Agaragar – Carmilla on line https://www.carmillaonline.com letteratura, immaginario e cultura di opposizione Sun, 24 Nov 2024 21:00:22 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.9.26 Una lettera dal 1970: Mario Perniola e Mario De Paoli, di Agaragar, rispondono a Giuseppe Sertoli, di Nuova Corrente. https://www.carmillaonline.com/2023/06/22/una-lettera-dal-1970-mario-perniola-e-mario-de-paoli-di-agaragar-rispondono-a-giuseppe-sertoli-di-nuova-corrente/ Thu, 22 Jun 2023 20:00:31 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=77754 a cura di Marc Tibaldi

“Il dibattito culturale, il confronto e la critica, erano molto serrati all’inizio degli anni ‘70”, ci ha raccontato Mario De Paoli – fondatore, assieme al filosofo Mario Perniola, della rivista Agaragar – nell’intervista che abbiamo pubblicato su Carmilla (qui). Come documento che registra quel vivace dibattito culturale, ci sembra interessante riprodurre la lettera che De Paoli e Perniola inviarono a Giuseppe Sertoli. “Il capitalismo monopolistico – continuava De Paoli nell’intervista – era in crisi e si profilava la transizione al un nuovo modo di produzione del capitale. Ma, mentre il capitalismo combinava in una nuova [...]]]> a cura di Marc Tibaldi

“Il dibattito culturale, il confronto e la critica, erano molto serrati all’inizio degli anni ‘70”, ci ha raccontato Mario De Paoli – fondatore, assieme al filosofo Mario Perniola, della rivista Agaragar – nell’intervista che abbiamo pubblicato su Carmilla (qui). Come documento che registra quel vivace dibattito culturale, ci sembra interessante riprodurre la lettera che De Paoli e Perniola inviarono a Giuseppe Sertoli. “Il capitalismo monopolistico – continuava De Paoli nell’intervista – era in crisi e si profilava la transizione al un nuovo modo di produzione del capitale. Ma, mentre il capitalismo combinava in una nuova sintesi produzione materiale e produzione immateriale, i vari movimenti di sinistra rimanevano divisi fra loro, oscillando fra i movimenti operaisti e la contestazione studentesca. Agaragar proponeva una ‘sintesi sociale’ alternativa a quella proposta dal capitale. La rivista fu accolta con un certo entusiasmo, ma fu anche fraintesa. Per fare un esempio: Giuseppe Sertoli, redattore di Nuova Corrente (che in quegli anni era un’importante rivista di letteratura e filosofia. n.d.r.), mentre si dichiarava in accordo con gli scritti di Perniola, criticò aspramente i miei, pubblicati sul primo numero della rivista. Perniola ed io gli rispondemmo con una lunga lettera in cui affermavamo l’importanza della critica del linguaggio e della psiche per una sintesi sociale alternativa”.
Nonostante siano trascorsi 53 anni da quando fu scritta, nonostante sia giusto storicizzarla e contestualizzarla nella propria epoca, questa lettera ci pare stimolante per una riflessione odierna sui temi affrontati. È vero, le riviste cartacee non esistono quasi più, i dibattiti ideologici neppure, per non parlare della critica – politica, filosofica, letteraria, artistica… – ormai scomparsa. Andate pure a verificare sulle più note riviste culturali online o multimediali se esiste qualche dibattito politico e ideologico degno di questo nome. Nulla. Di fronte a questo nulla riappare questo messaggio dalla bottiglia del tempo. Buona lettura. (marc tibaldi)

AGARAGAR – Redazione
Casella Postale 723
00100 ROMA

Roma, 2 novembre 1970

Caro Sertoli,
gli articoli del primo numero a cui ti riferisci nella tua lettera meritano in effetti, come tu dici, di essere criticati, il che presuppone però che essi siano presi in considerazione per quello che effettivamente affermano o anche soltanto suggeriscono. Esigono una critica, ma esigono anche una lettura attenta come premessa di questa critica. Le ragioni che ci fanno pensare che tale lettura sia stata invece frettolosa ed abbia lasciato ai margini la sostanza stessa del discorso, si possono riassumere brevemente:

1. Il discorso svolto nei tre articoli è molto succinto e si sofferma poco sugli argomenti trattati; afferma più che dimostrare, suggerisce più che spiegare: è in sostanza il porre alcune idee che presuppongono un ulteriore sviluppo, in contrapposizione con le idee dominanti sull’argomento. Tu dici invece che si ripetono le stesse cose, che possono essere riunite in un discorso unico: cioè accusi di prolissità. Il fare ciò che tu dici avrebbe reso ancora più difficile la comprensione già, sembra, così difficoltosa.

2. La critica a Marx vuole esortare a tenere presente due fattori importanti nell’ambito del neocapitalismo che Marx non ha preso in debita considerazione perché i suoi tempi non erano ancora maturi: il linguaggio e la psiche. Gli articoli esagerano volutamente rendendoli fattori predominanti: questo allo scopo di costringere il lettore a prenderli in esame attentamente. In effetti la tua critica sembra dar ragione a questa preoccupazione: non solo non è capita la novità del discorso, ma si pretende che tutto sia stato detto da un Marx che non conosceva né linguistica né psicologia o dagli sviluppi di un marxismo (molto indicativo è il fatto che tu chiami in causa Stalin) che lungi dal superare Marx, ne ostacola addirittura la comprensione basilare. I luoghi comuni sono effettivamente presenti in buona parte del marxismo ideologico e un voler riportare il discorso a questi luoghi comuni denuncia non soltanto una mancata comprensione, ma addirittura un tentativo di mistificazione.

3. Non condividiamo il tuo nominalismo metodologico che ci sembra un’eredità del neopositivismo. I soggetti che tu consideri entità immaginarie, come Super-Io, Classe dominante e Proletariato, sono usati nella rivista con chiari riferimenti a Freud e a Marx; si presuppone che questi riferimenti siano tenuti continuamente presenti da chi legge, per evitare facili fraintendimenti sul significato e i limiti dei termini usati e per far presente il contesto stesso da cui sono sorti.

4. Fra tante critiche che si rilevano poi veri e propri fraintendimenti, mancano quelli che invece sono le critiche reali, le sole che avrebbero potuto ampliare veramente il discorso portando un contributo costruttivo. Sono queste in realtà le critiche che ci aspettiamo e che saremo ben contenti di ricevere: e alcune di queste possono venire proprio da noi stessi in quanto, come affermiamo nella rivista, siamo ben lungi dal credere nelle affermazioni definitive, anzi siamo consapevoli che ogni nostro scritto ha un carattere di provvisorietà per cui facilmente può esigere un superamento. Per fare solo un esempio: i tre articoli possono dare, anzi danno luogo a una critica di fondo abbastanza seria. L’introduzione di fattori psichici nell’analisi marxiana della società borghese è un fatto nuovo, anche se non completamente. Nel Capitolo sesto inedito del primo libro del Capitale, Marx affronta il rapporto tra operaio salariata e capitalista, affermando che questo è del tutto nuovo rispetto ai precedenti rapporti di dominio, non solo nell’ambito economico ma anche in quello psichico. Nella prima parte degli Scritti inediti di economia politica vi è poi un discorso sul credito in cui l’autore dice che la migliore falsificazione di moneta è quella che l’individuo fa su sé stesso, intendendo con ciò che il comportamento umano rientra mediante il credito, nell’ambito dell’economia borghese; vi è dunque qui un altro accenno al comportamento individuale e a fattori psichici. Ma se in Marx e poi più tardi, e in modo più completo, in Adorno, vi è un accenno al rapporto tra aspetti economici e psichici della società borghese, tuttavia non viene sviluppato sufficientemente. Conviene allora riferirsi a Freud, poiché costui ha affrontato l’argomento in modo sistematico. Ma, ed ecco la critica di fondo, è necessario essere molto cauti nel fare ciò. Le categorie psichiche fondamentali che Freud introduce nelle sue opere appaiono proprie di tutte le società umane di tutti i tempi (o perlomeno di quelle patriarcali), mentre da un’analisi approfondita risulta che esse hanno una dimensione storica molto più ristretta. Dunque la parte essenziale nei tre articoli è proprio quella che tu non consideri (cioè avere intuito l’importanza dei fattori psichici nell’analisi della società borghese), mentre la parte più discutibile è l’aver usato come strumento per la critica a Marx e Freud stesso senza averne criticato prima i presupposti basilari; cioè senza aver storicizzato, in quanto prodotto essenzialmente borghese, un fatto umano che Freud considera in modo storico. Se una critica deve essere fatta dunque, è proprio per non aver portato a fondo, in modo radicalmente critico un discorso che poteva essere fecondo di sviluppi ben più interessanti e di essersi accontentati di esprimere alcune intenzioni insieme ad alcune conseguenze immediate; sta nel fatto che, essendosi accorti che il problema effettivamente sussiste, non si è riusciti a portarlo fino in fondo.

Il riferimento a Ernst Bloch ci sembra completamente fuori luogo. Questi si muove in una direzione completamente diversa dalla nostra, verso un umanesimo socialista che si pone come erede della storia universale. In particolare le sue Differenziazioni nel concetto di progresso concordano col marxismo ideologico nell’attribuire un carattere automaticamente progressivo alle forze produttive e nell’assegnare all’arte e perfino alla cultura un significato immediatamente positivo. Noi al contrario vediamo nell’arte più l’impotenza del significato a realizzarsi, che l’esperienza di un successo umano; quanto alla cultura, pensiamo con Hegel che essa sia “l’inversione di tutti i concetti e di tutte le realtà”, “il generale inganno di sé medesimo e degli altri” (Fenomenologia dello spirito, VI, B, I). Non ci sembra inoltre che le considerazioni di Bloch nel saggio suddetto sul rapporto tra struttura e sovrastruttura vadano al di là di una ripetizione delle osservazioni fatte da Marx nell’Introduzione a “Per una critica dell’economia politica”: e francamente queste ci paiono tra le più infelici pagine che Marx abbia scritto. Sostenere che determinati periodi di fioritura dell’arte non stanno in rapporto con lo sviluppo genarle della società, significa sostanzialmente far riferimento ad una categoria universale capace di suscitare interessi universali, cioè accettare la premessa fondamentale dell’estetica, che è essenzialmente astorica.

La citazione di Stalin sarebbe una provocazione se non fosse una battuta: secondo il suo Il marxismo e la linguistica (libro a noi da lungo tempo tristemente noto) la lingua non è né una struttura né una base; che cosa essa sia però di preciso Stalin non lo dice mai. Egli si limita a sostenere la tesi della neutralità della lingua, assimilandola alla scienza, alla tecnica e agli strumenti di produzione. Noi all’opposto sottolineiamo il carattere essenzialmente borghese della scienza, della tecnica e dell’economia e, per quanto riguarda il linguaggio, pensiamo che nel momento storico che vede l’affermarsi del capitale commerciale, la sua dimensione sociale diventa parte integrante dell’economia. Infine Stalin, rivendicando la validità della linguistica come disciplina autonoma, si muove nell’ambito della sistemazione borghese parcellare della conoscenza, senza peraltro nemmeno preoccuparsi di prendere in seria considerazione almeno il suo primo teorico scientifico, il de Saussure.

A molte altre delle tue obiezioni riteniamo di aver dato o di dare presto una risposta in altri luoghi:
1. Sui rapporti tra teoria e pratica, nell’Editoriale del secondo numero di AGARAGAR (di cui ti avviamo, qui accluse, le bozze di stampa).
2. Sul trotskismo artistico, nel saggio Il Surrealismo e la realizzazione del Meraviglioso (di due pagine del quale ti inviamo fotocopia).
3. Sul tempo libero e sul gioco vi sono accenni in Per la critica del lavoro e della merce (altro articolo del secondo numero).
4. Sulla vita quotidiana nell’articolo Per una chiarificazione del concetto di vita quotidiana (altro articolo del secondo numero): però più che di una critica moralistica del costume, per noi si tratta di individuare nella vita presente gli elementi che risolutamente si oppongono al way of life borghese.
5. Per quanto riguarda la creatività proletaria, ci sembra che il miglior modo di affrontare la questione sia l’esame storico dei movimenti di contestazione di questi ultimi anni. In questa direzione si muoverà un articolo che abbiamo intenzione di preparare sul Maggio francese.
6. Certamente infine sarebbe stato meglio lasciare le frasi del Maggio nel loro contesto murale, riproducendo le fotografie di queste.
Del tutto oscure ci riescono le tue osservazioni sull’unità e la totalità, specialmente per quanto concerne una eventuale nuova “strutturazione gerarchica” (!) connessa con la totalità. Per quanto poi riguarda i riferimenti agli “intricati problemi dell’analogia” e ad Althusser, potremo prenderli in considerazione quando, uscendo da una generica erudizione, si concreteranno in vere obiezioni.
Le domande con cui si concludono i tuoi due saggi Sull’epistemologia di Gaston Bachelard (“Nuova Corrente”, n.51) e Formalismo perché (id., n.52) – Che cos’è la scienza? Che cos’è la poesia – sono le stesse che noi ci siamo posti e alle quali abbiamo già dato alcune risposte. Queste risposte tuttavia per noi vengono da una considerazione globale della società borghese, che attribuisce all’economia una posizione chiave: quest’importanza attribuita all’economia come componente imprescindibile della società borghese ci distingue nettamente da coloro che pretendono di rispondere a queste domande rimanendo nell’ambito della letteratura.

Mario De Paoli – Mario Perniola

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Dal situazionismo di Agaragar alla teoria della complessità. Intervista a Mario De Paoli https://www.carmillaonline.com/2023/05/30/dal-situazionismo-di-agaragar-alla-teoria-della-complessita-intervista-a-mario-de-paoli/ Tue, 30 May 2023 20:00:45 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=77233 di Marc Tibaldi

Della rivista Agaragar, diretta dal filosofo Mario Perniola, dal 1970 al 1972, uscirono 5 numeri, 3 per Silva Editore e 2 per Arcana Editrice (nel 2020 sono stati ripubblicati da PGreco). Agaragar è stata una rivista nata dall’incontro, con il movimento situazionista, in particolare con Guy Debord, con cui Perniola aveva instaurato un rapporto di amicizia e un confronto. Negli anni ’60, Perniola era entrato in contatto in Francia con il movimento studentesco e con le ultime propaggini del surrealismo, diventando uno dei primi a far approdare in Italia [...]]]> di Marc Tibaldi

Della rivista Agaragar, diretta dal filosofo Mario Perniola, dal 1970 al 1972, uscirono 5 numeri, 3 per Silva Editore e 2 per Arcana Editrice (nel 2020 sono stati ripubblicati da PGreco). Agaragar è stata una rivista nata dall’incontro, con il movimento situazionista, in particolare con Guy Debord, con cui Perniola aveva instaurato un rapporto di amicizia e un confronto. Negli anni ’60, Perniola era entrato in contatto in Francia con il movimento studentesco e con le ultime propaggini del surrealismo, diventando uno dei primi a far approdare in Italia le tesi del movimento situazionista proprio su Agaragar. Il pensiero che Perniola elabora in quegli anni resterà nelle sue riflessioni con l’attenzione a rilevare le contraddizioni e la complessità della società dello spettacolo. Co-fondatore di Agaragar, assieme a Perniola, fu Mario De Paoli che, dopo la fine della rivista, ha continuato la sua ricerca sviluppando – in una serie di pubblicazioni – una originale teoria della complessità che tiene assieme l’analisi dell’evoluzione dei processi sociali e l’analisi della dinamica dei processi psichici. La sua ricerca merita di essere conosciuta, per questo siamo andati a intervistarlo. De Paoli, nato a Dolo, Venezia, nel 1940, vive a Padova, città dove si è laureato prima in chimica e poi in fisica e dove ha insegnato al liceo scientifico Eugenio Curiel.

Ci racconta innanzitutto come ha conosciuto Mario Perniola e come è nata la rivista Agaragar?
Ci conoscemmo durante il servizio militare, a Padova, fine anni ’60. Avevamo da poco terminato gli studi universitari, scientifici io e filosofici lui, nonostante le diverse formazioni c’era una sensibilità culturale in comune e dopo aver letto un mio studio (che sarà pubblicato sul terzo numero della rivista con il titolo: “Economia commerciale e linguaggio razionale: denaro e logos”), mi propose di partecipare all’elaborazione di Agaragar. Lui in quegli anni stava elaborando gli studi che confluiranno poi in L’alienazione artistica, che ritengo sia ancora uno dei suoi libri migliori. Nel primo anno eravamo solo noi due in redazione, lui si occupava anche dei rapporti con l’editore Silva. Con Perniola avevo punti in comune e alcune diversità. Lui partiva dalla questione dell’alienazione artistica, in cui considera la separazione di una realtà senza significato nell’economia politica e di un significato senza realtà nell’arte. Questa separazione si è accentuata nel Rinascimento con la separazione tra arte e artigianato. Separazione che è significativa per l’inizio della frattura tra produzione materiale e produzione immateriale. Separazione decisiva per capire che il capitalismo ha agito non solo a livello della produzione materiale, ma anche a livello linguistico/immateriale. Era importante considerare lo sviluppo del capitalismo a livello di controllo della produzione materiale ma anche nella produzione immateriale: nella letteratura, nei processi psichici, nella scienza. Bisogna ricordare che Perniola su Agaragar porta anche una critica al situazionismo. I situazionisti consideravano solo un lato della separazione tra realtà e significato, non riconducevano alla realtà il significato dei processi linguistici, bisognava invece ricomporre questi due aspetti.

Perniola, in Del terrorismo come una delle belle arti (Mimesis, 2014), uno dei suoi ultimi libri, dedica un capitolo all’avventura di Agaragar, e racconta anche di un vostro incontro con Debord. Aveva già letto i situazionisti prima di conoscere Perniola?
No. Conoscevo bene il pensiero della Scuola di Francoforte. Nelle mie riflessioni sul nesso fra capitalismo commerciale e linguaggio razionale avevo in mente Adorno e Horkheimer che, in Dialettica dell’illuminismo, descrivono Ulisse come il primo ‘Illuminista’ che usa il linguaggio per avere un vantaggio.
Andammo a Bruxelles a conoscere Guy Debord e Raoul Vaneigem. Debord non ci accolse in modo molto affabile. Ci portò a giocare a calcetto. Graziella, la simpaticissima moglie di Perniola, di nascosto continuava a fare degli sberleffi a Debord, sostenendo che era antipatico e borioso. Molto meglio andarono le cose con Vaneigem, molto simpatico. Ricordo in particolare una discussione in una birreria in cui gli feci notare che “l’immaginazione al potere” era quella del capitalismo che controllava la produzione di informazione.

Negli anni in cui progettavate la rivista, c’erano almeno altre due persone in Italia che seguivano da vicino il situazionismo, si tratta di Giorgio Agamben e Gianni-Emilio Simonetti. Avevate rapporti con loro?
Simonetti non l’ho mai conosciuto. Agamben era amico di Perniola, ricordo che andammo a fargli visita in una sua tenuta, vicino a Roma. Agamben insistette perché provassi a montare un cavallo che diceva mansueto e che invece mi coinvolse in un galoppo sfrenato. Durante il mio soggiorno nella casa romana dei Perniola, in occasione del mio scritto L’educazione come processo produttivo, appesi un poster che raffigurava la Lupa Capitolina con uno dei gemelli che sputava il latte, e vi apposi sotto la scritta “bambini di tutto il mondo unitevi”. Una mattina Graziella, la simpaticissima moglie di Mario, mi fece credere che il Perniola aveva sognato che lui era Marx e io ero Engels. Racconto questi aneddoti perché evidenziano i détournement giocosi del gruppo.
Nel primo anno eravamo solo noi due in redazione, Perniola si occupava anche dei rapporti con l’editore Silva. La collaborazione tra di noi non è continuata oltre i primi anni ’70 ma, ma nonostante i nostri percorsi culturali abbiano avuto una divergenza di interessi, filosofici lui, scientifici io, questo non ha intaccato la nostra amicizia e nel corso degli anni, abbiamo continuato a sentirci, scambiandoci alcuni dei libri che pubblicavamo.

Come venne accolta Agaragar nel dibattito ideologico di quegli anni? Suscitò discussioni?
Il dibattito culturale, il confronto e la critica erano molto serrati negli anni ’70 perché proprio in quelli anni si profilava un cambiamento di paradigma nel modo di produzione del capitale (la transizione dal fordismo al toyotismo iniziò nel 1976). Ma, mentre il capitale finanziario combinava in una nuova sintesi produzione materiale e produzione immateriale, i vari movimenti di sinistra rimanevano divisi fra loro, oscillando fra gli estremi dell’operaismo e del situazionismo. Agaragar proponeva una ‘sintesi sociale’ alternativa a quella proposta dal capitale. La rivista fu accolta con un certo entusiasmo, ma fu anche fraintesa. Per fare un esempio: Giuseppe Sertoli, redattore di Nuova Corrente (che in quegli anni era un’importante rivista di letteratura e filosofia. n.d.r.), mentre si dichiarava in perfetto accordo con gli scritti di Perniola, criticava aspramente i miei scritti sul primo numero della rivista. Perniola ed io gli rispondemmo con una lettera di quattro pagine in cui affermavamo l’importanza della nostra ricerca di una nuova sintesi sociale. Ritenevamo, inoltre, che fosse necessaria un’analisi storico-critica del rapporto fra scienza e capitale. Nel 1972 (all’epoca della guerra del Vietnam) partecipai ad un convegno internazionale di storia della scienza in cui diversi fisici, fra i quali Paul Dirac, prendevano atto di ‘una massiccia soggezione della scienza al capitale’, iniziata con il Progetto Manhattan per la costruzione della bomba nucleare.

In Agagar lei ha impostato la critica del materialismo dialettico di Marx, che non considera il carattere genetico-strutturale dei processi psico-linguistici e la sintesi sociale costituita dall’evoluzione parallela di strutture economiche e strutture linguistiche.
Si. In L’educazione come processo produttivo (Agaragar n.2, 1970) mi sono posto il problema della genesi sociale. Data la forte dipendenza dalle cure parentali e una rimarchevole capacità di apprendere tramite l’esperienza, l’evoluzione biologica della specie uomo si estende in un’evoluzione sociale mediata da un processo educativo. Un sistema di segni che media socialmente la relazione uomo – natura diviene così un ‘codice genetico’ di specifiche società umane intese come ‘specie semiotiche’. Un’ ipotesi simile, del prolungamento dell’evoluzione biologica nell’evoluzione sociale, veniva poi formulata dal biologo evoluzionista Stephen Jay Gould nel saggio Ontogeny and Phylogeny (Belknap Press of Harvard University Press, 1977). In Economia commerciale e linguaggio razionale: denaro e logos (Agaragar n.3, 1971) mi sono poi posto il problema della sintesi sociale considerando l’evoluzione parallela ‘isomorfa’ di determinazioni formali della politica economica e del linguaggio razionale nella società greca classica. Una correlazione simile fra linguaggio ed economia nella polis greca era stata evidenziata dal filosofo Sohn-Rethel In Lavoro intellettuale e lavoro manuale: per la teoria della sintesi sociale (Feltrinelli, 1977), ma allora non conoscevo le sue ricerche, non erano ancora state tradotte.

Dopo aver collaborato con Perniola, come è continuata la sua ricerca?
Dal 1973 al 2005 ho insegnato matematica e fisica al Liceo scientifico Eugenio Curiel di Padova, dove sono stato promotore dell’introduzione della storia della scienza nella didattica e fra gli organizzatori e i relatori del Progetto Ipazia per la promozione della cultura scientifica nei licei. In quel periodo ho scritto i saggi Rivoluzioni parallele isomorfe. Copernico, Ariosto e Josquin de Prez (pubblicato poi da Aracne nel 2015), in cui evidenzio la sintesi sociale fra gli ambiti economico, cosmologico, letterario e musicale all’ epoca della costituzione dello Stato politico moderno e Modelli dinamici dell’evoluzione della civiltà urbana (pubblicato poi da Aracne nel 2022), in cui considero la genesi sociale del capitalismo. Nel 2018 ho scritto poi un saggio conclusivo dal titolo Capitale finanziario e populismo. La scienza nell’ evoluzione del capitale (Aracne, 2020), in cui considero l’evoluzione parallela di economia politica e scienza nelle tre fasi fondamentali dell’evoluzione del capitale. 

Parallelamente, assieme allo psichiatra e psicoanalista Alessandro Pesavento, ha sviluppato una teoria dei modelli di processi psicolinguistici.
Sì, dal 1987 al 2001 ho collaborato con Pesavento allo studio delle successioni di ‘stati dell’Io’ nelle narrazioni oniriche di un paziente in analisi. Abbiamo pubblicato assieme Un modello probabilistico del processo onirico e la sua applicazione ai sogni prodotti in analisi (Bollati Boringhieri, 1992), poi La signora del piano di sopra. Struttura semantica di un percorso narrativo onirico (Aracne, 2013). Una prima formulazione del secondo saggio era stata proposta ad un convegno di psicoanalisi tenutosi a Trieste nel 1999. Dal 2001 al 2020 mi sono dedicato allo studio delle neuroscienze e all’ applicazione alle reti neurali della teoria della biforcazione dei punti critici di sistemi non-lineari aperti in non-equilibrio. Ho elaborato un modello delle reti neurali corticali coinvolte nella dinamica del Sé: Self’s Splitting and Self-Other Identification. A phase transition model, che ho esteso poi ad un modello pubblicato in un saggio dal titolo Brain Dynamics for Goal-Directed Social Navigation. A non-linear statistical model of consciousness (Aracne, 2021).

Mi piacerebbe che ci approfondisse la presentazione delle tesi articolate in Capitale finanziario e populismo. La scienza nell’ evoluzione del capitale.
Questo saggio si propone una riconsiderazione critica delle fasi dell’evoluzione del capitalismo, e della scienza ad esso associata, nell’ epoca in cui questo sembra ormai giunto ad una fase ‘terminale’ della sua evoluzione, con il predominio sull’intero ciclo dell’economia e con uno sfruttamento esaustivo delle risorse naturali, oltre che umane, difficilmente sostenibile a livello di ecosistema. Verso la fine del XX secolo, è avvenuta una transizione dal modo di produzione fordista del capitale monopolistico al modo di produzione toyotista del capitale finanziario delle multinazionali. Due classi di fenomeni sono associate a tale transizione.

Quali sono queste due classi?
Una prima classe, evidenziata da Marco Revelli nel saggio Economia e modello sociale nel passaggio tra fordismo e toyotismo, in Appuntamenti di fine secolo (manifestolibri, 1995), comprende: una forte competizione fra capitalisti, dovuta all’ esaurimento delle risorse naturali e alla saturazione dei mercati, cui consegue una permanente imprevedibilità dei mercati; il predominio della speculazione del capitale finanziario (liquido) sull’ investimento del capitale industriale (fisso) e di un’economia multinazionale sulla politica nazionale, con conseguente crisi della politica; e infine l’asservimento della scienza al capitale e un uso di tecnologie sofisticate per il controllo globale dell’informazione cui corrisponde la parcellizzazione e precarizzazione delle capacità produttive umane (e un aumento delle diseguaglianze sociali). Una seconda classe, solo in parte evidenziata da Byung-Chul Han, in Psicopolitica (Nottetempo, 2014), comprende: la disgregazione dei vincoli sociali tradizionali e lo sfruttamento intensivo della libertà di scelta individuale allo scopo di aumentare la produzione e lo scambio di informazione a livello globale; un’estensione dalla produzione materiale alla produzione immateriale con conseguente alienazione nell’informazione del significato delle merci; e infine la costituzione di un nuovo asse delle opposizioni [populismo – neoliberalismo] che si combina con il vecchio asse [destra – sinistra] dei poli politici nel comporre il quadrato delle opposizioni di un nuova logica in cui, più che il valore di verità degli enunciati, è essenziale l’informazione comunicata da questi. Inoltre, nella prima parte del saggio, oltre ad analizzare il nesso fra queste due importanti classi di fenomeni psico-sociali, propongo: un modello matematico che evidenzia una transizione al caos nel caso della valorizzazione del capitale in ambiente con risorse limitate e un modello logico che evidenzia il carattere informazionale del quadrato delle opposizioni dei poli politici.

Nella seconda parte del saggio viene proposto un superamento della critica marxiana dell’economia politica.
Questa è adeguata all’analisi della produzione materiale del capitale industriale, ma non all’analisi della produzione immateriale del capitale finanziario, che sfrutta le capacità umane di comunicazione e di consumo oltre che di produzione. Marx non considera tale sintesi sociale e il fatto che l’alienazione nell’ informazione del significato connesso al valore d’ uso richiede una ridefinizione del valore di scambio. Per far ciò è necessario integrare il rovesciamento della dialettica hegeliana con una critica della teoria kantiana della conoscenza e risalire all’origine storica della politica e delle determinazioni formali dell’economia.

Lei formula l’ipotesi che la logica della politica e le determinazioni formali di valore d’ uso e di valore di scambio si siano formate all’ interno di una confederazione di città-stato greche, con lo sviluppo della proprietà privata della terra e con lo scambio commerciale, mediato dalla moneta di conio, dei prodotti in eccedenza ottenuti con la divisione del lavoro agricolo.
Sì, scopo della politica nella costituzione della polis era garantire per legge (logos), l’incorruttibilità della moneta di conio e l’inalienabilità della proprietà privata e stabilire con un’argomentazione logica la verità della proposizione “il soggetto gode / non gode di una certa proprietà” in base a un principio di non contraddizione. Ma compito della politica era anche, secondo Aristotele, fare in modo che il ciclo Merce-Denaro-Merce, i cui limiti sono fissati dal nesso fra produzione e consumo, prevalga sul rovesciamento nel ciclo Denaro-Merce-Denaro’ del capitale commerciale, in cui l’accumulazione di plusvalore consiste nel comperare merci nei luoghi in cui sono comuni per venderle a prezzo più alto nei luoghi in cui sono rare. Ciò dimostra che Aristotele aveva chiara la distinzione fra il valore d’uso di una merce per il consumatore e il valore di scambio di una merce per il mercante.

In questo libro sostiene anche che nell’ evoluzione del capitalismo si possono distinguere tre fasi.
Sì. Nella fase della proprietà privata fondiaria e del capitalismo commerciale, si ha il predominio della politica sull’economia, la separazione del consumatore dal produttore con la divisione del lavoro agricolo e il predominio del consumatore che definisce il valore d’ uso della merce (mentre il valore di scambio è dato dalla sua rarità). Con lo sviluppo del capitalismo industriale si ha un equilibrio fra potere politico e potere economico, la divisione del lavoro nella fabbrica e la determinazione del valore di scambio come lavoro accumulato. Invece nella fase del capitalismo finanziario si ha il predominio dell’economia sulla politica, una produzione insieme immateriale e materiale, la connessione fra significato e valore d’uso della merce e la determinazione del valore di scambio come informazione accumulata. Claude Shannon introdusse nel 1949 una misura probabilistica dell’informazione contenuta in un messaggio sulla base del numero di scelte fra alternative necessarie ad eliminarne l’incertezza: essendo la formula dell’incertezza eguale a quella dell’entropia, la determinazione soggettiva di incertezza e quella oggettiva di entropia vennero equiparate fra loro. Nel lavoro si ha, in particolare, un trasferimento di energia a bassa entropia con la produzione materiale di informazione. L’informazione è quindi un’estensione del lavoro alla produzione immateriale.

In un passaggio finale parla dell’entropia ambientale e dell’incertezza sociale che caratterizzano questo momento storico…
L’evoluzione della civiltà urbana consiste nell’auto-organizzazione di sistemi sociali sempre più complessi con lo sviluppo delle capacità umane di produzione e di comunicazione. Tale evoluzione è caratterizzata, da un lato, da un aumento progressivo dell’informazione incorporata da un ristretto gruppo sociale che domina l’intera società, dall’ altro da un aumento progressivo dell’entropia e dell’incertezza diffuse, rispettivamente, nell’ambiente e nel resto della società, dato lo sfruttamento sempre più intensivo sia delle risorse naturali che delle capacità umane. Nell’ evoluzione della civiltà urbana si possono distinguere tre grandi ere in cui si alternano, con un periodo di circa 900 anni, il predominio delle civiltà occidentali e quello delle civiltà orientali. Lo sviluppo del capitalismo e della scienza, che caratterizza l’evoluzione della civiltà occidentale, è alla base del suo predominio a partire dal XVI secolo. Nella seconda parte del saggio viene evidenziata la corrispondenza biunivoca di determinazioni formali dell’economia politica e della scienza, nelle tre fasi di evoluzione parallela del capitalismo e della scienza, evidenziando il progressivo asservimento della scienza al capitale.

L’analisi di queste forme di potere l’ha portata anche a individuare e/o proporre nuove possibilità di confronto, conflitto, cambiamento?
Penso che la concezione di una decrescita felice e l’opposizione del sovranismo della destra populista al globalismo neoliberale – come l’opposizione politica dei proprietari fondiari della polis greca al capitalismo commerciale – siano reazionarie in quanto pongono un limite allo sviluppo delle capacità umane di produzione e di comunicazione. Nel Rinascimento Pico della Mirandola affermava che l’uomo ha la straordinaria capacità di produrre le più grandi innovazioni e le peggiori efferatezze. Purtroppo l’evoluzione del capitalismo ha preso una brutta piega. Si tratta di cambiare indirizzo e, da un lato, ridurre al minimo l’aumento di incertezza distribuendo all’ intera comunità la ricchezza di informazione accumulata da un ristretto gruppo dominante, dall’ altro ridurre al minimo l’aumento di entropia dell’ambiente. I movimenti artistico-letterari della sinistra che, come il situazionismo, ‘narrano’ di mondi possibili alternativi, non considerano il fatto che un asservimento della scienza è alla base del potere del capitale. “L’immaginazione al potere” è possibile solo con il détournement della produzione scientifico-tecnologica per metterla al sevizio dell’intera comunità e con una nuova sintesi sociale fra narrazione e produzione che realizzi mondi possibili alternativi a quelli proposti dal capitale.

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