Gianni Emilio Simonetti – Carmilla on line https://www.carmillaonline.com letteratura, immaginario e cultura di opposizione Thu, 21 Nov 2024 22:19:34 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.9.26 Dal situazionismo di Agaragar alla teoria della complessità. Intervista a Mario De Paoli https://www.carmillaonline.com/2023/05/30/dal-situazionismo-di-agaragar-alla-teoria-della-complessita-intervista-a-mario-de-paoli/ Tue, 30 May 2023 20:00:45 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=77233 di Marc Tibaldi

Della rivista Agaragar, diretta dal filosofo Mario Perniola, dal 1970 al 1972, uscirono 5 numeri, 3 per Silva Editore e 2 per Arcana Editrice (nel 2020 sono stati ripubblicati da PGreco). Agaragar è stata una rivista nata dall’incontro, con il movimento situazionista, in particolare con Guy Debord, con cui Perniola aveva instaurato un rapporto di amicizia e un confronto. Negli anni ’60, Perniola era entrato in contatto in Francia con il movimento studentesco e con le ultime propaggini del surrealismo, diventando uno dei primi a far approdare in Italia [...]]]> di Marc Tibaldi

Della rivista Agaragar, diretta dal filosofo Mario Perniola, dal 1970 al 1972, uscirono 5 numeri, 3 per Silva Editore e 2 per Arcana Editrice (nel 2020 sono stati ripubblicati da PGreco). Agaragar è stata una rivista nata dall’incontro, con il movimento situazionista, in particolare con Guy Debord, con cui Perniola aveva instaurato un rapporto di amicizia e un confronto. Negli anni ’60, Perniola era entrato in contatto in Francia con il movimento studentesco e con le ultime propaggini del surrealismo, diventando uno dei primi a far approdare in Italia le tesi del movimento situazionista proprio su Agaragar. Il pensiero che Perniola elabora in quegli anni resterà nelle sue riflessioni con l’attenzione a rilevare le contraddizioni e la complessità della società dello spettacolo. Co-fondatore di Agaragar, assieme a Perniola, fu Mario De Paoli che, dopo la fine della rivista, ha continuato la sua ricerca sviluppando – in una serie di pubblicazioni – una originale teoria della complessità che tiene assieme l’analisi dell’evoluzione dei processi sociali e l’analisi della dinamica dei processi psichici. La sua ricerca merita di essere conosciuta, per questo siamo andati a intervistarlo. De Paoli, nato a Dolo, Venezia, nel 1940, vive a Padova, città dove si è laureato prima in chimica e poi in fisica e dove ha insegnato al liceo scientifico Eugenio Curiel.

Ci racconta innanzitutto come ha conosciuto Mario Perniola e come è nata la rivista Agaragar?
Ci conoscemmo durante il servizio militare, a Padova, fine anni ’60. Avevamo da poco terminato gli studi universitari, scientifici io e filosofici lui, nonostante le diverse formazioni c’era una sensibilità culturale in comune e dopo aver letto un mio studio (che sarà pubblicato sul terzo numero della rivista con il titolo: “Economia commerciale e linguaggio razionale: denaro e logos”), mi propose di partecipare all’elaborazione di Agaragar. Lui in quegli anni stava elaborando gli studi che confluiranno poi in L’alienazione artistica, che ritengo sia ancora uno dei suoi libri migliori. Nel primo anno eravamo solo noi due in redazione, lui si occupava anche dei rapporti con l’editore Silva. Con Perniola avevo punti in comune e alcune diversità. Lui partiva dalla questione dell’alienazione artistica, in cui considera la separazione di una realtà senza significato nell’economia politica e di un significato senza realtà nell’arte. Questa separazione si è accentuata nel Rinascimento con la separazione tra arte e artigianato. Separazione che è significativa per l’inizio della frattura tra produzione materiale e produzione immateriale. Separazione decisiva per capire che il capitalismo ha agito non solo a livello della produzione materiale, ma anche a livello linguistico/immateriale. Era importante considerare lo sviluppo del capitalismo a livello di controllo della produzione materiale ma anche nella produzione immateriale: nella letteratura, nei processi psichici, nella scienza. Bisogna ricordare che Perniola su Agaragar porta anche una critica al situazionismo. I situazionisti consideravano solo un lato della separazione tra realtà e significato, non riconducevano alla realtà il significato dei processi linguistici, bisognava invece ricomporre questi due aspetti.

Perniola, in Del terrorismo come una delle belle arti (Mimesis, 2014), uno dei suoi ultimi libri, dedica un capitolo all’avventura di Agaragar, e racconta anche di un vostro incontro con Debord. Aveva già letto i situazionisti prima di conoscere Perniola?
No. Conoscevo bene il pensiero della Scuola di Francoforte. Nelle mie riflessioni sul nesso fra capitalismo commerciale e linguaggio razionale avevo in mente Adorno e Horkheimer che, in Dialettica dell’illuminismo, descrivono Ulisse come il primo ‘Illuminista’ che usa il linguaggio per avere un vantaggio.
Andammo a Bruxelles a conoscere Guy Debord e Raoul Vaneigem. Debord non ci accolse in modo molto affabile. Ci portò a giocare a calcetto. Graziella, la simpaticissima moglie di Perniola, di nascosto continuava a fare degli sberleffi a Debord, sostenendo che era antipatico e borioso. Molto meglio andarono le cose con Vaneigem, molto simpatico. Ricordo in particolare una discussione in una birreria in cui gli feci notare che “l’immaginazione al potere” era quella del capitalismo che controllava la produzione di informazione.

Negli anni in cui progettavate la rivista, c’erano almeno altre due persone in Italia che seguivano da vicino il situazionismo, si tratta di Giorgio Agamben e Gianni-Emilio Simonetti. Avevate rapporti con loro?
Simonetti non l’ho mai conosciuto. Agamben era amico di Perniola, ricordo che andammo a fargli visita in una sua tenuta, vicino a Roma. Agamben insistette perché provassi a montare un cavallo che diceva mansueto e che invece mi coinvolse in un galoppo sfrenato. Durante il mio soggiorno nella casa romana dei Perniola, in occasione del mio scritto L’educazione come processo produttivo, appesi un poster che raffigurava la Lupa Capitolina con uno dei gemelli che sputava il latte, e vi apposi sotto la scritta “bambini di tutto il mondo unitevi”. Una mattina Graziella, la simpaticissima moglie di Mario, mi fece credere che il Perniola aveva sognato che lui era Marx e io ero Engels. Racconto questi aneddoti perché evidenziano i détournement giocosi del gruppo.
Nel primo anno eravamo solo noi due in redazione, Perniola si occupava anche dei rapporti con l’editore Silva. La collaborazione tra di noi non è continuata oltre i primi anni ’70 ma, ma nonostante i nostri percorsi culturali abbiano avuto una divergenza di interessi, filosofici lui, scientifici io, questo non ha intaccato la nostra amicizia e nel corso degli anni, abbiamo continuato a sentirci, scambiandoci alcuni dei libri che pubblicavamo.

Come venne accolta Agaragar nel dibattito ideologico di quegli anni? Suscitò discussioni?
Il dibattito culturale, il confronto e la critica erano molto serrati negli anni ’70 perché proprio in quelli anni si profilava un cambiamento di paradigma nel modo di produzione del capitale (la transizione dal fordismo al toyotismo iniziò nel 1976). Ma, mentre il capitale finanziario combinava in una nuova sintesi produzione materiale e produzione immateriale, i vari movimenti di sinistra rimanevano divisi fra loro, oscillando fra gli estremi dell’operaismo e del situazionismo. Agaragar proponeva una ‘sintesi sociale’ alternativa a quella proposta dal capitale. La rivista fu accolta con un certo entusiasmo, ma fu anche fraintesa. Per fare un esempio: Giuseppe Sertoli, redattore di Nuova Corrente (che in quegli anni era un’importante rivista di letteratura e filosofia. n.d.r.), mentre si dichiarava in perfetto accordo con gli scritti di Perniola, criticava aspramente i miei scritti sul primo numero della rivista. Perniola ed io gli rispondemmo con una lettera di quattro pagine in cui affermavamo l’importanza della nostra ricerca di una nuova sintesi sociale. Ritenevamo, inoltre, che fosse necessaria un’analisi storico-critica del rapporto fra scienza e capitale. Nel 1972 (all’epoca della guerra del Vietnam) partecipai ad un convegno internazionale di storia della scienza in cui diversi fisici, fra i quali Paul Dirac, prendevano atto di ‘una massiccia soggezione della scienza al capitale’, iniziata con il Progetto Manhattan per la costruzione della bomba nucleare.

In Agagar lei ha impostato la critica del materialismo dialettico di Marx, che non considera il carattere genetico-strutturale dei processi psico-linguistici e la sintesi sociale costituita dall’evoluzione parallela di strutture economiche e strutture linguistiche.
Si. In L’educazione come processo produttivo (Agaragar n.2, 1970) mi sono posto il problema della genesi sociale. Data la forte dipendenza dalle cure parentali e una rimarchevole capacità di apprendere tramite l’esperienza, l’evoluzione biologica della specie uomo si estende in un’evoluzione sociale mediata da un processo educativo. Un sistema di segni che media socialmente la relazione uomo – natura diviene così un ‘codice genetico’ di specifiche società umane intese come ‘specie semiotiche’. Un’ ipotesi simile, del prolungamento dell’evoluzione biologica nell’evoluzione sociale, veniva poi formulata dal biologo evoluzionista Stephen Jay Gould nel saggio Ontogeny and Phylogeny (Belknap Press of Harvard University Press, 1977). In Economia commerciale e linguaggio razionale: denaro e logos (Agaragar n.3, 1971) mi sono poi posto il problema della sintesi sociale considerando l’evoluzione parallela ‘isomorfa’ di determinazioni formali della politica economica e del linguaggio razionale nella società greca classica. Una correlazione simile fra linguaggio ed economia nella polis greca era stata evidenziata dal filosofo Sohn-Rethel In Lavoro intellettuale e lavoro manuale: per la teoria della sintesi sociale (Feltrinelli, 1977), ma allora non conoscevo le sue ricerche, non erano ancora state tradotte.

Dopo aver collaborato con Perniola, come è continuata la sua ricerca?
Dal 1973 al 2005 ho insegnato matematica e fisica al Liceo scientifico Eugenio Curiel di Padova, dove sono stato promotore dell’introduzione della storia della scienza nella didattica e fra gli organizzatori e i relatori del Progetto Ipazia per la promozione della cultura scientifica nei licei. In quel periodo ho scritto i saggi Rivoluzioni parallele isomorfe. Copernico, Ariosto e Josquin de Prez (pubblicato poi da Aracne nel 2015), in cui evidenzio la sintesi sociale fra gli ambiti economico, cosmologico, letterario e musicale all’ epoca della costituzione dello Stato politico moderno e Modelli dinamici dell’evoluzione della civiltà urbana (pubblicato poi da Aracne nel 2022), in cui considero la genesi sociale del capitalismo. Nel 2018 ho scritto poi un saggio conclusivo dal titolo Capitale finanziario e populismo. La scienza nell’ evoluzione del capitale (Aracne, 2020), in cui considero l’evoluzione parallela di economia politica e scienza nelle tre fasi fondamentali dell’evoluzione del capitale. 

Parallelamente, assieme allo psichiatra e psicoanalista Alessandro Pesavento, ha sviluppato una teoria dei modelli di processi psicolinguistici.
Sì, dal 1987 al 2001 ho collaborato con Pesavento allo studio delle successioni di ‘stati dell’Io’ nelle narrazioni oniriche di un paziente in analisi. Abbiamo pubblicato assieme Un modello probabilistico del processo onirico e la sua applicazione ai sogni prodotti in analisi (Bollati Boringhieri, 1992), poi La signora del piano di sopra. Struttura semantica di un percorso narrativo onirico (Aracne, 2013). Una prima formulazione del secondo saggio era stata proposta ad un convegno di psicoanalisi tenutosi a Trieste nel 1999. Dal 2001 al 2020 mi sono dedicato allo studio delle neuroscienze e all’ applicazione alle reti neurali della teoria della biforcazione dei punti critici di sistemi non-lineari aperti in non-equilibrio. Ho elaborato un modello delle reti neurali corticali coinvolte nella dinamica del Sé: Self’s Splitting and Self-Other Identification. A phase transition model, che ho esteso poi ad un modello pubblicato in un saggio dal titolo Brain Dynamics for Goal-Directed Social Navigation. A non-linear statistical model of consciousness (Aracne, 2021).

Mi piacerebbe che ci approfondisse la presentazione delle tesi articolate in Capitale finanziario e populismo. La scienza nell’ evoluzione del capitale.
Questo saggio si propone una riconsiderazione critica delle fasi dell’evoluzione del capitalismo, e della scienza ad esso associata, nell’ epoca in cui questo sembra ormai giunto ad una fase ‘terminale’ della sua evoluzione, con il predominio sull’intero ciclo dell’economia e con uno sfruttamento esaustivo delle risorse naturali, oltre che umane, difficilmente sostenibile a livello di ecosistema. Verso la fine del XX secolo, è avvenuta una transizione dal modo di produzione fordista del capitale monopolistico al modo di produzione toyotista del capitale finanziario delle multinazionali. Due classi di fenomeni sono associate a tale transizione.

Quali sono queste due classi?
Una prima classe, evidenziata da Marco Revelli nel saggio Economia e modello sociale nel passaggio tra fordismo e toyotismo, in Appuntamenti di fine secolo (manifestolibri, 1995), comprende: una forte competizione fra capitalisti, dovuta all’ esaurimento delle risorse naturali e alla saturazione dei mercati, cui consegue una permanente imprevedibilità dei mercati; il predominio della speculazione del capitale finanziario (liquido) sull’ investimento del capitale industriale (fisso) e di un’economia multinazionale sulla politica nazionale, con conseguente crisi della politica; e infine l’asservimento della scienza al capitale e un uso di tecnologie sofisticate per il controllo globale dell’informazione cui corrisponde la parcellizzazione e precarizzazione delle capacità produttive umane (e un aumento delle diseguaglianze sociali). Una seconda classe, solo in parte evidenziata da Byung-Chul Han, in Psicopolitica (Nottetempo, 2014), comprende: la disgregazione dei vincoli sociali tradizionali e lo sfruttamento intensivo della libertà di scelta individuale allo scopo di aumentare la produzione e lo scambio di informazione a livello globale; un’estensione dalla produzione materiale alla produzione immateriale con conseguente alienazione nell’informazione del significato delle merci; e infine la costituzione di un nuovo asse delle opposizioni [populismo – neoliberalismo] che si combina con il vecchio asse [destra – sinistra] dei poli politici nel comporre il quadrato delle opposizioni di un nuova logica in cui, più che il valore di verità degli enunciati, è essenziale l’informazione comunicata da questi. Inoltre, nella prima parte del saggio, oltre ad analizzare il nesso fra queste due importanti classi di fenomeni psico-sociali, propongo: un modello matematico che evidenzia una transizione al caos nel caso della valorizzazione del capitale in ambiente con risorse limitate e un modello logico che evidenzia il carattere informazionale del quadrato delle opposizioni dei poli politici.

Nella seconda parte del saggio viene proposto un superamento della critica marxiana dell’economia politica.
Questa è adeguata all’analisi della produzione materiale del capitale industriale, ma non all’analisi della produzione immateriale del capitale finanziario, che sfrutta le capacità umane di comunicazione e di consumo oltre che di produzione. Marx non considera tale sintesi sociale e il fatto che l’alienazione nell’ informazione del significato connesso al valore d’ uso richiede una ridefinizione del valore di scambio. Per far ciò è necessario integrare il rovesciamento della dialettica hegeliana con una critica della teoria kantiana della conoscenza e risalire all’origine storica della politica e delle determinazioni formali dell’economia.

Lei formula l’ipotesi che la logica della politica e le determinazioni formali di valore d’ uso e di valore di scambio si siano formate all’ interno di una confederazione di città-stato greche, con lo sviluppo della proprietà privata della terra e con lo scambio commerciale, mediato dalla moneta di conio, dei prodotti in eccedenza ottenuti con la divisione del lavoro agricolo.
Sì, scopo della politica nella costituzione della polis era garantire per legge (logos), l’incorruttibilità della moneta di conio e l’inalienabilità della proprietà privata e stabilire con un’argomentazione logica la verità della proposizione “il soggetto gode / non gode di una certa proprietà” in base a un principio di non contraddizione. Ma compito della politica era anche, secondo Aristotele, fare in modo che il ciclo Merce-Denaro-Merce, i cui limiti sono fissati dal nesso fra produzione e consumo, prevalga sul rovesciamento nel ciclo Denaro-Merce-Denaro’ del capitale commerciale, in cui l’accumulazione di plusvalore consiste nel comperare merci nei luoghi in cui sono comuni per venderle a prezzo più alto nei luoghi in cui sono rare. Ciò dimostra che Aristotele aveva chiara la distinzione fra il valore d’uso di una merce per il consumatore e il valore di scambio di una merce per il mercante.

In questo libro sostiene anche che nell’ evoluzione del capitalismo si possono distinguere tre fasi.
Sì. Nella fase della proprietà privata fondiaria e del capitalismo commerciale, si ha il predominio della politica sull’economia, la separazione del consumatore dal produttore con la divisione del lavoro agricolo e il predominio del consumatore che definisce il valore d’ uso della merce (mentre il valore di scambio è dato dalla sua rarità). Con lo sviluppo del capitalismo industriale si ha un equilibrio fra potere politico e potere economico, la divisione del lavoro nella fabbrica e la determinazione del valore di scambio come lavoro accumulato. Invece nella fase del capitalismo finanziario si ha il predominio dell’economia sulla politica, una produzione insieme immateriale e materiale, la connessione fra significato e valore d’uso della merce e la determinazione del valore di scambio come informazione accumulata. Claude Shannon introdusse nel 1949 una misura probabilistica dell’informazione contenuta in un messaggio sulla base del numero di scelte fra alternative necessarie ad eliminarne l’incertezza: essendo la formula dell’incertezza eguale a quella dell’entropia, la determinazione soggettiva di incertezza e quella oggettiva di entropia vennero equiparate fra loro. Nel lavoro si ha, in particolare, un trasferimento di energia a bassa entropia con la produzione materiale di informazione. L’informazione è quindi un’estensione del lavoro alla produzione immateriale.

In un passaggio finale parla dell’entropia ambientale e dell’incertezza sociale che caratterizzano questo momento storico…
L’evoluzione della civiltà urbana consiste nell’auto-organizzazione di sistemi sociali sempre più complessi con lo sviluppo delle capacità umane di produzione e di comunicazione. Tale evoluzione è caratterizzata, da un lato, da un aumento progressivo dell’informazione incorporata da un ristretto gruppo sociale che domina l’intera società, dall’ altro da un aumento progressivo dell’entropia e dell’incertezza diffuse, rispettivamente, nell’ambiente e nel resto della società, dato lo sfruttamento sempre più intensivo sia delle risorse naturali che delle capacità umane. Nell’ evoluzione della civiltà urbana si possono distinguere tre grandi ere in cui si alternano, con un periodo di circa 900 anni, il predominio delle civiltà occidentali e quello delle civiltà orientali. Lo sviluppo del capitalismo e della scienza, che caratterizza l’evoluzione della civiltà occidentale, è alla base del suo predominio a partire dal XVI secolo. Nella seconda parte del saggio viene evidenziata la corrispondenza biunivoca di determinazioni formali dell’economia politica e della scienza, nelle tre fasi di evoluzione parallela del capitalismo e della scienza, evidenziando il progressivo asservimento della scienza al capitale.

L’analisi di queste forme di potere l’ha portata anche a individuare e/o proporre nuove possibilità di confronto, conflitto, cambiamento?
Penso che la concezione di una decrescita felice e l’opposizione del sovranismo della destra populista al globalismo neoliberale – come l’opposizione politica dei proprietari fondiari della polis greca al capitalismo commerciale – siano reazionarie in quanto pongono un limite allo sviluppo delle capacità umane di produzione e di comunicazione. Nel Rinascimento Pico della Mirandola affermava che l’uomo ha la straordinaria capacità di produrre le più grandi innovazioni e le peggiori efferatezze. Purtroppo l’evoluzione del capitalismo ha preso una brutta piega. Si tratta di cambiare indirizzo e, da un lato, ridurre al minimo l’aumento di incertezza distribuendo all’ intera comunità la ricchezza di informazione accumulata da un ristretto gruppo dominante, dall’ altro ridurre al minimo l’aumento di entropia dell’ambiente. I movimenti artistico-letterari della sinistra che, come il situazionismo, ‘narrano’ di mondi possibili alternativi, non considerano il fatto che un asservimento della scienza è alla base del potere del capitale. “L’immaginazione al potere” è possibile solo con il détournement della produzione scientifico-tecnologica per metterla al sevizio dell’intera comunità e con una nuova sintesi sociale fra narrazione e produzione che realizzi mondi possibili alternativi a quelli proposti dal capitale.

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Ed.912 e dintorni – Editoria e controcultura italiana tra anni ’60 e ’70 https://www.carmillaonline.com/2022/03/16/ed-912-e-dintorni-editoria-e-controcultura-italiana-tra-anni-60-e-70/ Wed, 16 Mar 2022 21:00:39 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=70942 di Gioacchino Toni

Nell’ambito delle iniziative e delle pubblicazioni dedicate all’intrecciarsi di vicende artistiche e impegno politico in Italia a cavallo tra anni Sessanta e Settanta, vale la pensa segnalare l’uscita del saggio di Federica Boragina, Editoria e controcultura: la storia dell’Ed.912, (posmedia books, 2021), dedicato all’importante esperienza editoriale milanese che ha preso il via negli anni Sessanta.

Fondata nel 1966 da Gianni-Emilio Simonetti, Gianni Sassi e Sergio Albergoni, a cui si aggiungeranno poi Tommaso Trini, Germano Celant, Mario Diacono e Maria Volpi, la casa editrice Ed.912 prende vita all’interno di una scena [...]]]> di Gioacchino Toni

Nell’ambito delle iniziative e delle pubblicazioni dedicate all’intrecciarsi di vicende artistiche e impegno politico in Italia a cavallo tra anni Sessanta e Settanta, vale la pensa segnalare l’uscita del saggio di Federica Boragina, Editoria e controcultura: la storia dell’Ed.912, (posmedia books, 2021), dedicato all’importante esperienza editoriale milanese che ha preso il via negli anni Sessanta.

Fondata nel 1966 da Gianni-Emilio Simonetti, Gianni Sassi e Sergio Albergoni, a cui si aggiungeranno poi Tommaso Trini, Germano Celant, Mario Diacono e Maria Volpi, la casa editrice Ed.912 prende vita all’interno di una scena artistica del capoluogo lombardo particolarmente effervescente a cavallo tra i due decenni, una scena che non manca di intrecciarsi con i nascenti ambienti controculturali e politici. Sul finire degli anni Sessanta l’avventura di Ed.912 si allontana dall’iniziale ambito strettamente artistico per abbracciare la montante cultura alternativa della “città dei capelloni”.

Il volume di Boragina si apre ricostruendo l’ambiente artistico-culturale milanese che farà da premessa all’esperienza della casa editrice Ed.912 a partire dalla mostra organizzata da Daniela Palazzoli e Gianni-Emilio Simonetti nel 1964 Gesto e Segno presso la galleria Blu di Milano – incipit dell’avventura Fluxus italiana – e dall’esperienza della East 128 di Fernanda Pivano ed Ettore Sottsass dei primi anni Sessanta – a cavallo tra Palo Alto in California e la città meneghina –, passando poi dalla breve stagione della rivista Pianeta Fresco e poi di Mondo Beat, che non mancò di scagliarsi apertamente contro Pivano e Feltrinelli accusati, nel loro agire all’interno dell’industria culturale, di banalizzare, quando non di commercializzare, la protesta giovanile.

L’attività di Ed.912 prende il via con la realizzazione del numero zero della rivista da-a/u delà intitolato Ready-Game-Bum che nella sua forma oggettuale si propone come una scatola, su cui campeggia l’inquietante scritta “Attention (handle with care) contains explosive”, contenente una radio a galena e un provocatorio messaggio dattiloscritto che invita a innescare un’esplosione. Oltre a giochi linguistici dal sapore non-sense, evidenti sin dal nome della testata, occorre sottolineare il ricorso a caratteri a stampa minuscoli e maiuscoli ed a trattini di punteggiatura che richiamano i giochi grafici di George Maciunas.

Le prime proposte di Ed.912 tendono a porre l’attenzione non tanto sulla tipologia dei prodotti editoriali, quanto piuttosto «sul carattere corale delle attività di sostegno, diffusione e sperimentazione. L’ambizione è avere un orizzonte internazionale, facendo da collettore e diffusore della cosiddetta “nuova nuova avanguardia”» (p. 57).

Se sin dagli esordi Ed.912 non manca di esporsi politicamente, dichiarandosi disponibile ad inviare gratuitamente le sue pubblicazioni ai reclusi nei campi profughi e nelle carceri civili e militari, allo stesso tempo non disdegna di dialogare con l’industria culturale accettando la distribuzione delle proprie realizzazioni nelle librerie Feltrinelli e di ricorrere ad annunci pubblicitari.

Tra le realizzazioni più importanti della casa editrice, oltre alla rivista bit, in doppia lingua italiano-inglese, di cui vengono pubblicati dieci numeri usciti in maniera irregolare dal marzo 1967 al giugno 1968, si possono ricordare le tre serie di manifesti d’artista (“dEDsign”, “Situazione” e “No”) realizzati in 500 esemplari numerati con l’obiettivo di condurre l’arte ad invadere l’ambito della comunicazione pubblicitaria e della propaganda politica.

Nonostante l’esplicito riferimento a temi politici, nazionali e internazionali, nonché l’esplicita vicinanza al clima della contestazione, nel corso del 1967 l’Ed.912, attraverso la produzione di manifesti, da un lato ha evidenziato la vicinanza dei linguaggi artistici all’espressività extra-artistica dei movimenti giovanili, dall’altro orientando la stessa operatività artistica verso una dimensione plurale, seriale, capace di veicolare una “rivoluzione culturale” dall’interno del sistema dell’arte (p. 105).

Il quinto numero di bit ha fatto parlare di sé per la celebre grafica di copertina realizzata da Pietro Gallina recante la sagoma di una donna, con una copia della rivista in tasca, che dirige il getto di una bomboletta spray verso il volto di un poliziotto in uniforme inglese. La rivista suggerisce di acquistare una bomboletta messa in vendita dall’editore con un invito perentorio: “Dipingi di giallo il tuo poliziotto”.

Sul finire del 1967 il clima nel capoluogo lombardo si surriscalda e la rivista stessa passa velocemente dalla critica culturale ironica a dare spazio alle molteplici iniziative di lotta e contestazione che attraversano la società dalle università alle fabbriche fino alle mostre e alle iniziative artistiche e culturali. Tale scelta è accompagnata anche da una nuova produzione di manifesti che continua a ricorrere al succinto e diretto linguaggio della pubblicità. Tra il 1968 ed il 1969 la casa editrice dà alle stampe un volume dedicato al Maggio francese e due relativi all’Internazionale Situazionista (L’estremismo coerente dei situazionisti e Capitalismo moderno e rivoluzione).

L’ultima parte del volume di Federica Boragina si sofferma invece sulle travagliate vicende editoriali del libro …ma l’amor mio non muore. Origini documenti strategie della «cultura alternativa» e dell’«underground» in Italia, uscito originariamente per la casa editrice Arcana nel 1971, riuscendo a scampare al sequestro delle copie stampate soltanto perché queste furono vendute prima.

Ristampato recentemente da DeriveApprodi, il volume si presenta come una sorta di sguaiata antologia di rivolta esistenziale, prima ancora che politica, contenente consigli pratici relativi al difendersi dai gas lacrimogeni, alla fabbricazione di bottiglie incendiarie, sostanze stupefacenti, ripetitori radio pirata, oltre che volantini, stralci di giornali, illustrazioni e fumetti insieme a commenti situazionisti, beat ecc. “Una critica ironica, divertita, colta, cattiva allo stato presente delle cose” curata, oltre che da Gianni-Emilio Simonetti, da Riccardo Sgarbi, Guido Vivi e altri.

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Brek, l’antieroe maoista (a modo suo) https://www.carmillaonline.com/2021/04/27/brek-lantieroe-maoista-a-modo-suo/ Tue, 27 Apr 2021 21:00:35 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=65948 di Gioacchino Toni

Grazie alla collana Quaderni della Fondazione Echaurren Salaris, edita da Postmedia books, torna alla luce, in un’edizione a tiratura limitata, I viaggi di Brek di Gastone Novelli, una graphic novel, pubblicata la prima volta nel 1967 dalle edizioni veneziane di Bruno Alfieri e riproposta l’anno successivo sulle pagine della rivista d’arte contemporanea “Metro”. Nella nuova edizione, curata da Raffaella Perna in collaborazione con l’Archivio Gastone Novelli, le venticinque tavole che compongono la pubblicazione sono accompagnate da una puntuale ricostruzione della fortuna critica dell’opera e del contesto culturale entro cui si è mosso uno dei protagonisti della scena artistica [...]]]> di Gioacchino Toni

Grazie alla collana Quaderni della Fondazione Echaurren Salaris, edita da Postmedia books, torna alla luce, in un’edizione a tiratura limitata, I viaggi di Brek di Gastone Novelli, una graphic novel, pubblicata la prima volta nel 1967 dalle edizioni veneziane di Bruno Alfieri e riproposta l’anno successivo sulle pagine della rivista d’arte contemporanea “Metro”. Nella nuova edizione, curata da Raffaella Perna in collaborazione con l’Archivio Gastone Novelli, le venticinque tavole che compongono la pubblicazione sono accompagnate da una puntuale ricostruzione della fortuna critica dell’opera e del contesto culturale entro cui si è mosso uno dei protagonisti della scena artistica italiana più innovativa degli anni Cinquanta e Sessanta dando vita a una personale ed originale sperimentazione sui legami tra immagine, segno e linguaggio collaborando attivamente con gli scrittori della neoavanguardia italiana.

«Il fumetto è per Novelli un fertile terreno di sperimentazione, in cui convergono le sue riflessioni sul linguaggio, sugli incroci fra pittura e scrittura, l’esperienza nel teatro sperimentale e l’interesse per le nuove istanze espresse dalla cultura beat: guardare da vicino alla struttura, alla storia e al contesto entro cui il libro ha visto la luce offre dunque un punto di osservazione privilegiato per approfondire aspetti ancora poco indagati del lavoro dell’artista». È con tali premesse che Raffaella Perna indaga i motivi che spingono Novelli ad accostarsi al linguaggio del fumetto ponendo un occhio di riguardo a come l’esperienza de I viaggi di Brek, all’epoca scarsamente presa in considerazione dalla critica, si rapporti con la ricerca grafica e pittorica dell’artista.

La ricostruzione di Perna dimostra come l’interesse per il linguaggio delle bandes dessinées si sviluppi in Novelli di pari passo all’attenzione che presta alla cultura dei mass media e ai rapporti che intrattiene con alcuni dei protagonisti dei Novissimi e del Gruppo 63. La studiosa fa risalire l’avvicinamento al fumetto di Novelli già sul finire degli anni Cinquanta, quando l’artista abbandonate le forme astratte-geometriche, entra a contatto con gli ambienti dell’avanguardia storica parigina ed inizia a cimentarsi in maniera del tutto personale con la pittura informale inserendo nei densi impasti materici traccie grafiche che «sembrano sul punto di aggregarsi i scrittura». Sono anni in cui in Italia il mondo culturale guarda al fumetto con scarso interesse. In Italia occorrerà avvicinarsi alla metà degli anni Sessanta, grazie soprattutto ad Umberto Eco, affinché gli ambienti accademici inizino a prestare attenzione al mondo della comunicazione di massa e degli stessi fumetti.

L’interesse di Novelli per l’impaginazione narrativa del fumetto si manifesta già in apertura degli anni Sessanta quando inizia ad articolare lo spazio delle sue opere ricorrendo a riquadri e caselle. Scrive Perna che a fronte del disinteresse per il fumetto mostrato dagli ambienti culturali italiani dell’epoca, alcuni importanti esponenti della scena artistica del tempo, come Fabio Mauri e lo stesso Gastone Novelli, sembrano invece guardare ad esso come a una forma espressiva in grado di offrire notevole libertà d’azione. Entrambi gli artisti passano dall’esperienza del gruppo Crack formatosi nel 1960 attorno alla figura del critico d’arte, oltre che poeta e traduttore, Cesare Vivaldi. Il gruppo – che vanta la presenza anche di Pietro Cascella, Piero Dorazio, Gino Marotta, Achille Perilli, Mimmo Rotella e Giulio Turcato – inizia ad abbandonare la stagione informale guardando con interesse al mondo della nascente civiltà dei consumi e dei mass media.

Nel 1964 Novelli, rompendo gli indugi, anziché limitarsi a derivare dall’universo dei fumetti semplici suggestioni compositive, decide di confrontarsi direttamente con esso realizzando alcuni cartoon. Sono gli anni in cui l’artista inizia a strutturare rapporti importanti con esponenti dei Novisismi e del Gruppo 63. Per quest’ultimo realizza la copertina del celebre volume pubblicato da Feltrinelli nel 1964 inserendo i nomi dei protagonisti all’interno di segni grafici che ricordano i baloon. A proposito di sodalizi importanti, Perna ricorda come spetti a Gillo Drofles aver colto l’importanza del lavoro in equipe di Gastone Novelli e Alfredo Giuliani nell’ambito del teatro sperimentale e in quello del fumetto.

Venendo a I viaggi di Brek, Perna sottolinea come, oltre a riferimenti all’orizzonte libertario beat e al neoliberty della grafica underground, dal punto di vista iconografico risultino evidenti i richiami al suo dipinto Il viaggio di Grog esposto la prima volta nel 1966, a sua volta palesemente debitore nei confronti dei cartoon dell’americano Johnny Hart. Il personaggi di Heart e di Novelli, scrive Perna, «sono stilisticamente vicini, entrambi chiamano in causa un immaginario mostruoso e grottesco, simbolo di devianza e alterità, che negli anni Settanta tornerà in primo piano nelle rappresentazioni del Movimento del ‘77, soprattutto nella tetralogia creata da Pablo Echaurren su “Lotta Continua” e su fanzine come “Osak?!” (1977) o “Di/versi” (1977). Sconfinando, da pittore, nel campo dei fumetti Echaurren è tra i pochi artisti italiani della generazione successiva a quella di Novelli a operare in entrambi gli ambiti senza censure, mescolando fonti popolari e fonti alte, provenienti in special modo dalla storia della pittura e della letteratura d’avanguardia».

Le affinità tra i personaggi di Novelli e quelli di Hart non sono però soltanto di ordine formale; dall’americano Novelli «riprende anche lo spirito lieve e ironico», scrive Perna, «e soprattutto la capacità di raccontare con sguardo critico l’alienazione di rapporti umani nella civiltà del consumo attraverso l’invenzione di luoghi e personaggi, come per l’appunto Grog, che costituiscono un “altrove” dal punto di vista dello spazio, del tempo e in special modo del comportamento».

Una delle poche recensioni uscite a ridosso della produzione della graphic novel di Novelli è firmata da Gianni Emilio Simonetti sulle pagine della rivista d’arte contemporanea “B°t”, autore che, sottolinea Perna, «coglie la struttura teleologica del volume, dove è l’ultima tavola [l’unica colorata di rosso] a dare il senso alla narrazione: dopo lo scontro con il razzismo e il consumismo americani, dopo l’insuccesso dei viaggi interplanetari e il fallimento della psicanalisi, Brek abbraccia le massime di Mao Tse-tung».

Tra il 1967 e il 1968 sono frequenti i riferimenti di Novelli alla Rivoluzione Culturale cinese. All’avvicinamento al maoismo l’artista affianca la convinzione della necessità di una radicale messa in discussione delle forme tradizionali del linguaggio. «È dunque nel disegno stesso di Brek, nella sua deformità e goffaggine, che va rintracciata» – scrive Perna – «la rottura dei canoni visivi operata da Novelli. Brek è l’antieroe per eccellenza: anche quando sposa le tesi del Presidente Mao e brandisce in aria con veemenza il Libretto rosso, lo fa con quel suo corpo buffo e peloso che contraddice la retorica maoista e soprattutto sovverte i modelli fisici e simbolici dei supereroi a fumetti».

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