damasio.jpgdamasiocover.jpgMentre un oscuro ricercatore di Formosa, tale dottor Go, pare avere segnato un decisivo punto a favore per la vittoria definitiva della fisica quantistica come modello ultimativo, cresce, alle avanguardie del nuovo umanesimo, la centratura sull’oggetto-coscienza, quale realtà fondamentale investigata da neuroscienza, teoria fisica, filosofia e neopsichiatria. Non è un campo semplice, anche se qui vorrei proporre un riassunto semplice semplice. Anzitutto: stiamo lontani dai funzionamenti materiali dell’oggetto-cervello. La coscienza non è il cervello, anche se ne è prodotta secondo alcuni e secondo altri ne è il riflesso fisico. Qui parliamo di coscienza, senso di sé, esperienza di veglia di sogno e di sonno senza sogni, di emozioni, di percezioni. Sono realtà basilari, effettive, concrete per ognuno di noi. Così, pensando concretamente a quando diciamo ‘io’ o sentiamo un’emozione, bisogna leggere la splendida scheda che segue: è opera della ricercatrice Elisa Castagno e verte su un testo fondamentale di Antonio Damasio [nella foto], The Feeling Of What Happens.

Il modello di Damasio
Scheda sul volume The Feeling of What Happens di Antonio Damasio
a cura di Elisa Castagno

Questa sintesi ripercorrerà le tappe del libro di Damasio cercando di ricondurre il modello a tre argomenti principali:

1. Le circostanze biologiche che permettono la conoscenza della coscienza (consciousness), la transizione dall’innocenza (innocence) e dall’ignoranza alla conoscenza e al senso di sé quindi una teoria della coscienza di Damasio

2. Il senso del sé (sense of the self)

3. La teoria delle emozioni e dei sentimenti

I primi due punti tenteranno di riassumere i concetti espressi nel libro per arrivare alla definizione del terzo punto: la teoria delle emozioni.

1. Damasio definisce preliminarmente il problema della coscienza dal punto di vista della neurologia come combinazione di due problemi connessi l’un l’altro

· il primo è il problema di capire come il cervello all’interno dell’organismo umano crea gli schemi (patterns) mentali chiamati immagini[1] (images) di un oggetto[2]. Risolvere questo problema implica l’occuparsi della questione filosofica dei qualia. [3]

· Il secondo si riferisce a come, parallelamente alla costruzione degli schemi mentali di un oggetto, il cervello costruisca anche un senso del sé nell’atto di conoscere. Risolvere questo secondo problema della conoscenza consiste nello scoprire il substrato (underpinnings) biologico di quella capacità umana di costruire anche gli schemi mentali che portano con sé gli oggetti, il senso di un sé nell’atto di conoscere.

Damasio sicuramente in questo brano si concentra maggiormente sulla spiegazione di come il senso del self nell’atto di conoscere un oggetto compaia nella mente lasciando in secondo piano il problema dei qualia. Essendo consapevole di questa scelta Damasio stesso spiega che avere un senso del self non è solo richiesto per conoscere in senso stretto, ma può anche influenzare il processare una qualunque cosa da conoscere. In altre parole, occupandosi del problema del self, si occupa anche del problema dei qualia con riferimento alla rappresentazione dell’organismo che ha coscienza.

La coscienza comincia come il sentimento di quello che succede (the feeling of what happens) quando vediamo sentiamo o tocchiamo quindi il sentimento che accompagna la fabbricazione delle relative immagini all’interno del nostro organismo. La forma più semplice in cui questa conoscenza senza parole emerge mentalmente è il sentimento di sapere (the feeling of knowing) – il sentimento di quello che capita quando un organismo è impegnato a processare un oggetto – ed è solo più tardi che possono cominciare a verificarsi inferenze e interpretazioni intorno al sentimento di sapere.

Le idee centrali del libro riguardo la coscienza, rispondenti peraltro a precisi risultati di osservazioni neurologiche e di esperimenti neuropsicologici sono:

a) Alcuni aspetti dei processi di coscienza possono essere messi in connessione con l’operatività di specifiche regioni e sistemi cerebrali, aprendo così la porta alla scoperta dell’architettura neurale che fa da supporto alla coscienza. Le regioni e sistemi in questione si raggruppano in una parte limitata dei territori cerebrali e quindi, come per funzioni quali la memoria ed il linguaggio, ci sarà un’anatomia della coscienza.

b) La coscienza e lo stato di veglia, così come la coscienza e l’attenzione di basso livello, possano essere separate.

c) Invece coscienza e emozione non sono separabili: quando la coscienza è lesa, altrettanto lo è l’emozione.

d) La coscienza non è monolitica, perlomeno negli esseri umani, ma che può essere separata in due tipi, semplice e complessa, Core consciousness[4] e extended consciousness[5]. Quando consideriamo la coscienza pensiamo all’extended consciousness ai suoi livelli più alti, costruita sui fondamenti della core consciousness. Ai due tipi di coscienza corrispondono due tipi di self: core self e autobiographic self

e) La coscienza è semplicemente spiegata in termini di altre funzioni cognitive, come il linguaggio, la memoria, la ragione, l’attenzione e la memoria di lavoro. Mentre queste funzioni sono davvero necessarie perché la parte più elevata dell’extended consciousness possa operare normalmente, lo studio dei pazienti neurologici suggerisce che esse non sono peraltro richieste per la core consciousness. In conseguenza di questo, una teoria della coscienza dovrebbe essere non solo una teoria di come la memoria, la ragione e il linguaggio aiutano a costruire, dall’alto al basso, un’interpretazione di quello che succede nel cervello e nella mente (certo, la memoria, le inferenze intelligenti e il linguaggio sono fondamentali per la generazione di quello che chiamo l’autobiographical self e il processo di extended consciousness) ma dovrebbe dar conto anche del fenomeno più semplice e di base che si verifica in prossimità della rappresentazione inconscia dell’organismo interessato.

La coscienza quindi è il rito di passaggio che consente ad un organismo – provvisto della capacità di regolare il suo metabolismo, di riflessi innati e della forma di apprendimento nota come condizionamento – di diventare un organismo con una mente (minded), cioè un tipo di organismo in cui le risposte sono modellate da una preoccupazione e cura (concern) mentale per la vita stessa dell’organismo

2. La coscienza è stata espressa nel modello di Damasio come costruzione della conoscenza su due fatti: che l’organismo è impegnato nella relazione con un qualche oggetto e che l’oggetto della relazione causa un mutamento nell’organismo.

Così il problema di capire la biologia della coscienza diventa la questione di scoprire come il cervello può mappare sia i personaggi sia le relazioni che essi intrattengono.

Nel gioco relazionale della coscienza, l’oggetto si mostra in forma di schemi neurali nelle aree corticali sensoriali appropriate a mappare le sue caratteristiche. Dal punto di vista dall’organismo, però, le cose sono alquanto differenti. Infatti esiste una strana asimmetria in cui alcune parti del cervello sono libere di girovagare per il mondo e, così facendo, sono libere di mappare qualunque oggetto la determinazione dell’organismo consenta loro di mappare, d’altro canto altre parti del cervello, quelle che rappresentano lo stato proprio dell’organismo, non sono per niente libere di girovagare, sono bloccate, non possono mappare null’altro che il corpo e lo possono fare solo all’interno di mappe largamente predeterminate.

Questo evento, principio omeostatico del corpo, è governato dal cervello con un macchinario neurale in grado di accorgersi delle variazioni chimiche del corpo e decidere azioni votate al sopravvivenza dell’organismo stesso: questa è una nuova conoscenza che viene creata man mano che degli oggetti presenti o rievocati interagiscono con l’organismo e ne causano un cambiamento. Quindi la forma più semplice di questa conoscenza è il sentimento di sapere.

Le radici profonde del self, compreso il self elaborato che implica l’identità e la personazione (personhood, il costituirsi e modellarsi della personalità), vanno ricercate nell’insieme degli strumenti (devices) cerebrali che continuamente e inconsciamente mantengono lo stato corporeo all’interno di quella ristretta gamma e di quella relativa stabilità che sono necessarie per la sopravvivenza. Questi strumenti rappresentano continuamente, inconsciamente, lo stato del corpo vivente in tutte le sue molte dimensioni. Damasio chiama lo stato di attività all’interno dell’insieme di questi strumenti proto-self, il precursore inconscio dei livelli di self che compaiono nella nostra mente come protagonisti consci della coscienza: il core self [6] e l’ autobiographical self[7].

L’autobiographical self (self autobiografico) è legata all’idea di identità e corrisponde a una collezione non provvisoria di fatti unici e di modi di essere che caratterizzano una persona. L’autobiographical self dipende da ricordi (memories) sistematizzati di situazioni in cui la core consciousness era impegnata nel conoscere le caratteristiche più invarianti della vita di un organismo: da chi si sia nati, dove, quando, che cosa ci piaccia e che cosa non ci piaccia, il modo in cui per solito reagiamo a un problema o a un conflitto, il nostro nome e così via.

L’identità e la personazione, le due nozioni che vengono per prime in mente quando pensiamo alla parola sé, richiedono una memoria autobiografica (autobiographical memory)[8] e la sua attualizzazione nell’autobiographical self. Il deposito delle registrazione nella memoria autobiografica contiene i ricordi che costituiscono l’identità insieme con i ricordi che ci aiutano a definire la nostra personazione.

3. Damasio applica una distinzione tra ‘sentire’ e ‘sapere di avere un sentimento’ (feeling versus knowing that we have a feeling); questo dipende dal fatto che lo stato di sentire non implica che l’organismo che sente sia pienamente cosciente dell’emozione e del sentimento che si stanno dispiegando. Damasio sostiene che un organismo possa rappresentare in schemi neurali e mentali quello stato che gli individui consci chiamano sentimento, senza neppure sapere che quel sentimento sta avendo luogo. Questa separazione è difficile da vedere, non solo per via del tradizionale significato delle parole, ma anche perché tendiamo ad essere consci dei nostri sentimenti. Non vi è peraltro alcuna prova che noi si sia consci di tutti i nostri sentimenti, ed anzi molte cose suggeriscono che non lo siamo affatto.

È per studiare questi fenomeni, che propongo quindi di separare tre stadi di questo processo:

· lo stato dell’emozione, scatenato ed eseguito in modo non conscio;

· lo stato del sentimento, che può essere rappresentato in modo non conscio;

· lo stato del sentimento reso conscio, cioè noto all’organismo cha ha sia l’emozione sia il sentimento.

Mantenendo netta la distinzione tra emozione (una collezione di risposte, molte delle quali sono osservabili pubblicamente) e sentimento (l’esperienza mentale privata di un’emozione), si può affermare che:

· non si può osservare un sentimento in nessun’altro, ma si può osservare un sentimento in se stessi quando, in quanto esseri coscienti, si percepiscono i propri stati emozionali;

· alcuni aspetti delle emozioni che danno origine ai sentimenti sono chiaramente osservabili;

· i meccanismi di base che sottostanno l’emozione non richiedono la coscienza: lo stesso verificarsi di un sentimento nella limitata finestra di tempo del qui-e-adesso è concepibile senza che l’organismo in realtà ne conosca l’accadere;

· non siamo necessariamente consci di che cosa induca un’emozione e non possiamo controllare un’emozione con la volontà: in altre parole, possono verificarsi rappresentazioni – dell’esterno e dell’interno – al di sotto della consapevolezza e nondimeno esse possono creare risposte emotive;

· possiamo in parte controllare se permettere ad un’immagine capace di scatenare emozioni di restare o meno come obiettivo dei nostri pensieri; possiamo inoltre controllare in parte l’espressione delle nostre emozioni: alcuni di noi diventano abbastanza bravi nel prevenire l’espressione di un’emozione, ma, in sostanza, quello che riusciamo a conseguire è solo la capacità di dissimulare alcune delle loro manifestazioni esterne, senza mai diventare capaci di bloccare i mutamenti automatici che avvengono nelle viscere e nel nostro ambiente interno;

· lo scatenamento dell’emozione è completamente non conscio, il che spiega, tra l’altro, perché le emozioni sono così difficili da imitare consciamente (sono eseguite da strutture cerebrali profonde, sulle quali non è possibile esercitare alcun controllo volontario).

Le emozioni (tradizionalmente distinte in primarie, secondarie e di sottofondo) condividono tutte un insieme di fatti biologici:

· sono collezioni complesse di risposte chimiche e neurali che formano degli schemi; hanno un qualche ruolo di regolazione da svolgere e portano tutte, in un modo o nell’altro, alla creazione di circostanze vantaggiose per l’individuo che le sperimenta, mediante la produzione di una specifica reazione alla situazione causativa e regolando lo stato interno dell’organismo per predisporlo a quella specifica reazione; le emozioni vanno pertanto considerate come un componente di livello abbastanza alto nell’ambito dei meccanismi di regolazione vitale;

· sono processi biologicamente determinati, in dipendenza da strumenti cerebrali precostituiti in modo innato sulla base di una lunga storia evolutiva;

· gli strumenti cerebrali che producono le emozioni occupano una piccola area delle regioni subcorticali, nell’ambito delle strutture deputate alla regolazione ed alla rappresentazione degli stati corporei;

· tutti questi strumenti entrano in azione in modo automatico, senza alcuna deliberazione conscia, ed operano in modo fondamentalmente stereotipo;

· le emozioni usano il corpo come loro teatro, ma influenzano anche il modo di operare di numerosi circuiti cerebrali, alterando profondamente sia il panorama corporeo sia quello cerebrale; la collezione di questi cambiamenti costituisce il substrato degli schemi neurali che possono diventare sentimenti;

· tutti gli oggetti tendono ad acquisire un qualche attaccamento emotivo, alcuni più rapidamente di altri: c’è una certa corrispondenza tra certi tipi di stimoli e certe classi di emozioni.

Sappiamo quindi di avere un’emozione quando si crea nella nostra mente il senso di un self che sente (feeling self); ma sappiamo di sentire un’emozione solo quando sentiamo che l’emozione è sentita come qualcosa che capita all’interno del nostro organismo. Questo senso di qualcosa che capita all’interno dell’organismo viene dal fatto di rappresentare il proto-self e dalle sue variazioni nelle strutture di second’ordine. Il senso dell’emozione come oggetto viene dal fatto di rappresentare nelle strutture che sottendono alle rappresentazioni di second’ordine lo schema di attività nei siti di induzione dell’emozione. Alla stregua di quello che succede per gli altri tipi di oggetto Damasio propone che:

· il proto-self iniziale è rappresentato a livello di second’ordine;

· l’oggetto che sta per cambiare il proto-self (lo schema di attività neurale nei siti induttori di emozione) è rappresentato a livello di second’ordine;

· i cambiamenti che conseguono nel proto-self sono anch’essi rappresentati a livello di second’ordine.

Sentire un’emozione è una cosa semplice: consiste nell’avere immagini mentali che nascono dagli schemi neurali che rappresentano le variazioni nel corpo e nel cervello che costituiscono un’emozione. Ma sapere che abbiamo quel sentimento, sentire quel sentimento (feeling that feeling), si verifica solo dopo aver costruito le rappresentazioni di second’ordine necessarie alla core consciousness.

La collezione di schemi neurali che costituiscono il substrato di un sentimento origina in due classi di variazioni biologiche:

1. variazioni riferite allo stato corporeo, ottenute attraverso due meccanismi:

· body loop: il panorama corporeo muta e viene poi rappresentato nelle strutture somatosensoriali del sistema nervoso centrale;

· as if body loop: la rappresentazione dei mutamenti corporei viene direttamente creata nelle mappe sensorie somatiche, per effetto dell’azione di altre aree cerebrali, senza che sia intervenuta alcuna reale modificazione corporea (simulazione interna)

2. variazioni riferite allo stato cognitivo, per opera della secrezione di specifiche sostanze chimiche che inducono significative alterazioni della funzione cerebrale, quali l’induzione di particolari comportamenti (legame, gioco, ecc.), una variazione nella modalità in atto nel processare gli stati somatici (filtri, inibizioni, ecc.), una variazione della modalità del processo cognitivo (una variazione del ritmo di produzione delle immagini, ecc.). Queste tre modalità sarebbero presenti in varie specie non-umane, ma solo negli esseri umani la terza potrebbe essere conscia.

In sintesi:

1-L’organismo viene coinvolto da un induttore di emozione, conscio o no, riconosciuto o no;

2-I segnali conseguenti all’elaborazione (processing) dell’immagine dell’oggetto attivano i siti neurali che sono predisposti a rispondere alla particolare classe di induttori di emozione cui appartiene l’oggetto;

3-Questi siti (emotion-induction sites) scatenano un certo numero di risposte nel corpo ed in altri siti cerebrali e scatenano la gamma completa di risposte corporee e cerebrali che costituiscono l’emozione;

4-Le mappe neurali di prim’ordine delle regioni corticali e sottocorticali rappresentano le variazioni dello stato corporeo, (create attraverso la body loop o la as if body loop): emergono i sentimenti;

5-Lo schema di attività neurale degli emotion-induction sites viene mappato nelle strutture neurali di second’ordine; a causa di questi eventi viene alterato il proto-self; anche le variazioni del proto-self vengono mappate nelle strutture neurali di second’ordine; un resoconto di questi eventi viene in tal modo organizzato nelle strutture di second’ordine.

Glossario
[1] Per immagine s’intende uno schema mentale in una qualunque delle nostre modalità sensoriali, per esempio l’immagine di un suono, un’immagine tattile, l’immagine di uno stato di benessere: queste immagini portano con sé aspetti delle caratteristiche fisiche dell’oggetto e possono anche portare con sé la reazione di piacere o di dispiacere che abbiamo per l’oggetto, i progetti che possiamo formulare su di esso o la rete di relazioni di quell’oggetto nell’ambito di altri oggetti.
[2] Per oggetto s’intende entità tra loro assai diverse come una persona, un luogo, una melodia, un mal di denti, uno stato paradisiaco
[3] I qualia sono le qualità sensoriali semplici che si trovano nel blu del cielo oppure nel tono di un suono prodotto da un violoncello e i componenti fondamentali delle immagini nella metafora del film sono pertanto fatti di qualia
[4] Core consciousness (coscienza nucleare, nel senso di nucleo della coscienza), offre all’organismo un senso del self rispetto ad un determinato momento (ora) e ad un determinato luogo (qui). L’ambito della core consciousness è il qui e ora; la core consciousness non illumina il futuro ed il solo passato che ci lascia vagamente intravedere è quello che si è verificato proprio un momento fa; non c’è un altrove, non c’è un prima, non c’è un dopo.
[5] Extended consciousness (coscienza estesa), il tipo complesso di coscienza.
[6] Core self (self nucleare, nucleo del self) è il senso di sé che emerge nella core consciousness, un’entità provvisoria, che viene incessantemente ricreata per ogni specifico oggetto con cui il cervello interagisce.
[7] L’autobiographical self è un processo di attivazione e di visualizzazione coordinata di ricordi personali basato su una rete a più siti: le immagini che rappresentano questi ricordi esplicitamente sono mostrate in molte aree corticali antiche e sono poi mantenute nel tempo dalla memoria di lavoro; esse sono trattate come un qualunque altro oggetto e diventano note al semplice core self generando i loro propri impulsi (pulses) di core consciousness.
[8] Memoria autobiografica (autobiographical memory) per denotare la registrazione organizzata degli aspetti principali della biografia di un organismo.

dai materiali on line della Scuola di Specializzazione Clinica dell’Università di Torino