Fabrizio Salmoni – Carmilla on line https://www.carmillaonline.com letteratura, immaginario e cultura di opposizione Wed, 18 Dec 2024 21:16:43 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.9.26 Un percorso lungo un secolo: in ricordo di Bianca Guidetti Serra https://www.carmillaonline.com/2015/05/13/un-percorso-lungo-un-secolo-in-ricordo-di-bianca-guidetti-serra/ Wed, 13 May 2015 21:40:53 +0000 http://www.carmillaonline.com/?p=22572 di Sante Notarnicola

bianca-guidetti-serra 3[Nell’ambito della tre giorni “Una Montagna di Libri contro il Tav” un ricordo collettivo riproporrà il percorso di Bianca Guidetti Serra, uno dei giganti del ‘900 italiano, a quasi un anno dalla fine della sua lunga vita. Dieci persone si alterneranno leggendo i suoi scritti o raccontandone frammenti di storia, anche grazie alle testimonianze dirette di chi l’ha conosciuta: Fabrizio Salmoni, figlio di Bianca e militante No Tav, il giornalista Peter Freeman che l’ebbe come avvocatessa, e Sante Notarnicola, che la conobbe durante il processo alla banda Cavallero. [...]]]> di Sante Notarnicola

bianca-guidetti-serra 3[Nell’ambito della tre giorni “Una Montagna di Libri contro il Tav” un ricordo collettivo riproporrà il percorso di Bianca Guidetti Serra, uno dei giganti del ‘900 italiano, a quasi un anno dalla fine della sua lunga vita. Dieci persone si alterneranno leggendo i suoi scritti o raccontandone frammenti di storia, anche grazie alle testimonianze dirette di chi l’ha conosciuta: Fabrizio Salmoni, figlio di Bianca e militante No Tav, il giornalista Peter Freeman che l’ebbe come avvocatessa, e Sante Notarnicola, che la conobbe durante il processo alla banda Cavallero. Ne verrà ricordata l’opposizione al fascismo, l’amicizia con Primo Levi, la militanza nella Resistenza e l’attività forense vissuta come impegno sociale. Un impegno costante in difesa dei lavoratori, dei minori, delle donne, dei prigionieri delle dittature, dei condannati alla “morte in vita” dell’ergastolo. Il 15-16-17 maggio tutte le iniziative della tre giorni verranno trasmesse in diretta streaming da Radio Al Suolo.] Alexik

Ho conosciuto Bianca l’otto Maggio del 1968 nella Corte d’Assise di Milano, dove per la prima volta mettevo piede per essere giudicato insieme ai miei compagni di allora. I capi d’imputazione erano 75, alcuni dei quali comportavano la massima pena: l’ergastolo. Una pena che a Milano non era stata data da vari lustri, come diceva la stampa dell’epoca.

Venivo da 8 mesi di isolamento totale durante i quali non avevo avuto che poche e frammentarie notizie su ciò che circolava dal dopo arresto fino al processo. Ero quindi frastornato. Mi ripresi alla svelta rincontrando i miei vecchi compagni che non avevo più visto né sentito, durante un arco di tempo che aveva prodotto tra noi alcune contraddizioni piuttosto pesanti. Il prevedibile attacco scatenato dalla stampa, teso a delegittimarci nella dignità, ebbe invece l’effetto di ricomporre momentaneamente tutti noi imputati.

Iniziato il processo mi guardai intorno nell’aula e chiesi a Rovoletto chi era l’avvocatessa che lo difendeva. Da subito osservai l’atteggiamento riverenziale che gli avvocati avevano nei confronti dei giudici, e non ci detti peso fino a quando la Guidetti Serra prese la parola e con tono deciso fece scendere di qualche gradino la corte nel suo insieme, stabilendo con una sola parola “Giudice !” una specie di parità, inimmaginabile a quei tempi.

RIVOLTA DI DETENUTI DEL CARCERE DI SAN VITTORE, DETENUTI SUL TETTO DEL CARCERE ANNO 1969Più in là nel tempo, quando una buona parte dei detenuti di San Vittore (e anche di altre prigioni), si fece protagonista, con l’aiuto dei movimenti del tempo, di una dura lotta lunga sei anni che sconvolse tutte le prigioni del paese,  in molti processi i giudici restarono soltanto “giudici”, senza gli orpelli a cui si erano abituati facendosi chiamare “eccellenza”, con tanto di inchino.

Come fuori, anche nelle prigioni i detenuti conquistavano la loro dignità. Mano a mano con le lotte, letture e discussioni, costruivano la cosa più importante: l’identità. E la parola più usata, “compagno”, circolò tra le celle delle prigioni per molti anni.

Il processo si concluse i primi di luglio. Le contraddizioni nostre e soprattutto la divisione fisica nei vari bracci, impedì una difesa comune. Ci accordammo soltanto sulla risposta da dare all’inevitabile condanna all’ergastolo. Gli ergastoli furono tre a testa (in appello diventeranno cinque).

Banda_CavalleroLa nostra risposta fu cantare l’inno dei giovani comunisti.

Dopo la sentenza nello stanzone che ci conteneva, pieno di carabinieri, si udì una voce alterata che gridava ”lasciatemi passare”. Un ufficiale le fece strada, era Bianca. Volle abbracciarci uno per uno e disse, scandendo le parole perché tutti potessero udire: ”come avvocato, come cittadina e come persona sono contro la pena dell’ergastolo”. Ci saremmo rivisti in appello.

Al processo d’appello le cose erano cambiate, avevamo stretto rapporti con Lotta Continua, con Re Nudo ed altri organismi del movimento. In aula ci fecero una gradita sorpresa: per tutte le udienze i militanti occuparono i posti destinati al pubblico. Un segno di solidarietà che ancora oggi ricordo con emozione.

Erano passati quasi due anni che risultarono decisivi per il consolidamento delle lotte e dei rapporti con il movimento: passo dopo passo diventammo interni a quel movimento. Le bombe di Piazza Fontana ci fecero maturare alla svelta.

Superammo, anche noi nelle prigioni, l’improvvisazione delle lotte. Ci eravamo dati un programma ambizioso: dovevamo muoverci nel carcere come in una fabbrica, e lottare come nelle fabbriche; ordinati e decisi ci guadagnammo il rispetto di tutto il movimento che non ci vide più come lumpen, ma come compagni di viaggio. E la verifica la fecero loro stessi perché la prigione, anche per loro, divenne consuetudine per via delle risposte repressive alle lotte.

RivoltaCosì quando due anni dopo ci trovammo in corte d’appello la maturazione, la consapevolezza, la responsabilità si evidenziò nell’occupazione da parte di Lotta Continua, di Re Nudo ed altri organismi del settore riservato ai cittadini.

Bianca, intravista a San Vittore mi disse, chinando il capo sul mio orecchio, “Hanno arrestato mio figlio…”. Fabrizio era stato catturato per aver partecipato a una manifestazione antifascista. Ovviamente alle Nuove di Torino fu trattato con particolare attenzione dalla massa di detenuti in quanto Bianca era popolare in quel carcere.

Finita la fase processuale, nel tornare a San Vittore carichi di ergastoli, di catene e di carabinieri, trovammo il portone chiuso. Incredulo mi comunicarono che la direzione del carcere non mi voleva. Ero stato espulso da San Vittore. Cominciò così la mia vita errante da un carcere all’altro. La corrispondenza con Bianca, con i compagni di movimento e con i detenuti di altri carceri (lettere per lo più uscite clandestinamente) mi impegnò, specie nei frequenti periodi di isolamento.

Intanto scoprivo tutte le fasi più importanti dell’impegno di avvocato (e non solo) di Bianca. In quel tempo era scoppiato lo scandalo “dei celestini”, di bambini rinchiusi in istituti e maltrattati. Bambini senza un futuro che non fosse il carcere, senza un solo affetto. Bianca fece un lavoro straordinario anche in quella circostanza gettando le basi per una legislazione a tutela dei minori.

Approdai nel penitenziario più rognoso di quel tempo: Volterra. Qui erano concentrati coloro che individualmente non accettavano passivamente nessun tipo di carcere. Una vera scuola di ribelli, molti dei quali avrebbero avuto un ruolo importante nelle lotte che già si allargavano ovunque nelle prigioni. Non ci avrebbero fermati gli scontri, i trasferimenti, le botte nelle segrete, l’affamamento, le denunce e i processi. Noi andavamo creando un carcere alternativo fatto di obiettivi sempre più alti, parlavamo già di organizzazione da curare giorno dopo giorno con l’obiettivo più nobile: la libertà, la fuga, quella fatta con le lime o sequestrando guardie. E chiunque, arrestato e messo in un braccio, da subito trovava il suo posto di lotta.

Un ricordo particolare del mio avvocato?

Ilona_Staller_in_parlamentoIl 2 Luglio 1987, primo giorno di legislatura, Ilona Staller entrò nella Camera come deputata del partito Radicale. L’accolse un muro di fotografi, telecamere e giornalisti. Ilona era una persona minuta e stretta in quella bolgia lo sembrò ancora di più.

Era manifesta la morbosità e lo squallore della stampa. Entrò nella Camera e qualcuno le disse quale era il settore riservato ai radicali, lassù in alto. Nella vastità dell’aula la Staller era un puntino bianco, col vuoto tutto intorno. Quel vuoto era un pugno nello stomaco.

Poi una donna salì, con una certa solennità i gradini dell’emiciclo, scansando i “poco onorevoli”. Andò a sedersi al fianco della Staller. Le mise il braccio sulla spalla e le regalò un sorriso misurato. Il brusio si zittì e Ilona parve accostarsi di più a quella donna che era (lei si ONOREVOLE) Bianca Guidetti Serra, il mio avvocato.

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Ben scavato vecchia talpa! https://www.carmillaonline.com/2013/05/31/ben-scavato-vecchia-talpa/ Thu, 30 May 2013 23:00:46 +0000 http://www.carmillaonline.com/?p=5914 di Sandro Moiso

mole 1

Più volte qui, sulle pagine di Carmilla, si è insistito sul fatto che esistono già, di fatto, due società contrapposte i cui interessi sono totalmente contrastanti e inconciliabili. Di fatto un doppio potere in cui uno dei due attori (quello che è stato definito per comodità il 99%), però, non è ancora cosciente della propria forza. Nell’apparente assenza di lotte sociali generalizzate e in mancanza di un chiaro indirizzo politico (partito formale) tale affermazione potrebbe apparire priva di fondamento. Eppure, eppure…

Eppure l’1% ha paura. E hanno paura i suoi [...]]]> di Sandro Moiso

mole 1

Più volte qui, sulle pagine di Carmilla, si è insistito sul fatto che esistono già, di fatto, due società contrapposte i cui interessi sono totalmente contrastanti e inconciliabili. Di fatto un doppio potere in cui uno dei due attori (quello che è stato definito per comodità il 99%), però, non è ancora cosciente della propria forza. Nell’apparente assenza di lotte sociali generalizzate e in mancanza di un chiaro indirizzo politico (partito formale) tale affermazione potrebbe apparire priva di fondamento. Eppure, eppure…

Eppure l’1% ha paura. E hanno paura i suoi servi. Tutti: ministri, politici, giornalisti, responsabili del disordine pubblico e magistrati asserviti. Fino ai gradi più bassi: pennivendoli, agenti delle forze del disordine, presidi e burocrati vari. Gli invisibili radar che ricoprono i loro corpi sono in allarme. Come fiere braccate avvertono il pericolo e reagiscono sfoderando armi, minacce e denti. A tutti i livelli e per qualsiasi motivo.

I rilevatori sismici nei palazzi del potere oscillano in continuazione, senza riuscire ad individuare chiaramente l’origine esatta del sisma in arrivo. A quale profondità stiano avvenendo i movimenti della tettonica sociale destinati, più che probabilmente, a sfociare in scosse politiche in confronto alle quali le lotte degli anni sessanta e settanta non potranno sembrare altro che allegre passeggiate e divertenti scampagnate. Un venticello primaverile in confronto ai tornado attuali sull’Oklahoma.

Infatti, non sarebbe possibile spiegare altrimenti l’accanimento con cui negli ultimi mesi, sempre più spesso, la repressione collettiva ed individuale abbia assunto un parossismo che,  se non fosse per i drammi individuali di chi è stato colpito dalla vendetta preventiva dell’apparato statale, potrebbe apparire addirittura farsesco. Così come sempre più farsesca appare la lotta di tutti contro tutti che agita, al di là delle apparenze, i vertici dello Stato, del Governo fantoccio e dell’Economia.

Stanno in piedi per miracolo e sono attaccati ai seggi parlamentari e ministeriali, letteralmente, con lo sputo e lo sanno. Tutti i passi sbagliati li hanno fatti e continueranno a farli, incapaci ed impossibilitati, allo stesso tempo, a correggere la propria traiettoria. Come la nave porta-container in avaria nel porto di Genova: destinata a schiantarsi su una torre di controllo molto mal costruita e insicura. Chiamatela Governo Letta se volete.

Accusano di terrorismo chiunque si ponga al di fuori della semplice e supina accettazione di ciò che è “già stato deciso”: da Caselli e Il Fatto Quotidiano che si avventano su Davide Grasso (reo dell’occupazione di un ufficio di una ditta coinvolta nella realizzazione del TAV in Val di Susa) all’esponente del PD piemontese Stefano Esposito che denuncia un giornalista e blogger No TAV (Fabrizio Salmoni, titolare del blog anti-TAV Maverick) come pericoloso eversore per aver definito i lavoratori che pur di lavorare accettano qualsiasi compromesso, in barba agli interessi sociali e di classe, “crumiri”.

Il neo-eletto segretario del PD accusa di tradimento chi non si allinea all’alleanza con Berlusconi, mentre il mummificato migliorista Emanuele Macaluso ricorda che Berlinguer e Togliatti non partecipavano ai cortei operai (dimenticando, però, di dire che all’epoca, stalinianamente, la CGIL-Fiom era considerata la cinghia di trasmissione delle posizioni del Partito all’interno della classe operaia). Urlano all’omicidio per l’annerimento di un escavatore e approvano i peggiori massacri sull’altra sponda del Mediterraneo.

Preparano leggi autenticamente fasciste per bloccare l’ascesa dei movimenti al Parlamento, ma si inchinano alle proposte del Pdl e alle leggi ad personam. Si preoccupano dell’Imu, sperando che il loro elettorato sia ancora composta da una classe media sempiterna e non si accorgono dell’impoverimento che ha colpito anche quella loro, unica classe di riferimento elettorale. Mentre il Presidente della Repubblica, tra un allarmato e sentito proclama e l’altro, recalcitra di fronte ai giudici di Palermo. Straparlano, si insultano sulle piazze e in Tv ma predispongono una legge per incarcerare chiunque oserà ancora contestare i comizi e qualsiasi altra manifestazione del carrozzone politico e mediatico.

Hanno svuotato le casse dello Stato e le tasche dei cittadini ed ora pietiscono miseria e misericordia davanti ai cerberi dalla Bundesbank e della UE. Promettono lavoro per i giovani, ma intanto preparano leggi per  abbassare ulteriormente il costo del lavoro e le pensioni pagate a chi ha versato i contributi per quarant’anni e più. Hanno svuotato le casse dell’INPS per pagare miliardi di ore di Cig, quando la FIAT lo riteneva necessario, e le pensioni e le liquidazioni d’oro di dirigenti abili solo a tagliare le teste dei dipendenti ed ora faticano a coprire le spese minime per gli esodati.

Hanno usufruito di ogni margine, legale ed illegale, per evadere le tasse ed avvalersi di benefit statali (cassa integrazione in deroga, finanziamenti, favori e commesse basate sulle peggiori corruttele), senza mai investire in ricerca e sviluppo ed oggi piangono sulla perdita di competitività, la cui causa è fatta ricadere, tra l’altro, interamente sulla classe operaia e i suoi diritti, conquistati a costo di dure e sanguinose lotte.

Si sono lanciati nelle più spericolate operazioni finanziarie, spesso sulla pelle di milioni di cittadini dei paesi meno sviluppati e dipendenti economicamente dall’Occidente, per ritrovarsi poi con un pugno di mosche in mano e come unica possibilità di salvezza, per le banche e i manager, quella di affamare i propri cittadini attraverso l’acquisto continuo di titoli di stato garantiti. Incrementando così sempre più il debito pubblico e la necessità di tagliare ciò che resta ancora dei servizi sociali, della sanità e dell’istruzione.

Hanno tagliato i fondi alla scuola pubblica ed oggi, mentre il candidato Presidente “di sinistra” Prodi esalta l’attribuzione dei finanziamenti pubblici alle scuole private cattoliche, i dirigenti scolastici perseguitano studenti e professori che si sono opposti alle ridicole ed inutili prove Invalsi. Così, mentre il bastone diventa sempre più grosso e minaccioso, si cerca di distrarre ancora il pubblico con l’offerta di una carota sempre più striminzita e marcia.

E’ stato detto, su queste pagine, tante volte: i margini di aggiustamento tra gli interessi della maggioranza dei cittadini e quella di chi governa la politica, le banche e l’economia non ci sono più o sono talmente ridotti da far sì che anche un compianto ed un recupero tardivo delle politiche keynesiane possa essere inutile e, tutto sommato, soltanto di facciata. Senza contare che anche quelle originali non avrebbero portato da nessuna parte se di mezzo non ci fosse stato il secondo conflitto mondiale.

Ma oggi non esiste nemmeno un governo forte di parte, la dittatura del capitale si affida ormai a rituali sciamanici che non funzionano più nemmeno televisivamente. Hanno sbagliato tutto, da anni e lo sanno. Prima con Berlusconi, la cui colpa maggiore non risiede, agli occhi del Capitale, nelle orge da puttaniere e nei probabili legami mafiosi, ma piuttosto nell’aver disvelato agli occhi dei cittadini, per primo e in maniera inequivocabile, i legami tra interessi privati degli imprenditori e politica.

Poi con Monti, che ha rivelato la profonda dipendenza dell’azione politica ed economica statale dagli interessi e soprusi della finanza internazionale, e con la ministra Fornero, che ha rivelato l’assoluta imbecillità dei provvedimenti presi dagli esperti e dai tecnici bocconiani. Ed in fine, come si era pronosticato su queste pagine, con la definitiva perdita di ogni tipo di maschera sociale e politica di sinistra da parte del PD-DS-PDS-PCI, dopo un risultato elettorale disastroso e il rinnovo di un patto di alleanza per il potere con un nemico tutt’altro che mortale.

Stop! Ce n’è davvero abbastanza per far dire: siete finiti su un binario morto, senza prospettive e senza futuro. Per voi e per la società che vi deve ancora sopportare. E non è certo Grillo a spaventare gli gnomi al governo. No, dopo le prove di conformismo ed imbecillità date dai parlamentari grillini e visto anche il programma elettorale sbandierato ultimamente dal comico genovese(taglio dell’Imu, referendum sul jus soli, referendum per l’uscita dall’euro, etc.), tutto sommato poco distante da quello delle destre, senza contare il recentissimo flop elettorale in occasione delle amministrative.

E non sono nemmeno le iniziative di tipo offensivo messe in atto sui territori occupati militarmente o altrove. Quelle al massimo sono pretesti, come i colpi di pistola e le reazioni viscerali e suicide di qualche disperato. No, fa più paura una classe operaia che va in piazza e spinge, anche confusamente, la Fiom a prendere sempre più le distanza, magari ancora solo strumentalmente, dal PD e dai vertici della CGIL. Fa paura il  non voto di milioni di cittadini e il loro progressivo e smagato distacco nei confronti delle sirene politiche e parlamentari. Fa paura l’organizzazione e la discussione che viene dal basso. Fanno paura l’incontro tra studenti ed operai in piazza Verdi a Bologna e lo sciopero interrazziale e spontaneo dei facchini. Fanno paura Anonymous e l’azione degli hacker, spesso giovanissimi, che infrangono i portali degli apparati di stato e dei loro segreti.

Fanno paura gli otto milioni e mezzo di cittadini che versano, secondo le ultime stime dell’Istat, in gravissime condizioni economiche (raddoppiati nel corso degli ultimi due anni), i 15 milioni di individui che versano in condizione di deprivazione e disagio economico, i due milioni e mezzo di giovani (tra i 15 e i 29 anni) che non studiano e non lavorano e i circa sei milioni di disoccupati cronici. Il capitale, insomma, ha paura di se stesso e delle conseguenze delle sue politiche.

Così il premier Enrico Letta è costretto a scrivere, in una lettera, al presidente del Consiglio della Ue, Herman Van Rompuy:  “Avere finanze pubbliche sane serve. Ma se l’Ue non è capace di intervenire per risolvere la disoccupazione, finirà per alimentare sentimenti di frustrazione e risentimento facendo crescere movimenti populisti ed antieuropei“.

Il potere accusa, condanna, denuncia, costringe alla latitanza decine di cittadini. Lo stesso potere che fa i salti mortali per nascondere verità sempre più evidenti, come quella che, forse, negli attentati a Falcone e Borsellino sono più coinvolti i servizi, tutt’altro che deviati, dello Stato che la mafia stessa. Lo stesso potere che si guarda intorno spaventato e vede pericoli ovunque. Tutto questo ha un nome: controrivoluzione preventiva. Ma, per nostra fortuna, Marx ci ha già spiegato  che là dove c’è necessità di un’azione controrivoluzionaria, sicuramente la Rivoluzione (sì, quella con la R maiuscola) è già all’opera. Anche al di là del sentire della classe direttamente interessata.

Così oggi occorre saper incassare, subordinare qualsiasi giovanile esuberanza ed intemperanza alla necessità di sviluppare organizzazione politica, sociale e sindacale sul territorio; dando la priorità alla  necessità di andare avanti nell’approfondimento del dibattito sulle prospettive di un movimento che non potrà essere altro che radicalmente anti-capitalista, ma senza rinunciare alla denuncia dei soprusi e delle ingiustizie e senza arretrare sul piano della decisa ed intransigente difesa delle idee, dei diritti sindacali e degli spazi di iniziativa politica e sociale .

Negli anni ottanta del XIX secolo Engels, che pur di barricate ed organizzazione militare se ne intendeva, esortava gli operai tedeschi a far fronte con determinazione alle leggi anti-socialiste di Bismarck e a preparare l’organizzazione politica e sociale per rovesciare la prassi dell’esistente modo di produzione,  senza cadere nella trappola dello scontro per lo scontro, sul  terreno scelto dalla borghesia. Tale indicazione vale, forse più, anche oggi.

La scossa sismica in arrivo non farà solo oscillare i rilevatori, ma ne frantumerà scale, vetri e lancette. Ma, forse, per giungere a ciò non saranno più necessari gesti romantici  come un’altra presa del Palazzo d’Inverno o qualche clamorosa, e facilmente sconfiggibile sul piano militare,  iniziativa insurrezionale: il destino di questo morente modo di produzione sarà quello di afflosciarsi ed accartocciarsi sulle proprie contraddizioni ed errori e non varrà nemmeno uno scoppio di petardo. Sarà solo allora che  il 99% potrà cogliere il frutto della sua azione di contrasto e procedere oltre.

Ma la rivoluzione va fino al fondo delle cose. Sta ancora attraversando il purgatorio. Lavora con metodo. Fino [ad ora] non ha condotto a termine che la prima metà della sua preparazione; ora sta compiendo l’altra metà. […]      essa spinge alla perfezione il potere esecutivo, lo riduce alla sua espressione più pura, lo isola, se lo pone di fronte come l’unico ostacolo, per concentrare contro di esso tutte le sue forze di distruzione. E quando la rivoluzione avrà condotto a termine questa seconda metà del suo lavoro preparatorio, l’Europa balzerà dal suo seggio e griderà: Ben scavato, vecchia talpa!” (K: Marx, Il 18 Brumaio di Luigi Bonaparte, dicembre 1851 – marzo 1852)

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