Colpo di Stato – Carmilla on line https://www.carmillaonline.com letteratura, immaginario e cultura di opposizione Tue, 01 Apr 2025 20:00:58 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.9.26 Terrorismo, guerra psicologica, manipolazione dell’informazione e costruzione del consenso https://www.carmillaonline.com/2015/12/03/terrorismo-e-guerra-psicologica-manipolazione-dellinformazione-e-costruzione-del-consenso/ Thu, 03 Dec 2015 21:17:55 +0000 http://www.carmillaonline.com/?p=27072 di Fiorenzo Angoscini

steranko I recenti avvenimenti francesi (Parigi, 13 novembre) ripropongono all’attenzione generale la funzione del cosiddetto quinto potere: il rapporto tra alcune agenzie di stampa, certuni operatori dell’informazione, testate giornalistiche e gruppi editoriali. In un miscuglio di agenti atlantici, giornalisti-militanti (prevalentemente fascisti) arruolati come consulenti e pennivendoli, vertici militari e dei servizi più o meno segreti, manovali del tritolo, servi senza dignità (politica) e provocatori a tempo pieno. Soprattutto, in riferimento anche ad un recente passato, si può constatare come alcune questioni, per determinati gruppi di pressione, non siano mai superate o passate di moda, ma mantengano piuttosto una [...]]]> di Fiorenzo Angoscini

steranko I recenti avvenimenti francesi (Parigi, 13 novembre) ripropongono all’attenzione generale la funzione del cosiddetto quinto potere: il rapporto tra alcune agenzie di stampa, certuni operatori dell’informazione, testate giornalistiche e gruppi editoriali. In un miscuglio di agenti atlantici, giornalisti-militanti (prevalentemente fascisti) arruolati come consulenti e pennivendoli, vertici militari e dei servizi più o meno segreti, manovali del tritolo, servi senza dignità (politica) e provocatori a tempo pieno. Soprattutto, in riferimento anche ad un recente passato, si può constatare come alcune questioni, per determinati gruppi di pressione, non siano mai superate o passate di moda, ma mantengano piuttosto una loro freschezza e siano sempre d’attualità così che, teorizzazioni di cinquant’anni fa, possono sembrare enunciate in questi giorni.

In particolare modo è stupefacente la capacità e volontà di amplificare, distorcere, piegare alle necessità politiche, sociali ed economiche, fatti ed avvenimenti apparentemente diversi da quello che sono, manipolando e trasfigurando la realtà. Spiegando che, in nome della lotta al terrorismo mondiale, si possono sacrificare libertà minime, acquisite e consolidate. Cercando di convincere la pubblica opinione che, per sconfiggere il terrore, si deve e si può rinunciare a una quota minima(?) di libertà personali; si può sottostare ad un maggiore controllo poliziesco, accettare l’aumento della produttività (è risaputo che un maggiore impegno lavorativo aiuta a sconfiggere le forze del male) e, infine, assecondare gli immancabili necessari sacrifici, sempre conditi con altre rinunce e privazioni. Una guerra psicologica neppur troppo sottile.

Lo si diceva in premessa: una storia vecchia, ma sempre nuova. Che comincia da lontano.
La seconda guerra mondiale non era ancora finita e già l’Office Strategic Service americano, il precursore della CIA, intesseva rapporti con i fascisti italiani per la futura guerra contro il comunismo, mentre nel giugno del 1950, a Berlino Ovest, viene fondato “Il Congresso per la Libertà della Cultura” (Congress for Cultural Freedom-CCF) sostenuto finanziariamente dalla CIA, la cui vocazione era di riunire gli intellettuali anticomunisti e che sovvenzionava parecchie riviste ed organi di stampa: Preuves in Francia, Encoutern in Gran Bretagna1 e tre servizi di stampa. Uno in inglese (Forum Informations Service) a Londra, l’altro in francese (Preuves Informations) a Parigi, e l’ultimo in spagnolo (El Mundo).

Una branca del CCF, il Forum World Features (FWF) è “un servizio di informazioni internazionali che ha lo scopo dichiarato di procurare una base commerciale, un servizio settimanale che copra gli affari internazionali, l’economia, le scienze, la medicina, recensioni di libri, e di altri argomenti di interesse generale”. Il responsabile delle pubblicazioni di stampa del CCF era Brian Crozier, ex giornalista dell’Economist ed agente CIA.

Un altro ex giornalista dello stesso giornale inglese, Robert Moss, che nel 1974, in una corrispondenza da Bruxelles, definì la capitale belga “un centro di sovversione” a causa dell’ “ampio reclutamento operato dalla Quarta Internazionale trozkista…”, è uno degli autori più in vista e prolifici dell’ Istituto per lo Studio dei Conflitti (ISC). .

Nel maggio del 1954, presso l’Hotel Bilderberg di Osterbeck nei Paesi Bassi (Olanda) si tiene il primo convegno noto di “…un altro club che è per parte sua molto più clandestino ed esclusivo ( e molto più ‘militante’ nel suo anticomunismo che non la commissione Trilaterale i cui scopi sono confessati e confessabili): il gruppo Bilderberg”.
Tema dell’incontro: “La difesa dell’Europa contro il pericolo comunista”.
Gli incontri-convegni si susseguirono poi ogni anno (nel 1955 e 1957 due volte) in località di paesi diversi.

Oltre al Club fu creata anche la Commissione Trilaterale che raccoglieva, e raccoglie ancora, nomi del capitale multinazionale americano, europeo e giapponese, uomini politici, sindacalisti e studiosi dei paesi del triangolo: USA, Europa e Giappone.
E’ un gruppo di riflessione, un circolo più o meno chiuso che ha lo scopo di elaborare una teoria e di coordinare le politiche dei vari governi. La Commissione ha proposto in occasione dei suoi seminari una serie di misure concrete per raggiungere nel minor tempo possibile gli obiettivi prefissati. A poco a poco questi obiettivi si sono realizzati, tanto più in fretta in quanto alcuni membri degli attuali governi dei paesi del triangolo hanno partecipato ai lavori della commissione.2

Un’altra università di condizionamento psicologico è costituita dall’ Istituto di alti studi internazionali di Ginevra. L’èlite della diplomazia mondiale è passata per l’istituto. Sino dagli inizi negli anni 60, il bilancio dell’istituto proveniva principalmente da fondazioni americane come Ford e Rockefeller. Ma il sostegno americano non è stato solo finanziario: gli americani vi hanno egualmente trasmesso la loro concezione del ruolo dei diplomatici e dei funzionari internazionali…Formando vari consiglieri ‘diplomatici’ che, in epoche diverse, hanno sparpagliato per il mondo: Corea del Nord, Vietnam, Cile, America Latina, Medio Oriente.

In Italia il primo ‘ingegnere della provocazione‘ è stato Luigi Cavallo. Personaggio che definire ambiguo è riduttivo e che inizia la sua attività già nel 1937. Stranamente, nel 1945 riesce ad iscriversi al PCI, poi inizia, tra tutte la altre imprese, una frenetica attività di collaborazione con Edgardo Sogno. In stretto contatto con Valletta e il colonnello Renzo Rocca (che verrà ‘suicidato’ il 27 giugno 1968) dell’Ufficio Rei del Sifar, pubblica, o è direttore di fogli e riviste ultra reazionarie come Pace e Libertà, oppure fintamente rivoluzionarie: Il Fronte del Lavoro, Satira Socialista, Problemi del Comunismo e del Socialismo, Enciclopedia Operaia, In difesa dell’Albania e della Cina, fino (1960) alla creazione di “Agenzia A”, una vera e propria centrale della falsificazione, della manipolazione, mistificazione e provocazione.

La rivista CONTROinformazione3 nel suo numero 9-10 del novembre 1977 gli dedica un corposo dossier (pag. 22-37) dall’esplicito titolo: “Controrivoluzione di stato, LUIGI CAVALLO, Lo scienziato della provocazione”.

In quegli anni, inizia il proprio ‘lavoro’, coniugando teoria (deformazione della realtà) e pratica (pianificazione di interventi energici su treni, dentro le banche, nelle piazze) l’Aginter Presse emanazione diretta del controspionaggio atlantico in collaborazione con la PIDE polizia segreta portoghese del dittatore Salazar.
Fondata a Lisbona-attorno ad un gruppo di reduci dell’Organisation Armèe Segrète-nel 1966(operativa fino alla vittoria della Rivoluzione dei garofani, aprile 1974) da Yves Guillou, in ‘arte’ Yves Guèrin Sèrac, ex capitano paracadutista del Service de Documentation Extèrieure et de Contre-Espionagge durante la guerra di Algeria, che ha disertato nel 1962 per unirsi all’OAS, insignito dalla Bronze Star americana per ‘meriti’ acquisti nella guerra di Corea e che è stato, per circa vent’anni, il direttore d’orchestra dell’Internazionale nera. La più pericolosa e sanguinaria organizzazione nazi-fascista che abbia operato in Europa negli anni sessanta-settanta. La cui missione principale era di “schiacciare lo sciacallo comunista”, con ogni mezzo necessario.

In Italia, ‘collaboratori’ dell’Aginter Presse sono stati diversi giornalisti-militanti-fascisti: Giano Accame (Sid, Bnd, Il Borghese, Il Fiorino, La Folla, Nuova Repubblica), Gino Agnese (Sid, Il Tempo), Guido Giannettini (Sid, Lo Specchio, Il Tempo, L’Italiano, Il Corriere della Sera), Pino Rauti (Sid e Kyp, Il Tempo) e Giorgio Torchia (Sid e Bnd, Il Tempo).

Accame, Giannettini, Rauti e Torchia sono stati ‘oratori’ (o hanno presentato relazioni scritte) al famigerato I° Convegno di Sudio promosso ed organizzato dall’Istituto Alberto Pollio di studi storici e militari svoltosi a Roma nei giorni 3, 4 e 5 maggio 1965 presso l’hotel Parco dei Principi.4

Il primo ed unico, secondo uno dei fondatori e promotori del convegno, organizzato dall’Istituto dedicato al Capo di Stato Maggiore dell’Esercito Alberto Pollio.5 Il convegno, sponsorizzato dallo Stato Maggiore Difesa, e il cui tema era “La guerra rivoluzionaria. Il terzo conflitto mondiale è già cominciato”, ha costituito uno degli snodi principali della guerra a bassa intensità scatenata in Italia a partire da quegli anni.

pollio Stranamente, la seconda parte del tema all’ordine del giorno, viene sempre dimenticato, volontariamente rimosso, probabilmente per l’esplicito coinvolgimento che, il solo ricordarlo, comporta. Ammettere cioè che, in quella sede, ma anche prima, è stato dato il via ad una guerra civile di lunga durata mai dichiarata, ma teorizzata, praticata e combattuta da una sola delle parti (agenti di servizi segreti nazionali e transnazionali, appartenenti ad organizzazioni ‘extraparlamentari’ fasciste, forze di polizia e militari, giornalisti nella triplice veste di ‘operatori di una certa informazione’, leader politici, provocatori) in causa. L’altra parte si è trovata costretta a subirla e ha dovuto difendersi. Passando, in certi casi e momenti, al contrattacco.

Al convegno, “ha partecipato un Gruppo di studio di studenti universitari”. Tra di essi il falso anarchico Michele Mario Merlino e, anche se in alcune circostanze lo ha smentito, il capo di Avanguardia Nazionale Stefano Delle Chiaie. Oltre ai già citati hanno preso parte a questa chiamata alle armi atlantico-fascista, altri ‘giornalisti’ asserviti: Eggardo Beltrametti (Sid), giornalista del quotidiano Roma diretto da Alberto Giovannini (che ama definirsi fascista di sinistra), Gianfranco Finaldi (Sid) seguace di Pino Romualdi ed attivo (anni cinquanta) nei Fasci Azione Rivoluzionari, de Lo Specchio e Il Settimanale, Enrico De Boccard (Sid) Lo Specchio, Marino Bon Valsassina (Sid) Il Giornale d’Italia, Giorgio Pisanò (Sid) direttore de Il Candido, Giuseppe Dall’Ongaro (Sid) Il Giornale d’Italia, Vanni Angeli (Sid) Il Tempo, Fausto Gianfranceschi (Sid) Lo Specchio e Il Tempo.6

Questi principi neri della penna sono stati affiancati da Ivan Matteo Lombardo, ex ministro socialdemocratico (Psdi), Pio Filippani Ronconi, ex ufficiale delle SS italiane, Alfredo Cattabiani, uno dei massimi esponenti dell’integralismo cattolico.
Alla presidenza: Salvatore Alagna, consigliere di Corte d’Appello di Milano, Alceste Nulli Augusti, generale dei paracadutisti, Adriano Giulio Cesare Magi-Braschi, tenente colonnello già responsabile del Nucleo guerra non ortodossa del Sifar ed intervenuto (così qualificato anche negli atti del convegno) sotto le mentite spoglie di avvocato.7 Considerato da Ordine Nuovo l’elemento essenziale di collegamento nella prospettiva del colpo di stato.

In quel convegno, due ‘giornalisti’ di complemento dei servizi, esprimono alcuni concetti di strettissima attualità. Nell’inaugurazione, Gianfranco Finaldi, presidente del Pollio, chiarisce scopi e finalità del convegno: “Noi affermiamo cioè che la terza guerra mondiale è già scoppiata, che essa si sta combattendo nel mondo, anche se, nel suo quadro, non è ancora stata usata l’arma atomica…Simile nuovo tipo di guerra si chiama appunto ‘guerra non ortodossa’ o ‘guerra rivoluzionaria’ “. Poi, ancora: “Abbiamo qui fra noi venti studenti universitari che l’Istituto Pollio ha pregato-dopo una selezione di merito-di prendere parte ai lavori, appunto come gruppo…L’Istituto Pollio si sforzerà di aiutarli in ogni modo: facilitando le loro ricerche, promuovendo le loro sessioni di studio, ponendo a loro disposizione il materiale necessario..”.
Alcune considerazioni: chi fossero alcuni degli ‘studenti universitari’ si è già detto. Interessante sapere che sono stati selezionati per il loro merito, che partecipano ed agiscono come ‘gruppo’. Quale materiale venga, poi, messo a disposizione, viste le successive imprese, potrebbe chiarirlo un esperto balistico…

Finaldi specifica che “la relazione-cardine” del convegno verrà sviluppata da Eggardo Beltrametti. Così, Beltrametti, curatore anche della pubblicazione degli atti del convegno, avvenuta solo un mese dopo il suo svolgimento, oltre ad illustrare perché è stato organizzato il convegno ed essere l’autore dello ‘sguardo riassuntivo’ finale, presenta una relazione imperniata su “La guerra rivoluzionaria: filosofia, linguaggio e procedimenti. Accenni ad una prasseologia per la risposta”.
Ribaltando, come si suol dire, il sacco, Beltrametti attribuisce ai Comunisti (comprendendo in tale definizione tutti coloro che non sono allineati con le convinzioni dei convenuti) quello che, assieme ai suoi accoliti, sta già praticando: “Dalle decisioni di governo alla politica per favorire lo sviluppo scientifico, dall’economia pianificata all’approntamento di mezzi atomici fino al pugnale dato in mano all’attivista fanatizzato per uccidere, dalla propaganda alle manovre diplomatiche…il seminare il senso d’incertezza, d’insicurezza economica e politica, le delazioni e le provocazioni…
Fino al colpo di teatro, alla negazione-affermazione: “…(il) tipo di libertà democratica per cui il nemico ci combatte in nome di quei nostri principi, che egli distruggerà appena avrà raggiunto il successo. Si tratta quindi di un atto di saggezza e di giustizia togliere ai movimenti, ai partiti ed ai gruppi al (loro) servizio la libertà d’azione”.

Come già detto, Finaldi e Beltrametti, non furono gli unici ‘operatori della (dis)informazione’, della manipolazione, della falsificazione plateale a prendere parte alle tre giorni di Parco dei Principi. Probabilmente furono i più espliciti rispetto alle tecniche contro rivoluzionarie da approntare.
Filiazione del Pollio, un anno dopo (siamo sempre a metà, o poco più) degli anni sessanta, è stato il ‘terroristico’ opuscoletto scritto da Giannettini e Rauti (pubblicato con la pseudonimo Flavio Messalla) “Le mani rosse sulle forze armate”. E’ del 1964 il tentativo di colpo di stato (Piano Solo) De Lorenzo-Sifar-Segni e gli ‘artigli’ delle FFAA erano di tutt’altro colore…

A queste azioni ed operazioni di ‘fusione’ fisica, operativa ed ideologica tra agenti atlantici, strateghi della controrivoluzione, vertici militari, pennivendoli di regime, manovali del terrore, provocatori di tutte le risme si sono affiancati anche altri ‘attori’, forse più subdoli ed ambigui, ma sempre mefitici.
Noti anche come il ‘Duo di Padova’: Elio Franzin e Mario Quaranta, che sul finire degli anni sessanta pubblicano, per una delle case editrici (Pamphlets) di Giovanni Ventura, loro mecenate ed editore, un opuscoletto molto significativo, intitolato: “Gli attentati e lo scioglimento del parlamento”. E già si capisce quali sono le tesi sostenute e a cosa si mira.

Un piccolo saggio delle loro perle di verità a proposito del libro contro inchiesta “La strage di stato”: “…è il caso di Giovanni Ventura, a cui il libretto attribuisce fatti e atteggiamenti di tutta invenzione. E’ noto che quando si prospetta un caso giudiziario particolarmente vistoso, si fanno avanti mitomani, pazzi, cretini, i quali garantiscono di avere decisive rivelazioni da fare”.
Così, il povero Giovanni Ventura è “…stato costretto a denunciare e a querelarmi nei confronti della casa editrice Samonà e Savelli di Roma e “La strage di stato”, a causa del carattere calunniatorio nei miei confronti delle affermazioni ivi contenute”.

Franzin e Quaranta, in compagnia di altri, compaiono anche come componenti promotori del ‘Comitato di Controinformazione “Giuseppe Pinelli” di Padova’, il quale, nel febbraio del 1971, per un’altra casa editrice di Ventura, la Galileo Editori, pubblica “Pinelli: un omicidio politico”. Tanto per intorbidire ancora un po’ le acque. In maniera, direi stupefacente, nel maggio 1970, per Marsilio editori (casa editrice da sempre ‘vicina’ al PSI) riescono a farsi pubblicare: “Eugenio Curiel. Dall’antifascismo alla democrazia progressiva”. Dei veri camaleonti.

Infine, in questa piccola galleria del condizionamento ideologico e della manipolazione dell’informazione, non poteva mancare un rimando al settimanale Epoca (1959-1997) di proprietà della Mondadori, per le sue capacità ‘divinatorie’ ed anticipatorie di avvenimenti non ancora (naturalmente) accaduti.
Il primo colpo da ‘sfera di cristallo’ è del luglio 1964-il tentativo di golpe non era ancora stato denunciato e rilanciato da L’Espresso– e, con sospetta tempestività, la rivista esce con una copertina tricolore sulla quale campeggia questa dichiarazione: “L’Italia che lavora chiede al Capo dello Stato un governo ENERGICO E COMPETENTE che affronti subito con responsabilità la crisi economica e il malessere morale che avvelena la nazione”. Si potrebbe dire: c’è chi agisce, e chi rivendica, anticipando l’avvenimento.

Un altra fortuita coincidenza si verifica con il numero della rivista in edicola l’11 dicembre 1969, proprio il giorno prima della strage alla Banca Nazionale dell’Agricoltura di Piazza Fontana a Milano, con la seconda operazione tricolore. Il settimanale neo-gollista titola: “Senza peli sulla lingua, senza conformismi. CHE COSA PUO’ ACCADERE IN ITALIA”. Un incredibile fiuto per i colpi di stato e le manovre che destabilizzano per stabilizzare il sistema.
Il giorno dopo, durante il mercatino pomeridiano degli agricoltori, a Milano, in Italia, accade che una bomba atlantico-clerico-fascista, provoca, nel salone di una banca, sedici vittime (diventeranno 17).
Nel 1951, corrispondente dagli Stati Uniti per la rivista dei ‘tre colori’ è l’immancabile Luigi Cavallo.8

A metà anni sessanta, per tutti questi logorroici e monotoni (ma pericolosi) arnesi della reazione e soldati della contro guerriglia, il nemico sempre presente, che si materializzava ad ogni iniziativa e in qualsiasi circostanza e contesto diverso dal loro, era il Comunismo. Oggi è mutato (relativamente) il bersaglio: gli hanno cucito addosso l’abito di precostituiti fanatici religiosi oppure è fornito dai migranti in fuga da ‘guerre umanitarie’, disperazione e fame e, naturalmente, da qualsiasi tipo di antagonismo sociale non ancora integrato nei partiti di regime. Le strategie e le tattiche non sono cambiate di molto e la sostanza e gli antidoti proposti neppure: falsità, manipolazione della realtà, forzatura del contesto generale, diffusione del senso di paura, innalzamento del livello di allerta, per stimolare la richiesta di ritorno all’ordine, naturalmente con l’instaurazione (o consolidamento) di un governo ‘forte’.

Così la peste bruna potrà mietere nuove vittime e, forse, ottenere ancora una volta i suoi trofei di barbarie e di sangue.


  1. Su Encounter, Tom Braden, ex direttore del Dipartimento delle organizzazioni internazionali della CIA, scrisse un articolo dall’eloquente titolo: “Sono felice che la CIA sia immorale”  

  2. Per CCF, ISC, Bilderberg, Trilaterale, Istituto alti studi internazionali, vedi CONTROinformazione n° 11-12, luglio 1978  

  3. Che Umberto Eco e Patrizia Violi (in La Controinformazione, in V. Castronovo e N. Tranfaglia, La stampa italiana del neocapitalismo, Laterza, Bari, 1976) descrivono così: “Controinformazione che appare subito come una fra le riviste più curate nella veste grafica…Coerentemente all’impegno di rigore e precisione documentativa, anche il linguaggio tende ad essere il più puntuale e scientifico possibile, pur mantenendosi ad un elevato grado di leggibilità, realizzando una scrittura di tipo saggistico dimostrativo. Sono del tutto assenti, anche là dove si parla di situazioni particolarmente tragiche e drammatiche, le forti connotazioni emotive, le invettive, le ingiurie o le forme sarcastiche e allusive utilizzate da altre pubblicazioni di informazione alternativa…dove si attua un vero e proprio smontaggio di tutti quegli artifici tecnici e linguistici di cui comunemente l’informazione ufficiale si serve per deformare e modificare la portata e il senso di certe notizie e tanti altri espedienti ancora che possiamo quotidianamente verificare su qualsiasi foglio di informazione, tutti rigorosamente suffragati da esempi”per concludere con la denuncia: “…(del) ruolo egemone dell’imperialismo americano alla funzione portante delle multinazionali, dalla riorganizzazione del lavoro in fabbrica all’uso del fascismo e della provocazione, dalla più aperta repressione poliziesca e giudiziaria, ai vari aspetti che essa assume nella quotidiana manipolazione culturale ed ideologica, fino ad una precisa denuncia dei meccanismi dell’inganno informativo da parte della stampa e della radiotelevisione”  

  4. Per Aginter Presse e Convegno Pollio: S. Ferrari, I denti del drago. Storia dell’Internazionale nera tra mito e realtà, BFS Edizioni, Pisa, 2013; M. Dondi, L’eco del boato. Storia della strategia della tensione 1965-1974, Editori Laterza, Roma-Bari, novembre 2015  

  5. Per Alberto Pollio: Giovanni d’Angelo, La strana morte del tenente generale Alberto Pollio. Capo di stato maggiore dell’esercito. 1° luglio 1914, Gino Rossato Editore, Valdagno (Vi) 2009 e http://www.archiviostorico.info/interviste/4215-la-strana-morte-del-tenente-generale-alberto-pollio-intervista-con-giovanni-dangelo  

  6. Vedi: M. Dondi, citato 

  7. Per Parco dei Principi: E. Beltrametti (a cura di) La guerra rivoluzionaria. Il terzo conflitto mondiale è già cominciato, Atti del primo convegno organizzato dall’ Istituto Pollio, Giovanni Volpe Editore, Roma, 1965  

  8. Per Piano Solo e copertine Epoca: Brescia, 28 maggio 1974. Strage di Piazza della Loggia, Colibrì edizioni, Paderno Dugnano (Mi) giugno 2008  

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Dolò et circenses: le elezioni in Burkina Faso dopo il colpo di stato e l’insurrezione popolare https://www.carmillaonline.com/2015/11/28/dolo-et-circenses-le-elezioni-in-burkina-faso-dopo-linsurrezione-popolare-e-il-golpe/ Fri, 27 Nov 2015 23:01:47 +0000 http://www.carmillaonline.com/?p=26848 di Marcello Rava

foto3Il 29 novembre si terranno le elezioni presidenziali in Burkina Faso. È un momento molto particolare per il paese, da più di trent’anni infatti non si svolgono elezioni libere e la pluralità di partiti presente oggi rappresenta un fatto inedito nella storia del Paese. L’aria e la terra rossa sottile che si respira qua, è carica di voglia di cambiamento, di libertà e di indipendenza da potenze straniere.

Nell’ottobre 2014 il Burkina Faso ha vissuto un’insurrezione popolare che ha portato alle dimissioni di [...]]]> di Marcello Rava

foto3Il 29 novembre si terranno le elezioni presidenziali in Burkina Faso. È un momento molto particolare per il paese, da più di trent’anni infatti non si svolgono elezioni libere e la pluralità di partiti presente oggi rappresenta un fatto inedito nella storia del Paese. L’aria e la terra rossa sottile che si respira qua, è carica di voglia di cambiamento, di libertà e di indipendenza da potenze straniere.

Nell’ottobre 2014 il Burkina Faso ha vissuto un’insurrezione popolare che ha portato alle dimissioni di Blaise Compaore, che con il suo partito, il CDP-Congrès pour la Démocratie et le Progrès, ha governato il paese per 27 anni. La scintilla che ha incendiato la rivolta è stato il tentativo del presidente di modificare l’articolo 37 della costituzione, che limita il numero di mandati presidenziali, al fine di poter ricoprire nuovamente la massima carica dello Stato. La popolazione è così scesa in piazza per difendere il diritto ad elezioni democratiche libere e all’alternanza politica. Tra gli attori protagonisti della rivolta, va segnalato il ruolo decisivo di Le Balai Citoyen, un movimento nato da un gruppo di musicisti con l’obiettivo di aumentare il livello di attenzione sociale dei cittadini e promuovere occasioni di confronto politico e culturale.

Scritte sul muro del palazzo di città di Bobo-Diulasso bruciato durante la rivolta: «Blaise è la nostra Ebola».

Scritte sul muro del palazzo di Bobo-Diulasso bruciato durante la rivolta: «Blaise è la nostra Ebola».

Dopo la rivolta e le dimissioni di Blaise Compaore si è installato un governo di transizione, che a metà settembre di quest’anno ha subito un colpo di stato per mano dell’RSP-Reggimento Sicurezza Presidenziale, un corpo di circa mille uomini ben armati e fedeli all’ex-presidente. Grazie alle manifestazioni, alle rivolte popolari e al mancato appoggio da parte dell’esercito, il potere della Guardia Presidenziale è durato solo una decina di giorni, generando però un forte clima di tensione. L’RSP è stato smembrato, i suoi ufficiali imprigionati e i soldati della milizia inglobati nell’esercito. Al suo posto un altro governo di transizione ha preso in mano il paese.

Il popolo burkinabè in questi due anni ha dimostrato di essere pronto a scendere in strada per manifestare il dissenso nei confronti di sistemi di potere autoritari e liberticidi, ma allo stesso tempo fatica a dare fiducia a partiti radicalmente opposti, per ideali e struttura, alla classe politica dirigente che ha governato il paese negli ultimi anni.

L’MPP-Mouvemént du Peuple pour le Progrès e l’UPS-Union pur le Progrès et le Changement, i due partiti che a qualche giorno dalle elezioni hanno il favore dei pronostici, sono infatti espressione di una cultura politica che non si allontana di molto dal partito di Blaise Compaore. Rispetto al CDP, l’MPP e l’UPS, mostrano un volto abbellito da un velo di cambiamento e innovazione che tuttavia rimane in superficie, impresso sui cartelloni elettorali e nelle parole retoriche che rimbombano dalle casse degli impianti stereo dei comizi elettorali. La risicata opposizione degli ultimi vent’anni a Blaise, mai scesa a patti col Presidente, non è stata invece in grado di fornire delle proposte sufficientemente credibili e innovative da conquistare la fiducia degli elettori e di fatto rimane fuori dai giochi elettorali.

Roch Kabore è il candidato per l’MPP alla presidenza della repubblica, appartiene alla etnia dei mossì, la più numerosa del Burkina, per questo viene considerato favorito. Il guardiano dell’ufficio in cui lavoro, incalzato dalle mie domande, una mattina si scopre e dice la sua sui due favoriti alla presidenza: «L’etnia non è un fattore importante nella scelta del candidato, ma io che sono dagarà non voto sicuro Roch che è mossì». L’MPP nasce nove mesi prima della caduta di Blaise, raccogliendo tra le sue fila gli oppositori alla modifica dell’articolo 37. La quasi totalità dei candidati però sono ex dirigenti del CDP e Kabore stesso è stato uno stretto collaboratore di Blaise: Primo Ministro del suo governo e poi Consigliere speciale alla Presidenza.

Manifesti elettorali su una statua del centro di Bobo-Diulasso

Manifesti elettorali su una statua del centro di Bobo-Diulasso

Zéphirin Diabré dopo aver studiato in Francia è diventato professore all’università di Ouagadougou, successivamente ha ricoperto ruoli in aziende private e solo nel 2010 è diventato il leader dell’UPS, partito che ha basato la sua azione politica sulla promozione dell’alternanza di governo. Alcuni punti del suo programma però, come ad esempio la volontà di introdurre il nucleare come fonte di approvvigionamento energetico del paese, sembrano non convincere l’elettorato, un elemento in più che lo colloca un gradino sotto i sondaggi rispetto a Kabore.

Al fine di rendere la partita più equilibrata, il governo di transizione ha deciso di dare un fondo di base ad ogni partito da utilizzare per la campagna elettorale. Nonostante questa iniziativa la differenza di portafoglio è alla luce del sole, i due partiti che hanno accesso a maggiori finanze, ovvero l’MPP e l’UPS (quest’ultimo riceve finanziamenti anche dalle sue sedi in paese limitrofi come la Costa d’Avorio), sono quelli che riescono a coprire in maniera capillare il Paese, in particolare le zone rurali più remote.

Manifesto elettorale di Roch (MPP) nel villaggio di Dano, regione del Sud-Ovest

Manifesto elettorale di Roch (MPP) nel villaggio di Dano, regione del Sud-Ovest

Più del 70% della popolazione burkinabè infatti vive in zone rurali: lontano dalle strade asfaltate, dall’acqua e dall’elettricità. La campagna elettorale a Danò, un villaggio di circa mille abitanti nel sud-ovest del paese, contro ogni mia aspettativa è molto dinamica e rumorosa. Ogni sera ci sono dei piccoli comizi nei Cabarè, i punti di ritrovo consueti dove ci si incontra e si beve Dolò, birra di miglio artigianale. In queste occasioni i partiti forniscono due grandi casse per la musica e regalano il Dolò, la gente balla scatenata, ride e chiacchiera ad alta voce contenta di avere accesso a un divertimento gratuito. Quando rientro verso casa sento un gruppetto di donne che cantano la canzone del partito rimasta loro impressa dalla serata. Mi vengono in mente i Romani e il loro metodo, panem et circenses, solo che qui al posto del pane c’è la birra. L’ età media della popolazione del Burkina Faso è di 17 anni, la grinta e la voglia di cambiamento si respira nell’aria e nelle strade ma il rischio che da queste elezioni non esca un governo che rappresenti un cambiamento radicale, è reale. Ormai coscienti del potere che possiedono quando scendono in strada, è probabile che i burkinabé non accetteranno questa situazione e faranno sentire, ancora una volta, la propria voce.

Dano, Burkina Faso
28 Novembre 2015

[Le foto presenti nell’articolo sono state scattate dall’autore]

]]> Davide e Golia https://www.carmillaonline.com/2013/05/14/davide-e-golia/ Mon, 13 May 2013 22:00:08 +0000 http://www.carmillaonline.com/?p=5459 di Sandro Moiso

tyrionshield“Passano le carrette della morte lungo le strade di Parigi, se ne sente il frastuono sordo, il frastuono cupo. Sono sei le carrette che portano il vino quotidiano alla Ghigliottina [… ] Schiacciate l’uomo, sfiguratelo sotto lo stesso maglio, e si contorcerà in quelle stesse forme di tormento. Gettate ancora il seme dell’arbitrio, della rapacità, dell’oppressione, e darà certo frutto, secondo la propria natura. Sono sei le carrette che vanno lungo le strade, e se, per un incanto di quel potente mago che è il Tempo, si ritramutassero in quello che erano, vi vedresti le carrozze [...]]]> di Sandro Moiso

tyrionshieldPassano le carrette della morte lungo le strade di Parigi, se ne sente il frastuono sordo, il frastuono cupo. Sono sei le carrette che portano il vino quotidiano alla Ghigliottina [… ] Schiacciate l’uomo, sfiguratelo sotto lo stesso maglio, e si contorcerà in quelle stesse forme di tormento. Gettate ancora il seme dell’arbitrio, della rapacità, dell’oppressione, e darà certo frutto, secondo la propria natura. Sono sei le carrette che vanno lungo le strade, e se, per un incanto di quel potente mago che è il Tempo, si ritramutassero in quello che erano, vi vedresti le carrozze dei monarchi assoluti, i servi in livrea, le sontuose vesti delle splendide Jezebel e le chiese non più casa del Padre ma tane di ladri, e le miserabili capanne, vedresti, di milioni di contadini affamati!” (Charles Dickens, Una storia tra due città, 1859)

Mentre personaggi che dovrebbero occupare le celle delle patrie galere o, almeno, esser esposti alla gogna e al pubblico ludibrio occupano i banchi del Parlamento e le poltrone degli incarichi ministeriali e di sottosegretariato, e mentre le leggi vengono stravolte ed utilizzate a favore dell’interesse privato e dei grandi impresari in odor di mafia, decine o, forse, centinaia di cittadini di ogni età, la cui sola colpa è quella di aver lottato per i diritti di tutti, sono costretti a scegliere tra l’essere rinchiusi in prigione o darsi alla latitanza.

Questo narrano le cronache di questa Terra dei Sette Regni chiamata ancora Italia. Un regno morente che si attrezza a difendere le proprie spoglie ad ogni costo, asserragliato dietro ad una barriera fatta non di roccia e di ghiaccio, ma più prosaicamente di inciuci (che orrenda parola!), scudi, manganelli, soprusi, violenze e minacce. In cui non esistono, come nella saga di George R. R. Martin, governanti buoni e dove manzonianamente “Il nuovo si mesce col vinto nemico,/ col novo signore rimane l’antico/ e il nuovo corrotto con l’altro sul collo vi sta”.

Così può accadere che il disperso popolo del PD, sommerso dallo schifo, dal disgusto per l’ennesimo tradimento dei patti e delle promesse elettorali da parte di un gruppo dirigente oramai imbalsamato nella conservazione staliniana del potere ad ogni costo, riversi le sue speranza in un volto nuovo come Sergio Cofferati, rappresentante delle peggiori bufale sindacali e politiche (la finta battaglia per il referendum sull’articolo 18) e di una delle più retrive amministrazioni della cosa pubblica bolognese (tutta condotta sulla base della repressione di ogni richiesta giovanile e studentesca e delle politiche di sicurezza nei confronti degli immigrati).

E mentre i militanti di vecchia data (che pur negli anni settanta avevano agito al comando di un personaggio come Giuliano Ferrara) si rifiutano di scortare ancora alle manifestazioni il sindaco di Torino Fassino e i giovani occupano le sedi del partito in tutta Italia, si ripete l’antico pericolo che la salvaguardia del Partito diventi più importante del programma e del metodo che tale partito dovrebbe rappresentare. La malattia originaria del bolscevismo stalinizzato che fece sì che quei militanti di antica data finissero coll’ammettere colpe mai commesse, durante i processi di Mosca degli anni trenta, pur di salvare l’immagine del Partito.

Di fatto un’idea di Partito inteso esclusivamente come forma e contenitore non di istanze di classe, ma di interessi da conciliare e cariche da spartire (a tutti i livelli). Un’idea di partito che non solo avrebbe fatto inorridire Lenin, ma che, sicuramente, avrebbe attirato i peggiori strali di Karl Marx; il quale mai ebbe a disposizione una siffatta forma degenerata di organizzazione del proletariato e che addirittura, nel 1873, abbandonò definitivamente al suo destino la I Internazionale dei lavoratori quando si rese conto che l’assenza di lotte significative condannava la stessa organizzazione a ridursi ad un coacervo di correnti contrapposte e di conflitti intestini.

Un’idea di Partito tutta concentrata sul potere e sulla sua conservazione, slegata dalla lotta di classe di cui avrebbe dovuto essere strumento e che ha portato, di tradimento in tradimento, all’inciucio odierno. Eppure, eppure… le manovre di Stalin degli anni venti (che già Lenin condannò, pur sul letto di morte), i processi ai comunisti russi ed europei degli anni trenta (condannati a morte o al Gulag per credere ancora nell’internazionalismo proletario e non nel socialismo in un paese unico), il tradimento della rivoluzione spagnola, il massacro degli anarchici e degli oppositori di sinistra, il susseguente patto Ribbentropp-Molotov, già da soli basterebbero a porre una serie di questioni ancora irrisolte e abbandonate spesso alla gestione revisionistica della storia del movimento operaio internazionale.

Ma se non bastasse tutto ciò, si potrebbero facilmente citare ancora i voltafaccia di Togliatti durante il suo soggiorno nell’URSS, la sua supina e timorosa accettazione della politica staliniana (anche quando gli imponeva di tacere sulle centinaia di militanti comunisti italiani che, invece di trovare rifugio nel “paese fratello”, vi trovarono solo la detenzione e la morte), le manovre per l’espulsione o l’eliminazione di chi stava  a “sinistra” nel partito italiano (Bordiga e  Gramsci per tutti), la “svolta di Salerno” (ampiamente concordata con Stalin e destinata a spegnere qualsiasi iniziativa anticapitalistica nelle formazioni partigiane); e poi ancora l’eliminazione dei comunisti di sinistra subito dopo la caduta del fascismo (Mario Acquaviva), l’amnistia Togliatti destinata a far uscire di galera i fascisti (proprio mentre i militanti comunisti e gli ex-partigiani cominciavano ad essere perseguitati politicamente) e poi, ancora, quel capolavoro che fu la denuncia degli insorti ungheresi del ’56 come provocatori fascisti. Denuncia che accomunò tre generazioni di comunisti stalinizzati: Togliatti, Berlinguer e Napolitano. Sì, cari compagni del PD – DS – PDS – PCI, questo inciucio viene da lontano ed è passato anche attraverso il compromesso storico  e i governi di unità nazionale degli anni settanta e dei decenni successivi.

Di che vi stupite? Avete puntato su un cavallo azzoppato da tempo e che, invece di essere definitivamente espunto dalla tradizione proletaria attraverso la lotta di classe, è ormai solo più destinato ad essere abbattuto dal macellaio di Arcore alla prima occasione elettorale propizia. Un cadavere che cammina restituito alla vita proprio dalle strategie di potere dalemiane e ben pronto a rifarsi economicamente, politicamente e giuridicamente sulla pelle dei giudici avversi, degli avversari politici che si credono troppo furbi e, naturalmente, di milioni di lavoratori sfruttati, frustrati ed ingannati.

E non saranno nemmeno i “nuovissimi” Puppato, Civati & Co. a rinnovare tale tradizione. Tutti attenti alle dinamiche interne di potere, non si preoccupano d’altro che di salvaguardare le apparenze, ancora una volta il partito di lotta e di governo uscito dritto dritto dalla doppiezza togliattiana. Stimolare gli elettori con la carota delle lotte (a venire) e pungolarli con il bastone della necessità di essere responsabili (subito e adesso). Letta e/o Grillo pur di rimanere a galla… bella prospettiva!

Senza contare, poi, che la gestione presidenziale della Repubblica voluta da Napolitano ha abituato molti cittadini e militanti di sinistra a ridurre il dibattito politico ad una scelta di nomi (Prodi, Rodotà) che nulla ha a che vedere con la definizione di un programma politico ed economico antagonistico, ma molto deve ad un presidenzialismo nemmeno più troppo strisciante che, di fatto, ha dominato la piazza antistante il Parlamento nei giorni della protesta precedenti la rielezione dello stesso Napolitano.

Nonostante queste vicende, ormai sotto gli occhi di tutti, gli uomini al potere, da Napolitano a Letta, da Draghi a Squinzi, da Alfano a Pietro Grasso si lamentano della pericolosità e delle violenze che si annidano nei movimenti sociali, pronti a criminalizzare non solo i fatti, ma anche le parole. Mentre il gesto dubbio e ambiguo del calabrese Preito dovrebbe servire da monito. Golia spera così di allontanare, ancora una volta, lo sguardo dalle facce dei corrotti, dei banditi e degli sfruttatori che vorrebbero proporsi come salvatori della Patria, e che invece non riescono nemmeno a deliberare qualcosa sul pagamento dell’IMU, e sul rifinanziamento della CIG, a causa delle troppe contraddizioni interne.

Minchioni!

Anche se il loro letto è foderato di chiodi e il fantasma della lotta di classe li tormenta durante la notte, come quello di Banquo tormentava Macbeth, è certo che i lavoratori e i giovani, i disoccupati e le classi medie impoverite, i diseredati di ogni tipo e i delusi del PD e di Grillo non si leveranno con gesti isolati ed inutilmente sanguinari. E non basterà il secondo colpo di stato* operato nell’arco di meno di venti mesi, e il riutilizzo delle squadracce fasciste (da Napoli ad ogni altra città) per impedire la ripresa generalizzata delle lotte sociali.

Il processo sarà ancora lungo ed è solo agli inizi ma il Davide della lotta  di classe, ormai libero dagli inganni della pantomima parlamentare, ritroverà il proprio autentico modo di essere attraverso l’unione dal basso delle esperienze di lotta. Gli Estranei stanno arrivando… preparatevi!

* Il generale Fabio Mini, in un articolo pubblicato sul N°4/2013 della rivista Limes, dal significativo titolo Perché i militari non fanno un colpo di Stato, dopo una disquisizione sui tre possibili modi di intervento dell’Esercito nella vita politica italiana (risposta ad un tentativo di golpe, contro-golpe e auto-golpe) conclude: ”Ad ogni modo, per un colpo di Stato militare di qualsiasi tipo nell’attuale situazione italiana è forse troppo tardi. Forse altri ci hanno già pensato senza scomodare i fucili ”.

(Dedicato a Davide Grasso, costretto alla latitanza per la sua appartenenza  alla resistenza NoTAV)

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