di Alessandra Daniele
L’estate sta finendo, settembre si avvicina.
Covid permettendo, contemporaneamente alle prossime elezioni amministrative, si svolgerà il referendum confermativo della riforma costituzionale grillina che riduce il numero dei parlamentari.
Una ristrutturazione fasulla, che ridipinge la facciata senza toccare le fondamenta marce.
Gli italiani sono pronti ad approvarla in massa perché la definizione “taglio dei parlamentari” evoca festose decapitazioni di piazza. Dopo aver eliminato i seggi in esubero s’accorgeranno però di non avere risolto niente.
Il problema dei parlamentari italiani non è la quantità, è la qualità.
E non potrà mai migliorare, finché saranno scelti dalle segreterie e dalle piattaforme di partito in base alla loro capacità di andare a tempo e cantare in coro, come ballerini di fila.
Quando Beppe Grillo è passato dal varietà alla politica e ha fondato il Movimento 5 Stelle, in realtà non ha davvero cambiato mestiere rispetto alla sua carriera d’intrattenitore. Perché i politici nostrani sono una compagnia di varietà.
Di quelle sfigate, capaci di produrre solo stacchetti sculettanti e tormentoni deperibili, la Rottamazione, il Federalismo, il Nuovo Miracolo Italiano, l’Abolizione della Povertà, distrazioni di massa, e di merda.
Questo è il loro ruolo.
Una stagione dopo l’altra.
Una replica dopo l’altra.
Sono una compagnia di varietà.
O meglio, lo erano. Adesso anche loro, tutti, compresi quelli che si credono o si fingono leader non sono che ballerini di fila.
Il copione e la coreografia vengono ormai completamente decisi altrove.
Il nostro ceto politico, sempre più insignificante e parassitario, continua a svolgere il suo compito d’intrattenitore, simulatore di democrazia, soltanto ballando a tempo e cantando in coro.
Finché servirà agli impresari.