di Edoardo Todaro

John Wainwrigth, Stato di fermo, Edizioni Paginauno, pp. 182, € 15,00

In estremo ritardo nella lettura e, soprattutto, rispetto all’uscita, ma sicuramente di stringente attualità. Oggi sono molte le iniziative e le mobilitazioni, con punti di vista ed impostazioni diverse, messe in campo per contrastare la deriva autoritaria che, con il disegno di legge 1660, il governo Meloni impone rispetto al conflitto sociale, in primis le forme di lotta che si sono espresse all’interno del conflitto capitale/lavoro. A questo proposito, è bene sottolineare il rendere esplicito  l’intento di questo provvedimento dichiarato da Piantedosi, il ministro dell’interno, attaccare il sindacalismo di base (sicobas in primis) e le forme di lotta praticate in particolare nel settore della logistica.

Non ci può venire non alla mente l’introduzione della cosiddetta regolamentazione del diritto di sciopero messa in campo per contrastare le lotte portate avanti dai lavoratori delle ferrovie, con l’introduzione della nota, in modo nefasto, 146/90. Dalla 146 al ddl 1660 il passo è breve: il conflitto deve essere annullato e represso. Dai lavoratori delle ferrovie a quelli della logistica. Esercitare il diritto al mettere in campo rapporti di forza a favore degli interessi di coloro che sono sottoposti allo sfruttamento, al profitto: deve essere bandito.

Non è mia intenzione addentrarmi su cosa è il ddl1660 e cosa, la sua eventuale e prevedibile  approvazione possa portare. In estremissima sintesi: da una parte coloro che effettueranno un blocco stradale compiranno un reato; chi, detenuti in particolare, ricorrerà ad azioni non violente, sarà punito ecc…; dall’altra avremo privilegi ed immunità per le forze dell’ordine.  Quindi ben venga questo libro, da considerare un vero e proprio manuale di autodifesa,  che era buon uso pubblicare. Una stanza, senza “ carattere “, di supporto allo scopo per cui esiste che deve produrre un effetto claustrofobico, è il luogo dove si svolge il tutto e due uomini: uno il sospettato, criminale e noto stupratore, in attesa di interrogatorio; l’altro l’inquisitore, una relazione basata sulla dominazione e l’accettazione di essa, accusato ed accusatore uno di fronte all’altro, la sconfitta e la vittoria.  Un sospettato, che necessita di un ristabilimento della quiete mentale per salvaguardare la propria dignità che è messa in discussione,  e  che ha nel proprio curriculum la violenza e l’uccisione di tre ragazze.

Un colpevole perfetto per risolvere in tempi brevi un indagine che non vede alcun senso nel protrarsi. Il colpevole perfetto che diviene il capro espiatorio. Un’indagine che è costellata di grossi sospetti ma di nessuna prova, di quelle necessarie per “convincere” una, prossima, giuria ad un verdetto di condanna, e previste dalla legge, quella legge con i suoi limiti, debolezze ed incoerenze.  Ma essendo all’interno di trame, per così dire, giudiziarie, non può mancare il cosiddetto ragionevole dubbio che invece può portare all’assoluzione e le domande su cos’è la legge, sui suoi limiti.

Queste pagine si dipanano nei meandri, nelle modalità dell’interrogatorio, nelle linee di questo con l’uso accorto del livello psicologico per far capitolare, perché, lo si voglia o meno, anche l’interrogare è un’arte: “ dare un colpevole e parlerà “. Interrogare con l’abilità del saper parlare ma anche del saper ascoltare. Interrogatorio che ha insito il trucco di far ammettere al sospettato la possibilità della propria colpevolezza e cioè l’ottenere un’ammissione, nel quale è necessario essere distaccato dalla sofferenza del sospettato senza lasciarsi coinvolgere; ingarbugliare un concetto, prendere un concetto logico e farlo divenire il suo contrario; non urlare e non dare in escandescenza, provare la colpevolezza del sospettato con le sue stesse parole, ripetere la stessa domanda 10000 volte ma in 1000 modi diversi, dare al sospettato il senso di sicurezza. Compare un secondo investigatore, questo senza pietà né alcun rimorso ma solo disprezzo e fanatismo e le pressioni fisiche per ottenere la confessione voluta. Quanto descritto è dovuto ad un semplice fatto: Wainwright è stato per 20 anni agente di polizia, diciamo che possiamo considerarlo un conoscitore dei fatti descritti. Ma l’utilità del leggere “ Stato di fermo “ risiede in particolare nel fatto che la crisi organica, economica e politica, accentua sofferenze e difficoltà nel corpo sociale e produce forme, diverse tra loro, di resistenza. Proprio queste forme di resistenza sono quelle che il governo si pone di bloccare con il ddl 1660. Aspetto utile e soprattutto necessario, risiede nella solidarietà e nella capacità di resistenza  di fronte all’accentuarsi degli interventi repressivi  nei confronti di coloro che sono, e che saranno colpiti, e nel diffonderla.

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