di Sandro Moiso
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De Gennaro, testa di cazzo! Fassino lo vuole! Monti lo vuole! Napolitano lo vuole!! Dio lo vuole!!! Che cazzo di domande fai?!
Ecco, la domanda sbagliata, fatta al momento sbagliato alla persona sbagliata.
Mi scusi Signor Ispettore, ma cosa ci stiamo a fare qui? Non viene nessuno a lavorare e da mesi non si vede nessun che assomigli, anche lontanamente, a un black block o ad un altro possibile sovversivo.

L’agente scelto De Gennaro aveva posto il quesito al superiore, responsabile per il servizio d’ordine nell’area del cantiere.
Quella era stata la risposta. La stessa che l’ispettore, ora incazzatissimo, aveva ottenuto dai superiori quando gliela aveva posta dopo due mesi e mezzo di turno.
Se ne torni al cantiere Ispettore, non sono affari suoi. Non si preoccupi e ci trovi qualche sovversivo da segnalare alle ministre.

Sì, vallo a trovare un sovversivo.
Qui, dove le leggende poliziesche narravano della più alta concentrazione di terroristi su scala nazionale, non se ne vedeva più uno.
Nemmeno uno con una pietra piccola piccola. Nemmeno un bambino con la fionda.
Qualche vecchio margaro col bastone che accompagnava le vacche o le pecore sì, ma quando l’Ispettore li aveva mandati fuori a fermarne uno, con la scusa che le pecore potevano essere piene di esplosivo, si erano sentiti ridicoli. Più del solito.


Son an marghé, balengo! Lo sciare nen?
Come cazzo parlavano gli indigeni di quel posto, poi.
Sarebbe occorsa una guida, un interprete del posto.
Da quando gli ultimi ragazzi se n’erano andati, lì tutti parlavano solo nel loro dialetto.
E chi li capiva? Ma certi sguardi erano inequivocabili, meglio lasciar perdere.

Muraro, in vena di scherzi, aveva chiesto ad alta voce: “E come controlliamo che le pecore non abbiano l’esplosivo dentro? Ci ficchiamo il manganello nel culo?
Si era sfiorata la rissa col responsabile della pattuglia.
Nervi a fior di pelle, manganelli in pugno e il margaro che si allontanava ridendo.
Robe da mat, robe da mat!

Per quella battuta tutti erano rimasti consegnati nell’area per qualche giorno.
Sì, perché, a parte il capo pattuglia e l’ispettore, tutti avevano riso.
E poi si erano precipitati a dividere i due prima che venissero alle mani.
Uno spettacolo ignobile, indecente, da terzo mondo!” aveva sbraitato l’ispettore, prendendosela anche con il capo pattuglia.

Sì, il terzo mondo…invece a Genova si erano comportati da cittadini modello, da agenti evoluti.
Sì, Robocop. Come in quel film strano con il poliziotto con il cervello trapiantato in un androide.
Bello, libertà d’azione: pesta, picchia, manganella, spara! Che goduria!
L’agente scelto De Gennaro ogni volta che pensava alla Diaz e a Genova sentiva un certo non so che. Un richiamo erotico, il richiamo della foresta. Grande!
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Lì, invece, nulla da fare. Niente assalti, niente cariche, niente di niente.
Al massimo bisognava stare attenti agli oggetti che piovevano dall’alto dei viadotti.
Inizialmente si era pensato che i soliti estremisti fermassero le auto all’altezza del cantiere per poi bombardarlo dall’alto. Perciò l’ispettore aveva inviato sei agenti sul viadotto per deviare il traffico sulla corsia esterna rispetto al cantiere, ma dopo che, nei giorni delle partenze intelligenti, si era creata una coda di auto lunga diversi chilometri il tutto era rientrato (sotto una pioggia di minacce da parte dei superiori).

Ispettore, ma che fa? Vuole bloccare il turismo tra Italia e Francia? Vuole inimicarsi anche gli albergatori dell’alta valle? Lasci perdere…immediatamente!”
Così la pioggia di oggetti era continuata: bottiglie di birra vuote lanciate da camionisti stanchi ed accaldati; pannolini sporchi di infanti rapidamente cambiati in auto; carte unte di panini coi pomodori secchi sott’olio e di pizzette; bottiglie d’acqua minerale di plastica e di vetro e lattine vuote di ogni colore, forma e dimensione.

Gli oggetti che avevano dato più da pensare a De Gennaro erano stati, nell’ordine: due preservativi usati di fresco, un paio di slip femminili e un paio di boxer da uomo.
Ma che cazzo fanno questi mentre viaggiano?” ruggiva mentre parlava con i colleghi, ma, dentro di sé, avrebbe voluto esserci lui su quelle orgiastiche automobili che passavano sulla sua testa.
Ci fosse stata almeno un’agente donna tra di loro…Invece no, solo maschi. Che sfiga!

Intanto però, nonostante i turni di pulizia, il cantiere presidiato stava diventando la più grossa discarica di rifiuti della valle.
Già i cessi chimici stracolmi ed inutilizzabili costituivano un problema, ma con tutta quella spazzatura che pioveva dall’alto ora occorreva starsene con il casco in testa quasi tutto il giorno.
Anche mentre si andava dietro ad un cespuglio per soddisfare le più elementari necessità corporee.
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Muraro, sempre in vena di scherzare, se ne andava in giro continuando a ripetere con un tono di voce basso, ma perfettamente udibile, quel vecchio slogan, quello che iniziava con “Hai scelto un bel mestiere…” e finiva con “mestiere di merda…”. Facendo innervosire l’ispettore e il capo pattuglia.
Muraro piantala, se no ti faccio trasferire!!”era la minaccia.
Mentre Muraro si limitava ogni volta a rispondere “Magari!

Insomma, si era instaurato proprio un bel clima tra di loro: collaborativo, rilassato, costruttivo.
Le eccellenze di Genova che la Ministra aveva difeso in occasione del processo, si ripetevano lì, tali e quali. Mancavano solo i manifestanti da reprimere dopo aver ingoiato un bel po’ di merda disciplinare prima di avviare i pestaggi. Ci si era sfogati andando a fracassare a colpi di manganello i cartelli che li irridevano, lasciati sulle griglie di protezione dopo l’ultima manifestazione, ma questo, ormai, era successo mesi prima.

Poi, una mattina, alzando gli occhi verso il viadotto, De Gennaro aveva visto qualcosa che sfuggiva ad ogni regola, ad ogni legge della fisica. Aveva chiamato gli altri, era corso lì anche l’ispettore con la barba fatta a metà, ed erano rimasti tutti a bocca aperta, con lo sguardo fisso verso l’alto.
Celerini Go Home/A casa, sciò! Era scritto sulle loro teste, con la vernice rossa e a caratteri cubitali, sotto il pavimento delle corsie del viadotto autostradale.

Minchia…ma chi è stato? L’Uomo Ragno?!” furono le prima parole di Muraro.
Uomo Ragno un cazzo, Muraro! Quelli continuano a rompere le palle, ma noi andremo a cancellarla!” Fu la risposta pronta, decisa, virile del capo pattuglia.
Si rischiò in quel momento il primo ammutinamento all’interno di un reparto mobile di pronto intervento. Non si contarono i “Vaffan…” e le altre oscenità, nemmeno troppo mormorate.
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L’ispettore, temendo il peggio, intervenne “No, no, state calmi. Voleva dire che faremo intervenire qualche ditta per farla ripulire. Lo si fa normalmente per cancellare i graffiti che insozzano gli edifici pubblici”. Così le acque si calmarono.
Ma quando il responsabile dell’ordine pubblico nel cantiere espose il problema e la richiesta presso i superiori, la risposta fu: “Ispettore, ma lo sa quanto costerebbe un intervento del genere? Operai, automezzi, gru, impalcature…ma non ci faccia ridere! Qui non ci sono più soldi! La spending review, dove la mette la spending review?! Lasci perdere.

Per una volta, però, ebbe il coraggio di controbattere:”Ma qui il morale degli uomini è basso e quella scritta non aiuta…” Fu prontamente interrotto:”La scritta è in alto e gli uomini sono in basso. Il dovere degli agenti e delle forze dell’ordine è di guardare le cose terrene, non l’alto dei cieli. Ordini agli uomini di guardare avanti, sempre avanti!
Avanti ‘sto cazzo…” ma questo l’ispettore lo tenne per sé: “ Agli ordini, sarà fatto!

(2 – continua)