Hollywood Party – Carmilla on line https://www.carmillaonline.com letteratura, immaginario e cultura di opposizione Sat, 22 Feb 2025 21:00:49 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.9.26 Divine Divane Visioni (Cinema porno 08/11) – 74 https://www.carmillaonline.com/2015/12/17/divine-divane-visioni-cinema-porno-0811-74/ Thu, 17 Dec 2015 21:03:45 +0000 http://www.carmillaonline.com/?p=27148 di Dziga Cacace

Nella voglia più totale nel discorso trasparente

ddv7401826 – Il labirintico e irritante Inception di Christopher Nolan, USA/Gran Bretagna 2010 Esce il film e tanta critica pavida e prezzolata ne esalta le qualità tecniche e il gioco di scatole cinesi. Amici fidati, però, son tutti bestemmie e stridore di denti e mi chiedono di fare giustizia di siffatta creazione cinematografica. Allora vado alla guerra, mi metto l’elmetto e scendo in trincea per una visione che quanto a trituramento di palle m’è sembrato seconda a poche. Attenzione: non una cagata tout court, ci [...]]]> di Dziga Cacace

Nella voglia più totale nel discorso trasparente

ddv7401826 – Il labirintico e irritante Inception di Christopher Nolan, USA/Gran Bretagna 2010
Esce il film e tanta critica pavida e prezzolata ne esalta le qualità tecniche e il gioco di scatole cinesi. Amici fidati, però, son tutti bestemmie e stridore di denti e mi chiedono di fare giustizia di siffatta creazione cinematografica. Allora vado alla guerra, mi metto l’elmetto e scendo in trincea per una visione che quanto a trituramento di palle m’è sembrato seconda a poche. Attenzione: non una cagata tout court, ci mancherebbe, ma questo Inception m’è parso un assembramento laocoontico di suggestioni senza un’anima, un calore, un’emozione. È un film freddo, dal coinvolgimento nullo, affascinante come una tavola logaritmica e divertente tale e quale. In due parole è un film rompicapo e rompicoglioni, dove sei trascinato nel sogno del sogno nel sogno del protagonista e siccome quello che vedi potrebbe essere qualunque cosa, compreso il subcosciente di DiCaprio stesso (intendo l’attore, tanto vale tutto), all’ennesima discesa nel regno di Morfeo ti scappa un rotondo e sveglissimo vaffanculo. Certo: grandi effetti speciali e al tecnologico Nolan verrebbe da dirgli anche “bravo”, sennonché alla terza invenzione realizzata col computer chi se ne strabatte il cazzo, eh. Avrai una bella RAM ma sto vedendo un film, mica un numero di bravura del tuo processore, eddài. Il thriller onirico (di cui mi rifiuto categoricamente di ricostruire la trama, arrangiatevi) è impreziosito dallo struggimento d’amore del protagonista, ma siccome han tutti facce da fessi il dramma non mi tocca manco per niente, zero empatia, anzi, quasi penso che gli stia bene a Leo sempre a frignare col suo faccione gonfio, tanto l’Oscar te lo scordi. E poi ‘sto crucipuzzle dura quasi 2 ore e mezza, una cosa che dovrebbe essere resa illegale. Carina Marion Cotillard, il resto non m’interessa. Ed è questa è la cosa grave: questo cinema che crea – giocoforza, visti gli incassi – immaginario, è sterile, ci abitua all’indifferenza se non al mero apprezzamento del dato tecnico, a quella soddisfazione un po’ ottusa che prelude al non-pensiero. Non avendone uno neanche io non so dire molto di più. Amen. (Dvd; 17/2/11)

DDV7402825 – Leccato e convincente: Valentino: The Last Emperor di Matt Tyrnauer, USA 2008
Valentino: un ometto dall’incarnato bronzeo e con una testa che pare l’abbiano pucciato in una pozza di pece. Tutto azzimato, la boccuccia a culo di gallina e l’espressione corrugata di chi è costretto a vivere in un mondo che non è mai all’altezza dei suoi ideali di eleganza. Ecco, questa è l’idea che ho di uno dei più stimati e famosi haute couturier di sempre. Idea che il film conferma in parte, regalandoci però diverse sorprese in un ritratto brioso e intelligente. Sì, c’è tutto quello che ti aspetti e che di solito passa per luogo comune: modelle stragnocche esilissime trattate come cerbiatte decerebrate, jet set con gentaglia perennemente abbronzata vestita da pagliaccio e accompagnata a fighe di plastiche, tutti fatti e rifatti, specchio di un’ineleganza morale che è il nulla infiocchettato e tirato a lucido. Ma il ritratto riesce comunque a essere affettuoso, intrigante, pure indiscreto, e qui risiede il suo vero valore documentario. La troupe è impicciona al limite del fastidioso e chi è spiato talvolta se ne rende conto e ce lo ricorda e sembra miracoloso che un ritratto così dall’interno del mondo della moda sia arrivato sullo schermo. Lode al regista (che conosce benissimo questo ambiente, è un inviato speciale di Vanity Fair) che non si è mai fermato e ha sguinzagliato i suoi operatori anche quando educazione e opportunità lo avrebbero sconsigliato. Valentino ha le prevedibili – e anche giustificate – scheccate isteriche, i collaboratori sembrano tutti dei gran cialtroni, impegnati a cinguettare i complimenti al capo, ma si distinguono lo staff di artigiane, autentiche operaie della sartoria, sempre a rammendare l’orlo di una crisi di nervi, e soprattutto il grandissimo Giancarlo Giammetti, già compagno di Valentino e – da quarant’anni – mente imprenditoriale del gruppo. Fasti, ville faraoniche, sci a Gstaad, cagnolini carlini insopportabili, un lusso incomprensibile che diventa contraddittoria opera d’arte proprio per la sua unicità folle, irraggiungibile dai comuni mortali. Gran bel film, divertente e curioso, se non avete preclusioni ideologiche. (Dvd; 12/2/11)

DDV7403827/828 – Cineforum Cacace: Il monello di Charlie Chaplin, USA 1921 e Le cronache di Narnia: il leone, la strega e l’armadio di Andrew Adamson, USA 2005
Il dilemma del sabato pomeriggio: Elena dorme – finalmente – e bisogna occupare Sofia che invece è carica come una sveglia. Però siccome dopo pranzo abbiamo tutti l’abbiocco e finché la belvetta non si risveglia è meglio recuperare energie… allora cineforum Cacace, alé! Scelgo io il primo film (son papà mica per niente, eh) e Il monello è sempre felicemente patetico, liberatorio e tenerissimo. Ha la sua bella età, ma mi piace senza condizioni e alla fine Sofia si è molto commossa, quasi come me. A margine le vicende reali di Jackie Coogan che ho ovviamente raccontato alla piccina per metterla in guardia: il bambino clamoroso diventerà miliardario, la mamma fedifraga gli fotterà tutto, andranno per vie legali e lui se la caverà con l’aiuto di Chaplin, tra gli altri, per trovare infine pace da adulto facendo lo zio Fester nella famiglia Addams. Sì, è proprio lui, quel simil-Galliani in black and white che schioccando le dita ha resistito nei palinsesti tivù fino DDV7404agli anni Novanta. E vabbeh. Poi il secondo film lo sceglie la primogenita e mi tocca Le cronache di Narnia, pellicola che mi ha straziato l’apparato genitale, con l’apice dell’apparizione della mia nemesi, Tilda Swinton, qui conciata da nefasta principessa del ghiaccio, diafana e bruttissima e sicuramente voce in attivo della produzione non necessitando imbellettamento alcuno per risultare così mostruosa (per la cronaca, con questo tranello si è vinto pure l’Oscar per il miglior trucco). Ad ogni modo siamo durante la Seconda Guerra Mondiale (si scriverà così, in maiuscolo? Cos’ha fatto per meritarselo?) e quattro fratelli scoprono un passaggio verso un mondo parallelo, la cui porta è dentro un armadio. Per cui fanno avanti e indietro tra qui e là e la cosa piace molto a Sofia. A me no – anche perché la visione di un armadio significa: “Metti in ordine il caos stocastico creato dalle tue figlie” – e infatti ho visto il film sonnecchiando un po’ e non so di chi sia la colpa, se della mia stanchezza o della fiacchezza di ‘ste Cronache pallose. (Dvd; 19/2/11)

DDV7405829 – La classe non è acqua: Il circo di Charlie Chaplin, USA 1928
Esattamente come sabato scorso, doppio film e stesso copione: non potendo portare Sofia al circo, porto Il circo a casa. Film meno conosciuto di Chaplin eppure splendido e di una sensibilità rara. Si ride (parecchio), si ammirano l’abilità mimica clamorosa, le gag oliate alla perfezione e il consueto patetismo di fondo che lascia un sentimento struggente. Il Vagabondo rinuncia all’amore, per amore e con amore, una generosità che è stato complicato spiegare a Sofia, comunque conquistata. Ricordavo affascinante e prepotentemente erotica Merna, l’acrobata di cui s’innamora Chaplin e sulla cui inquadratura si apre il film. Avevo ragione: lei oscilla verso la cinepresa, a gambe larghe infilate negli anelli del trapezio, e la sua bellezza anni Trenta, in camicia da uomo, con quel taglio di capelli e quello sguardo, continua a essere un mio feticcio erotico, spia precisa di certe turbe sessuali ampiamente psicanalizzabili. Ma non è questa la sede. (Dvd; 26/2/11)

DDV7406830 – Mah: Le cronache di Narnia: il principe Caspian di Andrew Adamson, USA/Gran Bretagna 2008
Nel primo pomeriggio pretendo il dovere, un Chaplin, e verso sera concedo il piacere di un blockbuster recente. Che trovo più divertente del primo episodio: c’è un’epica battaglia finale, un duello con Sergio Castellitto che si piglia a pattoni con il maggior dei quattro fratelli, e c’è pure Pierfrancesco Favino, nero e fosco, ma meno stronzo di Castellitto (peraltro bravissimo in un ruolo decisamente cartoonesco). Tanta animazione digitale – molto riconoscibile – scene grandiose ma non così grandiose… insomma, è come se mancasse il manico. Voglio dire: Peter Jackson è un geniaccio e nel Signore degli anelli è tutto al top della creatività e della realizzazione, qui manca sempre qualcosa. Poi passa, okay, e per Sofia funziona, ma mi sembra che le lasci poco, a livello d’immaginario. Fa due salti, insomma, ma finito il film, stop. A me – confesso se non si fosse ancora capito – ‘sta saga non piace. (Dvd; 26/2/11)

DDV7407831 – Il volgarmente allusivo Quattro bassotti per un danese di Norman Tokar, USA 1966
È un classico della mia infanzia che – durante l’infanzia, appunto – ho sempre saggiamente evitato. Ma nella vita arriva sempre il momento giusto e me lo vedo a 41 anni suonati. Commedia familiare con cane danese combinaguai perché cresciuto assieme a dei bassotti in realtà più pestiferi di lui: grandi baraonde, case sfasciate, catastrofismo consumistico esibito con compiacimento. Diverte per modo di dire, ma ovviamente le mie figlie apprezzano (ma neanche tantissimo: visto due volte e poi basta, per fortuna), pregustando di ripetere le imprese canine in casa mia. È un ritratto dell’american way of life anni Sessanta, con casa dal doppio garage, giardinetto per barbecue, letti separati, arredamento tra prairie style e Movimento Moderno. Il poliziotto mantiene la quiete, la città è pulita e l’unico problema lo danno, appunto, dei cani. Visione dolciastra e reazionarissima della società: ecco perché gli innocenti hippie facevano tanto paura a gente così. Messo da parte che il titolo è già un’allusione pesante a una scatenata gang bang cinofila, il grosso danese è ovviamente metafora di un pisello enorme e la coppia umana protagonista litiga e non tromba proprio per la fallofobia della moglie. Quando questa accetterà di farsi devastare la vulva-casa dai cinque quadrupedi come da titolo, la pace familiare sarà ricomposta e al posto di avere figli simulacro (come evidenziato dalla prima scena, dove regna l’equivoco che la donna sia incinta) ne faranno uno vero. Però questo me lo sto raccontando io perché il film rimane ‘na gran rottura de cazzo. (Dvd; 5/3/11)

ddv7408832 – Approvo L’armata delle tenebre di Sam Raimi, USA 1992 e combatto i Fascisti su Marte di Corrado Guzzanti, Italia 2006
Visto almeno 18 anni fa al cinema Odeon di Genova, assieme a Barbara in una sala pressoché deserta (ricordo solo un’altra coppia di disadattati come noi): c’eravamo divertiti molto e rivedendo stasera il film con la cugina Ale è facile capire il perché. L’armata delle tenebre è uno spasso sfrenato, infantile, una moltitudine di gag senza tregua. Grana grossa e grande ironia, talvolta un po’ di noia (la seconda parte, dopo l’inizio folgorante e prima del finale epico), ma tutto sommato rimane la piacevole sensazione di vedere un film che il regista si è divertito a fare, pensando ogni volta come stupire lo spettatore con una vaccata più esagerata di quella precedente. Non riesco a fare paragoni con La casa e La casa II che non vedo da troppo tempo, ma qui il gore è diventato commedia slapstick ed è tutto, ma tutto tutto proprio, buttato in caciara comica. Bruce Campbell ha una faccia straordinaria, squadrata e ottusa; la bellona di turno è insignificante; la messa in scena stupisce, con grandangoli estremi e montaggio sincopato, con accelerazioni e parti più classiche. Poi, posso dir tutto, ma Raimi rimane un magnifico discolo, senza aspirazioni “alte” un po’ segaiole alla Coen ma con una più sincera adesione al sense of wonder che il cinema un tempo sapeva dare, senza aver paura di usare trucchi magari riconoscibili ma più veri ddv7409di quelli in CGI. Poi ho visto anche venti minuti di Fascisti su Marte, prima di cedere, schiantato dal peso improponibile del film di Guzzanti. Che è un genio e lo ha dimostrato molte volte in tivù e a teatro, ma che qui toppa clamorosamente, perché uno sketch televisivo che durava (e valeva) a malapena tre minuti non può diventare un film da novanta. L’uso ricercato del linguaggio da Istituto Luce, l’ambientazione folle, i personaggi stralunati e tutto quello che vuoi… ma già al quinto del primo tempo ne hai le palle pienissime, come al terzo cucchiaino di caviale: ottimo, ma stucca e presto subentra la nausea. E poi, a Venezia nel 2003, la sera precedente la prima di Fame chimica c’era la ricca festa di presentazione di Fascisti su Marte, non ancora completato (sarebbe uscito tre anni dopo! Tre!). Ovviamente il bel mondo dello spettacolo italiano e della critica era lì a scofanarsi salatini e cocktail e il mattino dopo alla proiezione di Fame chimica non c’era un giornalista (o presunto tale) a pagarlo. E la faccenda mi ha lasciato un po’ d’amarezza, ecco. Però il problema di Fascisti su Marte è che non c’è un film, ma solo un’idea (e neanche di cinema). E allora se non c’è il film non c’è neanche lo spettatore, mi dispiace. (Dvd; 11/3/11)

ddv7410835 – L’epocale La pantera rosa sfida l’ispettore Clouseau di Blake Edwards, Gran Bretagna/USA 1976
Eeeh, questa è storia patria. Liceo e università son stati scanditi da questo film, spesso accompagnando la visione con dosi generose di erba simpatica. Con immutata stima e fiducia propongo il film a Sofietta che, vista l’età, non ha bisogno di coadiuvanti naturali o chimici al riso e si diverte molto a seguire l’impossibile rivincita dell’ex ispettore capo Dreyfus contro Clouseau, l’uomo che l’ha fatto uscire pazzo. Si parte col ritorno a casa dell’imbranato ispettore; segue un epico duello col domestico Cato in agguato e da lì è un dipanarsi di situazioni farsesche assolutamente spassose. Su tutte spiccano l’interrogatorio tenuto in una casa di campagna (con mazza ferrata in faccia a una possibile testimone) e l’epico confronto finale con Dreyfus, tutti in preda al gas esilarante. In mezzo un po’ di fuffa e qualche gag sorniona ma anche un passo diverso che forse bisognerebbe apprezzare di nuovo, dove il ritmo è dato anche dalle pause e dalle attese, accumulando sapiente tensione comica. Herbert Lom – che interpreta Dreyfus – è eccezionale, isterizzato dalla stolida ma caparbia capacità di Clouseau/Sellers di distruggere tutto, dovunque arrivi, esattamente come Hrundi Bakshi in Hollywood Party o tanto Jerry Lewis. Culto assoluto della mia gioventù, sorvolo su alcune stupidaggini per proclamarlo anche della mia vecchiaia. (Dvd; 26/3/11)

ddv7411840 – Altro che locura: A Single Man di Tom Ford, USA 2009
Una giornata nella vita di un prof di letteratura inglese, gay, che elabora il lutto dell’amante pensando al suicidio. Ma incontra un lolito che sembra Tom Cruise con un lampo d’intelligenza negli occhi e ci ripensa. E poi il resto ve lo scoprite da soli, vedendovi il film, che se no che ci sto a fare qui, io, il cantastorie? Realizzato da un noto stilista americano di cui il mio ricercato guardaroba non conosce testimonianza, A Single Man è ovviamente film raggelato di superba eleganza, composto ai limiti dell’affettazione ed evita la fiera della gaytudine ozpetekiana o di tanto cinema corrente, dove sembri obbligato a fare il pazzeriello se no non rispetti i luoghi comuni etero che vogliono tutti gli omosessuali sfrenatamente affetti da locura. Alla fin fine, è bello da vedere, A Single Man, un po’ meno seguire… ma è un problema mio che mi annoio coi drammoni. E per una bella messa in scena, i dialoghi mi sembrano invece artefatti, ma non giova la traduzione italica tutta impostata e declamata. Vecchio problema, sempre attuale, di solito risolto con l’inverificabile affermazione che “abbiamo i migliori doppiatori del mondo”, un po’ come i portieri per il calcio. Coppa Volpi a Venezia 2009 a Colin Firth, bell’ometto anzichenò. (Dvd; 17/4/11)

ddv7412841 – La mediocrità commerciale de La rapina perfetta di Roger Donaldson, Gran Bretagna 2008
Questa solenne cacata è il classico film che si proclama “basato su una storia vera” e che capisci subito che è inventato di sana pianta: la vicenda è ispirata a una rapina avvenuta nel 1971 (l’11 settembre, tanto per cambiare), di cui mai si son trovati i colpevoli della banda del buco né recuperata la refurtiva, per cui… Comunque furono coinvolti servizi segreti e Scotland Yard, tra verità inconfessabili di politici, rivoluzionari di contorno e della principessa Margret. Mah. Il fatto è che io sono a Genova per la santissima Pasqua, senza il consueto gineceo del Cacace di contorno, e papà ha deciso che si vuol vedere questo crime movie di cui ha ben letto. A torto. Tra l’altro, per non so quale vaccata feng shui il salotto dei miei ospita un’assurda trovata di mia madre: una sorta di fontanella in moto perpetuo che istiga la pisciata compulsiva. Con questa sgradita colonna sonora supplementare vedo mediamente annoiato il prodotto di un regista appassito eppure capace secoli fa di un grandissimo film, Senza via di scampo (erede e remake del bellissimo The Big Clock). Qui, Donaldson ci mette solo arida professionalità e la pellicola è anonima, sicuramente ritmata ma senza cuore né simpatia. Gli attori han facce da cazzo, la ricostruzione storica è di maniera e non ha una briciola del fascino che, per esempio, trovavi nel televisivo Life On Mars. Colonna sonora originale fuori luogo (pomposa e ritmicamente pompata, ‘nammerda) e qualche recupero ovviamente godibile (T.Rex, Kinks), ma mi pare tutto artificiale, “commerciale” nel senso deteriore del termine e le inquadrature inclinate insensatamente mi confermano la natura paracula del prodotto. Mettiamoci poi un doppiaggio dove tutti declamano manco si trattasse di Shakespeare e ho detto tutto. L’apice pestilenziale è dato dalla scena in cui il boss dei rapinatori (l’insipido Jason Statham) va dalla moglie a mollare il malloppo: questi sono braccati dal MI5, dai mafiosi, c’è già scappato il morto e lei gli fa la scenata di gelosia perché paventa il tradimento con una complice… Ma per piacere, vergognatevi: voi che l’avete scritto e tu, proprio tu che l’hai girato. (Diretta Sky HD; 23/4/11)

ddv7413842 – Pure il terzo episodio: Le cronache di Narnia – Il viaggio del veliero di Michael Apted, USA/Gran Bretagna 2010
Ennesimo episodio di queste Cronache, un po’ Signore degli anelli, un po’ stracciamento di coglioni. Al terzo episodio ci si concentra sui fratellini più piccoli, anche perché i maggiori hanno facce grottescamente cambiate (va detto che tutti e quattro i protagonisti son diventati vieppiù orrendi, crescendo). Grandi avventure, tradimenti, conversioni e lieto fine di prammatica. Se hai 6 anni, è azzeccato, e siccome io ormai non ne ho di più, mentalmente, lo vedo con Sofia senza patemi. È il migliore film del terzetto di Narnia: ritmato, colorato, combattuto, senza troppe divagazioni e doppi, tripli, quadrupli finali. Comunque il regista Michael Apted (Incident at Oglala, Gorilla nella nebbia… e un sacco di altre cose) è uno strano: un incrocio incredibile di umanità e arido professionismo, boh. (Dvd; 1/5/11)

ddv7414843 – Inaspettato Fantastic Mr.Fox di Wes Anderson, USA 2009
I Tenenbaum era una stronzata graziata da un innegabile fascino visivo, trucchetto sensoriale che ha guadagnato a Wes Anderson immeritati e superficiali fan. Stavolta il regista ha però una storia di Roald Dahl su cui lavorare, non delle suggestioni scoordinate, e vi applica il suo gusto per il bizzarro, con calligrafismo compiaciuto e – lo concedo – anche qualche svisa intelligente. Ne viene fuori un bel film, una novella per bambini (o quasi) estremamente felice anche per adulti. Musiche intelligenti di Alexandre Desplat, colori intensi, ottime ambientazioni e caratterizzazione dei personaggi riuscita; i dialoghi e alcune situazioni evitano la banalità dei film infantili e – non so se per merito del regista o dell’autore originale – il risultato c’è, nonostante una certa frenata nello sviluppo narrativo a metà film. Molto carino, rivisto più volte grazie all’entusiasmo di Sofia ed Elena. (Dvd; 6/5/11)

ddv7415845 – Io non capisco Guerre stellari – L’impero colpisce ancora di Irvin Kershner, USA 1980
Fiabona bellica, stavolta, che parte subito con una battaglia sulla neve, tipo resistenti finlandesi contro la prepotenza sovietica. Ma forse sono io un po’ fissato. Comunque, a neanche quattro anni dal primo episodio della saga (in realtà quarto: quando all’epoca lo dicevo, nessuno mi credeva), a Luke è cascata la faccia e sembra un vecchio bolso. Yoda (praticamente un pupazzo dei Muppet) lo addestra come Jedi facendogli fare ridicoli esercizi di equilibrismo. Intanto Han Solo ha continue schermaglie d’amore litigarello con la principessa Leila, diventata anche lei un cesso spaziale (e se ripenso poi all’autobiografia di Carrie Fisher intitolata Non c’è come non darla… boh, mi dico: il problema è chi se la prende). Film considerato a posteriori molto riuscito, ha avuto incassi stratosferici: a me pare un po’ una palla al cazzo e neanche un anno dopo arrivava Blade Runner e quella lì sì che era fantascienza adulta, mica questa pappa che potrebbe essere un bignamino di mitologia greca per gli yankee, tanto è ancorata a miti annacquati, a figure retoriche, a prove e ricompense. Mah. Sono evidentemente io sbagliato che non capisco la mistica di Guerre stellari. E giuro che mi farebbe piacere far parte del club, ma non c’è verso, non ci riesco. Comunque al momento del confronto edipico con Darth Fener, dopo la ferale rivelazione, Sofia subito si volta verso di me e mi dice convintissima che non crede che Luke sia suo figlio, che deve essere un tranello. Li educhi al dubbio e questo è il risultato. (Dvd, 19/5/11)

(Continua – 74)

@DzigaCacace usa Twitter male

Qui altre Divine Divane Visioni, pensate

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Divine Divane Visioni (Cinema porno 08/11) – 72 https://www.carmillaonline.com/2015/06/11/divine-divane-visioni-cinema-porno-0811-72/ Thu, 11 Jun 2015 20:00:11 +0000 http://www.carmillaonline.com/?p=22948 ddv7201di Dziga Cacace

They’re talkin’ ‘bout a revolution, it sounds like a whisper

799 – Ho fatto la cavia con Mutande pazze di Roberto D’Agostino, Italia 1992 Tra le colpe imperdonabili di Tangentopoli c’è il non avere impedito per tempo la realizzazione di questa cosa urendissima, che decido di vedere stoicamente perché il film è sempre portato ad esempio del malcostume dei finanziamenti pubblici da gente che poi in realtà il film non l’ha visto. E sono una cavia perfetta: del topo ho il colorito, la voracità e pure il cervello. Innanzitutto, attenzione, non è [...]]]> ddv7201di Dziga Cacace

They’re talkin’ ‘bout a revolution, it sounds like a whisper

799 – Ho fatto la cavia con Mutande pazze di Roberto D’Agostino, Italia 1992
Tra le colpe imperdonabili di Tangentopoli c’è il non avere impedito per tempo la realizzazione di questa cosa urendissima, che decido di vedere stoicamente perché il film è sempre portato ad esempio del malcostume dei finanziamenti pubblici da gente che poi in realtà il film non l’ha visto. E sono una cavia perfetta: del topo ho il colorito, la voracità e pure il cervello. Innanzitutto, attenzione, non è un film truffa! I soldi spesi si vedono e forse, sulla carta, a livello di soggetto e sceneggiatura, questa satira del mondo della tivù poteva anche sembrare un progetto sensato. Poteva. Il fatto è che ne è venuto fuori un film girato coi piedi da uno che regista non è, senza alcun controllo su copione e attori, volgare e ipocrita in modo accecante: sono volgari le facce, i costumi, i dialoghi, la fotografia fuori controllo, gli zoom continui e sgraziati, le scenografie, i gesti, la musica, la messa in scena generale. E’ il classico caso in cui la rappresentazione diventa più grottesca dell’oggetto rappresentato, e – mi sbilancio – ciò accade perché c’è una collusione indistricabile. A dir la verità ci sono anche due momenti in cui ho però vacillato (ché in fondo sarebbe meglio vedere un film decente che una porcata, eddài) e mi son detto: sta a vedere che il D’Agostino (quello dell’edonismo reaganiano o del sublime Il peggio di Novella 2000, con Arbore) piazza la zampata di genio, la scintilla di fosforo che potrebbe comunque autorizzare questo sciupio. Il primo lampo è la scena almodovariana di seduzione di Eva Grimaldi nei confronti di un giovanissimo Raoul Bova, sulle note di Io tu e le rose. L’altro è quando le protagoniste si rivolgono direttamente alla cinepresa, un momento surreale inaspettato. Ma sono purtroppo fuochi di paglia perché le intuizioni finiscono in vacca in pochi secondi. E le dichiarazioni delle attrici in camera diventano farneticazioni dove si rivendica l’importanza di darla via, che è l’unico modo per farcela (sfogliando la margherita: “Gliela do o non gliela do? Tanto gliela do lo stesso!”), asserendo che, anzi, sputtanarsi è una dimostrazione femminista di potere. Ecco, questa presunta satira del maschilismo del mondo dello spettacolo non sarà maschilismo tout court? l film prevede l’intreccio di tre vicende esilissime: la conduttrice tivù (Monica Guerritore) disposta a tutto che vuole passare da un programma della mattina alla prima serata; l’aspirante attrice (Grimaldi) che si vedrà soffiare il posto dalla mai più sentita Barbara Kero (in una sorta di Eva contro Eva Grimaldi); la valletta (Deborah Calì, vedasi la pregevole pagina Wiki con i seminari frequentati) che – spinta da una zia arrivista – vuole impalmare un dirigente tivù. Finirà tutto in gloria durante una festa drammatica alla Hollywood Party, con come sottofondo L’italiano di Toto Cutugno, accostamento che vorrebbe essere grottesco mentre è perfettamente azzeccato. Citando Zabriskie Point esplodono tette mentre mutande e lingerie volano nel cielo… Il film m’è parso sinceramente emetico ed allucinante: uno di quei casi maldestri in cui si vuole fare satira e non ci si rende conto che il mondo satireggiato è esattamente quello che può produrre questo cinema non-cinema sbracato e presuntuoso. Facciamo un po’ di Dagospia? Nel cast di amici e correi ci sono: la Guerritore di cui si dice che se li sceglie solo potenti; la suina e burrosa Grimaldi, un’altra che le malelingue dicono essersi sistemata ben bene; Sergio Vastano con le guance vaiolose come “Faccia d’Ananas” Noriega; il comico Dario Cassini 150 chili fa; un finto Sgarbi, pressoché identico (a quello vero D’Agostino ha lasciato 5 dita sulla faccia in una storica trasmissione tivù di Giuliano Ferrara); un finto Brass (che grida “Viva il culo”) e un vero Busi che il culo lo mostra tutto contento. Film visto mentre è scoppiato il caso dei lauti compensi concessi da Sandro Bondi a una sconosciuta attrice bulgara venuta in Italia a spese nostre con folta compagnia, per un film che nessuno vedrà mai (oltre a incarichi a compagna, figlio dell’ex moglie e cose così…): Bondi per la Cultura è come Saddam per il Kurdistan. (Dvd; 27/10/10)

ddv7202800 – Zombie for dummies? Grindhouse – Planet Terror di Robert Rodriguez, USA 2007
Film che ha apparentemente un solo, semplice messaggio: “divertiti come un dodicenne”. Una marea di archetipi del cinema horror, exploitation e non solo, sono presi e potenziati visivamente e narrativamente, tralasciando i contenuti occulti che caratterizzavano gli originali, perlomeno esplicitamente, perché la metafora è ormai evidente, sempre, quando si parla di zombie. Ci si perde parecchia intelligenza (rispetto a un Romero, per dire), ma si guadagnano un po’ di cheap thrills e non sarò io a lamentarmi, perché – accettando il patto – la messa in scena è superba. E poi c’è l’infezione virale, la proliferazione e l’assalto degli zombie, il gruppo di sopravvissuti in fuga, i militari subdoli e, ovviamente, come da Ombre rosse in poi, l’eroe delinquente e l’eroina che vuol farla finita con la sua vita da poco di buono. Tra le cose rubacchiate qui e là c’è anche l’elicottero finale di Zombi, anche se l’aggiornamento dell’utilizzo fa sghignazzare. Rodriguez mette su un baraccone coloratissimo che gioca con lo spettatore, la sua memoria e le manie degli americani: il sesso, il cibo, la violenza. Tra cameo imprevedibili (tra cui Tarantino a cui cascano letteralmente i coglioni) musiche tirate, cromatismi e gag riuscite (“la ricetta per la miglior salsa barbecue del Texas”), viene fuori un festival di liquidi organici che schizzano e membra corporee che si spappolano allegramente. Come in un blues d’altri tempi, alla fine, la salvezza è south of the border… a Tulum! (Chissà se c’è dell’ironia; io a Tulum, fra rovine secolari, avrei fatto volentieri una strage di turisti panzoni yankee, a torso nudo e birra in mano che pensavano di essere in un parco giochi). Ad ogni modo: Barbara irritata, io ottusamente divertito. Ma molto! (Dvd; 30/10/10)

ddv7203801 – L’agghiacciante The Pacific di Aa.Vv., USA 2010
Che uno dice: ma non potevano lasciarle perdere queste isolacce di merda dell’oceano Pacifico, che ogni volta ci perdevano una marea di uomini? Non potevano puntare direttamente sul bersaglio grosso e portargli la guerra in casa, gli americani ai giapponesi? Poi vedi come andavano le cose contro pochi soldati e capisci che pensare di combattere contro un popolo intero, invadendo la loro terra, sarebbe stato un suicidio, l’ennesimo ma su scala macrospica. The Pacific – prodotto da Steven Spielberg e Tom Hanks – è allucinante: senza alcun compiacimento estetico, senti la fatica, la disperazione, la fame, la sete, la mancanza di sonno, come se ci fossi anche tu, spiaggiato sotto il fuoco nemico, di un nemico che non si arrende manco per niente, che non cede di un millimetro, che piuttosto che arrendersi si fa bruciare vivo. E che poi passerà attraverso l’olocausto atomico, in una insensatezza senza limiti. I protagonisti sono il giornalista Bob Leckie (che sopravvive grazie anche alla scrittura e al distacco intellettuale); il valoroso John Basilone (eroe a Guadalcanal, poi mandato a raccogliere soldi e infine, dopo un fugace amore, di nuovo in trincea); il ricco sudista Eugene Sledge (che non vuole rimanere a casa per un soffio al cuore e che scopre l’orrore rimanendone traumatizzato); senza dimenticare, tra i personaggi secondari, l’eccezionale e allucinato Snafu. Sceneggiato ossessivo, agghiacciante e infine commovente, quando sui titoli di coda attribuisci delle facce vere a queste storie che sembrano inventate tanto sono disumane e bestiali. Meno “divertente” di Band of Brothers, anche The Pacific si concentra sugli uomini, senza interrogarsi sulle cause e sugli esiti della guerra, ma già così c’è fin troppo dolore. (Dvd; dicembre 2010 e gennaio 2011)

ddv7204802 – Fare il papà è veramente pericoloso: Winx Club 3D – Magica Avventura di Iginio Straffi, Italia 2010
Prendo posto con Sofia nella sala semivuota e alle mie spalle sento chiaramente una mamma che commenta con la figlia: “Guarda che sfigato quel papà! Lo devono aver costretto!”. In effetti, sì, porco Giuda: ho perso una riffa micidiale con Barbara e nel cinema siamo giusto in tre uomini di genere maschile, attorniati da bimbe rincitrullite (tra cui mia figlia) e mamme anch’esse ricattate se non citrulle e volontarie massacratrici dell’immaginario della figliolanza. Perché questa film vomitorio è un vero e proprio attentato reazionario e maschilista all’universo fantastico cui fanno riferimento i bimbi. È un incubo rosa confetto dove la trama è presto detta: ci sono i buoni contro i cattivi. E i buoni sono buoni perché sono buoni e fighetti. E i cattivi son cattivi perché cattivi. Amen: non c’è motivazione, sviluppo, evoluzione, lezioni da imparare o messaggi da comunicare. Anzi, sì, qualche messaggio c’è ed è unicamente la promozione pubblicitaria di tutto quanto sia firmato Winx. Insomma, se incontro Iginio Straffi – che ho visto sfilare sciarpettato alla Festa del cinema di Roma con la sicumera del tycoon de noartri –  rischia veramente di finire a schifìo. Insaporito da musiche per bimbominkia orrende, la pellicola (“film” sarebbe sinceramente troppo) è un inno alla volgarità televisiva: le donne sono rappresentate come delle ninfette sciampiste dagli zigomi tirati, col pancino scoperto, le lunghissime gambe stivalate e l’intelligenza di una gallina petulante. Le vediamo armeggiare coi cellulari, laccarsi le unghie e vagheggiare shopping o romantiche storie d’amore. Poi quando si tratta di lavare i piatti, ovviamente tocca a loro, mica ai maschietti della vicenda, degli pseudo tronisti muscolati con facce inespressive. Ma forse questo è anche dovuto al livello dell’animazione: sembra di vedere un videogioco di 10 anni fa, coi movimenti ancora rigidi, le articolazioni bloccate e le espressioni esaltate dal botulino. Del resto anche la vicenda procede per schemi, come un elementare videogioco. La seconda parte, per onestà, è migliore e in crescita, ma si rimane comunque in una piattezza devastante, senza alcuna minima profondità, senza un pizzico di humour, figuriamoci poi d’ironia. Io sono profondamente offeso da questa roba e voglio fare una class action contro Straffi assieme ad altri genitori indignati. Scorrono i titoli di coda e scopro l’estrema beffa: questa cosa qui ha avuto il riconoscimento dell’“interesse culturale senza contributo”. In una repubblica seria, l’autore di siffatta barbarie andrebbe punito e dovrebbe pagare lui i danni alla comunità. E bisognerebbe costringere Bondi a vedersela sui ceci, questa cagata pazzesca. Magari a Pompei, a fianco di una parete pericolante, così, per avere almeno un po’ di suspense. (Cinema Ducale, Milano; 13/11/10)

ddv7205803 – Lo stupefacente La città incantata di Hayao Miyazaki, Giappone 2001
Lo propone Barbara, che lo vede lì da secoli, nella pila di Dvd acquistati bulimicamente. E io che faccio, rifiuto? Macché, colgo l’occasione al volo, tanto più che vivo da anni il senso di colpa di non essermi mai cimentato abbastanza col maestro dell’animazione nipponica. E vengo catapultato in un mondo abitato da rospetti, uccellini panzuti, suini giganteschi, bimbi obesi, esseri polipeschi, ravanelli gonfi, spiriti neri, nuvolette di fuliggine e palle di melma cagosa. La piccola Chihiro sta traslocando coi genitori ma, lungo il percorso verso la nuova casa, imbocca un tunnel misterioso e finisce in un parco abbandonato dove si trova un bagno termale per spiriti (!): mamma e papà diventano due maialoni e lei affronta mille prove per liberarli dall’incantesimo seguendo i consigli del bellissimo maestro Haku o relazionandosi con la temibile Yubaba che sembra una Lina Volonghi agromegalica. Alla fine uscirà dal tunnel e da questo sogno popolato da incubi come se si fosse persa per un attimo solo, anche se lei sa e noi sappiamo che il tempo è passato sul serio. Barbara e io abbiamo assistito attoniti, come due pungiball. Tutti mi avevano detto: “è un capolavoro, credimi” e io che francamente queste cose non le capisco proprio e mi sembrano inafferrabili come la partita doppia in contabilità o le regole del baseball, beh, sarà per la bellezza delle immagini, per la dolcezza del racconto stralunato, passin passetto son stato conquistato da questo mondo fantastico che al confronto Dalì era un impiegato del catasto e Bosch un ragioniere. Per cui non so se sia una capolavoro (e poi chi sono io per dare questa patente?) e non so se vedrò altri di film di Miyazaki, però La città incantata mi ha lasciato un piacevole senso di inquieta e malinconica serenità. Devo averlo capito poco, ma m’è istintivamente piaciuto molto. (Dvd: 17/11/10)

ddv7206804 – La tigre è ancora viva: Sandokan alla riscossa! del sempre compagno Sergio Sollima, Italia 1977
Secondo episodio (stavolta cinematografico) non granché ma che Sofia gradisce comunque. Sandokan s’è ritirato nella giungla del Bengala, Yanez s’è sposato e a Mompracem regna un nuovo rajah, un panzone libidinoso con un fracco di mogli. Ma la guerriera Jamilah (interpretata da Teresa Ann Savoy) non ci sta (“Gli europei in Asia o sono in uniforme o sfruttano il popolo!”) e mette su la resistenza, aiutata dall’infido greco Teokritis che si rivelerà poi un traditore. Solite manfrine, duelli, battaglie, avventure e anche un po’ di commedia, con l’umorismo affidato a Yanez (a un certo punto si finge consigliere militare prussiano, tanto di cappello nero col teschio come le SS). Musiche dei fratelli De Angelis con un tema scopiazzato da Impressioni di settembre della PFM; luci non al meglio, certe volte accecanti, altre da “effetto notte”, con risultati decisamente stranianti. Il tigrotto Kammamuri è Sal Borgese, visto mille volte in tutto il cinema di genere italiano degli anni Settanta e ti aspetti che nelle scene di combattimento saltino fuori Bud Spencer e Terence Hill. Mah! (Dvd; 28/11/10)

ddv7207806 – Molto carino, dài, School of Rock di Richard Linklater, USA 2003
Premetto che a me Jack Black non ha mai fatto ridere: ha la faccia da cazzo ed è simpatico come un gancio da macellaio su per il culo. Si agita, fa le faccine e ballonzola, con gli occhi stanchi, piccoli e inespressivi, eppure è considerato un fenomeno della commedia USA, anche in ragione di questo School of Rock. Amici fidati mi dicono: se vuoi una bella favola musicale per Sofia, questo è il film che fa per te. Oltre tutto Linklater è un regista interessante, mai banale. Proviamo. Trama all’osso: un rocker fallito si finge supplente e insegna a una classe di tappetti di dieci anni a suonare il rock. Ragazzi: “bimbi + rock = eureka”, è una formula perfetta, anche se del rock si prendono i più vieti luoghi comuni, l’ipocrita ribellione a buon mercato e l’estetica più dozzinale. Ma siccome il rock è e deve essere dozzinale, alla fine questo trattatello musicale per pigmei funziona eccome, diverte e, alla fine, commuove pure. Nessuno scarto da una trama abbastanza telefonata e assecondata con mestiere, una classica scena finale ricattatoria perfetta cui non puoi sfuggire, bambini che recitano benissimo, titoli di testa intelligenti e musiche – ma sbagliare sarebbe stato impossibile – azzeccate. Sentiamo Led Zeppelin, Ac/Dc, Kiss, Cream, Deep Purple, Who e anche Stevie Nicks, passionaccia della rigida preside della scuola, che quando la ascolta si smolla anche un po’ (attrice comica bravissima, lei, tra l’altro). Non avrei mai visto School of Rock, non fosse stato per la varicella dell’entusiasta Sofia: tutto sommato m’è andata bene. (Dvd; 2/12/10)

ddv7208807 – Fish Tank di una ciarlatana, Gran Bretagna 2009
Siamo a Genova per tre veri giorni di vacanza come non ne capitavano da un anno intero. La prima sera, dai miei, il babbo giulivo produce un Dvd che annuncia come un gran film, osannato dalla critica, vincitore di premi e quant’altro. Siccome sono una merda, comincio a fare polemica: e chi l’ha detto? Ma siamo sicuri? Vabbeh, proviamo. Il film parte e lo squallore invade lo schermo: casermoni popolari, tivù sempre accesa, alcol come se fosse acqua; mamma è sola e le piacciono i maschiacci, la primogenita Mia ama ballare l’hip hop e la sorellina di dodici anni fuma e parla come un portuale. Alé, sembra la famiglia di Cristina Parodi. Mia – faccia torva – continua a gironzolare intorno a una cavalla che vuole liberare, ai margini della periferia. Perché cavalla uguale libertà, io vuole ballare, io beve perché disperata. Ma cara la mia regista (tale Andrea Arnold): un bel vaffanculo non te lo ha mai gridato nessuno? E a voi critici radical chic che a queste porcate abboccate per senso di colpa? Dopo trenta affettati minuti di questo quadro devastante di abbrutimento, assassinato in più da un doppiaggio da far rizzare i capelli, con voci sbagliate come età e come adesione alla recitazione, penso che sia meglio un qualunque scabeccio Disney di Sofia che un film d’autore di successo a Cannes (premio della giuria! Ma cosa s’erano calati?). Lo faccio notare ad alta voce (in realtà rompo le balle fin dai titoli di testa, commentando ogni cosa) e allora papà innervosito esibisce con sicurezza un po’ incrinata le recensioni di non so quanti quotidiani e riviste di cinema. Non mi trattengo: “Ancora Cineforum, leggi?”, e qui lui ha un travaso di bile e alza la voce, stufo. Barbara – che intanto dormiva beata – si sveglia, sente una battuta atroce dallo schermo e prorompe in un tempistico: “E questo cosa cazzo è?”. Papà è in piena crisi isterica, sudato e paonazzo: temo gli venga un infarto e decido di lasciarlo in pace, avendogli già ampiamente rovinato la serata. Il film lo vedo finire in originale, da solo, il giorno dopo. E le cose sinceramente sembrano migliorare. Ma neanche troppo, nel senso che – è vero – ci son delle belle facce e la regia e il montaggio sono nervosi il giusto. Però prevale una messa in scena fredda, senza alcuna compassione e neanche rabbia, dove la bruttura altrui è fotografata con compiacimento. E poi la trama, scusate: mamma ha un nuovo uomo, il simpatico rossocrinito Connor (Michael Fassbender). Sesso e birrazza e Mia che scruta da dietro la porta e si scopre incuriosita dall’irlandese. Il quale dà qualche lezione di vita e incoraggia Mia nella sua passione per la danza. Lei – che nel frattempo ha un sincero flirtino con Bobby, il ragazzo che tiene il cavallo di cui si diceva – intravede una via di fuga in un concorso per ballare in un locale, Connor la sprona e poi – ma chi l’avrebbe mai detto! – alla mamma sfatta e ‘mbriaca preferisce la carne fresca della quindicenne. Alla prima occasione, zac, todo dentro! Viene in un minuto e si pente in 30 secondi. Ovviamente quella cosa là, che senza precauzioni si rimane incinta, da quelle parti deve essere ritenuta leggenda, ma non stiamo a sottilizzare. Connor molla tutto e scappa, ma Mia non ci sta e scopre che il bel tomo tiene pure famiglia e allora rapisce sua figlia (!) e in un comprensibilissimo moto di nervosismo la getta nella foce del Tamigi (!!!). Però poi la recupera e la riporta a casa, beccandosi giusto un ceffone, ché in Gran Bretagna non hanno Chi l’ha visto, evidentemente, e la scomparsa di una bimba viene vista come pura sbadataggine. E poi, siccome Fish Tank non è Flashdance (ma magari, porca Eva, magari!) l’audizione è per ballerine da night scosciate e possibilmente zoccole e Mia rinuncia. Va a cercare la cavalla ma Bobby ammette che l’hanno soppressa. Per cui Mia si fa un bel piantino e decide di andare in Galles con Bobby stesso. Prima, però, ballo finale a casa, con mamma e sorellina. E poi via!, che a Cardiff ci si deve divertire veramente un mondo. E mentre la macchina parte, un palloncino a forma di cuore vola via. Il palloncino a forma di cuore… non ci posso credere. Salutata come erede di Ken Loach, a mio modesto avviso questa regista non si merita altro che una scarica di nerbate con bambù fresco sulla schiena, altroché. (Dvd; 27/12/10)

(Continua – 72)

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Qui le altre puntate di Divine divane visioni

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Divine Divane Visioni (Cinema di papà 07/08) – 64 https://www.carmillaonline.com/2014/11/20/divine-divane-visioni-cinema-papa-0708-64/ Thu, 20 Nov 2014 21:42:54 +0000 http://www.carmillaonline.com/?p=18491 di Dziga Cacace

dvd6401Non stupirti se ti dico che io parlo con le piante, il millepiedi e l’elefante

702 – Il necessario Vogliamo anche le rose di Alina Marazzi, Italia 2008  Un documentario sull’evoluzione del ruolo della donna nella società italiana, tra diritti negati e conquistati e battaglie che non finiscono mai. La formula è intrigante e si sviluppa attraverso tre diari intimi, diversi per estrazione e cultura. Ed è una scommessa difficile: non c’è un personaggio principale cui affezionarsi e bisogna affidarsi a delle voci, senza una presenza fisica tangibile. In compenso l’apparato iconografico è ricco e curioso, utilizzando immagini di [...]]]> di Dziga Cacace

dvd6401Non stupirti se ti dico che io parlo con le piante, il millepiedi e l’elefante

702 – Il necessario Vogliamo anche le rose di Alina Marazzi, Italia 2008 
Un documentario sull’evoluzione del ruolo della donna nella società italiana, tra diritti negati e conquistati e battaglie che non finiscono mai. La formula è intrigante e si sviluppa attraverso tre diari intimi, diversi per estrazione e cultura. Ed è una scommessa difficile: non c’è un personaggio principale cui affezionarsi e bisogna affidarsi a delle voci, senza una presenza fisica tangibile. In compenso l’apparato iconografico è ricco e curioso, utilizzando immagini di pubblicità, dibattiti tivù, fotoromanzi, super 8 privati, filmati militanti, cartoni animati e si perdonano anche alcuni didascalismi per “macchiare” il narrato. Il film è venuto fuori in un momento particolare, durante il consueto e ricorrente attacco ai diritti acquisiti, stavolta guidato dal debordante Giuliano Ferrara, scopertosi feroce antiabortista televisivo quotidiano, ed è sicuramente interessante, necessario e piacevole ma non so quanto riuscito in toto. Nel senso che ha acquisito meriti dovuti anche alla crociata del panzone “però molto intelligente” (viene sempre specificato, mi adeguo anche per evidenziare la manica di coglioni che gli vanno dietro) ma questo non può e non deve diventare uno dei pregi di Vogliamo anche le rose (titolo bellissimo). A me manca una regia un po’ più forte e mi rimane l’impressione di un collage stimolante, dove però viene fuori la consueta distanza dal pubblico: nessuna didascalia, nessuna contestualizzazione esplicita, tutto affidato alla tua capacità di leggere le immagini e fare le giuste connessioni. Okay, non ti obbliga nessuno a coccolare così lo spettatore, però… ecco, io vorrei che un film così fosse popolare, visto da tanti, non solo dagli ultimi cittadini di sinistra rimasti, magari donne (sui “democratici” non conto più da mo’, sono scomparsi), se no fa solo venire la lacrimuccia alla femminista nostalgica e un ghigno feroce allo stronzo maschilista (che mai il film lo guarderà) e finisce lì, come tante buone intenzioni. La regista ha scelto una cifra sommessa, ammirevole in epoca di urlate mediatizzate e provocazioni continue, ma il risultato alla fine mi sembra più consolatorio che efficace, insomma. La parte più incisiva è paradossalmente l’ultima, slegata dal destino individuale delle tre voci ascoltate fino a quel momento, ma in realtà patrimonio di tutte e tutti: una carrellata delle battaglie sostenute e vinte e oggi messe in discussione, che nella sua semplicità è quasi emozionante. Film molto dibattuto sui media (anche perché la Marazzi è in gamba, parla bene e l’intento era doveroso) e spinto dalle tristi vicende politiche nostrane: purtroppo lo hanno visto in troppo pochi. Peccato. (Dvd; 3/6/08)

ddv64 24 Bauer703 – L’annata di pregio 24 – Season Five di Joel Surnow e Robert Cochran, USA 2006
L’ennesima giornata infernale di Jack Bauer. Dopo due serie discrete (meglio la quarta della terza, comunque), una serie di nuovo clamorosa, zeppa di complotti, tradimenti e sorprese, sicuramente la migliore del lotto dopo la sorpresa del primo anno. Tanta azione ma stavolta con fosforo e plot e sub plot di altissima qualità a cascata. I cattivi sono inizialmente dei simil ceceni ai quali, ancora una volta va la mia simpatia di spettatore politicamente consapevole. Però poi la serie prende una piega clamorosa: si va dritti al cuore dell’impero del Male. Il presidente degli USA è un fifone isterico e complessato e gli balla il mento come Nixon quando caccia qualche balla; sua moglie, mezza matta con passioncella alcolica, è in realtà consapevole del consueto complotto interno alla Casa Bianca e nessuno le crede; la congiura è orchestrata alla grande e urla “11 settembre” a più non posso. Certo, uno vede 24 e poi pensa che le teorie della cospirazione siano sempre tutte fandonie. E invece no! Ancora una volta la fiction racconta la realtà meglio di ogni inchiesta e reportage. Solo che gli americani (produttori inconsapevoli e fruitori ipnotizzati) non l’hanno capito e pensano che sia tutto solo entertainment e basta. Cast clamoroso che si arricchisce anche di Peter Weller, Julian Sands, Paul McCrane (il dottor Romano di E.R. ma con le braccia) e – in una parte di 6 secondi non accreditata – pure del futuro candidato repubblicano alla Casa Bianca vera, John McCain, presenza oltremodo inquietante. Ad ogni modo, datemi retta: diamo a Jack Bauer Ustica, Bologna, G8, Italicus, piazza della Loggia, caso Pinelli, 12 dicembre e pure Moggi e vi assicuro che questo risolve tutto in due giorni a dir tanto. Senza neanche farsi una scappata in bagno. (Dvd; giugno e luglio ‘08)

ddv6403704 – L’emozione interrotta di Ortone e il mondo dei Chi di Jimmy Hayward e Steve Martino, USA 2008
In casa siam tutti dietro ad Elena – due settimane -, aspettando che cominci a darci tregua la notte, e allora decido di portare la sorella maggiore, emozionatissima, a vedere il suo primo film nel buio della sala. Ma a metà proiezione Sofia, disillusa, si confessa: “Torniamo a casa, che qui non si riesce a dormire, il volume è troppo forte”. Missione fallita. Del resto avrei dormito anch’io volentieri, ma è vero che c’era un dolby esasperato reso inoltre irritante dall’immotivato doppiaggio di Christian De Sica che butta lì un po’ di romanesco alla maniera sua, troncando le parole da pelandrone, tutto senza motivo se non per appagare chissà quale fan vanziniano, boh. La trama – del mitico dr. Seuss – è lineare: l’elefante Ortone scopre che in un granello di nettare che fluttua nell’aria si nasconde un mondo, quello minuscolo dei Chi (e non so quanto questo fosse chiaro a Sofia): l’allegro mammiferone zannuto s’incarica di salvarlo superando diverse peripezie. Animato freneticamente mi sembra più rivolto ai grandi che ai bimbi, o forse lo penso perché la mia è veramente piccola e io ho preteso troppo. Insomma: sono influenzato dal parere di una treenne e trovo il film piacevole ma non clamoroso, anche se so che meriterà un’altra visione più rilassata. Un giorno. (Cinema Ducale, Milano; 22/6/08)

ddv6402705 – Lo scintillante Eastern Promises di David Cronenberg, USA/Canada/Gran Bretagna 2007
Dovrei parlarvi del film, perché lo meriterebbe: questo La promessa dell’assassino è dritto al punto, con trama perfettamente articolata, dialoghi secchi ed essenziali, una fotografia che è spettacolare e degli attori in parte (Naomi Watts morbida e intrigante, Viggo Mortensen maschissimo). Dovrei parlarvene perché capita raramente un film così riuscito e che, dopo più di una delusione, ha fatto risalire Cronenberg nel mio personale ranking. Dovrei, lo so, ma son stravolto da troppo poco sonno e troppo tanto Springsteen ieri sera. Sono andato a San Siro già scosso dalle ultime notti in bianco (la neonata Elena ha un curioso modo di vivere l’oscurità), con una congiuntivite appena esplosa e con cosce del turista irritate. E cosa ti imbandiscono Bruce e la sua E Street Band? Una performance oceanica, incurante di multe promesse in caso di sforo sull’orario, con una Twist and Shout finale da maratoneti del rock. Io – temo – non ho veramente più l’età per tutto ciò. (Dvd; 26/6/08)

ddv6405706 – Balliamo? Con Happy Feet di George Miller, Australia/USA 2006
Quando la giornata volge al termine, prima che calino le ombre della sera, ci sta un Dvd con Sofia. Magari a pezzetti, ma tivù niente. Ci pensano già quei fedifraghi dei nonni, noi no: lavoro nell’Inquisizione e so quali danni faccia. E poi non abbiamo Sky, coi canali tematici lardellati di pubblicità pericolosissime (“Papà, io devo avere Baby Amore”, il pupazzo che caga e piscia, non bastasse l’Elena vera che già abbiamo). Per cui vediamo un film che solo a posteriori scopro da chi è stato fatto: il regista di Mad Max che è tornato dietro la cinepresa per dedicarsi ai bambini con una sorta di musical in computer grafica. E ci ha vinto un bell’Oscar. Un carpiato pazzesco, come se Berlusconi si arruolasse nell’EZLN in Chapas e poi trionfasse al Nobel per la pace. Però, devo dire: film divertente e pieno di idee, animato in maniera perfetta con una regia che predilige movimenti (virtuali) di macchina al montaggio, senza frenesie fuori luogo. Protagonista è Mambo, un pinguino imperatore che a differenza dei suoi simili non canta ma preferisce ballare (e le coreografie sono eccezionali!). Cacciato dalla comunità conservatrice, intraprende il classico percorso iniziatico che lo porta a conoscere il mondo (gabbiani stercorari mafiosi, foche assassine, leoni marini puzzolenti, altri pinguini danzerecci, fino agli uomini, i temibili alieni che minacciano l’Antartide) sinché non torna a casa: e secondo voi come va a finire? L’epilogo è pacifico e surreale e si può sopportare di fronte al messaggio ecologista. Film a più livelli, molto denso, che dà piacere a tutte le età e a tutti i gradi di competenza musicale, con belle cover adattate. Sofia s’è divertita abbastanza, senza grandi spaventi (“Tanto finisce bene, no?”), anche se abbiamo dovuto spiegarle che l’uomo è cattivo etc. etc. e frega il cibo ai poveri pinguini. “Ma io non sono cattiva!”. Eeeh… tipico rifiuto delle responsabilità collettive. Ma a tre anni non si può pretendere troppo, o no? Bel filmetto, ‘anvedi. (Dvd; 1/7/08)

ddv6406707 – L’illusorio Red e Toby nemiciamici di tre tizi, USA 1981
Film disneyano del periodo di crisi, all’alba degli Ottanta: c’è incertezza registica (Art Stevens, Ted Berman e Richard Rich, due ultra sessantenni vecchia scuola e un trentenne) e grafica e una vicenda “antica” e sempliciotta a fronte di tutta un’evoluzione del genere. Dunque, per farla breve: nel profondo paese interno yankee con cretinismo campagnolo annesso, volpe e cane sono amici da piccini ma nemici da grandi, secondo l’istinto naturale. Finisce bene in spregio di ogni considerazione etologica, turlupinando il pubblico infantile. Musica country and western e melense song, animazione classica, trama lineare, montaggio disteso, morale rassicurante. Esattamente per bambini. A Sofia piace e la rilassa dopo le convulsioni tersicoree di Happy Feet. Io lo sopporto, ma non l’han fatto per me, è chiaro. (Dvd; 8/7/08)

Cronache del pre-Bomba
dvd6407Se non lo scrive, non esiste.
Sarà che non dormo da due mesi, ma ormai devo scrivere ogni cosa. Ma non solo per raccontare la mia vita in scala 1 a 1, proprio per ricordarmi ogni cosa che devo fare. Ci manca che mi segni sul taccuino “vai in ufficio”, “mangia”, “caga”. E devo appuntarmi anche tutti i bagliori di memoria: se queste cose non le segno ora, adesso, subito, non le recupererò più.
Per cui eccovi una veloce Cronaca di prima che diventassi una palla di lardo, per nervoso e golosità compulsiva incurabile. Siamo negli anni Settanta più profondi e io sono in piazza Ragazzi del ’99, a Genova, in un cinema che oggi è diventato un supermercato. Non so come, ma son finito lì per una proiezione gratuita del pessimo Tarzan in India con protagonista un biondone col torace enorme (scopro ora il suo nome: tale Jock Mahoney). Tra i due tempi di un film la cui evidenza come vaccata era chiara anche ai miei 7/8 anni, una cinevendita infinita – giuro – di pentolame assortito. Come ci ero capitato a ‘sta cosa? Ricordo che in quegli anni ti arrivavano cartoline o telefonate a casa in cui ti proponevano di andare a ritirare un regalo per il tuo compleanno e allo stesso tempo provavano a venderti un’enciclopedia. Mia madre avrà letto che c’era una proiezione gratis e allora… sai, da genovesi…
Del resto erano tempi di ingenuo marketing e zero privacy.
Più o meno come adesso: mi chiamano a tutte le ore sul telefono di casa per propormi magiche offerte per ogni operatore telefonico. Siccome non sono sull’elenco da sempre, stanno utilizzando il numero del vecchio inquilino, ma non di rado sanno anche il mio nome. La prima volta sono cortese ma con una punta di fastidio, la seconda irritato, la terza sbotto e bestemmio come un camallo: chi cazzo vi ha detto chi sono?
E qui il colpo di genio. Loro, però: “Non glielo posso dire per rispetto della privacy”! Aaargh!
Chiamo ‘sto benedetto Garante della privacy, l’authority che dovrebbe difendermi dalla pubblicità invasiva, tra le altre cose (presieduta da tale Francesco Pizzetti che guadagna per il disturbo 289mila euro all’anno, misero), e il gentilissimo operatore telefonico mi invita a iscrivermi al Registro delle opposizioni. Siccome siamo in un paese medievale sono dunque io che devo specificare che nessuno mi rompa i coglioni a casa, non loro a non doverlo fare. Come se sul portone di casa ci dovesse essere una targhetta: “Non gradisco furti in casa”, se no è lecito entrare e rubare quel che si può. E perché non girare per strada con la t-shirt con scritto “Non inculatemi” sulla schiena, allora? Vabbeh. Ci metto venti minuti a far capire all’operatore che non posso iscrivermi al Registro, perché NON sono sull’elenco telefonico. Compreso – ma dopo un po’ – il Comma 22, subentra il silenzio. Poi la soluzione: compilare una protesta dove devo specificare tutti i dati sensibili possibili, pure con gli estremi della carta d’identità, ci mancano giusto il peso, il deodorante che uso (Neutro Roberts, banale, lo so) e il curriculum studi.
Insomma: il Garante garantisce quelli da cui dovrebbe difendermi. Rinuncio rodendomi il fegato. E poi non dormo. E devo segnarmi tutto.
dvd6408Giusto, dov’ero rimasto? Ah, sì: ritorno al passato, fine anni Settanta: La gang dei Dobermann in un cinema di corso Buenos Aires, sempre a Genova, con mia nonna Franca che chissà come aveva scelto quel titolo. Anche quella sala oggi è un supermarket e il thriller canino da straculto – lo ricordo nitidamente – faceva cagare a spruzzo anche uno di bocca buona come me.
E poi non so più il titolo di un film che ho visto al parrocchiale di Casella, nell’entroterra genovese vicino a Busalla (dove, in quegli anni, mi beccai anche il flaccido I due superpiedi quasi piatti con Bud e Terence e il colonialista La conquista del West, in bianco e nero). Quello di Casella era invece un western fossile – tipo anni Sessanta – che finiva con l’arrivo del Settimo cavalleggeri a salvare qualcuno catturato dagli apache cattivi. Ricordo ancora i colori vivissimi, la grotta dove stavano i prigionieri e l’eroico trombettiere (era forse di colore? Mi ha influenzato Hollywood Party?) che riusciva a dare l’allarme per non fare cascare i suoi commilitoni in un’imboscata…
Ecco, quel titolo, purtroppo, è perso per sempre: non posso più scrivermelo.

dvd6409709 – L’ennesimo classico: Gli Aristogatti di Wolfgang Reitherman, USA 1970
E anche qui, come in Ortone c’è un personaggio, il gatto Romeo, che – non si sa bene perché, o meglio sì: per qualche astuzia dei traduttori creativi – parla romanesco (con la voce di Renzo Montagnani). E poi il quadro è stato tagliato dagli originali 7:4, come se non fosse possibile vederselo (se siete dei deficienti) autonomamente in 16:9, zoomando sull’immagine, preservando però la ratio per chi vuole vederselo così come il film era stato fatto. Il concetto di composizione dell’immagine evidentemente sfugge alla Disney, anche in un’edizione deluxe come questa: che grossissime teste di. Vabbeh. Per fortuna Sofia non lo sa e gode di questa simpatica avventura e io non sporgerò denuncia al Telefono Azzurro. Mi attacco a ‘ste cose perché sono fuso come la colata di un altoforno e non mi faccio un sonno filato da cinque ore da almeno due mesi e mezzo e la famosa svolta del settantesimo giorno di cui blaterano i pediatri non esiste, credetemi. Comunque, dette queste cose assolutamente fondamentali, il film è caruccio. Semplice semplice, con un’architettura classista che faccio finta di non notare (ma se mi metto anche a pensare a Dorfman e Mattelart e al loro Come leggere Paperino allora è la fine), è ricchissimo cromaticamente e pittoricamente, con sfondi parigini Belle Epoque deliziosi. Tratto anni Sessanta, qualche zoom (era il periodo, del resto, in cui lo si utilizzava di più anche nel cinema non d’animazione), belle caratterizzazioni e scatenata musica dixieland (che non c’entra nulla a Parigi, ma non importa). (Dvd; 19/7/08)

dvd6410710 – Di corsa assieme a Balto di Simon Wells, USA 1995
Gradevole filmetto spielberghiano che Sofia molto apprezza. Si ispira alla corsa sulla neve di una squadra di cani che nel 1924 portò di gran carriera un medicinale a Nome, Alaska, salvando così molti bimbi da una morte per difterite. Quando una vicenda si ispira a un fatto reale è evidente che l’hanno stravolta per fini cinematografici, ma al Central Park di New York c’è effettivamente un monumento al cane Balto che guidò la spericolata corsa tra i ghiacci. Animazione tradizionale, cast “disneyano” (animali umanizzati, antagonista cattivo con coprotagonisti comici, storia d’amore, uomini di contorno), buon ritmo, narrazione semplice e diverse ideuzze rubate poi da L’era glaciale (ne conto almeno quattro). Prologo e finale con sorpresa filmati dal vero e non particolarmente riusciti. Buonino. (Dvd; 28/7/08)

dvd6411711 – Estate animata con Alla ricerca di Nemo di Andrew Stanton, USA 2003
Niente di nuovo da dichiarare rispetto a quanto già blaterato alla prima visione (vedi qui). Ora l’interesse è vedere la reazione della pupattola: è molto più affamata di cinema di me, ha l’hard disk vuoto e soprattutto è decisamente più sveglia. Coglie particolari e significati che ormai al mio occhio cinico e – vista anche l’ambientazione marina – giustamente da triglia, sfuggono. Me li passa e io puntualmente dimentico, tanto che adesso non ho nulla da scrivere. Comunque ha apprezzato, anche se rispetto agli altri film visti quest’estate è un po’ più difficoltoso (due vicende parallele abbastanza articolate, molti episodi, troppe ambientazioni) e non so se lei riesca a comprenderne il disegno generale: le piace ma non lo richiede – per fortuna – nei giorni successivi alla prima visione. Ci sarà un motivo, no? (Dvd; 1/8/08)

dvd6412712 – E ancora: Le avventure di Bianca e Bernie di tre vecchie volpi, USA 1977
L’aristocratica Bianca e il proletario Bernie volano a recuperare un’orfanella rapita, passando da una New York cosmopolita e moderna a un sud fangoso popolato da assortito white trash. Fiaba carina e ritmata e progetto che risente un po’ dell’indecisione Disney anni Settanta: le musiche, il montaggio e anche il tratto del disegno non rispondono mai – secondo me – a un progetto forte, unitario, ma sembrano sempre un po’ a cavallo tra classicismo e rinnovamento. La regia era di tre veterani di Burbank (Wolfgang Reitherman, Art Stevens e John Lounsbery, morto a lavorazione in corso) e il film sbancò il botteghino. A Sofia è piaciuto, ovviamente, nonostante sia molto dark e abbastanza tensivo. A me sembra un’occasione persa, anche perché l’ambientazione nelle paludi del sud degli States poteva essere veramente spunto per un sacco di cose che rimangono solo a livello embrionale: c’è giusto una gag sulla grappa bootleg esplosiva, ecco. Un po’ poco, ma anche qui le visioni ripetute e il sorriso stampato sulla faccia di mia figlia mitigano il giudizio. Tagliato arbitrariamente in widescreen ad usum yankeebus coglionibus. (Dvd; 14/8/08)

dvd6413713 – L’insostenibile fracassamento genitale di Anna dai capelli rossi, Giappone 1979
La nonna Claudia regala alla nipotina i primi due episodi di questo seriale giapponese di fine anni Settanta e la visione risulta devastante: un cagamento di cazzo mai visto. America di inizio secolo, direi: Anna è un’orfana macrocefala e rossocrinita, una stracciacoglioni di livello galattico che per errore viene mandata ad una coppia adottiva (fratello e sorella anziani) che però voleva un maschio che li aiutasse nei campi. Il primo episodio consta praticamente di tre scene. In una la signora Cuthbert racconta a un’altra comare perché vuole adottare un bambino ed è un realistico conciliabolo tra due vecchie zitelle rimbambite che ripetono le cose più volte. Ci mancava giusto la gag della sordità per allungare la broda e giuro che non avrebbe stupito. La seconda scena vede il signor Cuthbert che in stazione attende il ragazzo, con di fianco Anna che aspetta. Silenzio e attesa per qualche minuto fino al reciproco riconoscimento. Infine, nell’ultima scena, eterna ed esiziale, la strana coppia si dirige verso casa e praticamente il viaggio in calesse è in tempo reale: una dozzina di minuti di commenti estatici della cretina dai capelli rossi che vede la campagna, i fiori e i colori, e orgasma tutto il tempo. Col povero Cuthbert che dovrebbe affezionarsi a ‘sta rompiballe petulante, logorroica e perbenista. Sofia l’ha guardato distraendosi continuamente e io mi volevo sparare una rivoltellata: questo non è un cartone animato, è un Sinflex grosso come una boccia da bowling. Al confronto un film di Ozu sembra un action movie e consiglierei l’uso di questo Dvd in sala operatoria perché io non ho mai provato un anestetico così potente. Micidiale e firmato, secondo l’IMDB, da Hayao Miyazaki come scene design e layout: non so bene cosa significhi, se non che anche lui è coinvolto in questo disastro e la cosa mi inquieta molto. Sigla di Albertelli e Tempera scopiazzata impunemente da Boney M., musicalmente gradevole ma un po’ insensata a livello di testo. Non andiamo oltre le prime due puntate, comunque: come Lubitsch, vogliamo vivere! (Dvd; 16/8/08)

dvd6414716 – L’improbabile Sognando Beckham di Gurinder Chadha, USA/Gran Bretagna/Germania 2002
Concludo l’annata scolastica 07/08 con un film da grandi. Per modo di dire, visto che si tratta di una commedia giovanilistica, ma sembro un recluso di Guantanamo, esaurito dalla deprivazione del sonno e dai continui cartoni animati, e mi berrei qualunque sbobba. La Rai m’è venuta incontro con questo filmetto commerciale, politicamente corretto e completamente implausibile. Keira Knightley e Parminder Nagra, una ragazza di origine indiana, giocano a pallone: le due faranno strada nonostante opposizioni familiari e la rivalità in amore nei confronti dell’allenatore, il plasticoso Jonathan Rhys-Meyers. Che, e qui si tocca il sublime, preferisce l’immigrata alla Knightley, nello splendore dei suoi vent’anni, gnocca come non mai. E vabbeh, buoni sentimenti e cinema permettono queste fantasie folli (sono semplicemente innamorato di Keira e molto geloso). Commediola multirazziale ruffiana, ben congegnata e con aberrazioni calcistiche degne di Holly e Benji. Ma in una sera d’estate, distrutti dalla figliolanza e con troppissimo sono arretrato, si può vedere. Prima di crollare, fino al primo risveglio verso l’una circa, maledizione. (Diretta su RaiUno; 30/8/08)

(Continua – 64)

Qui le altre puntate di Divine divane visioni

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