di Luca Cangianti
Marco Favaro, La maschera dell’antieroe. Mitologia e filosofia del supereroe dalla Dark Age a oggi, Mimesis, 2022, pp. 340, € 28,00.
La maschera dell’Uomo Ragno e quella di Batman hanno una funzione molto più profonda che celare le identità di uno studente sfigato (Peter Parker) e di un miliardario play boy (Bruce Wayne). La maschera è un ponte tra l’umano e il divino, connette la figura del supereroe a quella dell’eroe mitologico. Superman non è un mero uomo in calzamaglia, come Diabolik per esempio, ma un idolo, un’entità che trascende l’umano acquisendo poteri straordinari.
Adesso, grazie alla Maschera dell’antieroe di Marco Favaro, disponiamo di uno studio approfondito sull’universo simbolico supereroico. Si tratta di un saggio di spessore accademico dotato di una vasta bibliografia, ma ciò non va a detrimento della leggibilità.
Negli anni quaranta dello scorso secolo i primi supereroi assomigliano a divinità decadute, incarnano il puro altruismo e difendono lo status quo di società prive di contraddizioni interne. Le prime supereroine, ad eccezione di Wonder Woman, sono rappresentate come fidanzate interessate più allo shopping che alla lotta contro il crimine (pensiamo a Hawkgirl, a Marvel Girl, ma anche alla Ragazza invisibile dei Fantastici Quattro). A questa Golden age segue, con la guerra in Vietnam e gli anni settanta, una Silver age: le differenze tra supereroi e supercriminali si assottigliano. I primi possono essere anche egoisti, stupidi e maldestri, i secondi affascinanti e persino virtuosi, almeno per alcuni aspetti. Capitan America, uno dei personaggi più iconici dell’universo Marvel, rifiuta di andare in guerra, entra in crisi, abbandona il costume a stelle e strisce, e assume l’identità di Nomad, un supereroe senza patria.
Questa tendenza si accentua con la metà degli anni ottanta: gli universi supereroici sono invasi da storie di sesso e violenza: «È il momento di antieroi sanguinosi come Punisher, Wolverine, Blade, Ghost Rider, e di una nuova generazione di eroine, femmes fatales, sensuali e letali, Elektra, Dark Phoenix, Black Widow. I villains quasi scompaiono, Watchmen il caso esemplare: un mondo dove esistono solo supereroi, dal quale i cattivi sono scomparsi da tempo.» Siamo in piena Dark age, ma finalmente le supereroine iniziano a liberarsi dai stivali con il tacco che inibiscono l’azione e dai costumi sessualizzanti.
Secondo la periodizzazione di Favaro, oggi ci troviamo in uno scenario ulteriore, l’età posteroica: «i supereroi si stanno lentamente spogliando delle loro maschere, intese come doppia identità. Nuovi eroi – e antieroi – spesso non indossano travestimenti e non hanno identità segrete, i vecchi eroi invece, pur mantenendo il loro costume, rivelano la loro identità civile, oppure questa viene svelata da altri… Sta scomparendo la scissione del supereroe tra i due mondi. La maschera o si va lentamente istituzionalizzando, facendosi simile ad un’uniforme – si pensi al caso degli Ultimates – oppure si pone unico volto in contrasto totale con la società – e allora… parliamo di antieroi.»
I supereroi difendono ancora lo status quo, ma non si tratta più della società statunitense, quanto di un ideale minacciato spesso da governi e da poteri interni. Questa difesa di uno status quo utopico spinge i supereroi contemporanei a scagliarsi contro gli assetti dominanti e li sprofonda nell’illegalità. Nasce così la figura dell’antieroe dove il prefisso “anti” non indica l’assenza di prerogative eroiche. Questo nuovo personaggio è ancora un eroe, però non vuole, non può o non dovrebbe esserlo.
Le tipologie possibili spaziano dai ribelli ai rivoluzionari, dagli inetti fino ai non-eroi decostruendo radicalmente la figura del supereroe nata nel dopoguerra. Il protagonista di V for Vendetta della DC Comics vive in una società totalitaria in cui non c’è nulla da difendere e non è più possibile alcuna forma di giustizia che non sia la vendetta. Se si vuole essere eroi dunque non si può che diventare criminali. V è un ribelle che insorge perché lo ritiene giusto, non perché abbia speranza di vincere: «Distrutti i Norsefire, se allungasse la mano e prendesse il potere per sé, anche se per guidare benevolmente la creazione di un nuovo sistema, V si limiterebbe a prenderne il posto, diventerebbe lui stesso un tiranno. Invece, fedele al suo credo anarchico e consapevole di questa dinamica, V sceglie di morire e, così facendo, non impone un nuovo sistema ma rimette la scelta ai londinesi.»
Mentre il ribelle V esaspera il conflitto contro la società, Hulk, Jessica Jones e gli X-Men tentano di smussarlo. Vorrebbero essere normali e integrati. Sono quindi dei non-eroi. Ormai l’irreversibile crisi dell’Occidente ha definitivamente incrinato l’universo simbolico supereroico. Ha ragione Favaro a parafrasare l’undicesima Tesi su Feurbach di Marx: «i supereroi hanno esaurito il loro ruolo salvando il mondo, ora si tratta di cambiarlo.»