garantito al limone – Carmilla on line https://www.carmillaonline.com letteratura, immaginario e cultura di opposizione Wed, 18 Dec 2024 21:16:43 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.9.26 Nous sommes Stephan https://www.carmillaonline.com/2015/02/24/nous-sommes-stephan/ Tue, 24 Feb 2015 21:10:57 +0000 http://www.carmillaonline.com/?p=20922 di (uno pseudo) Alberto Prunetti

MetropolisFinalmente dopo giorni di attesa sono arrivate le motivazioni della sentenza della Cassazione sul processo Eternit.

Sono 148 lunghe pagine colme di considerazioni giuridiche che i giornali stanno riassumendo con uno strano senso di stupore e meraviglia. Non vedo di che stupirsi. A quanto pare, un minuto dopo aver fatto un fallimento strategico la Eternit non aveva altri obblighi verso il territorio che aveva inquinato per anni. E quindici anni dopo esser scappata all’estero, la multinazionale dell’imprenditore svizzero Stephan Schmidheiny era ormai aldilà del bene e del male e quindi ingiudicabile rispetto alla morte dei suoi [...]]]> di (uno pseudo) Alberto Prunetti

MetropolisFinalmente dopo giorni di attesa sono arrivate le motivazioni della sentenza della Cassazione sul processo Eternit.

Sono 148 lunghe pagine colme di considerazioni giuridiche che i giornali stanno riassumendo con uno strano senso di stupore e meraviglia. Non vedo di che stupirsi. A quanto pare, un minuto dopo aver fatto un fallimento strategico la Eternit non aveva altri obblighi verso il territorio che aveva inquinato per anni. E quindici anni dopo esser scappata all’estero, la multinazionale dell’imprenditore svizzero Stephan Schmidheiny era ormai aldilà del bene e del male e quindi ingiudicabile rispetto alla morte dei suoi lavoratori.

Mi sembra doveroso. Il processo non andava neanche fatto. A saperlo, i manager della Eternit potevano quasi rimanere in Italia. O almeno lasciare le valigie al deposito bagagli.

Una sentenza che farà testo. Ne tenga conto chi sta facendo start-up d’impresa. Gli imprenditori adesso possono ritornare. Tanto più che qui ora si licenzia a nastro, abbiamo asfaltato l’asfaltabile e il nuovo progetto di legge sui reati ambientali pare sia stato rottamato prima ancora di passare sulla Gazzetta ufficiale. Inoltre la responsabilità della presenza dell’amianto non è del capitale ma del settore pubblico che non ha bonificato cinque minuti dopo che la Eternit era andata ai Caraibi dimenticando per la fretta le porte della fabbrica aperte. Dov’è lo scandalo? Il privato si arricchisce e poi giustamente si aspetta che lo stato pulisca. Sennò che ci sta a fare il pubblico? Così invece si crea sinergia: il privato incassa e sporca e il pubblico ripulisce. E’ la prima pagina del corso di ogni master di economia.

Il mondo gira così. Garantito al limone. Non fa una grinza. Perché, c’era da aspettarsi altro?

Se vi sembra una logica al rovescio, è perché ragionate come i contadini maremmani o i montanari o i vignaioli delle Langhe. Quelli che credono che  il diritto sia il contrario dello storto. Ma chi ha studiato, chi ha fatto l’università come noi, chi capisce le ragioni e gli impedimenti dirimenti e il latinorum dell’economia e del diritto, non può non considerare quella sentenza assolutamente garantista.

Io direi, volendo proprio cercare il pelo nell’uovo, che quella sentenza ha un unico difetto. E’ troppo lunga. 148 pagine sono troppe, per una cosa che riguarda solo 2mila morti. Operai s’intende, non quattrinai. Duemila operai. Quando in fondo ne muoiono ogni giorno tre solo in Italia, di operai, sul lavoro. Ma tanto giustamente tutti dicono che gli operai non ci son più e quindi anche se muoiono in ogni caso il fatto non sussiste.

Pertanto sì, tornando ai miei dubbi sulla sentenza, si potrebbe individuare in quelle 148 pagine uno spreco di carta, di risorse e di tempi. E in anni di austerity è bene risparmiare. Che poi c’è anche da incollarci il bollo.

In conclusione, la sentenza andava scritta più semplicemente, nel rispetto dei principi economici e giuridici che ispirano il nostro ordinamento, con le seguenti tre parole:

andare, camminare, lavorare.

Tutto qui. Andare camminare lavorare.

E poi, scusate, cos’è è questo mugugnare di operai che vengono qua sotto a chiedere giustizia? Al lavoro. Andare. E guai a chi si lamenta. Guai a chi tossisce. Il prossimo che tossisce lo denuncio per diffamazione d’imprenditore.

Anzi. Cominciamo a denunciare tutti quelli che hanno scritto del processo Eternit, banda di rancorosi, che c’hanno tutti qualche morto in famiglia per l’amianto e scrivono ad personam. Ovvio che sono tendenziosi. Anche quello che scrive queste righe, che fa satira. Perché se voi siete Charlie noi siamo Stephan. E forbice vince su carta, cari miei. Dovreste saperlo, voi che giocate sempre a morra, in quelle bettole che frequentate.

E poi insomma, bisogna anche saper stare al proprio posto. Che è tutta questa plebe che invade le aule dei tribunali? E mica dalla parte che le compete, che è quella dell’imputato. No, addirittura portare il padrone alla sbarra. E con quale diritto? Se il diritto sta dalla parte del padrone, la sbarra si alza e lo fa passare. Perché lui è il padrone e voi non siete nulla. E noi? Ripetiamolo: Nous sommes Stephan e voi non siete un cazzo

Pertanto, in nome del popolo italiano: andare, camminare, lavorare.

[Post scriptum non satirico: Agli amici e ai compagni di Casale Monferrato dedico queste righe che, nella loro deformazione caricaturale e satirica di una tragedia umana, da un lato possono apparire ciniche, dall’altro fotografano forse una situazione in cui il paradosso è il tratto più veritiero. In conclusione per noi che non siamo Stephan, valgono altre considerazioni, forse retoriche, ma che possono scaldare il cuore e aiutare a continuare la lotta. Primo: come dicevano le Madres de Plaza de Mayo, e come ha sottolineato di recente Giuliana, una signora di Casale, l’unica lotta che si perde è quella che si abbandona. Secondo, ricorderete il mito di Sisifo, costretto a ripartire sempre da capo, ad arrampicarsi sulla montagna con un masso sulle spalle. Così si sente la gente di Casale adesso, come Sisifo. Ecco, uno che se ne intendeva, ha scritto che bisognava immaginare Sisifo felice. E io non ho mai visto nessuno più felice e più dignitoso della gente di Casale, che in un mondo ingiusto ha cercato la strada della giustizia senza usare la retorica del vittimismo. Nonostante tutto. Per questo aveva senso arrivare fin qui e ha senso oggi ripartire da capo. Terzo, come cantano i Gang, non finisce qui. ] A.P.

 

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Huligani dangereux: una modesta proposta https://www.carmillaonline.com/2015/02/21/huligani-dangereux-una-modesta-proposta/ Sat, 21 Feb 2015 17:14:16 +0000 http://www.carmillaonline.com/?p=20870 [ Per impedire ai tifosi violenti di essere un peso per il paese e far sì che siano utili all’interesse pubblico. Ovvero una nota satirico-demenziale che si perderà tra i commenti farneticanti al riguardo di un’azione huligana balorda, da un misero epigono del signor Jonathan Swift. ]

di Alberto Prunetti

hooliganBarbari. Bruti. Teppa. Scritto ogni tre righe sugli articoli che hanno commentato un’azione idiota e indifendibile dei tifosi del Feyenoord, diventa povera come categoria interpretativa. Ci vorrebbe qualcosa di più e in coda metto una bibliografia di primo soccorso per il buon senso comune nostrale.

Ma veniamo alle questioni di fondo. L’ha detto [...]]]> [ Per impedire ai tifosi violenti di essere un peso per il paese e far sì che siano utili all’interesse pubblico. Ovvero una nota satirico-demenziale che si perderà tra i commenti farneticanti al riguardo di un’azione huligana balorda, da un misero epigono del signor Jonathan Swift. ]

di Alberto Prunetti

hooliganBarbari. Bruti. Teppa. Scritto ogni tre righe sugli articoli che hanno commentato un’azione idiota e indifendibile dei tifosi del Feyenoord, diventa povera come categoria interpretativa. Ci vorrebbe qualcosa di più e in coda metto una bibliografia di primo soccorso per il buon senso comune nostrale.

Ma veniamo alle questioni di fondo. L’ha detto bene qualcuno, credo su un grande giornale di opinione italiano. Questi operai e scaricatori di Rotterdam hanno i soldi per arrivare in aereo, triangolare negli scali europei per non farsi segnalare dalla polizia per poi mettersi a spaccare tutto. Altri sono ceto medio, hanno il conto corrente in attivo, pagano le multe e vanno avanti coi loro misfatti. E’ proprio quello il punto. Bisogna toglierglieli, i quattrini, per risolvere la faccenda. Possibile che dei villani che passano il giorno a spaccarsi la schiena sui moli di Rotterdam possano venire in Italia senza fare la fila ai Musei Vaticani? Senza neanche ficcarsi in un outlet? Inammissibile. La questione va risolta e in basso vi spiegherò come. Ma non voglio anticipare la mossa strategica.

Prendiamola larga, allora. Tutti sanno che gli inglesi hanno già affrontato con efficienza la questione hooligan. Sui giornali scrivono che è stato merito della vecchia Maggie e dei poliziotti infiltrati e poi dei seggiolini con la prenotazione al posto degli spalti e delle videocamere puntate sulle curve. Ma il punto di vista dei tifosi inglesi è diverso. Dicono di essere stati spinti fuori dagli stadi non dai manganelli ma dai prezzi dei biglietti, lievitati dopo la costruzione dei nuovi campi da gioco. Hanno tolto dagli stadi la working class, a cui prudono le mani, piene di rabbia e di risentimento, e ci hanno messo degli affabili quattrinai. Infine hanno costretto i poveracci a guardarsi le partite in televisione, con il pay per view. I cazzotti son diminuiti, ma anche la passione e i cori. Tipo mondiale del Brasile: tanti fighetti che si mascheravano da pagliacci colorati aspettando che un video-operatore li riprendesse per poi fare ciao alla mamma. Ovviamente non sapevano neanche il nome di un calciatore in campo, ma nessuno si legnava sulle gengive. Il problema è: se tolgo operai e metto quattrinai, dove vanno gli hooligan? Negli UK è andata bene. Si sono lanciati a metà anni Novanta a farsi di anfetamine nei rave di campagna. Era commovente vedere quei pancioni pieni di birra di idraulici quarantenni ballare agganciati a ragazzine di Cambridge in odor di college sussurranti Peace and Love, mentre i loro nuovi boyfriend facevano il segno del cuore coi tatuaggi dei martelli del West Ham che spuntavano dagli avambracci turgidi che finivano in mani dalle cui nocche la pelle non era ancora ricresciuta. Il problema è quando le cose prendono una piega brasiliana: quando quelli che escono dagli stadi si riversano sulle pubbliche vie per manifestare poco civilmente contro il governo. Un fallimento. Riassumendo: la soluzione inglese risolve ma sporca le campagne e espone a gravidanze indesiderate le figlie dei quattrinai; quella brasiliana è un disastro perché pacifica gli stadi ma porta il conflitto nelle città.

Serve una nuova soluzione, che potrà arrivare solo grazie al genio italico.

Ragioniamoci sopra. Il commentatore sportivo si lamenta di questi stivatori che hanno la grana per venire in Italia allo stadio. Oppure deplora, come oggi sulla Gazzetta dello sport, che ci siano ceti medi che possono pagare le multe e dedicarsi alla recidiva del reato. Il punto è proprio questo. Bisogna lavorare non sulla repressione ma sulla prevenzione. Non bisogna bastonarli dopo. Bisogna impoverirli prima. Mi spiego meglio. Quegli operai non devono avere soldi. Tanto più che quando vengono da noi non li spendono. Non ci portano ricchezza. Non vanno nei ristoranti di lusso. Quelli di Rotterdam sono marinai mangiagallette come quelli di Liverpool, gente che si nutre di risse e di birre senza infilare niente di solido nello stomaco per ore. A parte le gallette, appunto. Che ci portano? Portano solo guai. E quindi il problema è proprio che non dovrebbero poter comprare il biglietto per la partita e per l’aereo. Come un operaio italiano, che non sa dove sbattere la testa alla seconda settimana. La gita più lunga di un metalmeccanico di Torino tra poco sarà una passeggiata fino alla mensa della Caritas, mica allo stadio per la Uefa o la Champions. Per questo, una volta tanto, gli olandesi sono indietro rispetto a noi italiani. Hanno sussidi sociali, welfare, là se uno perde il lavoro non rimane per strada. Qual è il risultato? La barcaccia del Bernini rovinata. Questa è la riconoscenza della working class. Pertanto, per risolvere il problema alla base, noi gli mandiamo Renzi e il Jobs Act.

Dopo la cura Renzi, tempo un anno, gli scaricatori di Rotterdam, quei bruti barbari che scagliavano lattine conto i nostri incliti monumenti, saranno dai loro vecchi in ginocchio a implorare la paghetta per farsi una birra sugli scalini del centro per l’impiego. Vedrai come gli prosciugano le pensioni. Come i nostri figlioli. Tranquilli, altro che stadio. Basta andare in giro a piantar grane, fottuti troublemaker. Quanto ai ceti medi, pedalare a testa bassa, siate grati al supervisor e ricordatevi che la finale arriva ogni tre mesi. Macché coppa di lega. La finale del contratto. E’ terminata la pacchia, lavativi.

Allora, è chiaro, amici olandesi? Mettete Renzi nei vostri cannoni, grazie al Jobs Act d’esportazione. Un marchio garantito. Che dite? Un anno forse è troppo? Renzi è uno veloce. Facciamo tre mesi e la questione hooligan in Europa sarà risolta.

Funziona. Garantito al limone.

 

Post scriptum: forse leggere qualche libro scritto da tifosi (alcuni scrivono, anche bene) potrebbe aiutare gli illustri commentatori nostrali, da Facebook al bar sport, a inquadrare meglio la questione. Io partirei da “Congratulations” di Cass Pennant (ex membro di una vecchia firm del West Ham) per poi saltare a “Fedeli alla tribù” del più letterario John King (Chelsea) per arrivare al fondamentale Valerio Marchi, autore di “Teppa” e “Il derby del bambino morto” (romanista). La cosa buffa, a leggere questi libri, è che agli occhi dei membri delle gang di teppisti le forze dell’ordine appaiono come hooligan in divisa che si sono arrogati il monopolio della violenza. Ma chi gliele mette in testa certe idee?

Post-post scriptum: già che abbiamo in galera questi operai olandesi, mi sembra uno spreco di forza lavoro rimandarli a casa con una pedata in culo e un volo economy della Transavia. Sono giovani e atletici e il governo olandese non pagherà mai per loro. L’unica sarebbe il lavoro schiavistico, che è il corollario che discende dal Jobs Act (sarà implementato da noi al prossimo turno elettorale e risolverà gli annosi problemi del lavoro salariato). Ora il problema è che per i pomodori nel foggiano non è ancora stagione. E se li mandassimo a Milano all’Expo? Magari gli fa curriculum.

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