di Paolo Pozzi
Elicio Pantaleo e Stefano Dorigo, A Riot of My Own, prefazione di Gianfranco Pancino, autoprodotto, acquistabile qui in 3 versioni: prestige pp. 399, € 21; tascabile pp. 250, € 10; ebook € 6.50
Lo dichiaro: è un pezzo sentimentale. Può sfiorare il patetico.
Ma è quello che può succedere se ti arriva un libro scritto da un personaggio del tuo romanzo, e ti viene chiesta una recensione. Parlo di A Riot of My Own di Elicio Pantaleo e di Stefano Dorigo.
A chi è mai successo? Penso a nessuno: non credo che Renzo abbia scritto un romanzo e l’abbia inviato a Manzoni, o Sam Spade ad Hammet.
Calmi, è per fare un esempio: non mi sono montato la testa.
Ma è una sensazione strana, ve lo assicuro. Sergio, Matteo. Per me Matteo.
Arrivano i ragazzi di Baggio: li vedo. Blindati e “vestiti”, con gli spolverini: e giù bocce. Anche se la sera della Scala non sono bastate. E quante ce ne sarebbe volute? Neanche a svuotare tutte le pompe di benzina di Milano! E quanti poliziotti e caramba pronti ad essere assassini, c’erano quella sera? Nessuno li ha contati. Erano un numero spropositato, vi assicuro.
Il proletariato giovanile osava disturbare autorità e riccastri, vecchi e nuovi. Benvestiti che andavano al tempio della lirica, a Sant’Ambrogio. Un sacrilegio. Anzi, peggio.
Sono le pagine più livide. Quelle de La notte della Scala.
E poi Gli operai con l’orecchino al sabato presto all’Alfa. Picchetti contro gli straordinari e al venerdì notte col seghetto. Il traliccio che sostiene i cavi viene giù: con dolcezza. La corrente non arriva e la fabbrica si ferma.
Non manca poi l’immersione in una roggia, con la cannuccia in bocca per respirare sott’acqua, dopo l’assalto ad una caserma e l’arrivo di una volante. Il racconto lo trovate in Pepe al culo.
E il passa parola per sfuggire alla repressione. La valanga di arresti contro il movimento e la fuga in Imparare a scappare.
Le pagine di Matteo chiuso in una stanza a Milano, poi Vienna, Parigi e Rio. Pagine sulla sofferenza dell’esilio. Sofferenza da noi “rinchiusi” sempre un po’ snobbata, ma che Matteo rende con pagine da ricordare.
E gli scontri di Roma del 14 dicembre 2011 con cui si chiude il racconto: per riannodare un filo nella storia.
La rivolta è dentro di me. La mia rivolta: cosi recita il titolo del libro.
Lo dicevamo allora, con Matteo, insieme a tanti. Lo cantavano anche i Clash: White riot – I wanna riot – White riot – A riot of my own. Cazzo, che tempi!
E noi trent’anni dopo, e più, lo ripetiamo: come una litania.
Volevate seppellirci, murarci: eccoci qui. E mica ci siamo nascosti. Anzi, abbiamo dato il meglio: nella ricerca scientifica, nel lavoro teorico, nella cooperazione.
Solo per fare un esempio: quel criminale di Toni per il “New York Times” è il nuovo Marx!
Chissà come sarà incazzato il PM Spataro, chiuso nel suo piccolo palazzo di giustizia, a Lodi.
Molti ribelli sono morti: Luciano, Augusto, Emilio, Francone, Lucio, e tanti altri. E Roberto, Barbara, Francesco, morti ammazzati: i primi che mi vengono in mente. E l’elenco è lungo.
Per strada. In feroci agguati. O giustiziati nel sonno, come in via Fracchia.
Quale onore per i valorosi caramba del Generale! Quello del patto scellerato con il Ricciolino.
E mi fermo qui che mi viene il magone.
Sono i morti del movimento. Sono i nostri morti.
Tutti, tutti dormono sulla collina.
Ma aspettano il giorno del giudizio. Per ribellarsi: ancora.
A noi che non siamo morti, la testa non sono riusciti a piegarcela.
Raccontiamo le nostre storie.
Rosso di Mària, Gli invisibili, La mia libertà, L’ultimo sparo, Ventinove ore e ventitré minuti, La rapa, Insurrezione, Ma da dove sparano? Brugherio. Novembre 1977, Portare a casa i soldi riportare a casa tutti, Ti devo dire una cosa importante ma molto importante importantissima… E fra un po’ può arrivare Mamma mia.
Raccontiamo le nostre storie.
Con lucida disperazione. E una rabbia immensa.
Che mondo di merda, papà, ci dicono i nostri figli. E hanno ragione.
Noi che ci svegliamo ogni mattina.
Con il sangue agli occhi.
Leggete questo libro. Matteo è uscito dagli Invisibili. E racconta la sua rivolta.