di Sheila M. Rothman
[Docente presso la Columbia University. L’articolo è tratto dal Washington Post]
Negli anni recenti, i tipi di comportamenti etichettati come malattie sono aumentati drammaticamente. La psichiatria moderna è pronta a trattare non solo depressione e schizofrenia, ma anche malumore, ansia e bassa autostima, sentimenti che la maggior parte di noi ha provato ogni tanto.
In nessun luogo questo si è sviluppato tanto chiaramente quanto nelle edizioni del manuale degli psichiatri, “Manuale Statistico e Diagnostico dei Disordini Mentali”, o DSM. Pubblicato dall’American Psychiatric Association, la cui prima edizione uscí nel 1952, elencava 60 categorie, che includevano la schizofrenia, la paranoia e altre aberranti forme di comportamento. In contrasto, la quarta edizione o DSM-IV, che uscì tre anni fa, ha più di 350 classificazioni (secondo il mio conteggio). Molti dei disordini descritti hanno criteri che si sovrappongono e deboli manifestazioni, e ognuno può avere sei o più sintomi. Pazienti che ne manifestano tre o più ricevono la diagnosi.
Dato che molti di noi hanno sofferto di almeno alcuni dei sintomi che caratterizzano le nuove malattie, il loro status come disordini solleva la prospetiva di definirci tutti come mentalmente malati. La proliferazione delle categorie di malattie sta iniziando ad offuscare la distinzione tra malattia e salute, tra persone e pazienti. Offrendoci di sollevarci dai malumori e dalle ansie che sono parte della vita quotidiana, i medici non stanno procurando altro che le cure per dati disturbi: essi sono pronti ad aiutarci rendendoci meglio che normali.
Prendete una delle nuove malattie classificate, disordine dismorfico del corpo. BDD, così è conosciuto, è caratterizzato dal passare eccessivo tempo ad esaminare se stessi allo specchio e grande preoccupazione per la taglia e forma di una parte del corpo. Ma come si distingue la malatia dalla vanità? In un suo recete libro, “The Broken Mirror,” Katharine Phillips, una psichiatra della Brown University School of Medicine che contribuì a stabilire i criteri del BDD, dice che più di 5 milioni di Americani (sia uomini che donne) ne soffrono. Ella ammise che “la differenza tra BDD e normale preoccupazione per l’apparenza può essere ampiamente una questione di grado.” Ma questo non dissuase lei, né l’American Psychiatric Association, dal classificarlo come disordine – e includerlo nel DSM-IV.
Un’altra nuova malattia, disturbo disforico premestruale (PMDD) è caratterizzato da irritabilità, tensione, tristezza, letargia, mal di testa, e aumento di peso. Ciò che trasforma questi comuni sintomi in una malattia è la [comparsa] temporale; essi di solito compaiono una settimana prima delle mestruazioni e scompaiono alcuni giorni dopo. Ma sintomi irrilevanti e transitori sono veramente indicativi di una malattia? E’ una (imperfetta) correlazione tra un normale ritmo corporeo e cambiamenti ormonali terreno sufficiente per trovare una patologia? Con la PMDD la linea di separazione tra normale e anormale diviene ambigua.
I curatori del DSM-IV, si trovano a loro agio ad espandere ulteriormente le già vaste categorie dei disordini mentali. Sotto il titolo “Altre Condizioni Che Possono Essere Oggetto Di Attenzione Clinica,” essi includono “problema relazionale tra i partner, problema di relazione tra fratelli, declino cognitivo correlato all’età, lutto, problemi accademici, problema occupazionale, e problema della fase di vita.” Mettete tutte queste categorie insieme e la divisione tra persona e paziente virtualmente scompare.
Questo è anche evidente nell’espansione del gruppo di malattie associate con i noti disordini alimentari. Il primo ad essere ampiamente riconosciuto, negli anni ’70, fu l’anoressia nervosa, i cui sintomi includono una intensa paura di guadagnare peso, amenorrea (in assenza di mestruazioni) e distorsione dell’immagine corporea, così che chi ne soffre pensa di essere grasso anche quando è sottopeso ed emaciato. L’anoressia fu seguita nella letteratura psichiatrica degli anni ’80 dalla bulimia nervosa, che è caratterizzata da abbuffate o diete croniche e persistente preoccupazione per il peso e la forma del corpo. Entrambi questi disordini rappresentano reali problemi per chi ne soffre, ma dato chi i sintomi possono sporadicamente apparire in persone sane, gli psichiatri sono obbligati a valutare “il contesto in cui il mangiare avviene,” secondo il manuale. Ciò che è “eccessivo consumo in un tipico pasto può essere considerato normale durante una celebrazione o il pasto di una festa.”
Vedendolo sotto qualsiasi altro aspetto, saremmo tutti candidati al trattamento psichiatrico il giorno del Ringraziamento.
In un articolo del New England Journal of Medicine intitolato “Running: An Analog of Anorexia?” Alayne Yates scrive che la ginnastica di routine può essere sintomatica di malattia. Una ginnastica troppo regolarei −o, in termini psichiatrici, compulsiva— indica un “disordine di attività,” scrive Yates. Il problema non è il momento del comportamento(come nel PMDD) o il suo contesto (come nella bulimia nervosa), ma il suo scopo. Nella visone di Yates, l’eccessivo correre per perdere peso o controllarlo diventa patologico. Il comportamento può ben essere incluso nella prossima edizione del DSM: la psichiatria è chiaramente preoccupata dalle piste [podistiche], dai centri di fitness e dalle palestere.
Il dissolvimento della distinzione tra normale e anormale che queste nuove patologie suggeriscono è ancora più evidente nelle cosiddette “Sindromi ombra.” Proposta da John Ratey, uno psichiatra della Harvard Medical School il cui nuovo libro ha preso come titolo il termine, le sindromi rappresentano disordini psicologici “nascosti”. Le persone che sono “un po’” depresse o ansiose o hanno un brutto temperamento soffrono di esse. Benchè Ratey ammetta che i sintomi sono troppo deboli per rientrare in quelli che egli chiama “Il blocco reale del DSM,” tuttavia argomenta che sentimenti di questo tipo sono un genuino rischio: “La vita della gente può andare in pezzi…a causa di piccoli problemi.”
Questa straordinaria espansione delle malattie mentali coincide con il nostro aumentato interesse per il determinismo biologico. In verità, le due tendenze si rinforzano reciprocamente. Questo nuovo settore suggerisce che le caratteristiche una volta credute individuali e fluide sono, al contrario, altamente fissate dentro di noi. Biologi e genetisti stanno invadendo il campo della psichiatria, ipotizzando che le deficienze biochimiche, sovente causate da difetti genetici, scatenino depressione, aggressione e ansia. Anche se essi ammettono che le dinamiche famigliari possono essere rilevanti, mettono con determinazione la natura al di sopra dell’allevamento.
Nella loro visione — e in contrasto con il pensiero psichiatrico prevalente nel 20° secolo — la biologia conta di più. Non sorprende che questo orientamento stia generando nell’opinione pubblica un tipo di ansia genetica che recenti rapporti sulla clonazione aggravano solamente. Forse siamo realmente pupazzi al termine di una stringa di DNA — il nostro temperamento, come la probabilità di sviluppare cancro, è definito dai nostri geni.
La spiegazione più comunemente invocata per spiegare molte forme di comportamento irregolare concerne carenze della serotonina, uno dei naturali componenti chimici del cervello che trasmette il segnale tra le cellule nervose. In “The Broken Mirror,” la Phillips correla il dismorfismo corporeo ad “una anormalità del sistema neurotrasmettitore serotoninico .” Altri psichiatri hanno attribuito i disordini alimentari e di ginnastica, sindromi ombra e anche il PMDD a bassi livelli di serotonina. Qali sono le loro prove? I pazienti si sentono meglio una volta che i loro livelli di serotonina vengono alzati con la somministrazione di medicine chiamate SSRI, di cui il Prozac è il più comunemente prescritto. Poichè i pazienti con BDD sembrano rispondere a questi farmaci, la Phillips insiste che “La chimica cerebrale disturbata gioca un ruolo importante” in questa malattia.
Il ragionamento della Phillips si acorda con le argomentazioni che Peter Kramer propone nel suo bestseller, “Listening to Prozac.” Entrambi gli psichiatri ricorrono allo stesso ragionamento circolare: L’esistenza di una malattia è confermata perchè il trattamento avvia una risposta farmacologica positiva. Una volta i medici diagnosticavano la malattia e poi ne scoprivano la cura. Ora sono gli interventi che li ispirano a creare nuove malattie.
Accettate per un momento che l’accresciuto interesse per il proprio aspetto o che un pò di depressione costituiscano una malattia. Da quale tipo di medico uno dovrebbe andare e per quale tipo di trattamento? Gli psichiatri insistono che malgrado le cause biologiche di queste malattie, esse sono comportamento-correlate e sono perciò trattate meglio con i metodi psichiatrici. Benchè alcuni psichiatri contano ancora sulla psicoterapia a lungo termine, il Prozac o uno dei suoi equivalenti farmaceutici sono essenziali alla pratica di quasi tutti. E pazienti con una ampia varietà di problemi sembrano migliorare con il Prozac. La loro “autostima e autofiducia salgono,” dichiara la Phillips. Essi “si sentono più normali.”
Anche se le prove cliniche che confermano affermazioni come quelle della Phillips scarseggiano, l’entusiasmo è rampante. Il Prozac e sostanze SSRI simili sono state con successo usate nel trattamento classico dei disordini compulsivi-ossessivi (chi ne soffre può non essere in grado di lasciare la casa perchè il lavaggio delle mani o del pavimento dura tutta la giornata). Da quando molte delle nuove malattie scoperte sono caratterizzate da questi comportamenti ripetitivi o preoccupazioni, molti psichiatri sono convinti che gli SSRI funzioneranno bene anche per loro. Nel frattempo, gli aneddoti sostituiscono i dati. Il Prozac, Kramer sostiene, “sembra dare sicurezza sociale ai timidi abituali, trasformare i sensibili in esuberanti, conferire agli introversi le abilità sociali del piazzista.” La Phillips contribuisce: ” Gli scienziati con me vogliono essere prudenti.” Comunque, “I miei trattamenti di molti pazienti, molti dei quali hanno sofferto per decenni e che hanno risposto bene -qualche volta miracolosamente- a questi approcci, mi induce a difenderli.”
Ma altri medici specialisti stanno competendo nel trattamento di queste nuove malattie. Persone preoccupate per un sintomo fisico (forse un abbassamento della palpebra o un naso grosso) possono rivolgersi ad uno psichiatra per chiedere perchè sono così preoccupate per la loro apparenza. O possono rivolgersi ad un chirurgo plastico, dermatologo, oftalmologo o otorinolaingoiatra per risolvere il problema.
La più importante differenza tra questi specialisti è la comprensione della causa della malattia. Per gli psichiatri la preoccupazione del paziente per l’apparente difetto, non il difetto in sè, è la causa del problema. L’obiettivo è eliminare l’ansia (sia con la psicoterapia o le droghe), non modificare il corpo. Per il chirurgo non è un problema di ossesioni psicologiche ma di tessuti e ossa. Entrambi gli specialisti possono offrire una soluzione, ed entrambi dichiarano una alta quota di successi.
Le nuove categorie di malattie stanno stanno spingendo i medici a minimizzare la differenza tra cura e miglioramento, tra il far ritornare i pazienti normali ed il farli diventare meglio del normale. Kramer ha coniato il termine “psicofarmacologia cosmetica” per descrivere il trattamento dei pazienti il cui comportamento è stato ottimizzato con il Prozac. E Ratey usa gli SSRI per trattare le “sindromi ombra” sul presupposto che: “Per molti di noi, la normalità non è sufficiente. Il fatto che un temperamento cupo o un carattere pessimistico possano essere normali non significa che sia facile conviverci. Ma, se i medici fanno del miglioramento il loro obiettivo, tutti noi diventiamo pazienti perenni. Con questo ragionamento, il criterio per andare in uno studio medico diventerà una visone esistenziale della persona che uno potrebbe essere.
Che esaltante compito per i medici, e che angosciante posizione per noi. Nessuno vuole rinunciare ai benefici terapeutici che la medicina del 21° secolo porterà; alcuni di noi possono persino guadagnare un margine di competitività attraverso il miglioramento. Ma come si possa raggiungere questi obiettivi senza perdere la propria identità o divenire pazienti perenni è una delle più grandi sfide messe in atto dalla nuova psichiatria, biologia e genetica. Dopo tutto, nessuno di noi vuole spendere la migliore parte della sua vita nella sala d’attesa del medico.
Traduzione a cura di Tristano Ajmone