di Sandro Moiso
Serge Quadruppani, Lupi solitari, Mondadori, Milano luglio 2021, pp. 281, 14,00 euro
Solo chi conosce il potere della violenza e sa come disobbedirgli, può amare e praticare la giustizia.
(L’Iliade, poema della forza – Simone Weil)
L’ultimo romanzo di Serge Quadruppani pubblicato in Italia da pochi giorni, ma in realtà uscito in Francia nel corso del 2017, conferma l’autore francese come il vero erede di Alan D. Altieri. Il caso ha voluto che il libro sia comparso in lingua originale proprio nell’anno in cui l’autore italiano dava inizio al suo ultimo viaggio verso quelle città oscure descritte nei suoi formidabili libri di azione e riflessione sul divenire di un mondo crepuscolare, in cui a dominare sono soltanto i quattro cavalieri dell’Apocalisse continuamente resuscitati dagli interessi e dalle attività del capitale monopolistico e finanziario.
Quadruppani (classe 1952), autore di diversi romanzi noir (ma non solo) di cui molti editi in Italia, è anche traduttore in francese dei romanzi di Andrea Camilleri, Valerio Evangelisti, Sandrone Dazieri e Massimo Carlotto. La sua anima “nera”, però, frequenta gli stessi topoi che furono di Altieri, mescolando tensione, azione, geostrategia e geopolitica degli imperialismi, minuziosità tecnica nella descrizione delle armi usate, una certa dose di cinismo dei personaggi (indipendentemente dalla “squadra” o al campo cui appartengono) e una dettagliata descrizione delle conseguenze sui corpi umani dell’uso di armi mortali e violenza, mai intimidita dal timore di mostrarle fino in fondo.
A differenziarne, però, stile e scrittura è una certa dose di ironia e i riferimenti metaletterari che Serge Quadruppani inserisce nel corso della narrazione oltre che le allusioni all’attualità, molto più evidenti e precise di quelle contenute nei romanzi di Altieri. Anche se nell’ultimo romanzo, infatti, a dominare sono la jihad islamica e l’azione dei servizi segreti dedita a contrastarla e a deviarne gli obiettivi per finalità più consone agli interessi del capitalismo francese e statunitense, non mancano i riferimenti al movimento No Tav valsusino, all’esperienza della Zad di Notre Dame des Landes, all’inchiesta sul presunto affaire di Tarnac, agli scontri tra casseur provenienti dalle banlieue e studenti delle scuole superiori che caratterizzarono le manifestazioni che si svolsero a Parigi nel 2005, e a molto altro ancora.
Le stesse parole che chiudono il romanzo, che oltre che noir potrebbe anche essere definito distopico, se non fosse che molte delle azioni descritte, sia in Medio Oriente che in Francia, potrebbero benissimo appartenere all’attualità politico-militare degli anni recenti, tirano in ballo la triste vittoria di Emmanuel Macron alle ultime elezioni presidenziali, pur senza nominarlo direttamente. «Tutto ciò è una storia ormai nota. La ricordiamo soltanto per chiedere al lettore uno sforzo di immaginazione. Che per un attimo provi ad immaginare come sarebbe stato più brutto e triste il mondo se le elezioni presidenziali previste per l’aprile-maggio 2017 si fossero svolte davvero!»1
Si può cogliere il sorriso sulle labbra dell’autore mentre immagina, dopo aver descritto il ritorno di un agente speciale da una guerra crudele ed inutile (elemento fondante di tante storie di Altieri costruite intorno a personaggi traditi e disillusi) e gli sfortunati eventi che ne derivano, che in fin dei conti non tutto il male vien per nuocere, a patto, naturalmente, di saper ripagare gli avversari con la stessa moneta e magari anche con gli interessi.
E’ una fiamma sovversiva quella che pervade la narrazione, condotta sempre con grande maestria e senso della suspense, in cui, nonostante tutto, i possibili tessitori di trame e complotti possono finire sconfitti, a volte anche dall’intervento del caso o, come qui spesso capita, da quello degli animali e nemmeno dei più feroci ma piuttosto di quelli più vicini all’uomo come gatti, asini, api e taccole.
Il bel romanzo di Quadruppani, consigliatissimo per una divertente e intelligente lettura estiva, costituisce anche un canto per la Natura che si ribella, soprattutto nei confronti della sua duplicazione tecnologica, ricca di capitale morto e priva di vita. Facendo riflettere il lettore sul fatto che quelli che chiamiamo sprezzantemente “animali” non dovrebbero essere quelli pennuti, pelosi o piccoli e impegnati in attività utili come quella di produrre miele, molto più coscienti e intelligenti di quanto normalmente si pensi, ma le autentiche belve a due zampe che, in divisa da jihadista o in quella di un esercito nazionale oppure, ancora, vestite in borghese nelle stanze asettiche e fredde delle basi segreta americane sparse per il mondo, convertite per fede o per convenienza, non fanno altro che seminare morte, distruzione, odio e dolore tra gli appartenenti alla proprio specie.
L’unica eccezione la fa il lupo, solitario, braccato, invisibile, imprendibile e, all’occorrenza, feroce e determinato, proprio come il principale protagonista della vicenda: Pierre Dhiboun.
Non perdetevi quindi questa occasione di gustare almeno un’immaginaria e giusta vendetta, lasciandovi trasportare dal desiderio e dal sogno che pervadono tutta la narrazione. Buona lettura!
Serge Quadruppani, Lupi solitari, Mondadori 2012, p. 278 ↩