di Giuseppe Genna

bossiaudio.jpgVa in onda non la Morte Nera, memorabile colonna sonora di Guerre Stellari, ma la Morte Verde, agghiacciante colonna sonora delle guerre elettorali. L’effetto speciale, questa volta, ha un effetto sociale: non si tratta di un film dell’orrore, ma di un audio dell’orrore sì. Sappiamo benissimo che la Lega non è un crogiolo di buon gusto e Pontida dista dai fasti di Versailles ben più di qualche centinaio di chilometri. Però mai ci si sarebbe aspettati un accanimento antiterapeutico ed elettorale di così vasta portata, quale quello a cui Maroni e Calderoli hanno sottoposto ieri l’Italia tutta, facendo ascoltare in differita la voce di Bossi o di quel che ne resta [qui il file audio]. Un rantolo soffocato, un larsen gutturale, una tracheotomia che si anima e protesta fiocamente, un ictus tragicamente intimo che diventa grottescamente pubblico. Concetti alla rinfusa pronti per la logopedia, un sillabare strascicato che proviene dall’oltretomba brianzolo, la salma calda mostrata fresca agli elettori per strappare lacrime di commozione e qualche voto in più dalle vecchiette dell’Alta Badia. Un carnevale funebre in cui ogni bambino può dire che il re è nudo in un letto di clinica. Da Cè a C’era, la parabola della Lega si compie nei due minuti e mezzo in cui lo spettro di Umberto Bossi biascica gutturali da dodecafonia umana e viene impietosamente irradiato sul Paese.

Una pietà immensa, se si ascolta questo show neurovegetativo. Quella pietà che non ha còlto i fedelissimi del fu Senatùr, a differenza di quanto accadde alla Duma con Cernenko, che mai fu mandato nell’etere a pavoneggiarsi del suo stato comatoso.
Le parole di Bossi fanno risuonare un requiem politico e umano: “Sto abbastanza bene nel senso che non sono morto, però era meglio non avere ‘sta roba qui e tutti i dolori collegati. Per me è meglio rinviare Pontida, posso esserci anch’io e Pontida è la mia festa. Alle elezioni tutti i leghisti devono andare a votare Lega. E’ evidente. E poi a tutte le manifestazioni che faremo, visto che tutti partecipano, sarò in giro sul territorio; sul territorio sarò in giro a portare la mia voce alle persone, a fare chiarezza magari. Quindi io ci sarò, insomma vi saluto con tanta simpatia, tanta amicizia. E’ andata così quest’anno, ma sono stato schiacciato dal dolore e quindi non ho potuto essere in giro come tutti gli altri anni. Mi spiace per quello che è capitato a me questa volta, lo so, però io con voi non mancherò mai di fare la mia parte. Viva la Padania. Ho bisogno di recuperare un po’ la voce, un po’ di energia, un po’ tutte queste robe qui. Facciamo le manifestazioni che dobbiamo fare. Dai!”.
Esiste un’unica atmosfera in cui siamo da tempo immersi – lugubre e voyeristica, sostanziata del microclima psichico e livido in cui saettano le immagini dei corpi martoriati di Abu Ghreib, delle false decapitazioni di autentici agenti Cia, delle ultime parole dei finti eroi e dei veri mercenari, dello spampanamento dei corpi che pochi minuti prima danzavano a un festino di nozze iracheno. E, ora, anche questa tragedia personale, comune a tanti lesionati neurologici, che viene spiattellata per mere ragioni di speculazione elettorale, determinando tuttavia la fine anziché il nuovo inizio di quell’irrilevante variabile numerica che è oggi la Lega Nord. Constatare che il vitalismo brianteo si è tramutato, di colpo, nello strascinamento dell’offeso cerebrale fa male alla salute: di Bossi, dei suoi elettori, di ogni italiano civile che ancora si indigna di fronte a spettacoli di varia disumanità come questo.
La sintassi affastellata, i giri di parole (se ancora si possono definire parole quelle pronunciate da Bossi), le espressioni che si ripetono, i “però” messi lì non a disgiungere ma a riempire i vuoti di ideazione – tutto il corredo dell’ignoranza del Senatùr che aveva scatenato ironie viene ora inverato storicamente. Quest’uomo non è Castagna che, friabile e tremulo, torna a fare Stranamore. Quest’uomo è tutt’ora un ministro della Repubblica e ancora viene invocato quale leader prestigioso. La dissociazione patente a cui è andato incontro il mondo politico e mediatico ieri, dopo l’ascolto del raccapricciante tramestio vocale di Bossi, è la prova provata della distanza che si è aperta tra i fatti e quello che si vuole far passare come effettivo. E’ grazie a un’unica prova di disumanità che Calderoli dichiara ai microfoni che Bossi ha dichiarato ai microfoni, mentre Giuliano Ferrara mostra alla nazione una decapitazione posticcia che nasconde una brutta storia da intelligence in tempo di guerra ambigua.
Con la prova d’inabilità fornita ieri dall’ex uomo politico Umberto Bossi, si chiude una stagione della politica italiana. Ogni persona di media sensibilità coglie, nel devastante messaggio del segretario leghista, l’iconicità che la politica italiana aveva raggiunto con la bava secca di Forlani interrogato da Di Pietro. Tra questi due eventi mediatici e politici, l’abisso. Che ha un nome e un cognome: Silvio Berlusconi. L’apparizione ultracorporea di Bossi chiude quest’abisso e non si sa se ne apra un ulteriore o meno.