di Gioacchino Toni
Complice la recente pandemia, si sono moltiplicate le riflessioni relative al concetto di comunità, ai modi di stare insieme che caratterizzano il contemporaneo con un occhio di riguardo al ruolo svolto dall’universo digitale nel suo rispondere, amplificare e determinare paure, bisogni e desideri, non ultimo quello di sicurezza nei confronti di ciò da cui ci si sente minacciati.
Vista l’importanza che i media digitali hanno assunto nei processi di rappresentazione dei rapporti sociali e nella costruzione di modalità di partecipazione e senso di appartenenza – si pensi a quanto i social agiscano da aggregatori e generatori di comunità – risulta interessante analizzare alla luce di ciò la serialità televisiva degli ultimi decenni.
È proprio di questo che si occupa il volume di Massimiliano Coviello, Comunità seriali. Mondi narrati ed esperienze mediali nelle serie televisive (Meltemi 2022), e lo fa a partire dalla presa d’atto di come alla base dell’interazione e della partecipazione dell’intero universo digitale, e in qualche modo delle stesse serie televisive, vi sia una dimensione procedurale basata sulla ripetizione di regole e operazioni che collocano l’utente in un ambiente simulato che si presenta come una sorta di eterno presente [su Carmilla] riattivabile permanentemente. Videogame, piattaforme dell’intrattenimento e social strutturano nuovi immaginari attraverso la loro capacità di sfruttare forme di collaborazioni creative dei pubblici basate sul campionamento e sulla ricomposizione di materiali accumulati. [su Carmilla]
Alla classica struttura narrativa autoconclusiva nel nuovo millennio si sono affiancate narrazioni seriali costruite su molteplici linee narrative progettate per ottenere una fidelizzazione del pubblico attraverso un’espandibilità non solo nei termini di successione di episodi e stagioni ma anche transmediale.
A livello fruitivo le piattaforme di streaming audiovisivo, costruite su interfacce simili a quelle che strutturano i social, nella loro proposta a flusso continuo propongono particolari forme comunitarie. [su Carmilla]
Dalle famiglie disfunzionali de I Soprano, Ozark e Succession ai drammi familiari che scavano nel tempo come This is Us, dalle comunità segnate dal trauma della perdita di Lost e The Leftovers alla messa in scena dei conflitti sociali che uniscono e dividono i gruppi all’interno degli spazi urbani come in The Wire e Gomorra – La serie, dalla società distopica di Westworld a quelle che anelano e progettano un futuro alternativo in Station Eleven: negli ultimi venti anni la serialità ci ha messo a disposizione un catalogo molto ampio di racconti sulle forme di vita comunitarie. I mondi costruiti dalla serialità consentono ai loro spettatori di sentirsi accomunati dalla condivisione di un’esperienza e dalla possibilità di contribuire alle diverse espansioni narrative. Ecco allora che il concetto di comunità si allarga, prolungandosi al di fuori del testo e fornendo chiavi di lettura per comprendere i modi dello stare assieme e di esercitare quella creatività che prende le forme di una scrittura estesa (p. 11).
La fruizione dei testi seriali, con il loro sviluppo transmediale permesso dal digitale, ha sviluppato comunità in cui gli spettatori rielaborano gli immaginari proposti in funzione di nuove forme aggregative rispondenti al bisogno di comunità. «Grazie ai mondi raccontati dalla serialità, gli spettatori si riconoscono e costruiscono comunità lungo quel confine, sempre più labile, tra soggettività e mondo, tra corpo e ambiente, che è lo schermo nelle sue molteplici declinazioni tecnologiche» (pp. 12-13). [su Carmilla]
Le narrazioni seriali, così come si sono declinate soprattutto nel nuovo millennio, sottolinea Coviello, oltre a rappresentare una forma di intrattenimento utile a confermare e rafforzare paure e bisogni del pubblico, «sono una forma di rappresentazione che abita criticamente il contemporaneo: i processi di produzione e distribuzione, i temi che trattano e le modalità della loro ricezione restituiscono, nel loro insieme, un paesaggio grazie al quale è possibile osservare le trasformazioni delle forme di vita comunitarie» (p. 13). Tali forme di narrazione permettono modalità di cooperazione interpretativa che manifestano le potenzialità del sentire e dell’essere in comune arricchendo l’immaginario contemporaneo. Gli ecosistemi narrativi strutturati dalle logiche seriali
si fondano su strategie di continuità e ripetizione, dilatazione e apertura, dinamicità e modulabilità. A partire da un concept che funge da matrice tematica e da un brand che determina le logiche di marketing, gli ecosistemi narrativi sono in grado di stratificarsi ed evolversi secondo modalità non del tutto predeterminate, anche grazie alle pratiche di appropriazione e riuso compiute dagli spettatori. Se le strategie di messa in serie permeano i racconti e le esperienze contemporanee, allora è possibile espandere all’insieme degli ambienti mediali che ci circondano e nei quali siamo immersi il concetto di ecosistema narrativo nel quale “la produzione seriale è caratterizzata da una replicabilità costante, da una struttura aperta, da una immediata remixabilità e da una estendibilità permanente, che permettono al fruitore di avere un ruolo attivo nel processo di costruzione e sviluppo dell’universo narrativo” […]. Dagli spettatori agli utenti, fino ai fan: a seconda dei gradi partecipazione e di coinvolgimento messi in atto, le diverse comunità sono essenziali alla vita degli ecosistemi narrativi (pp. 21-22).
Il volume di Coviello analizza le narrazioni seriali del nuovo millennio ricavando una mappatura, per quanto inevitabilmente parziale, delle modalità con cui le comunità vengono rappresentate e interagiscono con tali produzioni audiovisive. Nel suo procedere all’analisi delle serie televisive e della loro incidenza sul tessuto sociale, lo studioso tiene puntualmente conto dei meccanismi produttivi, delle pratiche di fruizione e del loro rapporto con altre produzioni di immagini coeve. [su Carmilla 1 2] Sono numerose le serie televisive che hanno nella “tenuta della comunità” uno dei loro temi principali. [su Carmilla 1 2]
Dal punto di vista delle strutture narrative, le comunità sono il soggetto collettivo che abita i mondi seriali e ne garantisce la continuità orizzontale, da una stagione all’altra. Le linee narrative verticali, dedicate all’approfondimento dei personaggi e delle loro relazioni e che si esauriscono in una o più puntate, sono spesso contraddistinte dalle dinamiche familiari, oppure dalle affinità e dai contrasti che si generano all’interno di gruppi sociali più ampi. Infine, le comunità si trovano implicate anche a un livello riflessivo: sono gli stessi ingranaggi da cui dipende il funzionamento del testo a configurare uno spazio metaoperativo, che mette al centro le articolazioni e i risvolti comunitari del racconto (p. 153).
Dopo essersi occupato della complessità delle serie televisive contemporanee, della loro potenzialità in termini di apertura e replicabilità della narrazione e della performatività dei pubblici, Coviello si focalizza sugli eventi che nel nuovo millennio hanno inciso sia sulle modalità dello stare assieme sia sulla produzione e la circolazione degli audiovisivi. [su Carmilla]
Nella sezione intitolata Mediashock seriali lo studioso analizza le rappresentazioni mediatiche dell’11 settembre 2001 e della Guerra al terrore che ne è scaturita concentrandosi sull’immaginario costruito dalla serialità televisiva attorno a tali eventi passando in rassegna i modelli narrativi che hanno problematizzato la retorica della paura nei confronti del terrorismo. [su Carmilla] Vengono dunque analizzate in particolare serie come Lost, Mad Man, The Looming Towers, 24, Homeland, House of Cards e The Leftovers.
Successivamente, nella sezione intitolata Voglia di comunità, affrontando serie come Social Distance, This is Us, Utopia, Station Eleven e Anna, lo studioso analizza l’impatto esercitato della pandemia e dalle misure restrittive introdotte sulle forme di socialità a partire dall’utilizzo intensivo delle tecnologie per l’interazione a distanza sottolineando come ciò non abbia tanto comportato una «rottura epistemica dei paradigmi sociali, culturali e tecnologici preesistenti», come frettolosamente alcuni sostengono, quanto, piuttosto, un’accelerazione di processi di mediazione e rimediazione coinvolgenti l’esperienza sensibile già esistenti. La serialità ha indubbiamente saputo tematizzare tempestivamente gli effetti della pandemia offrendo ai pubblici sia storie in cui riconoscersi sopperendo alla carenza di socialità in presenza che prospettare futuri distopici o alternativi alla realtà.
Infine, nell’ultima parte del volume, intitolata Serial Crime, Coviello si occupa della serialità europea di genere crime – come Criminal, Black Earth Rising e Babylon Berlin – analizzandone le forme di rappresentazione, i processi produttivi e le strategie di fruizione mettendo in luce le ragioni della popolarità e della longevità di tali produzioni e invitando a pensare al genere come a un universo narrativo utile alla costruzione di comunità fondate su un immaginario una memoria condivisi anche alla luce degli eventi traumatici novecenteschi che hanno attraversato il continente europeo.
Comunità seriali propone importanti riflessioni circa il ruolo svolto dalle serie televisive contemporanee, a partire dalle loro architetture di coinvolgimento e fidelizzazione dei pubblici e dalle specifiche modalità di fruizione, non solo nella rappresentazione dei rapporti sociali ma anche nella costruzione di modalità di partecipazione e senso di appartenenza che si riverberano al di fuori degli schermi agendo su una quotidianità in cui distinguere tra esperienza dentro e fuori schermo, come tra online e offline è davvero sempre più arduo. «In un tempo in cui il bisogno di comunità si espone ai rischi molteplici, come la pervasività delle tecnologie del controllo, la frequente inconsistenza delle reti sociali online, a cui spesso si accompagna la tendenza all’utilizzo di un linguaggio violento, l’esclusione dell’alterità, interpretata pregiudizialmente come una minaccia, le narrazioni seriali ci aiutano a immaginare forme alternative di incontro e di scambio, supportandoci nella condivisione delle esperienze e delle memorie» (p. 154).