di Sandro Moiso

Cobol Pongide, Marte oltre Marte. L’era del capitalismo multiplanetario, DeriveApprodi, Roma 2019, pp. 176, Euro 13,00

Qualche anno or sono, introducendo un più vasto discorso sull’Antropocene e l’accelerazione dell’influenza dell’azione umana sul clima e sull’ambiente a partire dal 1945, John R.Mc Neill e Peter Engelke, nel loro testo La Grande accelerazione (Einaudi 2018), hanno scritto : “Solo una persona vivente su dodici può vantare memorie precedenti al 1945. L’intera esperienza di quasi tutti gli individui che abitano il pianeta si è svolta in questo particolare momento storico, la Grande accelerazione, senz’altro il periodo più anomalo e meno rappresentativo dei rapporti tra la nostra specie e la biosfera in una storia lunga 200.000 anni. Ciò dovrebbe renderci tutti piuttosto scettici riguardo al fatto che le tendenze attuali siano destinate a durare a lungo.
La Grande accelerazione, almeno nelle sue modalità attuali, non può durare ancora a lungo: non ci sono abbastanza grandi fiumi su cui costruire dighe, non sono rimasti petrolio a sufficienza da bruciare, foreste da abbattere, pesci da pescare, falde acquifere da prosciugare. In verità, anzi, vedremo che vi sono numerosi segnali di rallentamento, e in alcuni casi di inversione, dovuti a cause diverse”.

Ecco allora che il testo appena pubblicato da DeriveApprodi dimostra invece proprio il contrario, ovvero come l’idra capitalistica non sia affatto intenzionata ad abbandonare il sistema basato sull’estrattivismo e lo sfruttamento dell’ambiente e delle specie che lo abitano su cui ha posto le sue fondamento fin dal XVIII secolo, se non prima.
Quindi se non dovessero bastare le risorse minerali del pianeta, in tale logica, occorrerà trovare il modo, o i modi, di sfruttare quelle presenti fuori da questo.

Vi ricordate l’astronave da trasporto Nostromo, su cui si svolgono le vicende del primo Alien? 1 Le vicende di quell’autentico astro-cargo destinato a portare minerali preziosi estratti su pianeti lontani e che vedrà il proprio, conflittuale equipaggio distrutto da un carico inaspettato e indesiderato, possono servire come punto di partenza per le considerazioni svolta dall’autore nelle pagine di Marte oltre Marte.

Perché Cobol Pongide (musicista, scienziato e ufociclista come egli stesso si definisce) esprime l’urgenza di descrivere concretamente un nuovo ciclo del modo di produzione e di accumulazione capitalistica, quello “multiplanetario”. Un’urgenza che deriva dalla necessità di delineare scenari di espansione del tutto nuovi, destinati, nell’intento dei suoi promotori, a rompere quella contraddizione esistente tra un capitalismo potenzialmente illimitato nelle sue possibilità teoriche di espansione, ma finito all’interno dei limiti dello sferoide su cui fino ad ora si è appoggiato.

Non a caso il numero di privati interessati alla ricerca tecnologica e scientifica legata all’esplorazione spaziale si è notevolmente ingrandito a partire dagli anni 2000. Il recente annuncio di Elon Musk sull’avanzamento nella progettazione e realizzazione di un nuovo potentissimo razzo destinato a portare gli uomini sulla Luna e su Marte (qui) sembra far parte di questo allargamento della base di coloro che sono interessati e coinvolti nel progetto di espansione multiplanetaria del modo di produzione dominante, per ora, sul solo nostro pianeta.

E, non a caso, sempre il solito Musk ha sostenuto l’utilità di un bombardamento nucleare del pianeta rosso ai fini di una sua terraformazione e adattamento per una futura colonizzazione terrestre (qui). L’imprenditore americano, spesso definito come “visionario”, sembra infatti essere la punta di diamante di una ricerca di espansione degli investimenti destinati alla rivitalizzazione di un capitalismo, esattamente come le aziende dello stesso Musk, oggi piuttosto asfittico, almeno in Occidente.

Non dovrebbe sfuggire ai lettori più attenti che tutto il dibattito è stato particolarmente diffuso dai media proprio a partire dal cinquantenario dello sbarco sulla Luna avvenuto nell’agosto del 1969.
Intessendo, ancora una volta, una sorta di mantra in favore del progresso e delle magnifiche sorti dell’attuale società divisa in classi, in cui il futuro della maggioranza della specie sembra essere, però, più quello disegnato dal film Elysium di Neill Blomkamp (2013) che quello delineato dalle grandi saghe di colonizzazione spaziale ideate da Isaac Asimov e dalla hard science fiction, così tanto innamorata dei dettagli tecnici e scientifici.

Un dibattito che, a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta, sia negli Stati Uniti che in Russia accompagnò non soltanto una gara spaziale, che in realtà in quel periodo non si allontanò mai più di tanto dall’orbita terrestre, ma anche una competizione economica, tecnologica e militare di non secondaria importanza per le due, allora, superpotenze. Contribuendo ad intessere e arricchire per i primi la promessa della Nuova Frontiera di kennedyana memoria, e quella dell’Uomo Nuovo sovietico per la seconda.

Una frontiera che per diversi anni, a sua volta, non si allontanò molto dall’idea di Jules Verne contenuta nel romanzo Dalla Terra alla Luna del 1865, in cui l’autore prospettava una durata di 97 ore e 20 minuti del viaggio per raggiungere il satellite terrestre per mezzo di un proiettile, con equipaggio, sparato da un gigantesco cannone. Al di là del fatto che Verne avesse sbagliato di poco i tempi di viaggio, abbreviandoli di circa sei ore2 , la tecnica e la meccanica dell’impresa non si erano differenziate molto da quella ideata dallo stesso scrittore francese. Un viaggio in cui l’attrazione gravitazionale dei due corpi (Terra e Luna) ebbe molta più importanza della potenza dei mezzi impiegati.

Come infatti dichiarò Chuck Yeager, il pilota collaudatore americano che nel 1947 con un aereo Bell X-1 aveva superato per la prima volta il muro del suono e che il 12 dicembre 1953 raggiunse Mach 2.44 con un apparecchio X-14, allo scrittore Tom Wolfe per la stesura del libro La stoffa giusta (1979)3 , “un vero pilota come lui non avrebbe mai accettato di farsi sparare nello spazio come un qualsiasi uomo-proiettile da circo”.
Motivando così il suo rifiuto di aderire a quel programma, per il quale pure era stato contattato.

Anche la recente esaltazione italica per la permanenza nello spazio di Samantha “Astro” Cristoforetti, e per l’attuale incarico come comandante della stazione spaziale Iss dato a Luca Parmitano, omette di ricordare che la distanza tra la stazione spaziale orbitante e la Terra è inferiore a 400 chilometri, ovvero la distanza che separa Torino da Venezia, elemento che fa sì che la stazione Iss si trovi ancora tutta all’interno dell’ultimo strato dell’atmosfera terrestre, ovvero l’esosfera che è compresa tra i 200 e i 2500km di altezza.

Il testo di Cobol Pongide, dopo una sintetica definizione del problema contenuta nell’introduzione, si articola in tre capitoli.
Nel primo prende in esame le tre ere della espansione spaziale del capitalismo, delineandone una sintetica storia: quella che va dalla “Machine Age” al 1975, la successiva dal 1981 al 1997 e, infine, quella dal 1997 ad oggi ed oltre (come recita il suo titolo). In quest’ultima parte del primo capitolo si rivelano particolarmente interessanti quelle dedicate alla biologia cosmica e a quelli che l’autore chiama “cadetti spaziali” ovvero la forza lavoro ingegneristica e tecnico-scientifica necessaria allo sviluppo dei progetti spaziali. Forza lavoro intellettuale e non che, nonostante un vasto sforzo propagandistico portato avanti anche dalle agenzie di formazione governative e private, vede ancora una gran parte degli addetti avere un’età media di 40-45 anni, ormai troppo alta per garantire una reale continuità di saperi e pratiche atte alla realizzazione dei progetti collegati ai piani di espansione nell’outer space.

Il secondo capitolo si occupa invece dei problemi e delle prospettive legate alle necessità di terraformazione necessarie per l’adattamento degli uomini ai nuovi “territori” da sfruttare e al cosiddetto transumanesimo.
Mentre il terzo si dedica ai problemi dell’esopolitica necessaria al controllo e allo sfruttamento dei nuovi “territori” destinati allo sfruttamento.

Proprio leggendo le interessanti pagine, le riflessioni e i dati riportati dal testo diventa però chiaro come tutti questi progetti siano destinati a schiantarsi a causa dei limiti del capitalismo stesso.
Una sorta di drammatica space opera che Marx, quando aveva rilevato i limiti all’espansione del modo di produzione capitalistico nel capitalismo stesso, aveva ampiamente anticipato.
Faccio solo un esempio: il capitalismo, estrattivista per sua intrinseca natura, dispone oggi di propellenti, liquidi e solidi, ancora arcaici ed inadatti per una spinta adatta a superare, non con piccole sonde, ma con navi spaziali piuttosto grandi le immense distanza che ancora separano le multinazionali terrestri dai loro obiettivi extra- terrestri. Come rileva infatti un articolo di Sarah Scoles, pubblicato sul numero di ottobre della rivista “Le Scienze”4 , i razzi di oggi non ci permetteranno di arrivare fino alle stelle e, proprio per questo assodato motivo, alcuni ricercatori stanno lavorando, affidandosi non ai prodotti fossili e chimici ma alle scoperte alla frontiera della fisica, per portare gli uomini lassù.
Una contraddizione enorme quella prodotta da una tecnologia che nel fossile e nella chimica, per motivi di profitto, affonda le sue radici e una possibile probabilmente solo a patto che la scienza non sia più controllata da investitori che alle prime sono collegati (anche nelle loro aspirazioni galattiche).

Un altro esempio di limite è dato proprio dai problemi biologici e fisiologici causati negli esseri umani da una lunga permanenza nello spazio, problemi già segnalati dalla letteratura scientifica degli anni ’50 e oggi ancora largamente irrisolti.5
Pertanto tutto tenderebbe a confermare che l’attuale attenzione allo sviluppo capitalistico extra-terrestre non sia che un altro tentativo, come quello degli anni ’50 e ’60, di sviluppare nuove tecnologie e pratiche militari adatte ad essere applicate in maniera profittevole e duratura ancora una volta su questa vecchia esosfera che abitiamo da centinaia di migliaia di anni.

Pratiche di sfruttamento e di controllo di territori ricchi di materie prime importanti che potrebbero rivelarsi particolarmente utili nei conflitti, non solo politici, che la progressiva riduzione dei ghiacciai artici e antartici sta già portando alla ribalta e che vede impegnate, per il controllo dei giacimenti artici, fin da ora cinque nazioni: Stati Uniti, Russia, Canada, Danimarca e Norvegia. Cinque paesi che rivendicano, grazie alla loro posizione geografica, una sorta di monopolio delle riserve di materie prime che gli oceani di quelle regioni, in cui già sono cominciati rilevamenti e trivellazioni, ancora nascondono.6

Insomma il gran parlare di conquista dello spazio e del suo sfruttamento, fatto dalle grandi agenzie di ricerca tecnico-scientifica e finanziaria, forse ancora una volta, come già anticipò in alcuni suoi scritti Amadeo Bordiga, servono a rilanciare l’immagine molto terrena di un capitalismo vivo e vegeto, sostanzialmente indistruttibile ed illimitato nelle sue possibilità di soddisfare i bisogni della specie. Soprattutto dopo averli creati e irrorati con enormi sforzi propagandistici.
Ricordiamoci dunque sempre e comunque che: “I racconti-balle preferiscono operare stando a terra”.7

La lettura di Marte oltre Marte può rivelarsi pertanto molto utile per leggere la materialità terrestre dei fatti e dei progetti, che l’autore esplora comunque con una vena critica oggi assolutamente necessaria, per separare, come si diceva un tempo, il grano dalla pula ovvero le possibilità concrete che la scienza e la tecnica potrebbero offrire nel mettersi oggi al servizio dell’umanità e dell’ambiente dall’uso che intendono invece farne il capitale e suoi scherani. Una sorta di grande opera inutile e dannosa come sempre, anche se spaziale.


  1. Ridley Scott, Alien, 1979  

  2. In effetti la capsula dell’Apollo 11 era stata lanciata da Cape Kennedy il 16 luglio alle ore 13:32, per mezzo di un razzo Saturn V, ed era allunata il 20 luglio alle ore 20:17:40, mentre gli astronauti Neil Armstrong e Buzz Aldrin erano scesi sulla supperficie lunare sei ore dopo, il 21 luglio alle ore 02:56.  

  3. Il testo di Wolfe narra la storia del programma spaziale americano attraverso le interviste a piloti, astronauti e tecnici in esso coinvolti. Dal libro il regista Philip Kaufman, nel , 1983, trasse il film The Right Stuff (noto in Italia come Uomini veri)  

  4. Sarah Scoles, Idee pazzesche in senso buono, Le Scienze n°614, Ottobre 2019, pp. 72-79  

  5. Si veda, solo come esempio, V.I. Levantoski, Dagli sputnik al pianeta artificiale, Editori Riuniti 1959  

  6. Si vedano in proposito: Mark Fischetti, Condividere o conquistare e Kathrin Stephen, Uno scontro inevitabile? Entrambi gli articoli sono contenuti nel dossier Ambizioni Artiche, Le Scienze n° 614, cit. pp. 44-63  

  7. A. Bordiga, Selene incocciata e scocciata?, Il programma comunista n° 17 del 1959. Tra il 1957 e il 1967 Amadeo Bordiga scrisse per il giornale “Il programma comunista” una cinquantina di articoli critici nei confronti di quella che allora, in tale contesto, era definita “questione spaziale”. Articoli nei quali l’autore sollevò serissimi dubbi anche solo sul fatto che gli esseri umani potessero, con le tecnologie messe a disposizione dal capitalismo dell’epoca, giungere a toccare il suolo lunare.