di Alessandra Daniele
Dimissionato dalla AMC, Glen Mazzara, showrunner di The Walking Dead, lascerà la serie al termine dell’ottima terza stagione.
La sua unica colpa è avere avuto troppo successo, tale da convincere la AMC d’avere per le mani un soggetto talmente vincente da funzionare comunque, anche se annacquato e stiracchiato per 16 episodi, magari di nuovo scritti col culo come la maggioranza di quelli della seconda stagione.
Glen Mazzara ha resuscitato la serie recuperando la migliore tradizione del caustico e beffando cinema di genere anni ’70. Non solo il Romero delle squadracce redneck che superano gli zombie in cieca ferocia, ma tutta la splatter exploitation, e persino lo spaghetti western, trasformando lo sceriffo cagadubbi in un bastardo, e facendo del villaggio fortificato di Woodbury una sarcastica miniatura degli USA, il cui Governatore (un David Morrissey al suo meglio) che colleziona teste mozzate s’atteggia a leader nobile e illuminato, e chiama ”terroristi” i sopravvissuti che fa rapire e torturare.
La AMC ha ripagato Mazzara cacciandolo.
Decisione ancor più ottusamente mercenaria è stata quella della Warner Bros di provare a spremere un’altra stagione di profitti dal già moribondo Fringe.
Ogni serie ha i suoi ”bottle episode” girati in una stanza, con la trama e il budget ridotti al minimo. Alcuni sono dei capolavori, come ”Fly” di Breaking Bad, o ”Midnight” di Doctor Who, altri (la maggior parte) sono delle cagate. La quinta stagione di Fringe è stata una bottle season. E una cagata.
Spoiler
Una fiacca risciacquatura della solita distopia d’invasione, costruita abusivamente su un pericolante Paradosso del Nonno, e franata in un reset ancora più paradossale.
Povera di idee e di mezzi , la stagione s’è trascinata da un magazzino abbandonato all’altro, sopravvivendo di avanzi narrativi rubacchiati a Matrix, Dark City, Equilibrium, Doctor Who, Torchwood, e Lost, cercando come l’ultima abominevole stagione di Lost di nascondere sotto l’abuso stucchevole di lagne strappalacrime l’inconsistenza e l’assurdità del plot. Non una trama con qualche buco, un enorme buco con qualche sfilaccio di trama intorno. Una sgranata sequela di incongruenze, stereotipi, forzature, banalizzazioni, e pedestri riscritture della mitologia originale della serie.
Gli Observers, un tempo interessanti, sono stati prima trasformati nei villains più piatti e cartonati mai visti, cloni di Sandro Bondi dalla presunta super-intelligenza mai dimostrata, regolarmente coglionati dalla Frigno Division peggio del colonnello Klink di Hogan’s Heroes.
Poi sono stati cancellati dall’esistenza con un reset ”selettivo”, lasciando intatto tutto il resto della timeline che loro stessi nelle quattro stagioni precedenti avevano più volte contribuito a creare. Era stato proprio il gesto di un Observer – distrarre Walternate dalle provette – a dare inizio all’intera catena di eventi da cui deriva Fringe.
Il fatto che si sia potuto cancellare gli Observers all’origine, ma in modo da eliminarne selettivamente solo l’invasione, solo le malefatte, senza causare nessun altro cambiamento, è totalmente privo di senso.
Venerdì scorso il finale di Fringe ha così sacrificato le già scarse tracce residue di coerenza e decenza per un happy ending smarmellato e melenso, fornito dal deus ex machina più abusato degli ultimi 2013 anni: Gesù Bambino Reloaded, stavolta pelato.
Che fine avvilente, per una serie un tempo autoironica, intelligente e piena di potenzialità.
Se davvero è un nano pelato il futuro dell’umanità, ci conviene sperare in una zombie apocalypse.