di Gianmario Leone
[Questo articolo è stato pubblicato il 9 febbraio 2013 sul quotidiano “TarantoOggi”, e sulla rivista on line Inchiostro Verde. Ringraziamo l’autore per averci consentito la pubblicazione]
Ci risiamo. La favola della diossina e del camino E312 registra una nuova puntata. Dopo l’annuncio del 27 dicembre del 2011, in cui ARPA Puglia, Ilva, Regione, Provincia e Comune di Taranto in compagnia dei sindacati, annunciarono in pompa magna al mondo intero che il problema della diossina era stato finalmente risolto, siamo nuovamente punto e a capo.
Nel dicembre del 2011, quando tutti si aspettavano la Relazione di fine anno da parte dell’ARPA, che avrebbe dovuto certificare il superamento del limite di 0,4 ng ITE/Nmc (stabilito dalla direttiva europea UNI EN 1948:2006 sulle rilevazioni delle emissioni tossiche e che riprende quanto sottoscritto dalle nazioni europee nel protocollo di Aarhus del 2004) di diossine e furani nei fumi delle emissioni del camino E312 dell’Ilva di Taranto, spuntò fuori dal cilindro magico una quarta ed imprevista campagna di rilevazione effettuata nei giorni 12-13-14 del mese di dicembre, che regalò l’incredibile risultato di 0,055 ng ITE/Nmc, il più basso di sempre dal 2007.
Dato che sommato a quelli delle precedenti tre campagne (0,685 a febbraio, 0,704 a maggio e 0,112 a novembre), certificava un 0,389 ng ITE/Nmc di diossine e furani nei fumi delle emissioni del camino E312 (previa sottrazione dell’incertezza pari al 35%”, come prevede anche la norma UNI EN 1948:2006 dell’Unione Europea), che consentirono all’Ilva di rientrare entro il limite dello 0,4 imposto dalla legge regionale. Per tutto il 2012 ci siamo invece chiesti che fine avessero fatto le campagne dell’ARPA. A nostra domanda, il dott. Assennato ci rispose che essendo entrata in vigore un’AIA nazionale, l’ARPA avrebbe iniziato le varie campagne soltanto dopo richiesta dell’ISPRA. Ciò che è certo è che sino a giugno 2012 l’ARPA non aveva effettuato alcuna campagna di rilevazione sul camino E312.
Oggi veniamo invece a sapere che sono state effettuate nel 2012 le tre campagne minime previste dall’art. 3 della legge regionale (quello che a marzo del 2009 venne rivisto da istituzioni e sindacati per impedire il campionamento in continuo previsto nella prima stesura della legge del dicembre 2008), le quali hanno dato un esito che ha dell’incredibile: 0,180 ng ITE/Nmc! Ma a differenze delle volte precedenti, sul sito ufficiale dell’ARPA non vi è alcuna comunicazione ufficiale. Dunque non sappiamo nemmeno quando sono state effettuate le campagne. Ciò che è certo è il risultato del monitoraggio e la relazione arrivata all’ISPRA a Roma. Abbiamo sempre criticato questo sistema di rilevazione delle emissioni dall’E312, che si basano su 9/12 giorni all’anno, di 6-8 ore ciascuna: quindi vengono monitorare tra le 72 e le 96 ore. Il tutto per un impianto che lavora h24 per 365 giorno all’anno: cosa ci sia di scientifico in un’operazione del genere è tutto ancora da dimostrare.
Non solo. Perché nel gennaio dello scorso anno, la relazione dei periti chimici demolì in maniera definitiva l’assunto di cui sopra. Nella relazione si leggeva infatti che “l’esame dei profili dei congeneri PCDD/PCDF e PCBdl analizzati e riscontrati nelle matrici suolo, aria ambiente e bioindicatori prelevati nelle aree urbane, agricole e i terreni adiacenti l’insediamento Ilva, hanno evidenziato un’elevata correlazione tra i profili riscontrati nei campioni prelevati presso lo stabilimento di Ilva Spa, area agglomerazione, quali quelli delle polveri abbattute dagli elettrofiltri ESP e MEEP e quelle prelevate nei campionamenti ambientali effettuati in prossimità del reparto, risultando invece meno evidente il contributo di quanto emesso in atmosfera dall’emissione E312 AGL2, in quanto caratterizzato da profili di congeneri PCDD/PCDF diversi”. Ai primi di luglio del 2012 pubblicammo delle foto, fornite da un’eco-sentinella, che dimostravano quanto relazionato dai periti chimici.
Una fuoriuscita continua ed impressionante di fumi non controllati (le famose emissioni fuggitive) dagli elettrofiltri posti alla base dell’area di agglomerazione in cu avviene l’attività di sinterizzazione. “I risultati portano pertanto a ritenere che i terreni agricoli indagati, utilizzati per il pascolo ed altre attività agricole, siti in aree adiacenti allo stabilimento Ilva spa, risultano contaminati da PCDD/PCDF e PCBdl emessi dall’attività di sinterizzazione presente nello stabilimento”, sentenziavano definitivamente i periti. Da quella relazione del gennaio dello scorso anno, sull’intera vicenda è calato un silenzio tombale.
Oggi, anche il direttore di ARPA Puglia, Giorgio Assennato, ammette che si tratta di campagne della durata di 72 ore. E che il problema principale ed irrisolto resta, ovviamente, quello delle emissioni fuggitive, a tutt’oggi incontrollate. Che per il direttore dell’ARPA si potrà risolvere soltanto con il “campionamento in continuo”. Ma ricordiamo male o fu lo stesso Assennato nel luglio del 2011, in occasione della presentazione dei primi dati del registro tumori, a dire che quel tipo di campionamento non sarebbe mai potuto essere svolto sulle emissioni dell’Ilva e che chi proponeva un’eventualità del genere dimostrava di non capire “una mazza” del problema inquinamento a Taranto? Chissà se un giorno anche questa farsa vedrà scritta la parola fine.