di Marilù Oliva
I pappa-boys circondano la pappa-mobile.
Oltre il vetro, il Pappa (Pappa= Protettore) alza la mano con saluto da gerarca e sorride benevolo. Sotto di lui la pappa-mobile nasconde una grande sala dove giocano a poker il nipote di Pinochet, due arcivescovi e il sultano del Brunei. Il serbatoio ospita un pieno di 10.000 litri di benzina. Nell’intercapedine della calotta dell’auto si nascondono sette chierichetti monelli vestiti da angioletti e nel cofano sta rannicchiata una giraffa.
Il Pappa benedice i suoi ammiratori bagnandoli con l’acqua del parabrezza. I pappa-boys sono una manna dal cielo, bisogna ammetterlo. Da quando esistono loro, i passaparola, la volontà e la pubblicità hanno decuplicato il livello di gradimento del Pappa. Perché negli ultimi mesi il Pappa non piaceva molto all’opinione pubblica, per diversi motivi riconducibili tutti a una sola mancanza: la coerenza. Se di mestiere fai il protettore, non puoi permetterti tanti moralismi.
Invece Lui sì.
Lui prescrive l’astinenza e alimenta nei sotterranei delle sue ville eserciti di squillo. Simula crociate contro le iniquità mentre patteggia con le ingiustizie. Declama la tolleranza dal suo balcone poi scomunica i dissidenti.
Invita gli altri alla povertà mentre trangugia ricche prebende. Permette alle malattie che si disseminino perché condanna le prevenzioni. E, nel frattempo, accoglie soprusi e benedice dittature.
Il suo status di eternità — si narra che abbia all’incirca duemila anni nonostante li porti benissimo, dimostrandone sì e no un centinaio — gli garantisce dignità e ammirazione da parte di folle devote. Negli ultimi tempi — causa le sue contraddizioni — ha perso qualche pecorella, ma l’attività zelante dei pappa-boys ne ha riportate molte all’ovile.
Ora è il momento magico del primo incontro coi suoi fedelissimi pappa-boys, scalpitanti in prima fila, dinanzi a moltitudini di altri seguaci che fremono nelle retrovie. I pappa-boys sono infervorati, urlano, ridono.
Il Pappa sorride loro benevolo. I pappa-boys esultano in un crescendo di fanatismo, si lacerano i vestiti, si strappano i capelli. Presi da un raptus di euforia, saltano le transenne che delineano la corsia di transizione della pappa-mobile, la vogliono toccare, ma l’onda del movimento coinvolge l’intera folla di tifosi e tutte le persone straripano spingendo chi è davanti contro l’automobile sacra. Alcuni ragazzi si spiaccicano sotto le pappa-ruote, uno viene risucchiato dall’impianto di areazione.
La spinta del marasma umano incalza, preme, la pappa-mobile viene investita e si ribalta su se stessa prendendo fuoco. I 10.000 litri di benzina fanno divampare un incendio che si consuma in pochi secondi bruciando vivi tutti, inclusi i chierichetti alati, i magnati coi prelati e la giraffa accartocciata nel cofano.
Finalmente i pappa-boys si immobilizzano.
Della sofisticata vettura frutto di anni di ingegneria meccanica, restano solo catorci ardenti.
Silenzio tombale, prima.
Pianto sommesso, poi.
Pentimento.
Mea culpa.
Qualcuno estrae dalla custodia la sua frusta portatile e si fustiga.
Poi il fumo grigio si dissolve e dalle lamiere bruciate sbuca fuori — incredibile dictu — la sagoma del Pappa. È proprio lui, un po’ malconcio ma indistruttibile. Sempiterno come si racconta in giro.
I pappa-boys gridano raggianti al miracolo, ululano di gioia.
E, dimentichi di quello che è appena accaduto, tornano all’assalto.