Fahrenheit 451 – Carmilla on line https://www.carmillaonline.com letteratura, immaginario e cultura di opposizione Wed, 02 Apr 2025 20:00:24 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.9.26 Fahrenheit 451: molto prima del fuoco https://www.carmillaonline.com/2024/04/13/fahrenheit-451-molto-prima-del-fuoco/ Fri, 12 Apr 2024 22:01:28 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=81981 di Sergio Cimino

Ray Bradbury, Fahrenheit 451, Mondadori, 2023, pp. 180, € 12,50.

“Era una gioia appiccare il fuoco”, pensa Montag, nel noto incipit del romanzo di Ray Bradbury. E quel fuoco non ha smesso di dardeggiare negli oltre settant’anni di vita di questo capolavoro. Il corpo dei vigili, che nella realtà futura immaginata dallo scrittore americano, non si occupa più di spegnere gli incendi ma ha il compito di bruciare i libri, irradia la sua potente deflagrazione simbolica non solo in chi ha letto il romanzo, ma anche in coloro che ne hanno solo sentito parlare. La suggestione si alimenta delle [...]]]> di Sergio Cimino

Ray Bradbury, Fahrenheit 451, Mondadori, 2023, pp. 180, € 12,50.

“Era una gioia appiccare il fuoco”, pensa Montag, nel noto incipit del romanzo di Ray Bradbury.
E quel fuoco non ha smesso di dardeggiare negli oltre settant’anni di vita di questo capolavoro.
Il corpo dei vigili, che nella realtà futura immaginata dallo scrittore americano, non si occupa più di spegnere gli incendi ma ha il compito di bruciare i libri, irradia la sua potente deflagrazione simbolica non solo in chi ha letto il romanzo, ma anche in coloro che ne hanno solo sentito parlare. La suggestione si alimenta delle immagini forti evocate dall’invenzione letteraria, prime fra tutte quelle degli storici roghi dei libri appiccati dai nazisti.

Nella parte di mondo autoproclamatasi Regno della libertà, lo schiacciamento interpretativo del romanzo su una chiave di lettura liberaldemocratica non stupisce.
Certo, in questi decenni, tra le analisi di Fahrenheit non sono mancate quelle che attraverso l’estremizzazione tipica delle distopie, hanno evidenziato gli aspetti maggiormente critici delle società capitalistiche occidentali. È il caso, ad esempio, del conformismo indotto dai sempre più pervasivi programmi televisivi. Nel romanzo, la televisione diviene una presenza costante nelle case, fino ad occupare intere pareti. L’ambizione più grande è quella di poter installare anche la quarta parete, creando nella propria abitazione qualcosa che si avvicina alla realtà virtuale. Attraverso un convertitore di frequenza, infatti, i personaggi televisivi si rivolgono direttamente al telespettatore, chiamandolo per nome. Le presenze sullo schermo divengono propri familiari, di cui si condividono senza sosta e senza fine, le vicissitudini più varie, dalle quali però è bandito qualsiasi senso compiuto. È l’intrattenimento totalizzante, qualcosa che, presente solo in germe al tempo di stesura dell’opera, va ascritta alla capacità predittiva di Bradbury.
Se l’analisi del romanzo viene allargata non solo al presente narrativo in cui sono collocati i personaggi, ma anche alle dinamiche storiche che lo hanno preparato, il risultato in termini di significanza politica dell’opera diviene molto più complesso, sia della sintesi liberal di facile presa, di cui si diceva al principio, sia di una disamina frammentaria dei singoli aspetti deteriori delle democrazie occidentali ad economia capitalistica, la cui carica critica potrebbe facilmente essere disinnescata nel considerare tali aspetti come elementi accidentali e quindi emendabili, di un sistema socioeconomico del quale non viene messo in discussione il primato.

Per procedere all’analisi larga di cui si diceva, punto centrale del dispositivo politico del romanzo è il lungo discorso che il capitano dei vigili del fuoco, Beatty, pronuncia in casa di Montag, cercando di fornirgli una base ideologica che prevenga quello che il suo superiore ha già subodorato come lo sviluppo di un pensiero critico foriero di una possibile ribellione.
Per raggiungere questo scopo il capitano Beatty è disposto a rischiare quello che normalmente non deve essere fatto: narrare la storia della loro professione, cosa che solo i capi ancora ricordano. Ma l’evoluzione della milizia, fino al compito istituzionale di distruggere i libri esistenti, è così connaturata con la storia tout court, che il passaggio a quest’ultima avviene senza soluzione di continuità.
Scopriamo così che il progresso tecnologico ha impresso una maggiore velocità ai processi sociali. Tutto ha cominciato ad andare più veloce. Il turbine, partito dai mezzi di trasporto e dai processi produttivi, si è esteso ai tempi di vita. I libri, le riviste, tutto ciò che richiede applicazione, viene ridotto a sintesi. Gli articoli ai soli titoli. Il condensato di opere complesse le ha rese accessibili democraticamente alla massa. Ciò aumenta anche la portata quantitativa delle informazioni a disposizione di ciascuno con il risultato che sotto la spinta di tutte queste sollecitazioni il pensiero viene disperso. A ciò si accompagna un progressivo discredito dell’attività intellettuale, che diviene solo un peso capace di far perdere tempo inutilmente. Gli studi divengono sempre più brevi e, quel che più conta, devono essere funzionali ai processi produttivi. Per marginalizzare l’attività intellettuale, un ruolo importante è svolto dal tempo libero, durante il quale tutto deve distrarre il pensiero. Diviene importante un costante stimolo a fare qualcosa. Assumono rilevanza le attività sportive, i consumi, l’ossessione degli spostamenti incessanti con le auto.
Un punto importante del racconto del capitano Beatty è quello relativo alla tutela delle minoranze. La strumentalizzazione della questione conduce a depotenziare qualsiasi posizione critica che possa condurre ad un turbamento sociale. Sembra di vedere l’uso cloroformizzante che viene fatto del politically correct ai nostri giorni.

E l’arte? La musica, la letteratura, il cinema, in un quadro siffatto, devono suscitare solo riflessi condizionati, “una reazione tattile alla vibrazione”.
Nella costante ricerca di non lasciare spazio al pensiero, persino eventi naturali come la morte devono essere occultati, con l’eliminazione dei riti funebri e la loro sostituzione con procedure industrializzate di polverizzazione dei corpi, affinché anche in quel caso sia allontanato ciò che potrebbe produrre angoscia.
Ecco perché al termine del racconto del capitano Beatty, la realtà in cui i vigili del fuoco hanno il compito di bruciare i libri, che è poi l’elemento maggiormente iconico del romanzo, viene ridotto ad un fatto quasi irrilevante.
Scopriamo infatti, che non vi è stato bisogno di alcuna legge liberticida per condurre alla proibizione dei libri. Ma che è stato lo svilimento dei libri e delle attività intellettuali su cui si è incentrata la narrazione del capitano, a renderli privi di importanza, detestati dalle masse. Solo dopo è intervenuta la legge, che ha ratificato una situazione di fatto.
Se la gran parte dei singoli punti toccati dal racconto del capitano Beatty agghiaccia per la familiarità con analoghi aspetti del nostro presente, quello che colpisce ancor più, è proprio la lucida consapevolezza della rilevanza che assumono le sotterranee (e sotterrate, dai mezzi di propagazione ideologica nelle mani della classe dominante…) dinamiche sociali nella spiegazione dei processi storici.
Ed in fondo, il mondo di Fahrenheit 451, cosa configura se non un quasi perfetto Regno della libertà?
Beatty ci fa sapere che persino un libro nelle mani di un vigile del fuoco può essere ammissibile. Almeno una volta nella vita, succede ad ogni milite del fuoco di sentire un certo prurito, che gli fa venire voglia di sapere cosa dicono i libri. Che si gratti allora. E scopra da solo che i libri non hanno proprio nulla da dire. Di modo che dopo questa scoperta, possa tornare ad essere uno dei custodi della pace spirituale. Uno di quelli che evitano di divenire come la famiglia di Clarissa McClellan. Eccentrici, che invece di chiedersi come una cosa sia fatta, si attardano ancora a chiedersi il perché venga fatta.

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I ratti dell’immaginario https://www.carmillaonline.com/2021/04/21/i-ratti-dellimmaginario/ Wed, 21 Apr 2021 21:00:20 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=66087 di Redazione

Dedicato a Giovanna e a tutti coloro che subiscono ma, ancora, resistono

Prima li sentivamo muoversi nei muri, come i topi del celebre racconto di H. P. Lovecraft, poi hanno iniziato a muoversi per le stanze di casa e per le vie delle città e oggi sono venuti allo scoperto rivelandoci tutto l’orrore di questa società che si sarebbe voluto tener nascosto dietro a pareti di discorsi democratici, progressisti e green moltiplicati e riproposti all’infinito dai media.

Si sono presentati così, a volto scoperto con la scusa della pandemia e dei provvedimenti di urgenza, con i Dpcm, con [...]]]> di Redazione

Dedicato a Giovanna e a tutti coloro che subiscono ma, ancora, resistono

Prima li sentivamo muoversi nei muri, come i topi del celebre racconto di H. P. Lovecraft, poi hanno iniziato a muoversi per le stanze di casa e per le vie delle città e oggi sono venuti allo scoperto rivelandoci tutto l’orrore di questa società che si sarebbe voluto tener nascosto dietro a pareti di discorsi democratici, progressisti e green moltiplicati e riproposti all’infinito dai media.

Si sono presentati così, a volto scoperto con la scusa della pandemia e dei provvedimenti di urgenza, con i Dpcm, con i lacrimogeni sparati in faccia a chi si oppone ai loro devastanti e inutili progetti, con la criminalizzazione dei lavoratori in lotta, con la distribuzione di anni di reclusione o di sorveglianza speciale per chi si ostina a battersi contro le miserie dell’esistente e, per finire in “gloria”, con generali in pompa magna che vorrebbero farci credere di essere al servizio della società e della “nostra” salute.

Negano l’evidenza della gestione fallimentare della pandemia e dell’esistente, negano o ignorano l’assoluta dipendenza di ogni loro decisione dalle necessità immediate o future del capitale, rovinano le mezze classi fingendo di rappresentarle e si accaniscono sui lavoratori salariati e i giovani in una epocale trasformazione del lavoro e della distribuzione che lascerà sul campo milioni di disoccupati oppure di lavoratori destinati a compiti sempre più umili, non garantiti e sottopagati.

Per fare ciò, però, non possono accontentarsi di disciplinare la società e il lavoro ma, come si è già detto su queste pagine (qui) devono anche riuscire a reprimere e disciplinare ogni aspetto dell’immaginario, individuale o collettivo.
Per raggiungere questo obiettivo hanno dovuto andare oltre i limiti della normale produzione di narrazioni tossiche cui ci hanno abituato da tempo le fake news sistemiche e di Stato; hanno superato i limiti di una produzione culturale mainstream, contro cui questa rivista si batte ormai da molti anni poiché ritiene l’immaginario un campo di battaglia fondamentale per la definizione del nostro futuro, e hanno iniziato a porre severi limiti alla libertà di immaginare, in ogni sua forma ed espressione.

In tale ipotesi la libertà d’opinione sarà definitivamente seppellita e si potrà essere liberi di immaginare soltanto se si immaginerà ciò che il Capitale e lo Stato riterranno utile e proficuo immaginare. La capacità di immaginazione sarà trasformata in reato della mente, in associazione a delinquere del desiderio e dovrà essere rigidamente controllata da una sorta di polizia politica dei sogni.

Nemmeno George Orwell con 1984 era giunto a tanto e anche Ray Bradbury, con il suo Fahrenheit 451, era tutto sommato rimasto ancorato ai roghi di libri già visti tante volte nella storia. Tentativi messi in atto, anche in tempi recenti, per cancellare la memoria del passato e la sua cultura.
Oggi invece si vuole cancellare il futuro e la capacità di immaginarlo insieme al presente.
Presente e futuro che devono certamente preoccupare molto, se non addirittura spaventare, gli attuali signori della guerra economica, sanitaria e psichica per farli giungere ad una pratica che forse solo Philip K. Dick aveva saputo adeguatamente descrivere in alcune sue opere.

Disciplinare la mente significa disciplinare l’immaginario, mentre immaginare significa, il più delle volte, anticipare. Ecco allora che ciò che viene messo in atto oggi, anche attraverso l’operato della magistratura, è proprio questo: il tentativo di negare il futuro o un’immagine altra del presente.
Sia ben chiaro: si tratta di una partita per la vita e per la morte di un presente oscurantista che per rendersi eterno deve uccidere sul nascere qualsiasi ipotesi altra. Anche se presente soltanto in un romanzo.

Come è accaduto nel caso di Marco Boba, al quale va la piena solidarietà di tutta la redazione di Carmilla, che sembra esser precipitato in una dimensione degna dell’Inquisizione tardo medievale, poiché dopo una condanna in primo grado a quattro anni di detenzione per “incendio volontario” a seguito dei frammenti da fuoco d’artificio caduti su un capannone interno al carcere torinese delle Vallette, durante una manifestazione di protesta al suo esterno nel febbraio del 2019, è anche diventato oggetto di un provvedimento di sorveglianza speciale proposto nei suoi confronti, a causa del suo romanzo Io non sono come voi edito nel 2015 dalla cooperativa editoriale Eris di Torino. Infatti, come si afferma nel comunicato della casa editrice:

Giovedì 1 aprile è successa una cosa molto grave, e prima di parlarvene abbiamo voluto prenderci qualche giorno per riflettere. Scusate la lunghezza, ma in certi casi ogni parola è importante.
A un nostro autore, Marco Boba, è stata notificata da parte della Questura e della Procura di Torino una richiesta di sorveglianza speciale. Sino a qua, purtroppo, niente di straordinario. Negli ultimi anni questa misura preventiva molto pesante è stata richiesta e applicata più volte a militant* e attivist* di tutti i movimenti. Per chi non fosse avvezzo, la sorveglianza speciale consiste in un insieme di regole e divieti che vanno a colpire la persona nella propria quotidianità a causa di quella che viene definita “pericolosità sociale”, quindi è un provvedimento che colpisce le persone al di là di uno specifico fatto ma per un “comportamento generale”1.
Quello che noi troviamo davvero pericoloso e allarmante è che all’interno di questa richiesta di sorveglianza speciale sia stato inserito il romanzo –Io non sono come voi– che Marco ha pubblicato con noi nel 2015 come aggravante e/o prova. Anzi, il fulcro di questa prova nello specifico è la frase che noi come editori abbiamo scelto di mettere nel retro di copertina: «Io odio. Dentro di me c’è solo voglia di distruggere, le mie sono pulsioni nichiliste. Per la società, per il sistema, sono un violento, ma ti assicuro che per indole sono una persona tendenzialmente tranquilla, la mia violenza è un centesimo rispetto alla violenza quotidiana che subisco, che subisci tu o gli altri miliardi di persone su questo pianeta.» Una frase che dice il protagonista del libro in un dialogo. Una frase che come sempre estrapoliamo dal romanzo per far capire a chi si ritroverà il libro in mano qual è il cuore della storia, il mood, l’atmosfera, lo stile narrativo.
Parliamo di un romanzo di finzione, con un protagonista di finzione. Il romanzo è scritto in prima persona, al presente, scelta tra l’altro fatta non in origine dall’autore, ma dopo un lungo confronto tra autore ed editore. Editing, normale editing.
Che il romanzo sia di fantasia tra l’altro è dichiarato sin da subito, nella sinossi presente nell’aletta che si discosta totalmente dalla biografia dell’autore e in due pagine esplicative finali.
Non basta lo sfondo, il contesto, l’ambientazione, per decidere che un romanzo è autobiografico. I fatti principali che costituiscono la trama e il motore principale della narrazione sono chiaramente inventati, di finzione.
Ecco, a noi sembra davvero pericoloso che una finzione possa diventare una prova, che il dialogo di un personaggio di un romanzo possa diventare una prova, che le opinioni o le azioni di un personaggio di finzione possano diventare una prova, che una frase scelta dall’editore, per promuovere al meglio un libro, possa diventare un’aggravante e che una questura o una procura si possano occupare di una materia che dovrebbe restare appannaggio di chi fa critica letteraria.
In questi anni più volte si è invocato il reato d’opinione. Dalla vicenda di Erri De Luca, assolto dall’accusa di istigazione a delinquere per essersi espresso a favore dei sabotaggi contro la Tav, alla studentessa accusata di aver partecipato attivamente a delle azioni No Tav solo per aver utilizzato il “noi partecipativo” nella sua tesi di laurea in Antropologia culturale sul movimento stesso.
Ma ci sembra che a questo punto non stia diventando illecito solo avere un’opinione, ma anche il puro e semplice immaginare. Una società in cui non solo si paga per le proprie opinioni, ma addirittura per le opinioni o le azioni dei propri personaggi d’invenzione sarebbe la trama perfetta per un romanzo distopico. Ma per qualcuno, invece, è la realtà, perché sta accadendo.

Per Marco Boba, militante anarchico di lunga data, scrittore, occupante di case ed ex-redattore di Radio Black Out, il pm erede dell’operato anti-movimentista del duo Rinaudo e Padalino ha richiesto un provvedimento di sorveglianza speciale della durata di due anni basato, incredibilmente, su prove costituite non soltanto da una frase tratta dalla quarta di copertina del romanzo edito da Eris, come è stato detto già prima, ma anche da una recensione on line del libro stesso, oltre che dalla cattiva condotta suggerita dalla più che discutibile condanna precedentemente inflittagli nel primo grado di giudizio.

Sembra così, nell’operato della giustizia torinese, che la fantasia sia davvero andata al potere, visto che fantasiosi rappresentanti della magistratura perseguono reati di immaginazione, utilizzando qualsiasi forma o applicazione dell’immaginario per tarpare le ali non solo a quella che in tempi ormai lontani si sarebbe definita creatività, ma ad ogni forma di movimento dalle caratteristiche anti-sistemiche o antagoniste.

Dilungarsi ulteriormente su un episodio che più che appartenere ad una dialettica viva e reale tra le forze e le classi sociali potrebbe essere stato tratto da una farsa di Totò e Peppino, non sarebbe necessario se l’utilizzo a buon mercato e a largo raggio della sorveglianza speciale, accompagnato da accuse fantasiose, non fosse diventato pratica corrente nei confronti dei militanti NoTav, di coloro che come Eddi hanno combattuto per la libertà del Rojava oppure per gli anarchici cagliaritani e le giovani donne giunte da poco alla militanza antagonista, com’è successo recentemente a Firenze.

Vorremmo poter dire di questa giustizia fai da te, di questi apparati repressivi, dello Stato e dei governi imbelli, non ragionar di lor ma guarda e passa, ma l’unica cosa che possiamo invece affermare in questo momento e in solidarietà con tutti coloro che da questi provvedimenti e dalle violenze sono ormai quasi quotidianamente colpiti è che anche noi non siamo come voi e che molti ancora si aggiungeranno alle nostre fila, poiché il vostro operato sta proprio lavorando in quella direzione.

Grazie dunque a tutti coloro che, nel tentativo di ingabbiare e portarci via il nostro immaginario, faranno sì che questo diventi sempre più forte, chiaro, potente e condiviso.


  1. Per un approfondimento su pericolosità sociale e sorveglianza speciale si veda qui  

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