Dylan – Carmilla on line https://www.carmillaonline.com letteratura, immaginario e cultura di opposizione Sun, 17 Nov 2024 21:00:03 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.9.26 Un cowboy sospeso tra i suoni degli Appalachi e il cosmo https://www.carmillaonline.com/2024/09/18/un-cowboy-davanti-alleternita/ Wed, 18 Sep 2024 20:00:40 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=84356 di Sandro Moiso

Alle porte di Brescia esiste un piccolo angolo dei monti Appalachi che, nella realtà, si sviluppano per circa 2500 km parallelamente alla costa atlantica degli Stati Uniti, dal golfo del fiume San Lorenzo all’Alabama. Un paragone possibile non soltanto per le ferriere ormai chiuse e i boschi che si inerpicano lungo i fianchi delle propaggini prealpine che circondano il comune di Nave, ma anche per la presenza sul luogo di un musicista che da anni insegue le tracce di John Fahey e Roscoe Holcomb, con qualche deviazione in direzione del country proletario di Hank Williams.

Si tratta [...]]]> di Sandro Moiso

Alle porte di Brescia esiste un piccolo angolo dei monti Appalachi che, nella realtà, si sviluppano per circa 2500 km parallelamente alla costa atlantica degli Stati Uniti, dal golfo del fiume San Lorenzo all’Alabama. Un paragone possibile non soltanto per le ferriere ormai chiuse e i boschi che si inerpicano lungo i fianchi delle propaggini prealpine che circondano il comune di Nave, ma anche per la presenza sul luogo di un musicista che da anni insegue le tracce di John Fahey e Roscoe Holcomb, con qualche deviazione in direzione del country proletario di Hank Williams.

Si tratta di Alessandro “Asso” Stefana, conosciuto come chitarrista al fianco di Vinicio Capossela ormai da circa due decenni e per le numerose collaborazioni a livello internazionale con musicisti del calibro di P.J. Harvey, Marc Ribot e altri, ma che, soprattutto, va considerato come uno dei massimi esponenti di una musica di ricerca che spazia dal West agli spazi siderali e dai suoni della tradizione musicale degli Appalachi alla Penguin Cafe Orchestra di Simon Jeffes.

A conferma di ciò è uscito a maggio di quest’anno il suo ultimo album (sia in cd che in vinile), intitolato semplicemente Alessandro Stefana, per la Ipecoc Recordings e con la supervisione della stessa P.J. Harvey. Un disco ricco di atmosfere, intuizioni e sensazioni che tendono a trasportare l’ascoltatore ai confini di una musica cosmica di stampo, però, decisamente americano. Qualcosa che oggi nell’asfittico mercato italiano e nel mondo delle sue produzioni destinate all’orecchio di Sanremo, anche quando si vorrebbero alternative, non si usa proprio fare.

Una sfida, quella di “Asso”, che riprende, almeno nell’amore e nell’attenzione riposto in ogni brano, quella di Gram Parsons, eroe del country rock scomparso troppo presto, e della sua American cosmic music, un progetto che, però, il musicista americano non riuscì mai a realizzare pienamente prima di scomparire, anche lui, a ventisette anni nel 1973. Cifra che Stefana, durante i suoi secret concert, non dimentica mai di ricordare nei dialoghi con il pubblico, facendo riferimento anche alla scomparsa, sempre in giovane età, di Hank Williams, fondatore della moderna country music, di cui esegue dal vivo un brano che non ha inserito nel disco: Cowboys Don’t Cry.

Un’esecuzione da brivido, ispirata però alla versione (campionata in sottofondo) che ne fece uno sconosciuto gruppo giapponese, di cui il chitarrista ha fortunosamente ritrovato il rarissimo cd tra i pochi in vendita sul carrello di un homeless newyorchese qualche anno fa. Una storia di fantasmi che si incrocia e adatta benissimo con le atmosfere dell’ultimo disco.

Un discorso musicale che, come si è detto poc’anzi, Alessandro porta avanti da anni, fin da quando si esibiva e registrava con i Guano Padano, un trio formatosi nel 2008 che, oltre allo stesso “Asso”, comprendeva anche il bassista e contrabbassista Danilo Gallo (cofondatore dell’etichetta/collettivo indipendente El Gallo Rojo Records) e il batterista Zeno De Rossi che nel 2011 era stato premiato come batterista dell’anno con il Top Jazz (il referendum della critica indetta dalla rivista Musica Jazz).

Il disco di esordio uscì nel 2009 per l’etichetta statunitense Important Records, supportato da Joey Burns dei Calexico, da Gary Lucas e Chris Speed. L’album fondeva elementi tratti dalla musica americana e da certo chitarrismo twangy, così da ricordare all’ascolto una colonna sonora di un immaginario spaghetti western. Anche il loro secondo album, intitolato semplicemente 2, comparso nel 2012, comprendeva importanti partecipazioni, come quelle di Mike Patton, Marc Ribot, Paul Niehaus. Due anni dopo il gruppo avrebbe pubblicato il terzo album, intitolato Americana, ispirato all’omonima antologia di racconti di scrittori americani curata da Elio Vittorini nel 1942. Mentre il loro ultimo album è comparso nel 2021, con il titolo Back and Forth.

Quello attuale, però, non è il primo disco solista del musicista bresciano, poiché, nel 2007, aveva già pubblicato Poste e telegrafi, sempre per la Important Records. L’attuale si presenta, però, come una sintesi e un superamento dei lavori precedenti, cui l’esecuzione solista, accompagnata soltanto in due brani da Mickey Kenney al fiddle (il violino suonato in stile country o bluegrass), libera l’autore da qualsiasi obbligo di scelta e ruolo nei confronti di altri musicisti.

Qui, autentici tappeti di suoni psichedelici creati dall’uso di una chitarra lap steel della National, accompagnano riflessioni più meditate sulla sei corde (rigidamente Guild) e, a tratti, sulla tastiera di un organetto, mentre, in ben tre brani, la voce campionata di Roscoe Holcomb, un minatore del Kentucky che è da considerare tra i massimi autori della musica delle montagne cui si ispirò anche il giovane Dylan, si sovrappone come quello di uno spettro sulle note e sulle atmosfere create dal chitarrista1.

Chitarrista il cui debito nei confronti di John Fahey (1939-2001), forse il più grande chitarrista acustico americano, sempre sospeso tra i suoni del Delta, i raga indiani e, naturalmente, la mountain music degli Appalachi, è enorme, dichiarato e voluto.

Un disco, quello di Alessandro Asso Stefano da ascoltare e riascoltare, non soltanto per apprezzare la bravura e lo stile di un musicista italiano degno del palco internazionale, ma anche per immergersi in un universo di suoni ispirato da un mondo che, forse, non c’è più o soltanto non ancora.


  1. Si tratta di Born and Raised in Covington, Moonshiner e I Am a Man of Constant Sorrow. Quest’ultima comparsa sia nel primo album di Bob Dylan nel 1962 che nella colonna sonora del film Fratello dove sei? (Oh Brother, Where Art Thou?) dei fratelli Coen nel 2000.  

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Voci, suoni e protesta dell’America profonda https://www.carmillaonline.com/2019/05/23/voci-suoni-e-protesta-dellamerica-profonda/ Wed, 22 May 2019 22:01:55 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=52633 di Sandro Moiso

Alessandro Portelli, We Shall Not Be Moved. Voci e musiche dagli Stati Uniti (1969-2018), Squilibri, Roma 2019, pp. 340 + 4 cd, 39,00 euro

Basterebbero le sedici tracce di Barbara Dane, in assoluto una delle più importanti rappresentanti della musica folk e di protesta americana, contenute nei quattro cd allegati al testo a giustificare, per chiunque si interessi di musica e cultura popolare e antagonista statunitense, l’acquisto dell’opera in questione. Ma l’autentico scrigno del tesoro, realizzato da Alessandro Portelli per Squilibri, contiene molto di più.

I quattro cd contengono [...]]]> di Sandro Moiso

Alessandro Portelli, We Shall Not Be Moved. Voci e musiche dagli Stati Uniti (1969-2018), Squilibri, Roma 2019, pp. 340 + 4 cd, 39,00 euro

Basterebbero le sedici tracce di Barbara Dane, in assoluto una delle più importanti rappresentanti della musica folk e di protesta americana, contenute nei quattro cd allegati al testo a giustificare, per chiunque si interessi di musica e cultura popolare e antagonista statunitense, l’acquisto dell’opera in questione. Ma l’autentico scrigno del tesoro, realizzato da Alessandro Portelli per Squilibri, contiene molto di più.

I quattro cd contengono infatti 92 brani registrati, nel corso degli ultimi cinquant’anni, sia durante concerti che manifestazioni oppure “sul campo” ovvero direttamente là dove erano eseguiti (abitazioni private, luoghi di lavoro, campagne, chiese o piazze) da esecutori spesso poco conosciuti oppure anonimi, da New York alla California, dal Kentucky all’Oklahoma, cominciando con le voci dei manifestanti contro Nixon nel 1969 e finendo con quelle dei ragazzi che scendono in piazza contro l’uso indiscriminato delle armi e le stragi nelle scuole, passando per i minatori in sciopero in Virginia e gli studenti nativi americani che rivendicano terra e scuola in Colorado.

E proprio questa caratteristica rivela la grande vitalità e diffusione di una musica popolare che è spesso multietnica, tradizionale e moderna allo stesso tempo. Ovvero proprio ciò che l’autore, ispirato sia dall’opera di raccolta che sia Gianni Bosio in Italia che Alan Lomax negli Stati Uniti e in giro per il mondo hanno impostato (il primo seguendo le indicazioni del secondo durante la permanenza italiana di Lomax negli anni Cinquanta), intende fare con questo lavoro che non esiterei a definire monumentale.

Già docente di Letteratura americana presso l’università “La Sapienza” di Roma, Portelli è presidente del Circolo Gianni Bosio, un’organizzazione indipendente di ricerca, studio e proposta della musica popolare nata a Roma nel 1972. Oltre a ciò l’autore può essere ritenuto uno dei maggiori esponenti della ricerca sulla storia orale a livello internazionale e, sicuramente, uno dei massimi esperti e studiosi della canzone popolare americana. E’ stato collaboratore dell’Istituto Ernesto De Martino e proprio in tale veste ha curato diverse registrazioni e pubblicazioni per I Dischi del Sole.

Proprio dal primo disco curato per quelle edizioni musicali insieme a Ferdinando Pellegrini nel 1969, L’America della Contestazione, provengono le prime 19 tracce del quarto cd, a testimonianza di un interesse e di una passione che hanno accompagnato cinquant’anni della vita dell’autore e della cultura americana, dal folk a Dylan e Springsteen e dal blues rurale e urbano al bluegrass e ai canti di protesta di Occupy Wall Street.

Il testo di Portelli costituisce il quinto capitolo, se così vogliamo chiamarlo, della collana I giorni cantati curata proprio dal Circolo Gianni Bosio e che riprende il suo titolo dalla gloriosa rivista trimestrale di cultura popolare e cultura di massa già pubblicata almeno a partire dalla metà degli anni Ottanta.

Suddiviso in quattro parti, quanti sono appunto i cd che lo accompagnano, il libro analizza nella prima (intitolata We Shall Not Be Moved, dal titolo di una delle più famose canzoni di protesta e di resistenza dal basso della tradizione folk americana:  non ci sposteremo, non cederemo, come un albero piantato sulla riva del fiume) canzoni di lotta e di carattere sindacale, politico e di rivendicazione delle minranze etniche. Nella seconda (Lonesome Dove. Blues, old time e worksongs), il cui titolo è ispirato sia da una delle canzoni in esso contenute che dal romanzo western più famoso di Larry Mc Murtry (qui la sua recensione su Carmilla), sono esplorate la tradizione della canzone popolare americana e la sua trasmissione, fino ai nostri giorni, attraverso voci singole o corali, quasi sempre poco note o sconosciute del tutto.

Nella terza parte (Amazing Grace. Gospel bianco e nero), intitolata ad una delle canzoni più famose e belle della musica religiosa tradizionale degli Stati Uniti (di cui vengono qui riportate diverse versioni), si analizza la presenza della religione e dei temi biblici nella canzone popolare americana; cosa spesso poco considerata, e ancor meno compresa dalla cultura italiana, nei suoi risvolti sociali sia per la cultura afro-americana che per quella dei lavoratori e dei poveri bianchi.
Nella quarta e ultima parte, infine, (L’America della contestazione. Un viaggio nel 1969 e un ritorno) si ricollegano le esperienze personali dell’autore e quelle dei movimenti contestativi americani, di ieri e di oggi.

Le canzoni raccolte nei cd, commentate una per una nelle pagine del libro e accompagnate dalla riproduzione tipografica del testo di ogni singolo brano, sono sia frutto della composizione di autori conosciuti quanto della rielaborazione o dell’inventiva di autori anonimi o collettivi e costituiscono un mosaico sonoro e culturale di grandissimo impatto.
La qualità del suono varia a seconda delle occasioni e delle situazioni in cui i brani sono stati registrati (dallo studio discografico alla piazza o nelle abitazioni private) e l’umore degli interpreti è importantissimo nel definire l’interpretazione (dall’entusiasmo della lotta al feeling che si crea tra reverendi e presenti alle funzioni religiose fino a Barbara Dane che conclude un brano sbattendo la chitarra sul tavolo avendo dimenticato alcune parole del testo).
Come afferma lo stesso Portelli nella Premessa:

Questi quattro CD rappresentano quasi cinquanta anni di registrazioni americane, da gennaio 1969 ad aprile 2018. Sono registrazioni di qualità variabile perché provengono da contesti diversi (in strada, in casa, in chiesa, nelle manifestazioni, nei concerti…) e ne recano il segno, compresi i disturbi e le incertezze […] E sono state realizzate con gli strumenti disponibili di volta in volta, a seconda delle situazioni e delle tecnologie, dal gelosino domestico, rimediato in casa di Ernie Marrs, agli apparati professionali della sessione con Barbara Dane e Mable Hillary a New York, e tutto quello che c’è stato di mezzo.
Il testo che accompagna i CD è un racconto che ripercorre soprattutto il rapporto più con le persone che con i suoni, ed esplora retroterra e ramificazioni. Molly McSweeney ha fatto un incredibile lavoro di trascrizione dei testi, qualche volta ingarbugliati e biascicati al limite dell’incomprensibilità. Le traduzioni sono funzionali alla comprensione del testo, non parola per parola (specie quando le parole si ripetono, come avviene soprattutto nei brani gospel o di derivazione gospel).

Siamo però, in tutti i casi, all’interno di un’autentica fucina della musica popolare americana e tutta l’opera ce ne restituisce la grandiosa e commovente immediatezza.
Il tutto accompagnato da un corredo fotografico dovuto sia agli scatti dello stesso autore che a quelli di  Giovanni e Vilma Grilli che, come afferma ancora Portelli, si sono sempre rivelati

appassionati viaggiatori per le strade e i suoni di un’America vicina alle “radici d’erba” della vita di tutti i giorni e della marginalità sociale, sempre animata da una creatività irreprimibile che si manifesta nelle piccole cose, nei dettagli, come nei capolavori. La loro America è uno spazio di strade, insegne, finestre, murali, edifici, e soprattutto persone, dove lo straordinario sta nel quotidiano e dove individui ordinari e comuni, con le mani su uno strumento, ci fanno intuire quanta meraviglia può esserci in un essere umano. Si tratta solo di essere, come loro, straordinarie persone normali, o almeno di avere come loro occhi per vederlo e cuore per riconoscerlo.

Un’opera unica nel suo genere, almeno in Italia, e assolutamente irrinunciabile per chiunque si interessi, sia per motivi di studio che per piacere personale, al vasto, complesso e polifonico universo di cui è espressione.

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