di Fabrizio Lorusso
Stato del Chiapas, Messico profondo.
“Avete sentito? E’ il suono del vostro mondo che crolla. E’ quello del nostro che risorge. Il giorno in cui fece giorno, era notte. E notte sarà il giorno in cui farà giorno. Democrazia, libertà e giustizia!”.
Questo il messaggio firmato dal Subcomandante Marcos a nome della Comandancia dell’EZLN (Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale) e diffuso alla fine della marcia silenziosa e pacifica di oltre 40.000 indigeni del 21 dicembre scorso. L’insurrezione dell’EZLN cominciò il 1 gennaio 1994. Furono migliaia i ribelli che presero le armi dopo oltre un decennio di preparazione e vita clandestina nella Selva Lacandona del Chiapas, lo stato più povero del paese, confinante col Guatemala. Da allora, per quasi 18 anni, la denuncia delle drammatiche condizioni di vita della popolazione e della repressione politico-militare in quella regione non è mai cessata.
Dopo la prima grande offensiva militare del ’94 non s’era mai vista una mobilitazione delle basi zapatiste in Chiapas così imponente come quella di venerdì 21 dicembre. Una serie di marce ordinate e silenziose hanno occupato il centro di cinque città pacificamente: San Cristobal de las Casas, Ocosingo, Las Margaritas, Altamirano e Palenque.
La data scelta dall’Esercito Zapatista è estremamente simbolica. Corrisponde alla fine del tredicesimo Baktun e all’inizio del quattordicesimo, cioè la nuova era della cosmogonia maya. Più che di “una fine” si tratta quindi di una rinascita.
Mentre il mondo intero, stordito da mass media e flotte di santoni improvvisati, non faceva altro che parlare di improbabili profezie maya, rifugi anti-apocalisse e dell’imminente fine del mondo del 21-12-12 (un tormentone che ha funzionato per mesi come una vera e propria arma di distrazione di massa) nessuno si ricordava più della situazione difficilissima e della degna lotta degli zapatisti.
Si tratta di una resistenza che, specialmente tramite il modello dei caracoles o dei municipi autonomi, non ha mai smesso di lavorare per l’autonomia economica, politica e culturale dei popoli e delle comunità che credono e partecipano ad essa.
L’EZLN ha dimostrato ancora una volta di saper costruire alternative e di essere un attore politico importante in Messico contro chi lo voleva liquidare fin troppo rapidamente o dichiarava la sua irrilevanza politica.
La rinascita del movimento è anche un messaggio per il nuovo presidente, Enrique Peña Nieto, e per l’ex partito di regime, il dinosauro PRI (Partido Revolucionario institucional), che è tornato al potere il primo dicembre scorso e governerà per i prossimi sei anni. Appena insediato, il primo dicembre, il presidente ha spinto i principali partiti a firmare un Patto per il Messico, una specie di accordo di massima o di “solidarietà nazionale” per portare avanti alcune riforme in campo educativo, lavorativo, economico e in quello della sicurezza, però la questione indigena, gli accordi con l’EZLN e il riconoscimento dei diritti dei popoli originari sono stati depennati dall’agenda.
Le basi zapatiste sono più attive e forti di prima, nonostante anni di logoramento e l’implementazione da parte del governo e dei gruppi oppositori di strategie paramilitari e di repressioni sistematiche dell’esperienza autonomista in tutto il Chiapas.
Durante la manifestazione del 21 dicembre migliaia di indigeni maya (delle etnie tzeltales, tzotziles, choles, tojolabales, mam, zoques) hanno sfilato per le strade coperti da bandane e dai loro tradizionali passamontagna. Sono stati accolti dagli applausi della popolazione locale e dei turisti. Infine, al posto del solito comizio, questa volta sul palco delle cinque città “occupate” si sono succeduti tutti i manifestanti, alzando il pugno sinistro silenziosamente, uno dopo l’altro, in una successione suggestiva di emozioni e ricordi.
Ma il pugno alzato chiede oggi, come 18 anni fa, il diritto alla terra, al lavoro, all’autonomia e il riconoscimento costituzionale dei diritti dei popoli indigeni. Questo era stato previsto dagli accordi di San Andrés, siglati nel 1996 tra l’EZLN e il governo messicano però mai rispettati da quest’ultimo. Infatti, nel 2001, dopo aver percorso tutto il Sud del paese con la Marcia del Colore della Terra e aver esposto in parlamento le loro ragioni, gli zapatisti furono traditi da tutti i partiti politici (PRI, PAN-Partido Acción nacional e PRD-Partido Revolución Democrática) che approvarono una riforma non corrispondente agli accordi.
Qualche mese dopo avvenne la rottura dell’EZLN con il sistema politico nel suo insieme. Nel 2005-2006 vi fu il rilancio delle reti di azione e di solidarietà, a livello politico e sociale, costituito dall’iniziativa della Otra Campaña: una campagna altra, cioè alternativa, che promuoveva il non-voto e la sensibilizzazione verso i problemi veri del paese. In quel periodo si rinforzano gli esperimenti dei caracoles (che prima del 2003 si chiamavano Aguascalientes) i quali sostengono l’idea e la pratica dell’autonomia e la rottura dei metodi e delle logiche della politica tradizionale grazie alla rotazione e alla revocabilità dei mandati, grazie alle Giunte del Buon Governo e al principio secondo cui tutti siamo e facciamo politica in una comunità di pari.
Per questo nel 2006 e nel 2012 gli zapatisti non hanno sostenuto nessun candidato alla presidenza e nessun partito. Piuttosto hanno denunciato a livello trasversale gli abusi e le ingiustizie del sistema. Intanto una nuova generazione di zapatisti, nati o cresciuti dopo l’insurrezione del ’94, ha interiorizzato le pratiche economiche, sociali e politiche dell’autonomia zapatista, sviluppando attività per il miglioramento delle comunità, per la salute, per l’educazione e la trasmissione delle conoscenze, per l’autosufficienza alimentare, per la costruzione del governo diffuso e di forme di economia cooperativa.
Dal settembre 2011, quando alcune basi avevano accompagnato la carovana per la pace del poeta Javier Sicilia, l’EZLN non faceva nessuna apparizione pubblica. Nel maggio 2011 aveva espresso solidarietà con il Movimiento por la Paz con Justicia y Dignidad di cui Sicilia è fondatore e portavoce e 25mila zapatisti parteciparono alla prima megamanifestazione del Movimento. L’ultima volta che Marcos ha manifestato pubblicamente le sue opinioni è stata in un carteggio col filosofo messicano Luis Villoro il 7 dicembre 2011, mentre l’iniziativa politica più recente risale al 2008, quando i neozapatisti promossero il Festival della Digna Rabia che convocò i movimenti sociali del Messico e del mondo a unirsi in una lotta comune.
La data di questo ritorno o del risveglio zapatista, il 21 dicembre 2012, è emblematica soprattutto perché cade alla vigilia dell’anniversario di una delle stragi più crudeli e dolorose della storia messicana: il 22 dicembre del 1997 gruppi di paramilitari fecero un massacro ad Acteal e uccisero 45 indigeni del gruppo pro-zapatista de “Las Abejas” che stavano realizzando una giornata di preghiere e digiuno. Né donne né bambini furono risparmiati. Ad oggi nessun responsabile della strage è stato condannato o imprigionato e l’ex presidente del Messico in quell’epoca, Ernesto Zedillo del PRI, vive negli USA, impune e felice.
Nel 2009 la Corte Suprema di Giustizia messicana dovette liberare le persone imprigionate e accusate per i fatti di Acteal a causa di vizi formali nel processo, ma poi i PM e il potere giudiziario non sono più intervenuti per correggerli. Nel 1997 il Ministro degli Interni del presidente Zedillo, Emilio Chuayffet era a conoscenza di quanto sarebbe accaduto e non intervenne, secondo le accuse del gruppo Las Abejas. Chuayffet è oggi il Ministro della Pubblica Istruzione del governo di Peña Nieto. Il presidente aveva promesso che il suo partito sarebbe cambiato e che la classe politica del vecchio “dinosauro” era stata rinnovata. Invece s’è favorito un riciclaggio generale e un maquillage della vecchia nomenclatura. Sempre Las Abejas denunciano da tempo la riattivazione dell’attività paramilitare nel territorio chiapaneco settentrionale e negli Altos con gruppi come Paz y Justicia e Mascara Roja. Qui di seguito, a concludere, potete vedere un documentario di Canal 6 de julio sul massacro di Acteal del 1997.