di Sandro Moiso
Nel silenzio dei media e nell’indifferenza di un pubblico che non lo ricordava più, il 14 maggio di quest’anno se n’è andato l’ultimo cowboy della Bay Area.
Ci si accorge di diventare vecchi quando ormai si va troppo spesso ai funerali oppure si celebrano, ancor più spesso, eroi che più nessuno ricorda. E negli ultimi mesi ho davvero iniziato a sentire il peso delle scomparsa di amici, che senza avermi mai conosciuto, hanno avuto lo stesso una grande importanza per me.
In quest’ultimo periodo, infatti, diversi protagonisti di una scena musicale troppo spesso archiviata o sconosciuta per i più giovani hanno lasciato definitivamente il palcoscenico terrestre, per avviarsi a continuare la loro carriera fatta di blues, rock’n’roll, country music, sangue, anima e talvolta voodoo dall’altra parte del sipario sottile che divide il mondo dei vivi da quello dei morti.
Rocky Erickson (di cui ho parlato recentemente qui), Malcom John “Mac” Rebennack meglio conosciuto come Doctor John (il principe bianco di New Orleans), o ancora come The Night Ripper oppure come Dr. John Creaux, e per finire Mike Wilhelm.
Tutti musicisti che hanno legato così strettamente la loro vita alla musica che amavano da diventare un tutt’uno con la stessa.
Mike Wilhelm sicuramente è rimasto il meno conosciuto del trio appena menzionato, anche se è stato uno dei musicisti più influenti della scena di San Francisco prima dell’esplodere della Summer of love nel 1967, prima ancora che l’acid rock fosse anche solo lontanamente definito così.
Cantante, chitarrista, folk-singer, l’autore col cappello da cowboy con cui è stato colto in tante immagini e fotografie, aveva fondato il gruppo dei Charlatans nel 1964, insieme a Richard Olsen, Dan Hicks, Byron Ferguson e George L.L. Hunter. Ma al giorno d’oggi anche su Allmusic, la bibbia dei discofili, in apertura della loro scheda si ricorda che tale gruppo non va confuso con l’omonimo gruppo inglese degli anni degli anni Novanta. Eppure, eppure…
Mike Wilhelm era, secondo Jerry Garcia, il più importante chitarrista della scena di Frisco, prima ancora che esplodessero sulla stessa gruppi come Grateful Dead, Jefferson Airplane e Quicksilver Messenger Service, tutti caratterizzati da un innovativo e originale uso delle chitarre elettriche, e il gruppo dei Charlatans può essere considerato autenticamente seminale (un aggettivo di cui oggi troppo facilmente si abusa) per tutto lo sviluppo dell’esperienza acido-psichedelica legata ad Haight Ashbury che ne conseguì.
Nati inizialmente come una jug-band, a metà strada tra old time music e blues, i cinque musicisti virarono quasi subito, grazie soprattutto alla voce e alla chitarra di Mike, verso una musica tinteggiata di blues acido e di folksongs elettriche che solo i Byrds avrebbero, in seguito, imparato a confezionare meglio.
Brani come “Alabama Bound” (un blues tradizionale) e “Codine” (della cantautrice canadese, di origine Cree, Buffy Saint-Marie ), marcarono da subito lo stile della band e del chitarrismo e della voce di Wilhelm.
I loro demo, incisi per Autumn Records (agosto 1965), Kama Sutra (primi mesi del 1966), Golden State (novembre 1966 – luglio 1967), Pacific High (inizio 1968) rimasero però chiusi nei cassetti dei vari studi discografici troppo a lungo. Vuoi a causa della mancanza di produttori abbastanza abili da riconoscerne la grandezza e originalità, vuoi forse anche per il caratteraccio di alcuni membri della band. Poco propensi a legare facilmente con il flower power o con l’impresario teatrale e musicale Bill Graham che, con il suo Fillmore West, era diventato uno dei patrocinatori del movimento musicale e culturale scaturito a Frisco.
Così il loro primo long playing fu pubblicato soltanto nel 1969, per l’etichetta Kama Sutra, non certo la più prestigiosa per la scena psichedelica, essendosi affermata con la bubble-gum music dei 1910 Fruitgum Co. (resi celebri nel 1968 da Simon Says alias Il ballo di Simone in Italia), quando questa era già dominata da altre band giunte dopo, ma ormai più celebri, e dopo svariati cambi di formazione che avevano in parte diminuito la carica creativa dei primi anni.
Si sciolsero in quello stesso anno i componenti della posse originale e Mike diede vita ad un’altra band dalla vita breve e sfortunata, formatasi all’inizio degli anni Settanta e fortemente influenzata dal rock blues dei Rolling Stones: i Loose Gravel.
Insieme a Mike Wilhel, ancora una volta alla chitarra e voce, militarono Kenny Streight al basso elettrico e Gene Rymer alle percussioni. Ancora una volta ci fu il tempo di incidere un solo 45 giri e un EP prima di tornare al silenzio, non prima però di aver visto ancora una volta Mike mostrare significativamente il dito medio al suo eterno “avversario” Bill Graham, proprio in occasione della realizzazione del film sul Fillmore West da cui a l’imprenditore aveva voluto ancora escludere Wilhelm e la sua band. Comunque sia, e tanto per rendere meglio l’idea, l’individuo barbuto, armato e a cavallo di una motocicletta che vedete sulla copertina riprodotta qui sopra è ancora una volta il nostro, tutt’altro che pacifico, eroe.
Poche registrazioni ci rimangono di tutte e due le esperienze: il disco originale dei Charlatans del 1969, una ricca antologia delle registrazioni precedenti pubblicata dalla Big Beat soltanto nel 1996 (The Amazing Charlatans), un bootleg straordinario di un concerto dal vivo sempre del primo gruppo (Charlatans , The Roaring Twenties) per la fantomatica etichetta Honky Tonk Records, ancora un album antologico degli stessi pubblicato dalla etichetta francese Eva negli anni Ottanta (Alabama Bound) e, infine, un cd antologico della Bucketfull of Brain, pubblicato nel 1992, che raccoglie le incisioni in studio (del 1975) e un concerto (del 1976) dei Loose Gravel. Un’eredità ridottissima ma densa di blues, rock, old time music, country, anima e sangue come poche altre.
Naturalmente il rocker, nato a Los Angeles nel 1942, non si arrese e continuò prima con la pubblicazione di due album a suo nome, uno maggiormente orientato al blues Frisco’s style e l’altro al country e al folk. Quello orientato al country esce nel 1976, si intitola semplicemente Wilhelm e contiene sia brani originali che tratti dalla tradizione americana (strepitose le versioni di Me and My Uncle e Junko Partner), mentre quello più orientato al blues esce nel 1985 e si intitola Mean Ol’ Frisco. In entrambi i lavori accompagnano il chitarrista sia vecchi membri dei Charlatans che dei Quicksilve Messenger Service (John Cipollina e Greg Elmore) che dei Flamin’ Groovies, altro gruppo di rock’n’roll di San Francisco caratterizzato dall’essere, oltre che travolgente nelle esecuzioni sia su disco che live, sempre in controtendenza rispetto alle mode delle epoche attraversate.
E proprio di questo gruppo Wilhelm entrò a far parte come voce e chitarra solista al termine degli anni Settanta, partecipando a due dischi di culto della band: Flamin ‘ Groovies Now (1978), con una versione da urlo di Feel a Whole Lot Better (dei Byrds), e Jumpin’ in the Night (1979), con una magnifica Werewolves of London (di Warren Zevon).
Lasciati ancora una volta gli altri uomini lupo del rock per tornare ad esserlo in solitaria, Wilhelm consegnerà ancora alle stampe un disco acustico interamente solista nel 1993, dal significativo titolo Wood & Wire (legno e corde); un Live in Tokio: At Grateful Dead Land (1997) e un ultimo Live at The Cactus del 2007.
Se vi sembra poco, non rimanete passivi, datevi da fare e cercate di procurarvi un po’ della sua musica (scaricatela piratescamente, oppure su Spotify, dove volete, anche tra i vinili se proprio volete sentirvi à la page) e solo allora scoprirete e, forse, vi verrà voglia di celebrare, con me, un gigante dimenticato.
See you later, Mike!