di Bernard-Henri Lévy
Francamente non avremmo mai creduto di ospitare un giorno, su Carmilla On Line, un intervento di Bernard-Henri Lévy (tratto dal settimanale Le Point). Invece il caso Battisti ci mostra, ancora una volta, la superiorità degli intellettuali francesi — inclusi i più “massmediatici” – rispetto a quelli italiani. Sulla detenzione arbitraria di Cesare Battisti prendono posizione personalità poco sospettabili di “sinistrismo”, come Philippe Sollers, Bernard Kouchner e tanti altri, tra cui, per l’appunto, Lévy. Una dimostrazione di indipendenza di pensiero in Italia quasi inimmaginabile.
Cesare Battisti, questo ex responsabile dei Proletari Armati per il Comunismo riconvertito alla — buona — letteratura poliziesca e arrestato, l’altra mattina, dalla polizia francese. L’ho incrociato, una volta. Era presente — me ne rendo conto rileggendo le mie annotazioni dell’epoca — alla riunione organizzata nel novembre 1978, a Roma, dal quotidiano italiano Lotta Continua, in cui si dibatté, con Félix Guattari e altri, se il terrorismo fosse o meno il figlio naturale di una coppia diabolica, fascismo e stalinismo.
Oggi il tempo è passato. La guerra è finita. La rivoluzione anche. E tutti, tra i protagonisti del dibattito di allora, sarebbero d’accordo nel ritenere che la scelta della “lotta armata” fosse al tempo stesso assurda e criminale. Chi ha interesse, data la situazione, a riaprire la vecchia piaga? Perché, sebbene Battisti vivesse a viso aperto, con moglie, figli, editori per i suoi romanzi, amici, indirizzo conosciuto, fare di colpo finta di scambiarlo per una sorta di clandestino? E’ veramente una buona idea, per un’Italia visibilmente minacciata da un nuovo tipo di terrorismo, prendersela con chi si è ritratto dalla violenza antica maniera e, nei suoi romanzi, ha fatto più di chiunque altro per riflettere sul fenomeno, e dunque scongiurarlo?
In ogni caso, qui, in Francia, la questione non si pone nemmeno. La camera d’accusa della corte d’appello di Parigi ha in effetti, tredici anni fa, già risposto no a una precedente domanda di estradizione. Tutti i governi, da allora in poi, hanno implicitamente ratificato una posizione dettata, in particolare, da quella peculiarità del diritto italiano che fa sì che un condannato in contumacia, se consegnato, finisca direttamente in prigione, senza possibilità di nuovo processo.
Di conseguenza, visto che nel frattempo non è affiorato alcun elemento nuovo, le autorità francesi non hanno, oggi, che una parola da dire, che un gesto da fare: liberare Cesare Battisti.