di Gelo Manni

Avvertenza:
Quella che segue è un’intervista ai membri della Comune Internazionalista del Rojava sulla situazione in atto nel Nordest siriano dopo la caduta di Assad e i nuovi tentativi egemonici turchi. L’intervista si è svolta qualche giorno prima della sua data di pubblicazione, per quanto sia stata aggiornata, eventuali imprecisioni sono da attribuirsi ai veloci mutamenti di questi giorni.

Di cosa si occupa normalmente la Comune e come sta operando nelle ultime settimane?

La Comune Internazionalista del Rojava è un centro ideologico del Nord Est della Siria per tutta la gioventù internazionalista che vuole unirsi alla rivoluzione del Rojava, organizzarsi e formarsi nel paradigma del Confederalismo Democratico e della filosofia di Abdullah Ocalan che qui ha trovato sbocco con il sistema dell’Amministrazione Autonoma Democratica del Nord Est della Siria (DAANES), basata sui tre assi portanti di Democrazia diretta, Ecologia e Libertà femminile.
La Comunità Internazionalista del Rojava ha anche portato avanti la campagna Make Rojava Green Again, un tentativo per difendere la rivoluzione da tutti gli attacchi all’ecologia, portando avanti il più possibile opere strutturali e diffondendo una coscienza ecologica e la consapevolezza degli impatti ambientali causati dalla guerra sistematica dello Stato turco.
è anche parte integrante di Rise Up 4 Rojava: una rete di collettivi rivoluzionari che si organizza in solidarietà con la rivoluzione confederale e mira a colpire il fascismo turco e i suoi collaboratori.
Da quando sono iniziati gli attacchi delle ultime settimane, la Comune Internazionalista si è concentrata sul lavoro di stampa e informazione per diffondere ovunque nel mondo il volto che la terza guerra mondiale in atto ha assunto in questa regione.
In particolare l’obiettivo di difendere la rivoluzione mostrando gli attacchi dello Stato turco che mirano a eliminare i DAANES e annientare la regione.
Parallelamente, si stanno portando avanti tutte le opere legate all’aiuto alla società e alla documentazione e condivisione della situazione delle centinaia di persone rifugiate nelle aree del DAANES, provenienti da Til Rifat e dalla regione di Shehba (dove avevano trovato rifugio i profughi di Afrin dopo il 2018), si partecipa alla distribuzione di cibo, vestiti e coperte, nonché alle attività all’interno della società e ai lavori organizzativi, culturali e artistici.
Da quando sono iniziati gli attacchi, il 27 novembre, tutti gli internazionalisti della Comune hanno lavorato, scritto e raccontato senza sosta la situazione qui in Siria e nelle regioni sotto attacco da parte dello Stato turco e dei suoi jihadisti.
Soprattutto, qui nella Comune come per tutti gli altri internazionalisti, la situazione è chiara e lo spirito è quello di proteggere la rivoluzione con la consapevolezza della fase storica in cui ci troviamo, con uno spirito di resistenza carico di motivazione e speranza quale è stato quello del tempo della resistenza di Kobanê.

Tutti i media occidentali sono concentrati su Damasco e sul nuovo governo, ma guardano meno agli attacchi dei jihadisti filo-turchi all’AANES, come sta procedendo dopo le voci di un accordo di cessate il fuoco? È davvero possibile che questi attacchi si fermino o rallentino?

Per la popolazione siriana la caduta del regime Baath è stata davvero importante, un grande sollievo, dal momento che era stato oppresso, ucciso e torturato per decenni da Assad.
La caduta del regime Baath, dopo 61 anni, è stata festeggiata da tutto il popolo siriano indipendentemente dall’etnia e dalla religione. Perché il crollo del regime non è stato semplicemente il risultato degli attacchi dei jihadisti come l’HTS o l’SNA.
Abbiamo visto che il popolo siriano, durante la Primavera dei Popoli (nota come Primavera Araba) e la Rivoluzione del Rojava, si è sollevato contro il regime, sviluppando così una propria volontà. L’Amministrazione Autonoma (DAANES) è un buon esempio di questo.
La ragione di fondo della caduta del regime di Assad è la lenta ascesa del popolo siriano e la sua volontà di libertà e democrazia. Anche se questa era una volontà silenziosa coperta da anni di guerra e repressione, con il cosiddetto “congelamento” del conflitto ha covato sotto le ceneri nella forma di rassegnazione e disaffezione allo Stato.
L’esercito del regime, per esempio, si è ritirato dal suo territorio quasi senza combattere contro le bande HTS. Li ha lasciati passare ben oltre l’iniziale conquista di Aleppo e ciò dimostra quanto fosse profonda la sfiducia dei siriani in Assad, quanto fosse già debole prima dell’offensiva.
Questo è anche il motivo per cui una soluzione politica è alla base dell’approccio del DAANES, che cerca di raggiungere una soluzione pacifica al conflitto.
È chiaro che qualunque soluzione basata sulle armi provoca sempre danni alla società e alla popolazione, causando ferite, sfollamenti, stupri e massacri – come quelli che si stanno verificando in questo momento nella zona del Rojava, di cui sono vittime le famiglie che perdono madri e padri, fratelli e sorelle.
Qualunque sia il futuro della Siria esso non può che darsi come risultato delle volontà di tutto il popolo siriano, altrimenti rimarrà in balia di conflitti. L’unica forma di violenza accettabile è quella della legittima autodifesa; motivo per cui le SDF operano nelle aree in cui la popolazione è sotto attacco da parte dei jihadisti e dell’SNA sostenuto dalla Turchia.
Accordi come il cessate il fuoco hanno l’obiettivo di fermare gli attacchi e sono accordi che vengono portati avanti con la prospettiva del Kurdish Freedom Movements di una soluzione democratica per il Kurdistan, la Siria e della pace in tutta la regione del Medio Oriente.
Naturalmente è importante considerare che l’obiettivo degli attacchi jihadisti sono i piani dello Stato turco di ristabilire un neo-impero ottomano che lo spinge a voler allargare i suoi confini occupando le aree del Nord Est siriano.
Gli accordi di cessate il fuoco degli scorsi giorni non hanno fermato gli attacchi ed è evidente per noi che anche una tregua più ampia non fermerebbe davvero le volontà offensive della Turchia.
Il problema è più profondo e passa anche per una Turchia democratica come soluzione che includa diritti e uno riconoscimento per tutte le minoranze etniche e culturali.

Al Jawlani e l’HTS, dopo aver preso il potere, fanno annunci di moderazione e inclusione, ma i video e le testimonianze li smentiscono. Quale pensa possa essere l’evoluzione politica siriana ora? Un governo effettivamente più ampio o il controllo totale dei jihadisti?

L’HTS e altre organizzazioni jihadiste come l’SNA coinvolte nel nuovo governo previsto per la Siria sono forze sostenute dallo Stato turco e quindi agiscono anche in base agli obiettivi fissati da questo.
Il governo che si sta formando è transitorio e per un certo periodo di tempo continueranno le discussioni a livello di potenze egemoniche e regionali. Ed certo che nel nuovo governo previsto per la Siria peseranno anche volontà sostenute da forze come Israele, Regno Unito e Stati Uniti.
Ciò che ai nostri occhi rappresenta una soluzione duratura per la crisi, la pace e l’unità per il Medio Oriente – ma anche una possibile uscita dalla terza guerra mondiale – è la soluzione del Confederalismo democratico e del paradigma disegnato da Ocalan; ovvero un modo di autoamministrazione politica ed etica e di democrazia dei popoli dove non c’è posto per il nazionalismo, lo Stato nazionale, il fondamentalismo, tutte le forme di fascismo e di razzismo.
Per tanto, in entrambi i casi, né il governo dei jihadisti né un governo scelto dalle forze egemoniche che intervengono nella regione possono essere una soluzione per il territorio siriano.
Questo è anche un altro motivo per cui l’Amministrazione autonoma è sotto attacco: il confederalismo democratico è una soluzione che porrebbe fine anche agli interessi e al potere delle forze esterne che occupano la regione e la determinano secondo i loro interessi.
Il governo che l’HTS sta cercando di sviluppare fa parte di questi interessi, ed i colloqui con i dieci punti programmatici che l’AANES ha presentato a Damasco sono un tentativo di avviare un processo politico e pacifico. La risposta giusta che propone il Rojava è una lotta per la democrazia e per i diritti culturali ed etnici basati sulla libertà delle donne.
A tal proposito è importante ricordare che Ocalan ha chiarito di avere il potere politico e la forza per invertire la fase e creare una soluzione per la crisi che il mondo sta attraversando e per la tempesta mediorientale, di “portare questo processo dal terreno del conflitto e della violenza al terreno del diritto e della politica”.
Ne consegue che qualunque sia il tipo di governo previsto dalle potenze egemoniche o dai jihadisti sostenuti dalla Turchia, la politica per i diritti, la libertà e la pace deve essere rafforzata. La rivoluzione del Rojava deve essere difesa e rafforzata in ogni modo possibile, affinché i DAANES e tutti i diritti delle etnie e delle minoranze, i diritti delle donne, la libertà e la democrazia possano essere consolidati e approfonditi in questa regione.

Molte persone sono fuggite dagli scontri o per paura della repressione entrando nelle aree AANES, come pensate di gestire il problema dei rifugiati? Il problema delle risorse essenziali per le persone è gestibile? È possibile il loro ritorno a casa?

Lo Stato turco sta conducendo una guerra contro la regione del DAANES da più di tre anni; una guerra che si concentra in particolare sulla distruzione delle infrastrutture strategiche e nel danneggiare le capacità di creare una propria economia indipendente, nonché sull’embargo nella regione.
In queste condizioni è difficile per la DAANES sostenere la popolazione con tutte le risorse necessarie.
D’altra parte ci sono anche molti beni, come le tende e le attrezzature dei campi, che gli jihadisti hanno assediato e non hanno lasciato portar via dalle persone in fuga, facendo sì che molti rifugiati rimanessero per strada per giorni, come ad esempio molte famiglie che hanno raggiunto la città di Tebqa dopo essere fuggite da Sheba.
Un altro fattore da considerare è che ci sono molte ONG e organizzazioni delle Nazioni Unite attive nella regione, ma non mostrano alcun impegno e non forniscono risorse o aiuto ai rifugiati.
In questo momento è solo la DAANES a fornire rifugio e risorse agli sfollati.
L’amministrazione ha mobilitato l’intera società per questa situazione e tutte le istituzioni locali hanno interrotto il loro lavoro per raccogliere risorse, provvedere ai bisogni e accogliere le persone che si sono rifugiate nelle regioni sicure.
Ci sono state anche campagne dall’esterno, come nell’Amministrazione autonoma di Shengal, dove il consiglio ha iniziato a raccogliere coperte, vestiti e altri beni di necessità che la gente ha raccolto da sola. Anche la Mezzaluna Rossa curda ha avviato una campagna di donazioni per la popolazione del NES.
Un membro della stessa Mezzaluna Rossa, il 15 dicembre, è stato rapito dai jihadisti a Manbij, dove gli jihadisti dell’SNA hanno iniziato ad attaccare la popolazione e le SDF. In questa situazione è chiaro che molte persone che vogliono aiutare e difendere la loro terra stanno mettendo a rischio la propria vita; tant’è che negli ultimi giorni abbiamo visto anche molti membri delle forze sicurezza civili come le HPC (Forze di Autodifesa Civili) cadere martiri. Poiché gli attacchi continuano, al momento non ci è possibile fornire un numero certo di martiri, ma è chiaro che, col passare dei giorni, il numero aumenta.
Dal 2018 lo Stato turco ha occupato Afrin; questo è anche il luogo in cui l’SNA è stato istruito e preparato dallo Stato turco per il suo attacco. Dal 2019 anche Serêkanî e Girê Spî sono sotto occupazione e hanno spinto molte persone a rifugiarsi all’interno dei DAANES o nelle altre regioni; ora quello che vuole l’offensiva turca è allargare la sua occupazione lungo tutto il confine.
In questo frangente il Movimento curdo per la libertà e il DAANES hanno lanciato appelli alla mobilitazione e si è espresso più volte che la resistenza avrà luogo con lo stesso spirito della battaglia di Kobanê. Tempi critici come questo sono possono però essere anche tempi di opportunità. Per questo, con la lotta politica e militare, le stesse aree precedentemente occupate possono essere riconquistate e le forze jihadiste come l’SNA possono essere eliminate definitivamente.

La Siria è da anni utilizzata da Stati esterni come campo di battaglia (Stati Uniti, Turchia, Iran, Israele, Russia, ecc). Dopo gli ultimi eventi e nel processo politico che viene c’è qualche spazio per una vera sovranità siriana o le mosse geopolitiche e la frammentazione interna la impediscono?

Come abbiamo detto in precedenza, fasi come queste offrono l’opportunità di creare la possibilità di portare pace e democrazia in Siria.
È necessario che tutte le componenti della nuova Siria riescano a stabilire un processo politico comune per potersi autodeterminare.
In questo processo il paradigma di Ocalan e il sistema del confederalismo democratico stanno mostrando una possibile soluzione per la situazione in Medio Oriente, hanno mostrato negli anni profonde capacità di analisi per i problemi della regione e hanno indicato soluzioni efficaci.
Ocalan è stato sequestrato e posto in isolamento nell’isola-prigione di Imrali, nel Mar di Marmara, dal 1999; in isolamento totale da ormai quattro anni.
La libertà fisica di Ocalan è quindi non solo importante, ma essenziale per trovare una soluzione alla crisi in Medio Oriente. Per creare democrazia, libertà e pace nella regione.
Questa è anche responsabilità della comunità internazionale e di tutte le organizzazioni e persone socialiste, democratiche e amanti della libertà del mondo agire, rafforzare la posizione del DAANES in questa fase e prendere provvedimenti per la sua liberazione e partecipare alla campagna “Libertà per Abdullah Ocalan, soluzione politica per la questione curda”.

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