrozza al luogo dell’appuntamento con il cocchio del conte, rimane letteralmente affascinato da una natura descritta come bellissima e stupefacente. Nella rilettura quasi ‘filologica’ del film di Murnau attuata da Werner Herzog con Nosferatu, il principe della notte (Nosferatu, Phantom der Nacht, 1979) viene accentuato proprio l’elemento della bellezza della natura durante il viaggio a piedi di Harker verso il castello di Nosferatu, viaggio musicalmente cadenzato dal Preludio all’Atto I de L’oro del Reno di Wagner. Nel nostro racconto, la natura che era apparsa al protagonista come un bellissimo e placido teatro naturale si trasforma improvvisamente in uno scenario terribile: comincia infatti a imperversare una tormenta di neve e lo sprovveduto viaggiatore sarà costretto a trovare rifugio in un cimitero abbandonato. Qui egli farà un perturbante incontro con una vampira, la contessa Dolingen di Graz, morta suicida, personaggio femminile nel quale si rispecchiano le vampire incontrate da Harker al castello in Dracula (del resto, la donna vampiro aveva debuttato in letteratura ben prima di Dracula, nel 1872, con Carmilla di Joseph Sheridan Le Fanu).

Salvato in extremis dalle fauci della vampira e da quelle di un lupo mostruoso ad opera un gruppo di soldati, l’incauto viaggiatore inglese viene ricondotto a Monaco all’Hotel Quatre Saisons. Qui scoprirà che l’albergatore aveva allertato i soccorsi proprio grazie a una lettera di Dracula nella quale il conte si raccomandava di vegliare su quel suo giovane ospite, «inglese, quindi di indole avventurosa». Il racconto si chiude su queste parole dell’incauto viaggiatore: «Di certo godevo di una misteriosa forma di protezione. Da un paese lontano era arrivato, proprio in extremis, un messaggio che mi salvava dal pericolo di rimanere addormentato nella neve e dalla minaccia delle fauci del lupo» (p. 51).

Ancora non sa, l’ingenuo protagonista, che di lì a poco quel ‘protettore’ misterioso, «da un paese lontano», sferrerà un terribile attacco alla sua Londra vittoriana, cuore economico e culturale di un inconsapevole Occidente.

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