means130.jpgQuest’uomo dal sorriso sornione che potete ammirare qui accanto, è l’incarnazione di un caso letterario. Dopo aver pubblicato la raccolta di racconti A Quick Kiss of Redemption and Other Stories e aver visto comparire i suoi lavori sulle più prestigiose riviste americane come “Harper’s”, “Esquire”, “the Paris Review”, David Means, con la sua seconda opera Episodi incendiari assortiti [uscito per Minimum Fax, da cui è espunto questo ritratto, ndr], ha letteralmente incantato pubblico e critica. Uscita negli Stati Uniti nel 2000, questa raccolta di tredici racconti ha fatto incetta di premi letterari, tra cui nel 2001 il Los Angeles Times Book Prize (battendo perfino Philip Roth), è arrivata finalista al Pulitzer, è stata eletta “miglior libro dell’anno” da “Esquire”, ha ricevuto complimenti a destra e a manca tra i quali quello del “San Francisco Chronichle” che lo descrivono “stupefacente”, del “New Yorker” che ha parlato di “racconti di una bellezza quasi impossibile da spiegare”, della “New York Times Book Review” che lo definiscono “un nuovo formidabile scrittore”.

Sarà chiaro ormai che David Means è un narratore dalla grazia incantatrice, e che nei suoi racconti, anche se si parla di solitudine, di morte, di difficoltà nello stabilire relazioni umane, prevale un senso di pienezza, grazia e generosità.
Riuscendo a rivitalizzare un genere, quello della “short story”, che negli ultimi anni ha goduto sicuramente di una popolarità inferiore rispetto al romanzo, David Means è già considerato a pieno titolo il successore contemporaneo di Raymond Carver.

Nato una quarantina d’anni fa nel Michigan, Means ha studiato Inglese al College of Wooster in Ohio e poi ha frequentato un Master of Fine Arts in Poesia alla Columbia University. Oggi vive a Nyack, New York, e insegna letteratura al Vassar College. Parlando del suo lavoro Means dice “insegnare letteratura invece che scrittura creativa aiuta certamente anche nel proprio lavoro di scrittore. Spiegare ed esplorare il lavoro degli altri agli studenti è un modo di imparare ad analizzare il tuo stesso lavoro”.
Ma non solo gli studi e il lavoro di insegnante influenzano la scrittura di David Means. Un po’ come per Raymond Carver, guardacaso, (indimenticabili in cui spiega che la più grande influenza sulla sua scrittura l’hanno esercitata i suoi figli, lui che poteva scrivere solo cose corte perché non aveva tempo e andava a chiudersi in macchina per trovare un po’ di pace): anche per Means i figli hanno un’importanza centrale. In un’intervista comparsa su www.powells.com Means, quando gli chiedono se si sente parte di un circolo di scrittori i cui nomi appaiono spesso accostati (il suo, quello di Franzen, quello di Donald Antrim e di Aimee Bender), risponde: “non mi sento parte di nessun gruppo. Credo che si tenda ad associare alcuni scrittori che si conoscono e apprezzano i lavori gli uni degli altri, hanno più o meno la stesa età e magari si aiutano vicendevolmente dal punto di vista critico. Io e Jonathan per esempio siamo molto amici, ci ascoltiamo a vicenda e abbiamo un buon rapporto dal punto di vista creativo. Ma io credo che una delle grandi differenze tra il mio punto di vista e quello di alcuni miei contemporanei è che io ho due gemelli di dieci anni. Sono stato un padre casalingo, mi sono occupato di loro per sette anni da quando erano piccolissimi. Alcuni degli scrittori che conosco hanno figli, certo, ma la maggior parte no. Io ho scritto queste storie mentre facevo il padre, mi occupavo dei bambini, mettevo a posto la casa, guidavo qua e là, scrivevo nel tempo tra tutte queste attività parentali”.
Ma cosa dicono di lui questi tre autori citati nell’intervista? Jonathan Franzen, la star letteraria statunitense del momento, ha definito Episodi incendiari assortiti “una delle migliori raccolte di racconti degli ultimi dieci anni”. Aimee Bender ha detto che “Means ha la capacità elegante di creare mondi di nostalgia e tragedia e di saperli illuminare poi con grazia, un angolo alla volta”. Donald Antrim ha definito queste storie “meravigliosamente commoventi”.
Cercando su internet altre notizie su David Means è venuta fuori più volte questa occorrenza: “David” means “beloved”. Ci vuole un attimo per capire a cosa si riferisca la frase. Ovviamente l’espressione non riguarda il nostro David Means ma è semplicemente l’etimologia del nome ebraico David, cioè “David” significa “adorato” (in questo caso “means” non è il cognome, ma la terza persona singolare del verbo “to mean”= “significare”). Eppure non ci sono dubbi su destino che è legato a questo nome: noi la frase la leggiamo come ci è venuto di leggerla istintivamente al primo colpo: “adorato David Means”…