di Luca Cangianti
Al principio erano gli scatoloni. Dentro ci sono stipati i documenti storici necessari per la stesura di un libro sul Sessantotto parmense: Parma dentro la rivolta (Punto Rosso, 2000). Sulla base di questo primo nucleo archivistico, un gruppo di storici e attivisti fonda nel 2000 il Centro studi movimenti di Parma.
Il taxi lascia le vie rinascimentali del centro e si spinge verso una periferia ordinata. Scendo di fronte a tre casette circondate da un prato: una azzurra, una gialla e una rossa. Appartengono alla Fondazione Matteo Bagnaresi, la prima ospita il Csmp. Sorrido delle mie aspettative conformiste: ma dove sta scritto che un archivio sui movimenti antisistemici debba stare per forza in una fabbrica abbandonata, in un forte militare diroccato o in un ex ospedale psichiatrico?
“Il Centro si considera parte integrante dei movimenti sociali” mi spiega William Gambetta. “A questi cerchiamo di contribuire con la riflessione critica, lo studio storico e la conservazione della memoria.” Al Csmp venti ricercatori e ricercatrici si occupano di ordinare i centoquattordici fondi provenienti da attivisti e attiviste della sinistra storica e rivoluzionaria, del dissenso cattolico, dell’antipsichiatria e del movimento femminista. Inoltre i visitatori – studenti medi e universitari, dottorandi, docenti delle scuole secondarie, ricercatori italiani ed esteri – hanno a disposizione una biblioteca di diciottomila volumi, un archivio di manifesti politici e di dischi con canzoni lotta.
Quanto a me, attirato da tanta ricchezza archivistica, sono venuto fin qui per mettere il naso tra i volantini che circolavano a Roma nei primi anni Ottanta, specialmente in ambito studentesco. Tra i fondi che si dimostrano più generosi ai miei fini c’è quello di Marco Melotti, militante di mille battaglie rivoluzionarie, compagno del quale, a tredici anni dalla sua scomparsa, conservo ancora nelle orecchie la calda risata esplosiva. In poche ore, sotto gli occhi mi passano centinaia di ciclostilati scritti fitti fitti, fronte e retro. Spesso iniziano con un semplice “Compagni, studenti!” e si chiudono con una falce e martello disegnata a mano e la mitica dizione “Ciclinprop.” Nel testo ricorrono riferimenti edenici alle lotte degli anni settanta, passate eppur evocate sempre come prossime a tornare. Si stigmatizzano la passività politica, il plagio televisivo, la robotizzazione dell’umano, l’“efficientismo”, la repressione e la legislazione speciale. I riferimenti a George Orwell si sprecano. La critica rabbiosa dei “decreti delegati” (i parlamentini scolastici con i quali si cercava d’istituzionalizzare la soggettività studentesca) e della Riforma della scuola mi appaiono un mantra maniacale. Vedendo tuttavia cosa è diventata oggi l’istruzione, devo ammettere che quei profeti ignorati e derisi, che la mattina si sgolavano sotto i licei e gli istituti, avevano visto lontano.
“Diamo molta importanza alla fisicità, all’esperienza fatta dal vivo, agli spazi e agli oggetti” continua William. “Se la memoria rimane fredda sui libri o nelle conferenze, non genera empatia, immaginario, partecipazione. Il tipo di ricerca storica che vogliamo suscitare è diversa: un conto è sapere che milioni di persone sono morte durante un evento lontano e drammatico come la Seconda guerra mondiale; un altro è recarsi, dopo alcuni incontri preparatori, nei campi di concentramento ad Auschwitz, a Mauthausen oppure a Dachau, vedere con i propri occhi, toccare con le proprie mani.”
Questa stessa impostazione è alla base delle visite guidate a Parma in cui i ricercatori mostrano una città parallela e invisibile, difficile da trovare nelle guide turistiche in commercio: quella degli Arditi del popolo e della Resistenza. Lo scorso 11 settembre, ad esempio, si è tenuta un’iniziativa che potrebbe esser definita di gamification antagonista. Si tratta di “Barrichiamoci”, una caccia al tesoro per adulti e famiglie dedicata alle eroiche gesta dell’agosto 1922. In quei giorni il popolo parmense in armi respinse la spedizione punitiva fascista contro lo “sciopero legalitario” proclamato dai sindacati di sinistra coalizzati nell’Alleanza del lavoro. Infine è attiva presso il Csmp la Libera università del sapere critico con i suoi corsi multidisciplinari di critica politico-cuturale nei confronti dei rapporti di potere esistenti, mentre la maggior parte delle scuole della città ha stipulato convenzioni con il Centro per realizzare dei laboratori didattici di storia.
Devo riprendere il treno delle 14.54. Sul mio cloud ho caricato un prezioso bottino di scansioni: volantini, giornaletti improvvisati e perfino alcune mozioni votate dall’assemblea del mio liceo romano. William si offre di accompagnarmi alla stazione e mi allunga un casco. Mi ritrovo sul sellino posteriore a sfrecciare su un vespone anni ottanta: a ogni curva e cambio marcia mi sembra di esser tornato ai tempi della scuola, quando nella tolfa portavo una risma di ciclostilati in carta grezza. Chissà, mi dico, William avrà voluto assicurarsi che le mie ricerche non siano puramente nozionistiche e prive di partecipazione emotiva.