di Giacomo Marchetti
La fine del mondo si annuncia con segni contraddittori
Il movimento iniziato il 17 novembre dell’anno scorso non dà nessun segnale di cedimento.
22 Atti consecutivi di protesta, 2 scioperi generali (il 5 febbraio e il 19 marzo), due “assemblee delle assemblee” che lo stanno strutturando, la prima a Commercy a fine gennaio, la seconda i primi d’aprile a Saint Nazaire…
L’ultimo Atto aveva come appuntamento “nazionale” Tolosa, uno degli epicentri della “marea gialla”, mentre in tutto l’Esagono più di una cinquantina di realtà politico-sociali – tra cui la maggior centrale sindacale francese la CGT tra l’altro co-promotrice dei due scioperi generali – hanno manifestato per “il diritto a manifestare”, pesantemente minato dall’approvazione definitiva della cosiddetta “lois anti-casseurs” l’11 aprile.
Il Consiglio Costituzionale ha solamente rigettato la possibilità arbitraria – prevista dalla legge – da parte del prefetto di vietare l’accesso ad una manifestazione a tutti i cittadini considerati come potenzialmente “violenti”, non obiettando nulla sugli articoli che autorizzano perquisizioni a tappetto in prossimità dei luoghi dove si svolgono le manifestazioni ed introducendo il reato penale di travisamento che comporta fino ad un anno di prigione e 15 mila euro di multa!
Sabato 13 aprile a Tolosa il concentramento è stato semplicemente impedito dall’inizio a mezzogiorno circa con il cospicuo lancio di gas lacrimogeni, per disperdere i manifestanti che venivano perquisiti per uscire dalla piazza, confiscando i più banali indumenti protettivi, molto prima del tradizionale afflusso dei manifestanti in piazza Jean Jaurés intorno alle 13.
Un copione che si ripeterà per tutto il pomeriggio con sette momenti di scontro piuttosto pesanti, in cui le forze dell’ordine (800 in tutto) non hanno esitato ad utilizzare tutti i loro dispositivi: le “armi non letali” di cui dispongono, oltre ai lacrimogeni ed il getto di idranti.
Per tutto il pomeriggio, tre o quattro gruppi, hanno manifestato “separatamente”, senza riuscire a convergere in presenza delle figure di spicco del movimento presenti nella città occitana: Priscilla Ludosky, Maxime Nicolle e Eric Drouet.
Oramai, ogni singola manifestazione è una “prova di forza” che monta d’intensità repressiva: i gilets jaunes non sono più semplicemente avversari politici, ma nemici pubblici da togliere dalla scena il più presto possibile con una tecnica di logoramento basata sulla repressione “dura e pura”, per rimettere al centro del cono di luce dei media le elezioni europee, Macron e la sua “assicurazione sulla vita” – come l’ha definita il leader di France Insoumise Jean-Luc Mélenchon – la signora Marine Le Pen…
Nonostante questo la marea gialla è scesa in piazza anche sabato: Amiens, Bencançon, Bordeaux, Caen, Chartres, Clermont-Ferrand, Commercy, Compiège, Dax, Dijon, Dunkerque, Le Havre, Liévin, Lille, Lyon, Marseille, Maubeuge, Montpellier, Mouy-sur-Senne, Nantes, Parigi, Reims, Roanne, Rouen, Strasburgo, Tolone, Tours… Sono tutte città, come mostra il video della pagina FB “Cerveaux non disponibles”, in cui i GJ sono scesi in piazza.
Per l’Atto XXII la pagina FB che recensisce il numero dei manifestanti “Le Nombre Jaune” – creata a causa dei numeri notevolmente al ribasso forniti dal Ministero dell’Interno, che oltre lo sprezzo del ridicolo danno stime assolutamente non attendibili – ha contabilizzato (come cifra minima) 91276 manifestanti; erano poco più di 80.000 contabilizzati in 187 località attorno alle sei del pomeriggio.
Per l’Atto XXIII l’appuntamento principale si dovrebbe svolgere nella capitale.
La marea gialla ha pagato e sta pagando un notevole prezzo repressivo, 800 persone sono in carcere per ragioni legate alle proteste, mentre le violenze poliziesche segnalate – secondo il bilancio “provvisorio” che emerge dallo scrupoloso lavoro del giornalista David Dufresne – sono 623, una persona è deceduta, 23 sono state mutilate e 5 persone hanno avuto la mano distrutta a causa dello “scoppio” delle granate “disaccerchianti” che contengono 25 grammi di esplosivo.
Da una configurazione di rivendicazioni politico-sociali iniziali lo spettro dei desiderata delle giacche gialle si è notevolmente ampliato e si è intrecciato – ed in parte fuso – con i movimenti più importanti dell’Esagono da quello ecologista a quello per il diritto dell’abitare, da quello in difesa della scuola pubblica a quello contro le violenze della polizia, per non citarne che alcuni.
La “marea gialla” è fortemente insofferente al recupero della politica e si è dimostrata ostile nei confronti di coloro che hanno voluto costituire delle liste di Gilet Gialli per le elezioni europee ed alquanto indifferente anche alle stesse forze politiche che ne portano avanti le istanze, così come appare sempre più chiaro la vivace critica alla UE e l’afflato internazionalista almeno nelle parti – come l’assemblea delle assemblee – che cercano di dare al movimento una forma organizzata, senza ingessarlo in una struttura rigida.
Questo movimento ha inscritto la necessità di azione immediata per un ampio spettro di questioni alla sua permanenza temporale, una esistenza che si afferma nella durata, pena il ritorno all’invisibilità dei soggetti protagonisti e delle istanze propugnate.
Allo stesso tempo è consapevole della sua non autosufficienza, ma della necessità di dovere tessere alleanze e consolidare rapporti con tutte le porzioni della società che si stanno muovendo dal mondo della scuola ai giovanissimi che si sono mobilitati contro il cambio climatico, dopo avere fatto cadere quel muro di sospetto reciproco con il mondo sindacale.
Appare imperativo riuscire a interloquire anche con un più ampio raggio procedendo ad una sorta di inchiesta di massa dei bisogni popolari per intercettare una più ampia fetta di cittadini possibili.
A cinque mesi circa dal suo inizio la marea gialla ha posto il conflitto di classe in tutta la sua asprezza al centro dell’iniziativa politica e sta ricreando un immaginario della rottura possibile nel ventre della bestia: la seconda potenza economica della UE, nonché quinta potenza mondiale.
Il movimento ha già vinto la sua battaglia contro la fine della Storia ridando un fine – ed una direzione – alla storia come mai le oligarchie continentali avrebbero immaginato.
In questo senso è già: la vittoria dei vinti…