di Roberto Carnero (da L’Unità, 24 maggio 2004)

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Alberto Sordi. L’Italia in bianco e nero (Mondadori, pp. 282, euro 17,00) è un libro di Goffredo Fofi sul grande attore romano. Un libro che prende le mosse da un’intuizione di Pier Paolo Pasolini che, con la lucidità che gli era consueta nelle sue analisi sociologiche e di costume, sembra aver colto nel segno anche a proposito dell’artista romano. «Di che specie è il riso che suscita Alberto Sordi?», si chiedeva l’autore degli Scritti corsari. E si rispondeva: «Pensateci bene un momento: è un riso di cui ci si vergogna». Continuava poco più avanti: «È la comicità che nasce dall’attrito, con la variopinta e standardizzata società moderna, di un uomo il cui infantilismo anziché produrre ingenuità, candore, bontà, disponibilità, ha prodotto egoismo, vigliaccheria, opportunismo, crudeltà. È una deviazione dell’infantilismo».

Nel volume l’ex direttore di Linea d’ombra mette in campo raffinati strumenti di analisi e di critica (cinematografica, letteraria, sociologica), per decodificare il «fenomeno Sordi» in tutta la sua complessità. E, come faceva Pasolini, sottolinea l’amore-odio che lega parte degli italiani all’attore romano, campione metaforico ed esemplificativo dei vizi e dei difetti tipici del nostro carattere nazionale. Non a caso, diversamente da altri importanti attori di cinema del secondo Novecento, come Gassman o Mastroianni, Sordi all’estero è pochissimo conosciuto e non ha ottenuto analogo successo: segno che è proprio tutta italiana quella borghesissima «commedia umana» che ha configurato attraverso la successione dei suoi film.
Scrive Fofi: «Si può odiare “il personaggio Sordi” per ciò che ha messo in luce di noi tutti, oppure, e forse dicendo questo ci si illude, di quasi tutti. Si può amarlo, per gli stessi motivi. Non si può studiarlo, e certamente io non ci riesco, come se non ci chiamasse in causa. Come se non ci costringesse oggi, a distanza, e più fortemente e immediatamente ieri e ier l’altro, a formulare un giudizio sul nostro cinema, sulla nostra storia e, come da qualche anno si è ripreso a dire e a studiare dopo decenni di silenzio, sul “carattere degli italiani”. Su Sordi medesimo, anche, ma questo è facile farlo; sulle qualità specifiche dell’attore, e anche questo non è difficile. È “l’oltre” e “l’intorno” che ci stimolano, provocano, preoccupano. È l’Italia».
Il libro, dunque, è costruito come una disamina rigorosa della ricca filmografia sordiana (e in questo si aggiunge degnamente alle esistenti monografie di Grazia Livi, Giancarlo Governi, Claudio G. Fava), con uno sguardo, però, e non secondario, a questo versante contestuale. Interrogarsi su Sordi, insomma, per interrogarsi sulla nostra storia recente, sulla nostra letteratura, sui nostri media, sulla nostra economia, sulla nostra politica, sulla nostra chiesa. In una parola: sulla nostra società. E questo, secondo Fofi, Sordi l’ha fatto non tanto con i film realizzati negli anni d’oro della società e del cinema italiano, ma con quelli venuti dopo il «boom».
Arricchiscono il volume scritti e interventi di Carlo Levi, Vittorio Spinazzola, Grazia Livi, Gianni Amelio, Franca Faldini e Mario Monicelli.