di Danilo Arona
AMSTERDAM, 9 aprile 2011. Un giovane spara all’impazzata in un centro commerciale di Alphen Aan den Rijn, cittadina di 70.000 abitanti a una quarantina di chilometri da Amsterdam, e uccide sei persone prima di togliersi la vita. I testimoni hanno raccontato che l’attentatore è entrato nel centro commerciale di Ridderhof verso mezzogiorno e ha cominciato a sparare sulla folla e infine si è suicidato. Si chiamava Tristan van der Vlis e aveva 24 anni. Il giovane, che era iscritto a un poligono di tiro ed abitava con il padre poco distante dal luogo della strage, possedeva il porto d’armi ed era proprietario di tre armi da fuoco.
OSLO, 22 Luglio 2011. Anders Behring Breivik, 32 anni, compie una terrificante, doppia strage in Norvegia, dapprima con l’attentato dinamitardo di Oslo e poi sull’isola di Utoya, dove 77 ragazzi vengono abbattuti a colpi di mitra. Il venerdì nero inizia alle 15,26, con una forte esplosione nel cuore della capitale, in un’area dove sorgono i palazzi che ospitano le principali sedi istituzionali e i gruppi editoriali più influenti del Paese. Lo scoppio avviene sulla Akergataa, la strada che porta alla fortezza di Akershus, storico bastione eretto a protezione del porto che divide i moderni palazzi dalla città storica. Qui i morti sono sette. Dopo due ore, a molti chilometri dalla capitale. Breivik colpisce in modo letale e ben più esteso. Vestito da poliziotto irrompe nella zona in cui sono radunati i giovani laburisti per il loro meeting annuale. L’uomo è in divisa e forse per questo all’inizio nessuno bada al fatto che tra le mani ha una mitraglietta. All’improvviso la impugna e apre il fuoco. Poi usa un fucile da caccia, un’arma automatica e una pistola, mentre attorno a lui i ragazzi cercano una quasi inutile via di uscita fuggendo a nuoto o fingendosi cadavere.
ISTANBUL, 30 novembre, 2011. Un uomo, armato con un fucile a pompa, spara a zero sulla folla vicino al Topkapi e provoca tre feriti gravi. Il conflitto a fuoco con le forze di sicurezza dura circa un’ora, poi l’attentatore viene abbattuto dopo una serrata caccia all’uomo nello storico palazzo. Secondo alcuni testimoni, il tipo ha gridato “Allah Akbarâ (Dio è grande)” prima di sparare contro i turisti. Si tratta di un cittadino libico, secondo quanto ha dichiarato il ministro degli Interni turco, Idris Naim Sahin, nato nel 1975, entrato in Turchia pochi giorni prima. Un testimone oculare ha riferito che l’aggressore aveva anche una pistola, indossava una giacca lunga di pelle e portava la barba.
HOLLYWOOD, 9 dicembre 2011. La polizia uccide un uomo che armato aveva aperto il fuoco sparando a casaccio contro le auto di passaggio, ferendo gravemente una persona. Teatro della sparatoria la celebre Sunset Boulevard all’incrocio con Vine Street. Un testimone, Oscar Herrera, ha dichiarato alla Kabc-tv di avere visto l’uomo camminare, sparando almeno nove colpi contro le auto in transito, mentre urlava “uccidetemi”. Alla fine l’assalitore ha finito le munizioni e ha estratto un coltello, ma un agente gli ha sparato quattro o cinque volte, uccidendolo. Gli investigatori stanno cercando di capire i motivi dell’attacco.
LIEGI, 13 dicembre 2011. Belgio: uno squilibrato spara e lancia granate sulla folla a Liegi. Almeno cinque le vittime, compresa una donna strangolata nel garage di sua proprietà prima di andare a compiere il massacro.
FIRENZE, 13 dicembre 2011. Un uomo di 50 anni, Gianluca Casseri, spara in pieno centro uccidendo due senegalesi e ferendone altri tre, poi si suicida nella sua auto parcheggiata poco prima nei pressi di piazza San Lorenzo. L’attentato inizia più o meno alla stessa ora, 12, 30 , di quello di Liegi.
BLACKSBURG, 15 dicembre 2011. Terrore nel campus Virginia Tech, già teatro nell’aprile 2007 di una sparatoria che uccise trentadue persone. Un killer entra nell’università e fredda due persone. La prima è un poliziotto, colpito durante il tentativo di fermare l’assassino, l’altra, sempre secondo quanto riferiscono fonti dell’ateneo, sarebbe stata uccisa nel parcheggio del campus. Poi l’uomo si toglie la vita.
POTENZA, 24 dicembre 2011. Madre e due figli uccisi a fucilate in strada, il padre ferito a una gamba. È la strage di Natale a Genzano di Lucania in provincia di Potenza, un paese di circa 6000 abitanti. Un uomo di 77 anni, in preda alla rabbia per il fastidio, i danni e i disagi provocatigli dalla canna fumaria della lavanderia gestita dalla famiglia Menchise, stermina in una manciata di minuti la proprietaria dell’attività, i suoi figli e ferisce il capofamiglia.
FORT WORTH, 25 dicembre 2011. In una casa di un sobborgo di Grapevine, Texas, vengono ritrovato sette corpi senza vita (quattro donne e tre uomini) di età compresa tra 18 e 60 anni. Tra i morti c’è anche l’autore della strage. Tutti sono stati colpiti con un’arma da fuoco, ma nessun vicino sembra aver sentito nulla. Le sette persone trovate morte nell’appartamento sono probabilmente parenti. La strage sarebbe iniziata sotto l’albero di Natale subito dopo l’apertura dei regali.
PUNE (INDIA), 25 gennaio 2012. Un uomo sequestra un bus, per mezz’ora l’uomo semina il terrore per le strade della città,travolgendo tutto quello che trova sul suo cammino e fa una strage. Santosh Mane, 31 anni, dipendente di una società di trasporti, viene arrestato dalla polizia dopo mezz’ora di panico seminato in una delle aree più congestionate della città nell’ora di punta in cui aprono scuole e uffici. L’uomo si è impossessato di un mezzo lasciato incustodito dal conducente in una stazione degli autobus provinciali. Poi si è messo alla guida dell’autobus, senza passeggeri a bordo, imboccando una strada in senso inverso ad alta velocità. Nella folle corsa ha travolto tutto quello che si trovava sul suo cammino: pedoni, senzatetto che dormivano sul marciapiede, auto, risciò a motore, bancarelle di ambulanti. Nel suo percorso di circa venti chilometri ha provocato nove vittime, venti feriti e danni a circa una quarantina di veicoli.
C’è una Luce Oscura che “illumina” – si fa per dire — questa sequenza di stragi senza dubbio premeditate a loro modo, ma ispirate ognuna da uno schema certo irrazionale ma simile in modo sinistro l’uno all’altro? Anche quando si intende colpire in modo definito (come l’evento di Genzano di Lucania), è un po’ colpire alla cieca. Comunque sparare nel mucchio, per quanto grande o piccolo sia il mucchio. Il che allinea queste stragi alla stragismo dilagante sul pianeta, laddove kamikaze e regimi dediti al genocidio vanno ad alimentare quella sfera psichica planetaria – di cui abbiamo più volte parlato, e che non per merito mio ho chiamato Tanatosfera — con massacri quasi quotidiani, trasformando così l’intero “ambiente” del pianeta in qualcosa di repulsivo, mortale, intossicante. Una coltre che circonda la Terra con una sorta di spazio vibratorio potente e nocivo. Non siamo affatto lontani dalle tesi di Ylia Prigogine laddove, nel suo trattato sulle strutture dissipative, scriveva che idee e pensieri non risiedono nelle strutture cerebrali fisiche bensì in una regione energetica e vibrazionale dove siamo tutti sintonizzati e dove le informazioni riescono ad assommarsi raggiungendo un quorum, una soglia oltre la quale apprendimenti e intenzioni sono istantaneamente connessi.
Non so dire se negli ultimi anni le stragi di massa siano veramente aumentate, come suggerirebbe la cronaca nel suo insieme, o è solo aumentata la percezione numerica delle medesime. Ma la stessa percezione è un’informazione, che forse trova un suo posto, un suo senso nello spazio vibratorio del pianeta. Sarà certo una coincidenza straordinaria l’analogia temporale tra gli accadimenti di Liegi e di Firenze, ma la risonanza analogica è lì, sotto gli occhi di chiunque. E allora, forse anche fantasticando, si può anche in questo caso rilanciare un’idea basica che nutre questa rubrica sin dalla sua prima puntata: quella di una predisposizione genetica, speculare al Meme di Richard Dawkins, che si sta attivando e “replicando” un po’ ovunque per effetto di un’invasione subliminale e inconscia dell’idea di Apocalisse. Con conseguenze generalizzate sui “corpi sottili” che nella vita quotidiana ci predispongono sempre più alla belligeranza, all’ostilità e all’aggressività senza nessuna vera ragione.
Un ulteriore passo più in là e ci troveremmo dalle parti dell’Amok, quel particolare e patologico disturbo comportamentale provocato da una “condizione crepuscolare”, riscontrato per la prima volta tra gli indigeni della Malesia e caratterizzato da uno stato depressivo cui segue una crisi di furore omicida, durante la quale il soggetto corre urlando e colpisce alla cieca chiunque incontri. Quando la crisi è passata, il soggetto non ricorda più nulla. Il termine può riferirsi oltre che alla follia in sé anche all’individuo che ne è affetto. Dovrebbe in pratica colpire solo individui provenienti dal Sud Est asiatico, ma culturalmente lo si può estendere, appunto, a definire certe patologie aberranti più che mai d’attualità in questa fase storica.
Val la pena alla fine di ricordare che l’Amok è stato l’oggetto di una novella redatta nel 1922 dal famoso scrittore austriaco Stefan Zweig , dalla quale è giusto estrapolate il seguente passo: «Dunque, l’Amok… sì, l’Amok è così: un malese, un uomo molto semplice, assolutamente bonario, si beve il suo intruglio… se ne sta lì seduto, apatico, indifferente, spento… come me ne stavo io nella mia stanza… e all’improvviso balza in piedi, afferra il pugnale è corre in strada… corre sparato come una freccia, sempre diritto, senza deflettere… senza sapere dove… Chi gli si para davanti, essere umano o animale, viene trafitto dal suo kris, e l’orgia di sangue non fa che eccitarlo maggiormente… Mentre corre, ha la schiuma alle labbra e urla come un forsennato… ma continua a correre e correre, senza guardare né a destra né a sinistra, corre e basta, con il suo urlo acutissimo, con il suo kris insanguinato, in quella rettilineità mostruosa».