Galeano – Carmilla on line https://www.carmillaonline.com letteratura, immaginario e cultura di opposizione Sat, 04 Jan 2025 21:07:55 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.9.26 Zapatisti, Elezioni e CoScienze per l’Umanità https://www.carmillaonline.com/2017/01/05/zapatisti-elezioni-e-coscienze-per-lumanita/ Wed, 04 Jan 2017 23:00:31 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=35832 di Perez Gallo

[Una necessaria alunni-telescopiocorrispondenza dal Chiapas, le foto sono di Gianpa L.]

Mentre da Ankara ad Aleppo, da Berlino ad Istambul, il 2016 si è chiuso con il sangue degli attentati e con i preludi di un possibile nuovo scontro planetario, nelle montagne del Sudest messicano le e gli zapatisti, che di quarta guerra mondiale parlano da almeno vent’anni, hanno puntato forte sull’organizzazione, affinché di fronte alla “tormenta” in arrivo quelle e quelli in basso e a sinistra possano non essere solo vittime di una carneficina, ma [...]]]> di Perez Gallo

[Una necessaria alunni-telescopiocorrispondenza dal Chiapas, le foto sono di Gianpa L.]

Mentre da Ankara ad Aleppo, da Berlino ad Istambul, il 2016 si è chiuso con il sangue degli attentati e con i preludi di un possibile nuovo scontro planetario, nelle montagne del Sudest messicano le e gli zapatisti, che di quarta guerra mondiale parlano da almeno vent’anni, hanno puntato forte sull’organizzazione, affinché di fronte alla “tormenta” in arrivo quelle e quelli in basso e a sinistra possano non essere solo vittime di una carneficina, ma artefici e protagonisti di un cambiamento possibile. Lo hanno fatto a modo loro: spiazzando. È così che nel giro di dieci giorni, dal 26 di dicembre del 2016 al 4 di gennaio del 2017, hanno messo in piedi, loro indigeni spesso associati in modo stereotipato ai saperi ancestrali, alle antiche credenze religiose e a civiltà ormai defunte, un incontro internazionale sulle scienze dure: fisica, astronomia, medicina, agro-ecologia, cibernetica, ingegneria energetica. Ospiti ben 82 scienziati provenienti dal Messico e altri 10 paesi.

L’evento ha avuto come titolo “L@s Zapatististas y las ConCiencias por la Humanidad”, che gioca sul binomio scienze-coscienze per mettere le scienze al servizio di un altro progetto di mondo, tanto distante dal capitalismo quanto vicino a quella che del capitalismo è la vittima maggiore: l’umanità. E ha avuto un’interruzione tra il 31 di dicembre e il 1 gennaio, giorni in cui ha avuto luogo l’incontro del Congreso Nacional Indigena, organizzazione che include comunità afferenti tutte le 62 nazioni indigene riconosciute in Messico. In discussione la ratifica della proposta fatta sempre in Chiapas lo scorso ottobre di una candidatura indipendente alla presidenza della repubblica per le elezioni del 2018.

Entrambi questi incontri, ConCiencias e congresso del CNI, hanno dato la misura di un momento di grande vivacità e cambiamento nel movimento zapatista, che da qualche anno, dopo un periodo di rafforzamento dell’autogoverno nelle comunità, nei municipi e nelle Giunte del Buon Governo, ha portato avanti alcune iniziative pubbliche eclatanti.

esercitazione-zapatistiQuesta fase è iniziata il 21 dicembre 2012, giorno della fine del mondo secondo il calendario maya, quando 40000 maya incappucciati hanno marciato silenziosamente in alcune città del Chiapas annunciando: “E’ il suono del vostro mondo che crolla, è quello del nostro che risorge”.

Successivamente, tra la fine del 2013 e l’inizio del 2014, tre sessioni dell’Escuelita zapatista hanno aperto le porte delle comunità a 6000 alunne e alunni provenienti da tutto il mondo.

A maggio del 2014, dopo il vile assassinio del maestro zapatista Galeano nel caracol de La Realidad per mano di un gruppo di paramilitari, il subcomandante insurgente Marcos ha cessato di esistere, annunciando di non essere mai stato altro che un ologramma, una figura buona per i media occidentali che di fronte a una sollevazione indigena erano solo capaci di vedere la faccia di un bianco, e ha preso così il nome di subcomandante insurgente Galeano, lasciando la guida dell’EZLN nelle mani dell’altro subcomandante, Moises.

Alla fine dello stesso anno, dopo i tragici fatti di Iguala, gli zapatisti hanno invitato come ospiti d’onore al loro Festival de las Resistencias y Rebeldías contra el Capitalismo le madri e i padri dei 46 giovani “assenti” (3 uccisi e 43 desaparecidos) di Ayotzinapa.

In seguito, prima sono stati chiamati a raccolta gli intellettuali vicini allo zapatismo per la presentazione dei volumi de “Il pensiero critico di fronte all’Idra capitalista”, poi, nell’agosto scorso, è stato organizzato il festival delle arti CompArte, e ora, infine, sono state invitate le scienze e gli scienziati.

galeanoMa a cosa è dovuto questo relativamente nuovo interesse degli zapatisti per le scienze dure? Il SupGaleano lo racconta così: “Alle comunità zapatiste arriva gente di tutti i tipi. La maggioranza viene a dirci quello che dobbiamo fare o no. Arriva gente, per esempio, che ci dice che è bello vivere in case con pavimento di terra e pareti di legno e fango; che è bello camminare scalzi; che tutto questo ci fa bene perché ci mette in contatto con la madre natura e riceviamo così, direttamente, gli effluvi benefici dell’armonia universale… La modernità è cattiva, dicono, e includono in essa le scarpe, il pavimento, le pareti e il tetto moderni e la scienza.”

La proposta portata avanti dagli zapatisti, dunque, è l’idea che la scienza sia solo un altro campo di lotta, un terreno su cui le e gli indigeni ribelli, senza dover abbandonare le pratiche tradizionali, la medicina naturale e gli usi e costumi, hanno diritto di costruire il proprio futuro. E che la scienza sia utile al loro cammino di autonomia. Perché la scienza – sono convinti – può venir incontro alle loro domande della vita quotidiana. Domande come: qual è la spiegazione scientifica, se le medicine chimiche curano una malattia, ma danneggiano altre parti dell’organismo? Secondo quale spiegazione scientifica animali come il gallo cantano o annunciano fenomeni o cambiamenti nella madre natura? Scientificamente gli OGM danneggiano la madre natura e gli esseri umani? E scientificamente la terra ha anticorpi come gli esseri umani? Può avere anticorpi contro il capitalismo?

zapatismo-tecnologiaIn questo originale festival delle scienze, dunque, le lezioni si sono susseguite tutti i giorni, dalle dieci del mattino alle otto di sera, di fronte a cento alunne e cento alunni zapatisti, oltre a svariate centinaia di ospiti messicani e stranieri solidali e aderenti alla Sexta Declaración de la Selva Lacandona. Mentre questi ultimi erano presenti solo in qualità di “ascoltatori”, e non erano quindi autorizzati a fare domande, le e gli alunni zapatisti sono stati i veri destinatari delle lezioni, e hanno ora il difficile compito di socializzare i saperi acquisiti, in primo luogo tra loro e poi, soprattutto, di ritorno alle loro comunità, con le decine di migliaia di uomini, donne, bambini e anziani zapatisti.

Alcune di queste lezioni sono state plenarie, altre più ristrette, alcune molto specifiche e tecniche mentre altre hanno cercato di affrontare le tematiche scientifiche dal punto di vista delle loro premesse o ricadute sociali. E così molti studiosi e professori, anche di università molto celebri messicane e straniere, si sono focalizzati sui dispositivi scientifici nella meritocrazia e nella valutazione accademica, altri hanno ripreso le teorie di Thomas Khun sulla struttura delle rivoluzioni scientifiche, altri ancora hanno provato a tematizzare la presunta neutralità della scienza rispetto ai dispositivi di controllo o di assoggettamento politico.

alunni-concienciasTra i due cicli del ConCiencias, la seconda parte del quinto congresso del CNI ha portato alla ribalta l’agenda politica nazionale dell’EZLN. Nella precedente sessione congressuale di ottobre, infatti, su proposta proprio dell’EZ, il CNI aveva fatto sua l’idea di candidare per le prossime elezioni presidenziali della primavera del 2018 una donna di lingua e sangue indigeni in qualità di portavoce di un Consiglio Indigeno di Governo, i cui membri sarebbero stati scelti tra tutte le nazioni indigene appartenenti al CNI e, secondo le loro consuetudini, sarebbero stati revocabili e sostituibili nel caso non rispettassero il mandato loro assegnato dalle comunità di riferimento. La proposta, che si avvarrebbe della possibilità, aperta per la prima volta proprio da queste elezioni, che alle presidenziali possa presentarsi un candidato indipendente, ossia svincolato da qualsiasi partito politico registrato, era stata approvata dai delegati presenti ad ottobre, ma per essere ratificata doveva passare il vaglio di tutte le comunità afferenti al CNI, in accordo con il principio del “comandare ubbidendo”.esercitazione-zapatisti-2 E così, nel caracol di Oventik, nel primo pomeriggio del primo gennaio 2017 è stato pubblicamente dichiarato da una delegata che tale decisione era stata definitivamente approvata da 43 nazioni del CNI, mentre le restanti 19 non hanno ancora avuto il tempo di discuterla. Già negli ultimi mesi vari comunicati usciti a firma di Moises e Galeano avevano spiegato i motivi della proposta: in tutto il paese i processi di spossessamento delle terre indigene, dell’acqua, delle foreste, il saccheggio delle loro risorse e la violenza dello Stato, dei cartelli della droga e del paramilitarismo hanno spinto molte comunità a una situazione di collasso e a un vero e proprio rischio per la loro sopravvivenza. Allo stesso tempo, la crisi, la militarizzazione del Paese, la proliferazione del nacotraffico e le riforme neoliberali hanno portato la gran maggioranza della società messicana, anche quella meticcia, a un’insicurezza cronica e a un impoverimento generalizzato. Di fronte a tutto questo, era diventato necessario contrattaccare, come lo era stato per gli zapatisti il prendere le armi l’1 gennaio 1994.

cni-2Così lo ha spiegato Moises nella seduta plenaria a Oventik, facendo proprio un parallelismo con quella giornata: “Ora le condizioni del popolo messicano nelle campagne e nelle città sono peggiori di 23 anni fa. La povertà, l’esasperazione, la morte, la distruzione, non sono solo per chi ha abitato originariamente queste terre. Ora la disgrazia raggiunge tutte e tutti. La crisi colpisce anche chi si credeva in salvo e pensava che l’incubo era solo per chi vive e muore in basso. I governi vanno e vengono, di diversi colori e bandiere, e l’unica cosa che fanno è peggiorare le cose. Con le loro politiche, l’unica cosa che fanno è che la miseria, la distruzione e la morte arrivino a più persone. Ora le nostre sorelle e fratelli delle organizzazioni, quartieri, nazioni, tribù e popoli originari, organizzati nel Congreso Nacional Indígena, hanno deciso di gridare il loro ya basta.”

Una mossa disperata, dunque, e che ammette esplicitamente di non farsi illusioni sulle possibilità di vittoria in un sistema antidemocratico come quello messicano, ma che avrà senz’altro il beneficio dell’effetto sorpresa, e che proverà a coinvolgere i diversi settori in lotta nella società messicana e a fare tesoro delle ondate di mobilitazione che si sono susseguite durante gli ultimi anni: dal movimento per la pace con giustizia e dignità contro la narcoguerra di Calderón al movimento #YoSoy132 contro il monopolio televisivo e le elezioni defraudate, dalla gigantesca indignazione scaturita dal massacro dei giovani di Ayotzinapa (rappresentanti dei padres di Ayotzinapa erano presenti anche questa volta come ospiti d’onore nel caracol di Oventik) agli scioperi e blocchi stradali messi in atto da molte comunità di Chiapas e Oaxaca l’estate scorsa contro la riforma educativa promossa da Peña Nieto e repressi col sangue dal governo.

cniUna mossa disperata, come disperata era stata l’insurrezione del 1994, avvenuta in un periodo storico che non poteva essere più sfavorevole, con il crollo dei socialismi reali e l’imposizione del pensiero unico neo-liberista. E forse per dimostrare come per gli zapatisti non c’è un unico modo di lottare e di difendersi, e che il cambio di strategia non è un cambio di natura del loro progetto politico, la giornata del primo di gennaio si è conclusa con un’esercitazione militare, che centinaia di insurgentas e insurgentes hanno svolto sotto gli occhi incuriositi dei migliaia di presenti.

Intanto, il progetto di distruzione portato avanti dallo stato messicano continua: mentre la riforma educativa è stata temporaneamente rimandata proprio grazie alla determinazioni dei maestri riuniti nella CNTE (Coordinadora Nacional Trabajadores Educación), proprio all’inizio dell’anno è entrata definitivamente in vigore la privatizzazione del sistema energetico, portando a un immediato aumento del 20 per cento del prezzo della benzina. E così in questi giorni si sono diffusi in tutto il paese blocchi stradali, occupazioni delle stazioni di servizio con esproprio di benzina data in regalo ai veicoli, e distruzione dei caselli autostradali. A dieci giorni dall’investitura di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti, la società messicana inizia questo 2017 in maniera combattiva. Mentre EZLN e CNI lanciano per fine maggio, in luogo ancora da stabilirsi, un’assemblea costituente, con il compito di formare il consiglio indigeno destinato al governo del Paese.

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Genealogia di un ologramma: Marcos, Galeano e noi https://www.carmillaonline.com/2014/09/21/genealogia-ologramma-marcos-galeano/ Sun, 21 Sep 2014 00:29:52 +0000 http://www.carmillaonline.com/?p=17591 di Martino Sacchi

Subcomandante-Insurgente-Marcos-ahora-Galeano“Iniziò così una complessa manovra di distrazione, un trucco di magia terribile e meraviglioso, un malizioso trucco del nostro cuore indigeno, la saggezza indigena sfidava la modernità in uno dei suoi bastioni: i mezzi di comunicazione. Incominciò allora la costruzione del personaggio chiamato Marcos”

Nel maggio di quest’anno un gruppo di paramilitari uccide in un’imboscata il maestro Galeano, figura di spicco all’interno dell’escuelita zapatista, un progetto che nel corso del 2013 aveva aperto le comunità zapatiste a migliaia di attiviste e attiviste per farne conoscere i [...]]]> di Martino Sacchi


Subcomandante-Insurgente-Marcos-ahora-Galeano“Iniziò così una complessa manovra di distrazione, un trucco di magia terribile e meraviglioso, un malizioso trucco del nostro cuore indigeno, la saggezza indigena sfidava la modernità in uno dei suoi bastioni: i mezzi di comunicazione. Incominciò allora la costruzione del personaggio chiamato Marcos”

Nel maggio di quest’anno un gruppo di paramilitari uccide in un’imboscata il maestro Galeano, figura di spicco all’interno dell’escuelita zapatista, un progetto che nel corso del 2013 aveva aperto le comunità zapatiste a migliaia di attiviste e attiviste per farne conoscere i percorsi d’autonomia. Pochi mesi dopo l’attacco paramilitare, esce il comunicato Entre Luz y Sombra (tra la luce e l’ombra) in cui Marcos si destituisce enigmaticamente come portavoce del movimento zapatista, per ricomparire sul palco pochi secondi più tardi come “Subcomandante Galeano”.

Entre Luz y Sombra non è però una semplice commemorazione di un compagno ucciso: parlando di Galeano, il comunicato ripercorre l’intera storia della lotta zapatista. Ripensando a questa storia sembra che, fin dalla presa di San Cristobal de Las Casas nel 1994, Marcos abbia costituito in qualche modo la cartina tornasole di questa lotta: è stato leader militare dell’EZLN, “delegato zero” durante la Otra Campaña (che si opponeva dal basso alla campagna elettorale per le elezioni politiche del 2006), è stato a lungo la faccia senza volto che appariva sui media globali e potente simbolo per movimenti politici da tutto il mondo. Eppure, nel comunicato del maggio scorso, il portavoce dell’EZLN dichiara: “se posso definire il personaggio di Marcos, direi senza indugio che è stato una montatura”. Nient’altro che un “trucco”, un “ologramma”, dunque. Ma c’è di più: questa “montatura”, dopo la escuelita, non è nemmeno più necessaria. Affinché Galeano possa continuare a vivere, un altro dovrà morire, e sarà proprio Marcos. Ma attenzione: ciò che la morte si porterà via al posto di Galeano non sarà “una vita, ma solo un nome, poche lettere prive di senso, senza storia propria, senza vita”.

Cosa è cambiato con l’escuelita zapatista? Cosa significa la “morte” di Marcos? Che cosa è Marcos? Per comprendere l’intelligenza politica di una scelta tanto misteriosa si potrebbe quasi fare una genealogia di questo “trucco” chiamato Marcos: cioè una storia dei modi attraverso i quali il movimento zapatista si è letteralmente reso intellegibile a sé stesso e al mondo. Quando gli indigeni occuparono San Cristobal nel 1994 come un “esercito di giganti”, dice il comunicato, “ci rendemmo conto che quelli di fuori non ci vedevano. Abituati a vederci umiliati, il loro cuore non comprendeva la nostra degna ribellione. Il loro sguardo si era fermato sull’unico meticcio con addosso un passamontagna, ovvero, non guardavano”.

Fu così che questo esercito di giganti si ritrovò costretto a inventare “qualcuno piccolo come loro” affinché attraverso di lui, il mondo intero potesse vederli: “incominciò allora la costruzione del personaggio chiamato Marcos”.   E’ una storia vecchia quanto il colonialismo: è la storia che lega capitalismo e modernità in una geografia fatta di centri europei e periferie coloniali, in cui tutto ciò che sta alla periferia esiste solo attraverso le parole di chi sta nel centro. Ma è anche una storia di classe, di “quelli in basso” contro “quelli in alto”, di razza, dei “meticci” e degli “indigeni, e di genere, delle mujeres rebeldes e del patriarcato messicano. Ecco che possiamo porre una prima tesi: ciò che per un certo periodo si è chiamato “Marcos” è stata la mediazione necessaria affinché questa molteplicità di storie divenisse strumento di ribellione per popoli che sono sistematicamente spossessati di ogni strumento: primo fra tutti il linguaggio, la facoltà di parlare ed essere compresi, di denunciare, urlare per dire “non può continuare così”.

Ma se Marcos è questa mediazione, in che senso ora, dopo l’escuelita, non è più necessaria? Per capirlo è utile notare come, facendo questa genealogia dell’ologramma-Marcos, incontriamo due tipi diversi di rotture, di discontinuità, di cambiamenti nel modo in cui lo zapatismo si è presentato nel corso della sua storia.

Ci sono discontinuità verso l’esterno. C’è, ad esempio, un superamento della tradizione avanguardista e guevarista a lungo centrale in Latinoamerica, così come della non-violenza della teologia della liberazione: entrambe tradizioni che hanno influenzato lo zapatismo. In questo senso è anche significativo che l’insurrezione zapatista scoppi nel contesto della sconfitta sandinista nel 1990 e l’affermarsi del capitalismo neoliberale.

galeano vive marcosDall’altro lato, e questo è l’elemento più importante, lo zapatismo ha posto delle discontinuità dal suo interno. In parole più semplici, è un movimento che è stato capace di reinventarsi costantemente, dettandosi da solo i tempi di questo cambiamento. Spesso, qui in Italia, ci interroghiamo sulla difficoltà di uscire da una logica “reattiva” rispetto al potere: notiamo come il nostro mobilitarsi sia spesso la “risposta” a uno sgombero, a degli arresti o a un corteo nazionale di cui, anche quando delle contraddizioni esplodono, abbiamo difficoltà a trattenere la potenza politica. Ecco, potremmo dire che lo zapatismo ha saputo dare una durata a questi momenti di rottura senza per questo rimanere sempre uguale a sé stesso. Ma soprattutto, ha saputo decidere i tempi e gli spazi di questo cambiamento, la sua “geografia” e il suo “calendario”, in maniera autonoma.

Proseguendo nella nostra genealogia, ci accorgiamo quindi che questo processo di cambiamento politico coincide anche con un progressivo decentramento della figura di Marcos che, da leader-simbolo negli anni ‘90 diviene progressivamente marginale: niente più che un “trucco” o “ologramma” dopo l’escuelita di quest’anno. Fare una genealogia dello zapatismo significa dunque cercare di comprendere la relazione tra questi due movimenti: il decentramento di Marcos da un lato, le forme di autorganizzazione dall’altro. E’ attraverso la messa in relazione di questi due processi, quasi due facce della stessa medaglia, che è possibile cogliere l’autonomia zapatista.

Senza entrare troppo nei dettagli, possiamo semplicemente dire che il progressivo decentramento di Marcos corrisponde a un decentramento dell’Esercito Zapatista (struttura tutt’ora gerarchicamente militare) e alla venuta in primo piano della base sociale (della popolazione delle comunità, le cosiddette “bases de apoyo”).

Nel 2003 già nascevano le Giunte di Buon Governo, istituzioni municipali che si prendevano carico dell’amministrazione dei territori occupati secondo il principio del “comandare obbedendo”. Le Giunte di Buon Governo sostituivano gli aguascalientes, luoghi in cui la base sociale incontrava l’esercito zapatista, e ponevano al centro dell’agenda politica le pratiche quotidiane dell’autogoverno nelle comunità. Le Giunte del 2003 sono quindi una delle discontinuità che scandiscono questo doppio movimento dell’autogoverno e del personaggio-Marcos.

Si tratta di un processo che attraversa la storia dello zapatismo fin dal periodo di clandestinità negli anni ‘80, quando un manipolo di guerriglieri marxisti leninisti arrivano nella selva e decidono di imparare dagli indigeni anziché semplicemente “organizzarli”, e che giunge fino a noi e alla escuelita, durante la quale gli attivisti non hanno incontrato i quadri dell’esercito ma proprio la popolazione comune. Nel 2006, con la Otra Campana e la Sexta Declaracion de la Selva Locandona, incontravamo una ulteriore discontinuità: fine di ogni speranza di contrattazione con le istituzioni e sempre più forte legame con i movimenti anticapitalisti globali.

L’escuelita del 2013-14 è dunque l’ultima di queste continue riconfigurazioni del progetto politico zapatista. Si tratta, in sintesi, di un progressivo costituirsi di un soggetto collettivo, dotato di un proprio linguaggio, calendario e geografia, e di cui Marcos è stato tanto lo strumento quanto il prodotto.

Eppure c’è nell’escuelita e nel comunicato Entre Luz y Sombra qualcosa di particolarmente importante, che getta luce su tutte le precedenti discontinuità (ne ho citate alcune arbitrariamente e a titolo di esempio). Anche dopo questa simbolica morte di Marcos e rinascita di Galeano, morte di un nome che troppo a lungo è stato associato a una leadership, è chiaro che la persona-Marcos continuerà a svolgere un ruolo chiave nella lotta del sud-est messicano. Ma ciò che è importante capire è la sostanza estremamente materiale di questo ologramma: i tanti modi verticali attraverso cui lo zapatismo si è rapportato con il potere e con il mondo, avevano sempre delle condizioni di possibilità orizzontali nelle reti di cooperazione e autogoverno che venivano sperimentate nei pueblos della gente comune.

Lo scontro verticale con il potere e con i media che, come si è detto, “sfidava la modernità in uno dei suoi bastioni: i mezzi di comunicazione”, ha potuto esistere solo grazie a qualcosa che stava fuori da questo teatro mediatico, cioè l’apprendimento quotidiano all’autorganizzazione. Il 21 dicembre 2012, anno della fine del mondo seconda la tradizione Maya, gli zapatisti hanno nuovamente invaso San Cristobal dopo dieci anni in cui poco si è saputo di loro fuori dal Chiapas. Ma a differenza del 1994, l’hanno fatto in silenzio e senza armi.

Questo non è pacifismo, ma la potenza silenziosa di chi sa che ora ha le forze materiali per smettere di parlare il linguaggio mediatico che è stato a lungo costretto a utilizzare per farsi ascoltare. Nella marcia silenziosa, il personaggio-Marcos già moriva, non più necessario: negli anni di silenzio, le pratiche di autogoverno si erano sviluppate. Si trattava ora di mostrare che fuori dai riflettori mediatici un altro tempo di lotta aveva continuato a battere nelle comunità. Si trattava di mostrare ciò che a lungo e in silenzio si andava ancora costruendo, passo a passo, con tentativi e ripensamenti. E così, venne inaugurata una “piccola scuola zapatista”.

Ovviamente uno scontro “verticale” con il potere e i media c’è sempre stato e continuerà ad esserci, come la guerra paramilitare e la morte di Galeano ha mostrato. Ma è sul piano “orizzontale” e quotidiano che la risposta politica viene messa in pratica. L’escuelita zapatista non è stata una piattaforma politica tra realtà di movimento e quadri dell’EZLN, ma un momento in cui gente qualsiasi è stata ospitata in casa da indigeni zapatisti. Anziché scrivere un manifesto politico ci si è sforzati di comunicare tra lingue diverse delle quali, questa volta, lo spagnolo coloniale era quella straniera e i dialetti indigeni quella quotidiana. Si è imparato che “tradurre” è sempre cosa complicata, sia che si tratti di una lingua che di una pratica politica.

Abbiamo lavorato nei campi, letto libri e condiviso il cibo, ma non per imparare un modello di autonomia da esportare nei nostri paesi di provenienza. Al contrario, abbiamo sperimentato la differenza e il duro tentativo di dialogo tra lotte e vite completamente diverse tra loro. Non conosco di nessuna altra rete di popoli in guerra nel mondo intero capace di un simile sforzo umano e organizzativo. Fa sorridere pensare come qualcosa di così vero, così fisico e palpabile, sia stato reso possibile da un “ologramma”, durato vent’anni.

“Avevamo bisogno di tempo per incontrare chi ci vedesse non dall’alto, non dal basso, ma di fronte, che ci vedesse con uno sguardo da compagni”

Ghost Track

[Due segnalazioni di libri sullo zapatismo, usciti in Italia recentemente e complementari. Il primo, di Alessandro Ammetto, osservatore attento della ribellione zapatista sin dai suoi inizi (Ed. Red Star Press, 2014), s’intitola Siamo ancora qui. Uno storia indigena del Chiapas e dell’EZLN ed è tra i testi più completi e dettagliati in circolazione sulla storia del movimento zapatista e sul contesto politico, storico e sociale che ha preceduto l’insurrezione del 1994 e che ha segnato tutte le evoluzioni successive della lotta. Il secondo, di Andrea Cegna e Alberto “Abo” di Monte (AgenziaX, 2014) completa la storia e la arricchisce di testimonianze dirette e recenti. Si basa sull’esperienza della escuelita ma anche sul raccordo di più voci di movimenti, media indipendenti e militanti tra Messico e Italia (tra cui il centro per i diritti umani Frayba, la Brigada Callejera di Città del Messico, Promedios, Centro de medios libres, alcuni storici comitati italiani e artisti solidali come Rouge, 99 posse, Lo stato sociale e Punkreas). S’intitola 20zln. Vent’anni di zapatismo e liberazione. F. L.]

]]> Cronaca da La Realidad zapatista, Chiapas: muore Marcos, vive Galeano https://www.carmillaonline.com/2014/05/31/cronaca-da-la-realidad-zapatista-chiapas-muore-marcos-vive-galeano/ Fri, 30 May 2014 22:02:16 +0000 http://www.carmillaonline.com/?p=15041 di Marco Cavinato

marcos galeano224 maggio – Caracol de La Realidad, Chiapas, Messico. Il 2 maggio scorso un’infame aggressione nel territorio autonomo del caracol de La Realidad ha scosso l’universo zapatista: attraverso l’ennesima e premeditata azione paramilitare i membri della CIOAC-Histórica, un’organizzazione della zona da anni al soldo dei partiti, hanno distrutto la scuola e la clinica autonoma per poi attaccare uomini disarmati, ferendone quindici. Il maestro dell’Escuelita zapatista, José Solís López, “Galeano”, è stato circondato da una ventina di uomini armati di bastoni, machete e fucili. Galeano ha invitato i [...]]]> di Marco Cavinato

marcos galeano224 maggio – Caracol de La Realidad, Chiapas, Messico. Il 2 maggio scorso un’infame aggressione nel territorio autonomo del caracol de La Realidad ha scosso l’universo zapatista: attraverso l’ennesima e premeditata azione paramilitare i membri della CIOAC-Histórica, un’organizzazione della zona da anni al soldo dei partiti, hanno distrutto la scuola e la clinica autonoma per poi attaccare uomini disarmati, ferendone quindici. Il maestro dell’Escuelita zapatista, José Solís López, “Galeano”, è stato circondato da una ventina di uomini armati di bastoni, machete e fucili. Galeano ha invitato i paramilitari a confrontarsi senza armi, disarmandoli uno ad uno finché non gli hanno sparato un proiettile in una gamba. A quel punto hanno iniziato a colpirlo con bastoni e machete, per poi piantargli un’altra pallottola nel petto che l’ha reso moribondo. L’hanno finito sparandogli alla testa.

E’ stato il primo attacco a uno dei cinque caracoles, i centri organizzativi che dal 2003 gestiscono tutte le questioni logistiche-organizzative delle comunità attraverso le proprie giunte del buen gobierno che seguono il principio di “comandare obbedendo”, cioè rappresentare e non soppiantare. Non rappresenta invece una novità l’attacco paramilitare come strategia controinsurrezionale: come sempre in questi casi i media ufficiali sul libro paga del governo hanno dipinto l’azione come uno scontro a fuoco, provocato da conflitti interni alla comunità. I militari dell’esercito non sono coinvolti direttamente e quindi nessuno tra i grandi mezzi d’informazione parla di premeditazione o di responsabilità imputabili a governi e partiti: la storia si ripete, e per chi ha seguito il modus operandi del governo messicano in Chiapas nel combattere gli zapatisti negli ultimi anni non c’è niente di nuovo.

In un comunicato del 13 maggio il Subcomandante Marcos ha invitato chiunque volesse rendere omaggio al compañero Galeano a raggiungere il caracol de La Realidad, nel Municipio de Las Margaritas, per un incontro nella giornata di sabato 24 maggio. Ha rivolto un invito speciale a partecipare ai “media liberi, alternativi, autonomi o come si dice”, quindi “non venduti”, e solo a questi. La stampa ufficiale non era benvenuta. E’ così che nei pressi della città chiapaneca di San Cristobal de Las Casas si sono concentrati i mezzi di trasporto della gran carovana, di circa mille persone, che è partita dalla stessa San Cristobal. Altri mezzi arrivavano da più lontano, da Città del Messico e Oaxaca.  I problemi organizzativi di una carovana diretta in territorio zapatista sono sempre tanti. Man mano che ci si addentra nella selva, il cammino si fa sempre più ostile e impraticabile per gli autobus che vi s’inerpicano. Due vecchi pullman arrivati dalla capitale si bloccano, esausti, all’altezza di Margaritas e rallentano l’intera carovana. Il nostro gruppo parte da San Cristobal alle sette del mattino di venerdì 23 maggio, ma raggiunge La Realidad solo alle otto del mattino del giorno dopo, nonostante normalmente il percorso richieda non più di sette ore.

A La Realidad sono presenti compañeros e compañeras, accorsi da tutti i caracoles. Sono più di 3000 persone in totale, che si aggiungono alle mille persone della carovana. A circondare il campo da basket, punto di ritrovo di fronte al palco, ci sono i militanti e i membri dell’EZLN, disposti in formazione militare, col volto e la testa coperti da passamontagna, berretto verde e paliacate, cioè il tipico fazzoletto rosso. L’esercito insurgente non lascia sole le proprie bases de apoyo. Hanno l’occhio destro coperto da una benda, per guardare il mondo da sinistra. Verso mezzogiorno appare il Subcomandante Insurgente Marcos con la Comandancia General dell’EZLN. Arrivano a cavallo e dopo il saluto militare lasciano spazio alla parola. Legge un comunicato il Subcomandante Moisés, uno dei primi indigeni di etnia tzeltal formato completamente dall’EZLN negli anni ’90 e suo portavoce dal 2013: “Non vi offriamo molte comodità, ma la certezza di essere forti e ribelli. Benvenuti a questa terra umile e ribelle, benvenuti a La Realidad”.

Le sue parole da subito ribadiscono la linea dell’EZLN, coerente nel tempo in situazioni di questo tipo: “Cerchiamo giustizia, non vendetta, chiediamo a tutti di non provocare e di non cercare la giustizia per mano propria, di usare la rabbia contro il sistema e non contro questi poveri paramilitari comprati dal malgoverno, che non hanno il cervello per pensare alla vita dei propri figli”. Seguono le accuse contro il (des)gobierno di corrotti e assassini, che continua a creare gruppi paramilitari, comprando la gente per far ammazzare tra loro i contadini, “per farci uccidere tra fratelli”. Il governatore dello stato del Chiapas, Manuel Velasco Coello, viene definito come un capo paramilitare al soldo del supremo leader paramilitare Enrique Peña Nieto, attuale presidente della repubblica messicana. Il presidente viene soprannominato, come di consueto, “el vendepatria”, un uomo con le mani macchiate di sangue, succube dei suoi padroni che sono le multinazionali.

Secondo le regole zapatiste gli appartenenti alla comandancia dell’EZLN possono entrare nelle comunità solo se queste lo richiedono e per questo si trovano a La Realidad, adesso, con il compito di indagare sull’omicidio “dell’amato e indimenticabile maestro Galeano”. La rabbia di migliaia di indigeni, afferma Moisés quasi gridando, non è per gli assassini stupidi e ignoranti ma per il malgoverno e soprattutto per il capitalismo a cui è asservito. Il Subcomandante elenca i nomi dei responsabili a livello politico e dei paramilitari che hanno eseguito il codardo attacco. In passato un ex governatore già aveva confessato di aver fornito soldi e armi agli stessi paramilitari, “gente manipolata e venduta al malgobierno che vuole che ci ammazziamo tra indigeni e che perdiamo la testa diventando pazzi come sono loro. Stanno facendo il lavoro di Peña Nieto e del demonio del neoliberismo. Chiediamo a questa gente, cosa insegnano ai loro figli? Ad ammazzare la propria gente in cambio di denaro? La nostra vendetta va oltre questa gente, è contro il capitalismo”.

Marcos GaleanoAncora una volta la risposta zapatista alla violenza del governo è estremamente intelligente. La rabbia e il dolore per la morte di un compagno non generano altrettanta violenza cieca. Invece, si chiarisce ancora una volta che gli indigeni del Sud-est messicano hanno ben chiaro che la strategia del governo è fatta di provocazioni e bassezze. Soprattutto hanno ben chiaro chi è il vero nemico, chi sono i veri nemici. Nella notte il Subcomandante Insurgente Marcos annuncia l’imminente scomparsa della sua figura, che definisce “un ologramma”. Ha catturato l’attenzione di tutto il mondo che non sapeva guardare oltre alla figura di un leader meticcio, quindi non indigeno. Di fatto è passato dall’essere il portavoce dell’EZLN a una vera e propria arma di distrazione di massa. La lettura completa del suo discorso palesa l’essenza del suo personaggio, partendo dalla sua creazione definita “una completa manovra di distrazione, un trucco di magia terribile e meravigliosa, una giocata maligna del cuore indigeno”. Un personaggio creato ad hoc, quindi, che ricorda esso stesso a quelli che hanno amato e odiato il Sub Marcos che “hanno amato e odiato un ologramma”.

“Il loro amore e il loro odio, dunque, è stato inutile, sterile, vuoto”, spiega. Al suo lungo discorso, intitolato “tra la luce e l’ombra”, non c’è molto da aggiungere. E’ importante sottolineare un passaggio che testimonia la coerenza del movimento negli anni. Gli zapatisti hanno preferito la vita alla morte: al posto di ingrossare le fila dell’esercito, comprare armamenti e “rinforzare la macchina da guerra”, hanno costruito scuole e ospedali autonomi. “Perché anche se non sembra, ci vuole più coraggio a vivere che a morire”. Questa è ed è stata la forza dei ribelli del colore della terra, di tutti gli uomini e le donne che in questi anni, disarmati, hanno affrontato militari, carri armati, provocazioni e paramilitari. Se è vero che la base, in origine, è stata l’insurrezione armata,  di nuovo il Subcomandante la descrive come una necessità, perché senza questa conquista l’autonomia non sarebbe stata una costruzione possibile. Il testo del discorso non tralascia un elenco di compagni scomparsi, uccisi, ma vivi nella memoria, che hanno mantenuto viva la lotta in tutto il mondo: Carlo Giuliani è tra questi.

Al momento dell’ultimo saluto alla tomba del maestro Galeano il serpentone di donne, uomini, bambini e bambine con il passamontagna, mescolati con tutti gli altri, venuti a dire Adiós a un uomo che mai s’è venduto e che ha lottato fino all’ultimo respiro, è impressionante per la sua lunghezza. Per più di un’ora la famiglia riceve abbracci, conforto, sussurri e solidarietà, incessantemente, da tutto il mondo a La Realidad. E’ impressionante anche la forza e la coscienza dei compagni e dei familiari di Galeano. “Siamo distrutti ma siamo forti: questa è la lotta”, risponde la vedova del maestro a un visitatore che le dice di farsi forza.

Il dolore e la rabbia, quindi, ma anche forza, lucidità, intelligenza. Idee chiare e determinazione. Ciò che ha permesso agli zapatisti di resistere vent’anni, creando autonomia e, all’interno di questa costruzione, sviluppare educazione, salute, dignità, giustizia, coltivando la propria terra e la propria libertà. Una lotta che non tutti possono o vogliono comprendere, un modello di organizzazione distante da tutti gli schemi rivoluzionari classici. Un modello che non si è logorato e che continua a essere esempio e fonte d’ispirazione per tante lotte nel mondo. Le reti continuano a tessersi, rivivono. Dopo vent’anni, ancora una volta, los compañeros y las compañeras ricordano a chi ha orecchie per ascoltare che non cadranno nella trappola della guerra sporca, che non faranno il gioco di chi cerca da sempre il pretesto per trasformarli in ciò che non sono: “Non siamo assassini come loro, siamo gente che lotta”, ribadisce Moisés. Non vendetta ma giustizia.

Le ultime parole del Subcomandante Insurgente Marcos sono “salud y hasta nunca… o hasta siempre, chi ha capito saprà che questo non importa, che non ha mai importato”. Poco dopo la stessa voce saluta: “Buongiorno, compañeras e compañeros. Il mio nome è Galeano, Subcomandante Insurgente Galeano. Qualcun altro si chiama Galeano?”. “Io sono Galeano”, urlano in molti. Il maestro e compañero Galeano rinasce nella voce dei presenti. E così si chiude il comunicato, firmato Subcomandante Insurgente Galeano. Marcos muore, Galeano vive. Il Sub resterà nell’EZLN, ma il suo personaggio pubblico scompare. Resta dunque il collettivo, e Moisés come portavoce dell’EZ.

Da questo spazio recondito della selva Lacandona, dal centro de La Realidad, migliaia di persone hanno reso omaggio al maestro Solís perché “se toccano uno, toccano tutti noi”, dicono da queste parti. Ancora una volta gli aggressori delle basi zapatiste hanno versato del sangue e ancora una volta il ricordo di un uomo caduto en la lucha s’è impresso nella memoria di chi ha conosciuto e ascoltato la sua storia. Ma l’EZ, le sue basi e le comunità si rialzano, annunciano la ripresa delle attività delle Escuelitas, la prossima ricostruzione delle strutture distrutte dall’attacco del 2 maggio, per cui chiedono solidarietà, e infine la fissazione di un nuovo incontro tra i popoli indigeni del Messico e del mondo. E dalle montagne del sudest messicano il grido riecheggia in tutti gli angoli ribelli del mondo:¡Galeano vive!

Comunicato “Entre la luz y la sombra”: ascoltalo qui in spagnolo o leggilo in italiano

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