di Diego Leandro Genna
Il magistrato De Angelis non ha più una vita privata. Proprio lui, paladino della legge ed eroe della giustizia, integerrimo e incorruttibile esempio di lotta alla criminalità, ha letteralmente perso la libertà. Chiuso tra aule bunker, sballottato da un tribunale all’altro in auto dai vetri oscurati e scortato giorno a notte nella sua casa, non può certo definirsi un uomo libero.
Il magistrato De Angelis è costretto a nascondersi e a spostarsi segretamente, nemmeno fosse lui il ricercato o il boss latitante di turno. Succede spesso a chi decide di combattere la criminalità organizzata, è la fine che tocca a tutti: la perdita -in un modo o nell’altro- della propria vita.
Il magistrato De Angelis è il classico esempio di chi si è dato per la causa. Per questo dovrebbe essergli riconoscente la collettività, poiché ne va della salute di tutti, e lui si è sacrificato per gli altri, e se adesso è costretto a vivere come un sorcio è a causa delle battaglie per scoprire, smascherare e smantellare lo sporco affare dei rifiuti tossici.
Il suo appellativo, “La Ruspa”, è legato, oltre che alla ferrea determinazione, al ruolo decisivo nelle inchieste per scavare a fondo e dissotterrare il sottosuolo di un racket incurante dell’ambiente, la salute e le generazioni future. De Angelis ha portato alla luce la pratica della “farcitura”, ha fatto arrestare politici, imprenditori, appaltatori e intere cosche che si arricchivano nascondendo sotto terra le peggiori varietà di rifiuti. Riempivano il territorio di porcherie industriali e chimiche, metalli pesanti, scorie radioattive e veleni vari, zitti-zitti, di nascosto, sempre con la solita tecnica. La farcitura. In breve, chi doveva costruire e aveva in mano un pezzo di terra si lasciava corrompere o ricattare da dei bravi signori che, poverini, si trovavano con questi rifiuti sul groppone, e chiedevano la clemenza di potersene sbarazzare occultandoli lontano dagli occhi dei cittadini. Se per caso c’era un cantiere, si stava costruendo un palazzo o qualsiasi cosa che prevedesse fondamenta e scavi, allora si presentavano questi individui e si facevano carico di riempire il suolo della costruzione in corso con una bella e ricca farcitura, poi si faceva la colata, si copriva il tutto, scompariva ogni traccia sotto un muto strato di cemento, ci si scambiava una bella stretta di mano con mazzette annesse, promesse di favori e protezione, ci si puliva la coscienza con assegni generosi e arrivederci, chi si è visto si è visto. La farcitura, quella massa mostruosa, nessuno l’avrebbe più rivista, tumulata per sempre, sotto il cemento e la reticenza, scomparsa, anzi, mai esistita. Nessuno doveva più saperne nulla. Orrore sepolto e bocche cucite.
A questo punto arrivava De Angelis, “La Ruspa” appunto, che fiutava il marcio e andava a indagare proprio in quelle aree farcite. È stato lui a scoprire l’enorme giro d’affari, a scoperchiare e denunciare tutto lo schifo che stagnava in pentola. Ha smascherato i colpevoli, messo sotto sequestro decine di beni immobili e cantieri. Le farciture emerse in tutta la regione hanno travolto la stampa e l’opinione pubblica. Ne è esploso un caso che ha coinvolto l’intero paese. E la vergogna ha fatto il giro del mondo.
La furia della Ruspa non ha risparmiato nessuno. Farciture pubbliche e private, dal complesso turistico alla cittadella dello sport, dai centri commerciali al polo universitario, e chissà che non siano state fatte farciture persino al camposanto. Nessuno se ne stupirebbe ormai. Al male, specie se mosso dal denaro, non c’è mai fine.
E tuttora si continua a scavare, spuntando rifiuti tossici qua e scorie radioattive là, scoprendo farciture in luoghi impensabili e svelando disastri sotto i piedi di tutti, mentre le pile di documenti, prove, atti e deposizioni nei processi s’innalzano come palazzi sui banchi della legge. Il tribunale è diventato un’azienda di macchine scavatrici, e gli avvocati squadre di demolitori.
Il magistrato De Angelis paga le conseguenze dirette, sulla sua vita privata e su quella dei suoi cari, di questo smottamento tellurico-giudiziario. Ha ricevuto minacce di ogni tipo, avvertimenti e intimidazioni, e con lui, in questo vortice di pericolosa giustizia è stata trascinata anche la sua famiglia.
Maria Pia, la moglie, è stanca di nascondersi, di vivere con la paura di un attentato, intrappolata in un timore indelebile, il pericolo dietro l’angolo, senza volto, sempre in agguato.
Maria Pia non ce la fa più, vorrebbe una vita come le altre, patisce, soffre e sta zitta, per amore del marito, per il bene dei figli. Ha imparato a convivere con il terrore, lei che non può nemmeno uscire da casa come le persone normali, fare la spesa o andare al teatro, e ha rinunciato a una vita sociale, amicizie, cene, viaggi, chiusa in casa, sempre controllata a vista da giovani militari, niente più che soldatini, forze ottuse di un ordine che si rivela in tutta la sua debolezza, ragazzi appena maggiorenni dentro divise anonime, che impugnano armi inutili e temono quanto lei la vendetta spavalda dei malfattori.
Però questa santa donna ha deciso che non può arrendersi così all’ingiustizia, rinunciare alla libertà, darla vinta ai nemici del marito e sottomettersi al male.
Ha deciso di riprendersi la sua vita e quella della sua famiglia.
Riscattarsi da coloro che li vorrebbero morti.
Maria Pia vuole smetterla di nascondersi e basta.
– Sei sicura?
– Certo che lo sono, ho già organizzato tutto.
– Ma lo sai com’è fatto, sarebbe capace di arrabbiarsi…
– Tuo fratello ha bisogno di staccare dal lavoro. È solo una festa di compleanno, i suoi sessant’anni! Gli farà bene una giornata in compagnia di un po’ di gente.
– Quanti saremo?
– Una trentina di invitati.
– E la sicurezza, hai pensato anche a quello?
– Certo, ci sarà la scorta, come sempre. Figurati! Senza quelli non muoviamo più un dito. Non ne posso più…
– È per il vostro bene,-
– Già… Ma è anche per questo che mi sono impuntata per la festa a sorpresa, così non ha modo di farmi desistere. Dobbiamo smetterla di nasconderci.
– E lui come verrà?
– Sarà il suo amico, l’avvocato Santoro, a condurlo alla villa. Inventerà una scusa, il bisogno di parlargli di cose importanti, questioni di lavoro. Saranno con l’auto del tribunale e le guardie del corpo. Dirà all’autista di condurli alla villa, cercando di non far capire nulla. Noi ci faremo trovare tutti là, ad accoglierlo con l’aperitivo, sarà tutto pronto, il buffet, le bevande, la musica e la torta. Lui dovrà pensare soltanto a godersi una giornata fra amici.
– Posso aiutarti in qualche modo?
– Non ce ne bisogno, grazie, ho pensato a tutto io. Ho già mandato il giardiniere, sai, non andandoci mai sarà un disastro. Per il catering mi sono affidata al Bar Eden, sono i migliori, arriverà tutto la mattina alle dieci. Ho già ordinato i fiori. Per la musica ci pensano i ragazzi. E poi la signora delle pulizie verrà a darmi una mano con i tavoli e le sedie. Fa come vuoi, vieni un po’ prima se preferisci, io sto dicendo a tutti di trovarci là per le dodici. Lui dovrebbe arrivare intorno all’una.
– Va bene, cercherò di arrivare prima per darti una mano.
– Porta anche i bambini!
Il magistrato De Angelis non amava trascorrere le vacanze in quella villa e cercava di andarci il meno possibile. Anni prima, nel bel mezzo della sua carriera, proprio quando cominciava a diventare l’eroe anti farcitura, era stato accusato per un abusivismo edilizio. Le foto della villa erano finite sui giornali. Niente di che. Una dependance costruita senza il regolare permesso. Faccenda da poco, ma che data in pasto ai cittadini aveva messo in imbarazzo il magistrato. Già, i cittadini! I primi a scagliare le pietre del giudizio, sempre pronti a criticare le travi altrui facendo finta di non vedere i propri scempi, costruiti abusivamente sulla spiaggia. Chi non possiede in casa qualche metro cubo, una finestra o una tettoia non dichiarata?
I nemici di De Angelis volevano screditare e infangare la reputazione del magistrato con una bazzecola del genere, che peraltro risaliva ai vecchi padroni della villa e che lui si era dimenticato di sanare. Tuttavia, per uno come De Angelis era un neo, un punto debole nella condotta ineccepibile della sua vita, una pecca che non aveva di certo fermato la Ruspa ma che stagnava in un vago rancore nei confronti di quel bene immobile con vista mare.
Solo il pensiero della villa lo metteva di cattivo umore.
Tuttavia quel giorno del suo sessantesimo compleanno il magistrato gioì per la sorpresa, contento di trovare inaspettatamente la villa piena di amici, la famiglia riunita, i parenti e i nipoti che non vedeva mai, il giardino così curato, i tavoli con gli aperitivi, tartine e salatini; i camerieri che giravano con i vassoi pieni di calici, i bambini che giocavano tra le piante, i colleghi sorridenti, la villa immersa in una cascata di luce, il mare che brillava oltre le siepi, le composizioni di fiori e la musica di sottofondo, swing e be-bop, la sua musica preferita. Fu felice nel ricevere gli auguri e tutti quei regali, scartarli uno per uno e rallegrarsi per il contenuto anche quando non era proprio di suo gradimento, fu felice di trascorrere una giornata come una persona normale, festeggiando in compagnia, bevendo e scherzando, dimenticandosi delle inchieste e i processi, e per un attimo pensò che ne aveva piene le scatole di questa storia delle farciture.
Fece un brindisi alla salute di tutti i presenti e quando fu il momento della torta anche i suoi nemici si accorsero che era felice. Si erano organizzati per fargli il più grandioso dei regali e trepidavano dietro lo schermo di una microcamera piazzata tra la panna e le fragole della torta a tre livelli. Sì, lo videro bene in faccia. Era proprio felice.
Di fronte alla torta – bellissima, senza dubbio -, accerchiato da tutti gli invitati intonanti la canzoncina di rito, il magistrato De Angelis s’inclinò per soffiare e spegnere le candele.
In quel preciso istante fu schiacciato il pulsante.
I soliti nemici, fedeli da sempre, fuori dalla villa ed esclusi dalla festa, così premurosi da adoperarsi in tutti i modi per rendere indimenticabile quel giorno.
I cari vecchi nemici che avevano seguito ogni passo dell’organizzazione, spiato i movimenti della moglie, ascoltato le sue telefonate, ed erano stati capaci di penetrare nei retroscena della festa, nel laboratorio di pasticceria, con infiltrati e complici, pali e spie, camerieri e cuochi.
E infine, sorpresa nella sorpresa, erano riusciti a imbottire la torta con una farcitura degna dell’occasione.