di Luca Casarotti

senzaslotokA febbraio di quest’anno nasce il sito senzaslot.it, affiancato da un profilo twitter e da una pagina facebook. L’idea è semplice ed efficace: si tratta di fare una mappa, aggiornata via via con le segnalazioni che arrivano al sito, dei locali in cui non sono installate slot machine, con l’ambizione di arrivare a coprire in modo ragionevolmente dettagliato tutto il territorio italiano. Attualmente nel database ci sono più di milleseicento locali.
A fondare senzaslot.it sono quattro persone di Pavia, due ragazze e due ragazzi. Il più vecchio ha trentaquattro anni ed è un nome noto a chi gira da queste parti: Mauro Vanetti, curatore dell’antologia di racconti Tifiamo asteroide, autore di testi per Carmilla e di un elaborato post su Giap, blog del quale è anche indefesso commentatore. Con lui ci sono Ludovica Cassetta, Pietro Pace e Paola Schintu.

Che un’iniziativa del genere parta da Pavia è tutto tranne che un caso. La città e la provincia di Pavia vantano il ben poco lusinghiero primato di avere la più alta densità di macchinette mangiasoldi in rapporto al numero degli abitanti: una ogni centodieci, alla fine del 2012. Se n’è parlato in varie sedi: c’è una rassegna stampa a dir poco eterogenea che va dal Fatto quotidiano a Famiglia cristiana. A seconda della fantasia più o meno fervida del titolista leggiamo “Pavia: la Las Vegas d’Italia” o “Pavia: capitale italiana del gioco d’azzardo”. Se n’è occupato il programma tv Le Iene, con un’inchiesta di Nadia Toffa.
Questa eterogeneità è però lo specchio di una caratteristica che ha assunto la lotta al gioco d’azzardo, almeno negli ultimi tempi: cioè il fatto che il problema viene affrontato a partire da posizioni diversissime. Diverse sono, ovviamente, anche le soluzioni messe in campo. Semplificando a colpi di accetta, possiamo dire che ci sono una visione radicalmente proibizionista – diffusa soprattutto in area cattolica – e una posizione favorevole alla regolamentazione, ferrea, dei luoghi e delle modalità di accesso ai giochi d’azzardo: slot machine, video lottery e dispositivi affini.

Mentre la mappatura dei locali liberi da slot cominciava a riscuotere un certo successo, il collettivo Senza Slot lavorava in altre due direzioni: da una parte metteva a punto, con una serie di post sul sito, la sua analisi del problema azzardo, dall’altra stringeva contatti con altre realtà di movimento impegnate sullo stesso fronte. Nasceva così la collaborazione con la comunità di S. Benedetto al Porto di don Gallo e con il Nuovo Cinema Palazzo di Roma, giusto per fare qualche nome, che non esaurisce la lista. Da queste collaborazioni prendeva piede l’idea di organizzare una manifestazione nazionale: la prima di questa portata che fosse promossa dal basso, dalle associazioni, dai comitati, dai collettivi e dagli attivisti. Non da qualche amministratore locale a caccia di visibilità mediatica e di una verginità di facciata, urlante e strepitante dopo essere rimasto per anni inerte e aver finto d’accorgersi del problema solo quando sono apparsi i titoli a nove colonne.
senzaslot2A fronte di un quadro che vede la maggiore tra le concessionarie pubbliche di slot machine – la Bplus dell’ex latitante Francesco Corallo – pesantemente gravata da sospetti d’infiltrazione mafiosa e inchieste aperte su numerose altre imprese del settore, una crescita esponenziale del volume d’affari prodotto dal gioco d’azzardo legale negli ultimi anni (che pare essere diminuita a partire dal 2012, ma i profitti sono rimasti comunque ingentissimi), l’impossibilità di contare su dati certi circa la diffusione di disturbi da gioco d’azzardo patologico, i promotori della manifestazione si sono riconosciuti in una piattaforma che chiedeva maggiore attenzione nella regolamentazione, sia al livello legislativo che a quello degli enti locali e l’abolizione delle pubblicità legate al gioco d’azzardo, veicolo privilegiato di frame tossici ormai radicati. Esempio? Il ben noto slogan con cui da anni è pubblicizzata la più famosa lotteria istantanea italiana: “ti piace vincere etc…”.
Attorno a queste richieste si sono raccolti molti soggetti: comunità terapeutiche e di mutuo aiuto tra ex giocatori patologici, presidi di Libera, sindacati, osservatori, collettivi e attivisti vari. Lungi dall’essere bieco campanilismo dei promotori lombardi, la scelta di tenere la manifestazione a Pavia è stata dettata dalle stesse motivazioni di cui sopra. Il corteo è partito attorno alle 10 del mattino di sabato 18 maggio ed ha avuto parecchia visibilità. Il giorno prima è uscito sull’Espresso un articolo a firma di Giovanni Tizian che dava ampio spazio al lavoro di Senza Slot e alla manifestazione dell’indomani. La stessa sera ne hanno parlato prima Enrico Mentana, poi Roberto Saviano e Gad Lerner, quando ancora Lerner conduceva un talk su La7. Nei giorni successivi al corteo, articoli e servizi un po’ ovunque. E qui cominciano i problemi.

Assotrattenimento è un sindacato padronale che fa parte di Confindustria e rappresenta gli interessi degli imprenditori del settore dell’azzardo legale: il 22 maggio deposita, presso la procura della Repubblica di Pavia, un esposto contro Senza Slot. Nel documento tra l’altro si legge che i manifestanti avrebbero tenuto comportamenti tali da mettere in pericolo l’incolumità fisica e morale degli operatori del settore. Rileggiamo: i manifestanti avrebbero tenuto comportamenti tali da mettere in pericolo l’incolumità fisica e morale degli operatori del settore.
Io a quella manifestazione c’ero. Ho parlato al comizio finale e ne ho anche scritto su un paio di siti. Va bene che sono ciecato, dunque reporter inaffidabile, ma, accidenti, come ho fatto a perdermi il blocco nero in libera uscita, gli ultras incazzati in trasferta, gli anarcoinsurrezionalisti, i luddisti, gli estremisti notav, Erri De Luca? [o le sue “groupies attempate” (Aldo Grasso scripsit)] – Ah no, Erri De Luca ai tempi non era ancora diventato un cattivo maestro.
Quello dell’incolumità fisica e morale è uno dei passaggi più appariscenti, ma il resto dell’esposto non è da meno. Si richiede addirittura di investigare circa l’eventuale commissione del reato di associazione per delinquere da parte dei proprietari del dominio senzaslot.it, quando il sito senzaslot.it è registrato a nome di una sola persona. Ma c’è almeno un altro elemento che ha attirato su Senza Slot gli strali di Assotrattenimento. Il collettivo pavese ha una posizione marcatamente anticapitalista, la sua analisi del problema azzardo è condotta schiettamente in termini di classe. Eccolo, il target ideale. Una realtà minuscola, animata da quattro persone, per quanto agguerrite, colpevoli – oltre che di essere comuniste, ovviamente – di usare bene i media (anzi, riprendendo quel vecchio motto, di essere loro stesse i media), facendo così conoscere a molti la loro iniziativa e le loro ragioni. Senza contare che questi quattro fanno tutti un altro lavoro per poter campare: l’impegno con Senza Slot è pura militanza. Nessun finanziamento, compenso o cose del genere. Un solo avvocato difensore ad assisterli. Dall’altra parte, un sindacato padronale con risorse sproporzionatamente superiori e un collegio difensivo di grido. Va poi precisato che le affermazioni contestate da Assotrattenimento a Senza Slot sono contenute nel manifesto sottoscritto da tutti (tutti!) i promotori del corteo del 18 maggio, non solo dai quattro comunisti.

Dividere un movimento d’opinione che stava incontrando parecchi consensi, dunque. Da una parte i no slot radicali “cattivi”, dall’altra i no slot moderati “buoni”. Che buoni e cattivi avessero posizioni convergenti è un dettaglio trascurabile. Nihil sub sole novi, del resto: cosa lo dico a fare.
A qualche mese di distanza si può scherzare, ma bisogna immaginare il clima di quei giorni. Il pomeriggio del 22 maggio verso le sette mi suona il telefono:

– Ciao Luca, sono Mauro, Mauro Vanetti. No, volevo dirti che Confindustria ci ha querelati… Pronto? … Luca…. Sei lì?
– E perché?

Me lo spiega. Mi spiega che non è proprio una querela ma un esposto, che non è proprio tutta Confindustria ma “solo” Assotrattenimento. La legittima strizza era ed è pienamente comprensibile.
senzaslot3Per dimostrare che il tentativo di discriminare buoni e cattivi è fallito, in luglio viene diffuso un appello, questo, che chi vuole può firmare. Lo hanno fatto attivisti no slot dalle idee più disparate. Lo hanno fatto alcuni redattori di Carmilla. E poi Wu Ming, Valerio Mastandrea, Elio Germano, i giornalisti Giuliano Santoro, Simone Pieranni e Matteo Miavaldi, Johnny Palomba, Marco Rovelli e tanti altri. Una risposta culturale a un’iniziativa giudiziaria. Una risposta necessaria, per evitare che la lotta contro il gioco d’azzardo, che sul piano culturale era cominciata e sta proseguendo, si chiudesse nelle aule di tribunale, con gli effetti deleteri che ciascuno può immaginare.

Veniamo al libro. Nei giorni in cui Assotrattenimento reagiva alla campagna Senza Slot nel modo che abbiamo visto, la storia del collettivo attirava l’attenzione di Gino Cervi, editor di Nuovadimensione/Ediciclo e solo omonimo del noto attore, quest’ultimo vieppiù defunto nel 1974, dunque ritengo scarsamente addentro alle lotte d’oggi. Ediciclo è una casa editrice indipendente di Portogruaro. Tra le cose che ha pubblicato c’è anche Il sentiero degli dei di Wu Ming 2, “guida turistica romanzata” della via che collega Bologna a Firenze, eponima del volume.
Il libro di Senza Slot, invece, uscirà il mese prossimo. Su qualche online store è già presente, nella sezione “in arrivo”. Il titolo provvisorio, assai tendente al definitivo, è Vivere Senza Slot. Storie sul gioco d’azzardo tra ossessione e resistenza. Dico subito che ne sono uno dei (molti) coautori. Questo per fugare qualsiasi dubbio sulla mia imparzialità nei confronti dell’opera. Imparzialità che semplicemente non esiste.

Libro scritto a più mani, dicevo. Oltre ai quattro Senza Slot – Ludovica, Mauro, Paola e Pietro – hanno contribuito altri attivisti no slot, psicoterapeuti, ludologi, avvocati, autori di videogame… Alcuni di questi contributi sono scritti in prima persona, altri raccolti in forma d’intervista o di scambio di email. Noi – autore multiplo – abbiamo voluto fare un esperimento di scrittura collettiva applicato alla saggistica. Ciò fondamentalmente per tre ragioni. La prima è che nessuno di noi scrive per mestiere: quindi, come insegnava Luther Blissett (il nome multiplo, non il calciatore), nel momento in cui nessuno ha una voce autoriale propria, ci si mette insieme e si tenta di crearne una. La seconda è letteraria: abbiamo provato a raccogliere la sfida lanciata da alcuni libri che molti di noi hanno letto e apprezzato. Libri in cui vengono gioiosamente fatti saltare i confini tra i generi, con supremo scorno dei critici, che non sanno se catalogarli tra i saggi, tra i romanzi o tra cos’altro. Libri come Point Lenana o Timira, rispettivamente di Wu Ming 1 e 2, romanzi fortemente ibridati, in cui saggistica e racconto di non fiction fanno tutt’uno. Abbiamo provato a raccogliere quella sfida: provato, lo ribadiamo. Non siamo scrittori e ci sentiamo in dovere di mettere le mani molto avanti, nel calcare un terreno che non è il nostro.

La terza ragione è di metodo. Per dirla più o meno con Foucault, questo libro attiva uno sguardo sagittale sul problema del gioco d’azzardo. Non lo inquadra da un solo punto di vista (quello dell’attivista, dello psicoterapeuta, del giurista), ma restituisce uno sguardo d’insieme, uno spettro piuttosto ampio di tutte queste specificità. Occorre domandarsi come modificare alla radice una regolamentazione del settore che lascia troppo spazio al profitto e mano libera agli imprenditori. Occorre districare l’intreccio tra questi e la criminalità organizzata: intreccio che ha ragioni storiche, che vanno comprese. Occorre chiedersi, come ho fatto io in uno dei capitoli, in che modo il nostro immaginario sia stato influenzato, anzi colonizzato, da campagne pubblicitarie -imperversanti da anni sui media mainstream e non- che promuovono lotterie istantanee, giochi online e scommesse sportive: campagne ben costruite, perciò pericolose. Occorre conoscere l’opinione di coloro che i giochi li creano: si vedrà che di slot machine e compagnia brutta non hanno gran stima.
E poi scrivere a più mani è l’unico modo che conosciamo per dar conto di tutte le connessioni che si sono create tra i vari soggetti, nei mesi di stesura del libro. Una su tutte: quella tra Senza Slot e la comunità di S. Benedetto al Porto di Genova. La lotta contro l’apertura selvaggia di sale giochi a Pegli è stata l’ultima che don Gallo ha seguito in prima persona. Ora Domenico “Megu” Chionetti la sta portando avanti, conscio del peso dell’eredità che ha sulle spalle, ma allo stesso tempo ansioso di non farla cadere nel vuoto.

C’è un ultimo parallelismo che mi viene in mente. Me lo ha suggerito il Prunetti, con la sua recensione a Mitocrazia di Yves Citton. È ora che i protagonisti delle lotte scrivano la loro storia e che non sia qualcun’altro a scriverla per loro. Questo mi fa pensare a un altro libro importante, a cui Vivere Senza Slot può essere accostato, se non altro per le finalità che si propone: alludo a Nemico pubblico, del comitato notav Spinta dal Bass, segnalato anche qui su Carmilla. Gli scrittori che vi hanno contribuito sono anche attivisti, nel senso che sono andati e continuano ad andare in Valle. Quindi hanno scritto una storia che è a tutti gli effetti anche la loro. Non si sono appropriati di una storia altrui, calando dall’alto il loro intelletto. Quella storia hanno contribuito a farla, oltre che a scriverla.
Ecco, salvo sorprese dell’ultimo minuto, Vivere Senza Slot non avrà una prefazione deflagrante di Erri De Luca, né gli interventi di Ascanio Celestini o di Wu Ming. Ma i motivi per cui è stato scritto sono in tutto simili a quelli da cui muove Nemico pubblico: analizzare e smontare criticamente le narrazioni tossiche dominanti.

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