di Paolo Lago
Zoe Whittall, Gente per bene, trad. it. di Alessandra Riccardi, Elleboro, Bologna, 2019, pp. 465, € 14,00.
Gente per bene, il recente romanzo della scrittrice canadese Zoe Whittal, uscito in lingua originale nel 2016 con il titolo Best Kind of People, possiede una indubbia capacità di creare immagini: una forza visiva che ci imprime nella memoria ogni vicenda narrata come se si trattasse dei fotogrammi di un film. Adesso possiamo leggerlo in italiano grazie alla bella traduzione di Alessandra Riccardi che crea, in alcuni momenti, una vivace mimesi di molte espressioni gergali, della lingua parlata, dei modi di dire utilizzati dagli adolescenti americani contemporanei. Siamo infatti a Avalon Hills, una ricca cittadina della provincia americana, quella stessa provincia che vediamo in molti film degli ultimi anni, con le villette a schiera e macchine costose parcheggiate nel vialetto sotto casa. La zona bene di Avalon Hills ha la particolarità di essere posizionata sulle rive di un lago ed è proprio qui che si trova anche l’elegante villa dei protagonisti: il professor George Woodbury, sua moglie Joan e sua figlia Sadie. George è un rispettato e rispettabile professore del liceo cittadino, appartenente alla più importante famiglia del paese, che anni prima ha addirittura sventato una sparatoria all’interno della sua scuola, salvando la figlia Sadie, a quel tempo una bambina che frequentava la quinta elementare, dalle attenzioni di un folle armato penetrato all’interno dell’istituto (situazione che, purtroppo, come sappiamo dai fatti di cronaca, negli Stati Uniti non è poi così rara).
A un certo momento, il ripetitivo meccanismo della vita quotidiana a Avalon Hills si inceppa: George viene improvvisamente accusato di violenza sessuale da alcune sue studentesse e viene arrestato e portato in carcere. Da quel momento, la vita della moglie Joan e della figlia adolescente Sadie – nonché del figlio Andrew, avvocato gay trentenne che vive a New York con il compagno Jared – cambia inesorabilmente. Se prima si trattava di una famiglia stimata e rispettata, da quando l’accusa infamante è ricaduta su George, gli altri abitanti del paese allontanano Joan e Sadie. La prima viene trattata freddamente ed emarginata sia dai colleghi di lavoro che dagli amici mentre la seconda, a scuola, viene allontanata da tutte le sue amiche e dai suoi compagni di classe. A questi episodi se ne alternano altri di violenza più manifesta: la loro casa è fatta bersaglio, di notte, del lancio di pietre e di uova marce mentre messaggi intimidatori arrivano via social e via telefonate anonime. È come se un magma oscuro e sotterraneo, finora addormentato, si fosse risvegliato all’improvviso. Un sostrato ctonio, notturno e inquietante, che trasforma i placidi cittadini di provincia in belve gonfie d’odio. Se il primo mostro generato dalla cittadina di provincia è stato George, accusato – non sapremo fino alla fine se giustamente o ingiustamente – di pedofilia e violenza sessuale da alcune sue studentesse durante una gita, la maggior parte dei suoi abitanti subisce una vera e propria metamorfosi. Sotto la cenere della tranquilla e rispettabile vita di provincia cova quindi un magma mostruoso e terribile, pronto a esplodere in qualsiasi momento come nella cittadina americana tratteggiata da David Lynch ne I segreti di Twin Peaks (Twin Peaks, 1990-91), sotto il cui tranquillo aspetto esteriore si nasconde un notturno, onirico e macabro inferno.
Il più sicuro punto di forza del romanzo di Zoe Whittall è quindi la capacità di mostrare come funzionano determinate dinamiche sociali: va tutto bene finché siamo simili o ‘uguali’, uniti e tenuti insieme dal filo del rispetto delle convenzioni sociali. Se la figura dell’altro è comunque presente all’interno di questa somiglianza, esso è pur sempre un ‘altro’ digerito e accettato, che si dispone all’interno della convenzionalità. Ma quando emerge l’Altro con l’iniziale maiuscola, il Diverso, il ‘mostro’ addirittura, allora bisogna essere compatti nell’espellerlo dalla comunità. Come afferma il filosofo coreano Byung-Chul Han, la contemporanea società dominata dall’universo fluido e levigato di internet, incastonata nella forma estetica del “mi piace” dei social, cerca in tutti i modi di espellere qualsiasi figura di alterità, di attaccarla, emarginarla e, alla fine, annientarla.
L’universo cittadino della provincia di Avalon Hills è fagocitato dai social, dal sistema di inclusione / esclusione che piattaforme come Twitter, Facebook o Instagram mettono in funzione ogni secondo. Il romanzo apre una finestra su queste dinamiche sociali, disegna uno spaccato di vita di provincia che è Avalon Hills ma potrebbe essere qualsiasi realtà ricca di un Occidente benestante sempre più ‘americanizzato’. Da questo universo levigato e perfetto, pronto ad annientare qualsiasi figura diversa da se stesso, vengono avvolte Joan e Sadie ma anche Andrew, che aveva scelto di allontanarsi dalla provincia e vivere a New York, la metropoli e l’anti-provincia per eccellenza. E allora la scrittrice è abile nel far emergere le difficoltà della vita di un giovane gay nella provincia puritana dell’America contemporanea: anche Andrew è un diverso, lo è sempre stato ad Avalon Hills e la ‘mostruosità’ di George sembra adesso ancora peggiore proprio in virtù del fatto di avere un figlio omosessuale. Sia Joan che Sadie, inoltre, sono due personaggi costruiti per mezzo di personalità complesse, costantemente attraversate da dubbi e angosce ma comunque sempre risolute, pronte ad affrontare da sole le enormi difficoltà che gli sono piombate addosso. La forza psicologica e morale di queste due figure di donne, madre e figlia, viene focalizzata attraverso un’ottica di genere ben delineata: l’autrice in quanto donna tiene a mostrarci, per mezzo di un’ottica femminile, come si sente una moglie, improvvisamente rimasta sola, nei momenti in cui il marito è stato arrestato con l’accusa di violenza sessuale. Le figure più complesse del romanzo, le vere protagoniste sono proprio Joan e Sadie: una “madre Courage” e sua figlia contemporaneamente deboli e forti, caratterizzate da una enorme resistenza morale.
Altre figure di contorno, ben delineate, come Jimmy, fidanzato adolescente di Sadie, sua madre Elaine (personaggi che, invece, saranno sempre vicini alla famiglia), Kevin, scrittore trentenne spiantato e nullafacente, cinico e pronto a speculare sull’affaire Woodbury con un nuovo romanzo ispirato alla sua vicenda, Jared, il compagno di Andrew, Clara, la disincantata sorella di Joan, non fanno altro che conferire vivacità e corposità alla storia. Possiamo quindi leggere Gente per bene non solo come un romanzo, come un’opera letteraria ma anche come una sorta di trattato antropologico srotolato in forma di narrazione, come una contemporanea Comedie humaine della società “liquida” del neocapitalismo avanzato. Tutti i personaggi sono dei tipi antropologici e sociali e tutti si portano dentro dei problemi irrisolti, delle turbe psicologiche che erano state sedate e addormentate dalla perfetta, tranquilla e apparentemente armoniosa vita di provincia. Tutti i problemi e le turbe, scatenate da un evento esterno come l’arresto di George con un’accusa infamante, esplodono e emergono allo scoperto muovendosi e scontrandosi come tante particelle impazzite. E allora si capisce che la società e le sue dinamiche tratteggiate nel libro sono le stesse che abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni, pronte ad essere squarciate da un improvviso e inaspettato terremoto che giunge da un sotterraneo magma, oscuro e notturno e ci vuole un attimo perché, anche a livello mediatico, vengano immediatamente creati nuovi ‘mostri’ da isolare, emarginare, colpevolizzare e distruggere.